Una stretta di mano, un sorriso. Contro i gufi della non integrazione

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La foto che campeggia sulla prima pagina della Gazzetta di Modena dell’11 febbraio vale più di mille parole. Il vescovo di Modena Erio Castellucci e Adil Laamane, autorità religiosa musulmana, si danno la mano sorridenti davanti al fotografo. Location dell’evento è la sala dei Contrari della Rocca di Vignola. In occasione dell’incontro su “Integrazione, cultura, sicurezza e legalità” tenutosi martedì 9 febbraio su iniziativa dell’amministrazione comunale di Vignola. Quella stretta di mano e quel sorriso dei due principali protagonisti della serata, autorità religiose, sono un messaggio di speranza. La migliore risposta agli scettici circa le possibilità di integrazione degli immigrati di religione musulmana nella società democratica occidentale. E la migliore risposta a coloro che operano per alimentare la diffidenza o anche l’ostilità verso tutti i musulmani (o verso tutti gli stranieri).

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Gazzetta di Modena, 11 febbraio 2016, pag. 30.

[1] Non ho avuto occasione di partecipare all’iniziativa vignolese del 9 febbraio (pdf) – reazione all’episodio vignolese del 5 gennaio scorso (vedi). Non è dunque di essa che intendo parlare (“grande successo di pubblico” riporta il giornalista della Gazzetta). Ma la foto della stretta di mano tra mons. Castellucci, vescovo di Modena, e Adil Laamane, imam, nonché presidente dell’associazione “La Casa della Saggezza, Misericordia e Convivenza“, ha avuto una diffusione assai più ampia delle parole dette in quell’incontro. Quella stretta di mano e quel sorriso sono il messaggio fondamentale. Per questo quell’immagine merita di essere enfatizzata e diffusa. Essa ci dice che una società multiculturale (sarebbe più corretto dire: ancora più multiculturale di quella che già abbiamo) è possibile senza mettere a rischio la convivenza civile e l’ordinamento democratico. E’ possibile. Non è scontata, non è banale, ma è possibile. Come ha detto Laamane: “Essere musulmani con una cultura italiana non è impossibile”.

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[2] Proprio negli ultimi giorni diversi episodi hanno testimoniato che il conflitto culturale è presente nelle nostre società indipendentemente dagli immigrati di religione islamica. Che dunque eventualmente aggiungono ulteriori elementi di tensione in una società che è già contrassegnata nella quotidianità da conflitti culturali. Le manifestazioni contrapposte pro o contro le unioni civili e la possibilità di adozione per coppie omosessuali (vedi). La decisione del consiglio comunale di Casalecchio di Reno di non mettere simboli religiosi, dunque neppure la croce cristiana, all’ingresso del locale cimitero (vedi) e le proteste che ne sono scaturite. La decisione del TAR dell’Emilia-Romagna di accogliere il ricorso di un gruppo di insegnanti e genitori contro la delibera del consiglio d’istituto che autorizzava le benedizioni pasquali in una scuola bolognese e le conseguenti proteste delle locali autorità religiose (vedi). Sono alcune delle numerose manifestazioni di una “lotta culturale” (tra laicità e religione o, se si vuole, tra diverse concezioni della laicità) che è presente da tempo nella società italiana. Questo solo a dire che invocazioni di integrazione culturale vanno maggiormente ponderate. Probabilmente abbiamo bisogno di un concetto di “integrazione culturale” un po’ più sofisticato – in ogni caso è difficile sostenere la tesi della necessità di adozione della “nostra cultura”, quando proprio episodi quotidiani evidenziano eterogeneità e differenziazioni culturali già marcate (per una trattazione di questo controverso nodo: vedi). L’insieme di questi episodi dovrebbe fornirci una maggiore sensibilità percettiva così da riconoscere la presenza diffusa di “lotte culturali” nella vita quotidiana delle nostre società, evitando così di pensare che questo sia invece un fenomeno solamente importato con gli immigrati stranieri. In realtà l’eterogeneità caratterizza ogni forma culturale diffusa su larga scala, dunque anche ogni grande religione. Così come vi sono numerose varietà di cristianesimo (con il rischio di semplificare brutalmente: quello di papa Ratzinger non è affatto identico a quello di papa Bergoglio), così vi sono probabilmente altrettanto numerose varietà di Islam. Non tutte ugualmente compatibili con un ordinamento democratico. Ma la linea di demarcazione non passa tra una cultura e l’altra, tra una religione e l’altra, ma all’interno di ciascuna di queste. Quella stretta di mano fa pensare che non sia affatto un’utopia pensare che l’Islam che si riproduce nei paesi occidentali possa essere quello compatibile con il sistema dei diritti e la democrazia. Ribadisco: non voglio dire che sia scontato o semplice; mi accontento di affermare che è possibile.

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Gazzetta di Modena, 11 febbraio 2016, pag. 1.

[3] La bella iniziativa del 9 febbraio scorso ci lascia con un po’ di parole ed una foto che trasmette un messaggio di speranza. A questo punto però debbono seguire anche i fatti, almeno altrettanto importanti del messaggio che una civile convivenza tra culture e religioni diverse (tra cui l’Islam) non solo è possibile, ma è anche già realtà. Occorre dunque riprendere un ciclo di sviluppo, innovazione, potenziamento dei servizi e delle iniziative di promozione dell’integrazione dei citrtadini stranieri (dopo che tali politiche sono state dismesse dall’Unione Terre di Castelli nella passata legislatura: vedi). Sono attese dunque decisioni in merito da parte della giunta dell’Unione. Qui alcune considerazioni sulle linee d’azione auspicabili: migliore conoscenza del “potere di integrazione” della scuola (a cui garantire, se necessario, maggiore sostegno); ripresa delle iniziative di contatto e collaborazione con gruppi e “bande” giovanili; forum annuale di confronto con le comunità straniere (vedi).

One Response to Una stretta di mano, un sorriso. Contro i gufi della non integrazione

  1. Luciano Credi ha detto:

    Io ho nel mio immaginario come modello ideale dell’integrazione una delle città del boom economico italiano, ossia Torino; sebbene veramente la conosca poco, a parte un contratto con agenzia pubblicitaria del capoluogo piemontese di più di 10 anni fa (legalmente documentabile tramite contributi INPS…), x promozioni tipo Motorshow Bologna… Io continuo a non ritenere i civici vignolesi i migliori esponenti dell’integrazione, perché lontani dal mio sogno torinese… Io personalmente, ma anche i miei familiari modenesi e non… hanno veramente viaggiato tanto (non tutti, molti hanno vissuto alle spalle degli introiti di chi si è fatto il mazzo fuori regione, con tantissima complicità del vecchio PCI… Loro i veri gufi, ossia chi adopera molto le poltrone dei salotti e poco quelle del commesso viaggiatore di Miller, magari poltrone “Ford”…)… Ma poco Torino. Allora perché Torino? Perché Graziani, Pulici, Sala penso abbiano rappresentato bene, ossia alla meno peggio l’Italia, in un certo periodo… Pensate un po’ che indirettamente a proposito, stasera via Twitter mi è toccato parlare bene della passata via Isonzo vignolese dell’assessore E. Ricchi. Detto ciò, domani torno al lavoro come “PhD” in… Insomma domani è lunedì… Cavolo nella mentalità mi avete fatto diventare vignolese a tutti gli effetti…

    Dimenticavo sebbene non granata parlando di Torino, Pietro Anastasi; definito da Gianni Brera un rappresentante di tutto un proletariato che tramite lui sognando s’integrava…

    Wiki questa mia ultima citazione l’assegna ad A. Baricco… Ma credo che al di là di internet derivi da Brera, morto prima di Internet, a volte emarginante, perché utile se dietro hai validi mezzi critici…

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