Mulino di Tavernelle per alloggi ERP. Chi l’ha visto?

Il 30 marzo 2004 il Comune di Vignola è diventato proprietario dell’edilificio detto “Il Mulino”, situato nella frazione di Tavernelle, lungo la vecchia strada che collega Vignola a Marano. L’acquisto venne condotto sulla base di una convenzione che il Comune di Vignola aveva stipulato con Azienda Casa Emilia-Romagna (ACER) di Modena e che prevedeva la realizzazione di 14 appartamenti di Edilizia Residenziale Pubblica (ERP), insomma “case popolari”. Il progetto prevedeva anche di destinare la grande sala a piano terra (di 175 mq) ad attività ricreative e culturali. Il recupero dell’edificio deve seguire l’iter previsto per i fabbricati posti in aree tutelate dalla legge n. 1497 del 1939 (Protezione delle bellezze naturali), ovvero deve ottenere l’autorizzazione da parte della Soprintendenza per i Beni Culturali e Architettonici della Regione Emilia-Romagna – un iter che allunga certamente i tempi di realizzazione dell’intervento di ristrutturazione, affidato direttamente ad ACER Modena. Oggi però sono passati da allora più di 5 anni e mezzo. ACER Modena non è riuscito a predisporre un progetto coerente con le prescrizioni della Soprintendenza ed il Comune di Vignola non è stato in grado di monitorare ed incalzare l’ente incaricato della progettazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: non c’è un progetto definitivo che consenta di procedere all’apertura del cantiere. Mulino di Tavernelle è esattamente nelle stesse condizioni di 6 anni fa.

Il vecchio Mulino seicentesco di Tavernelle: è stato acquistato dal Comune di Vignola nel 2004 ed oggi è ancora in attesa del progetto di ristrutturazione! (foto del 9 giugno 2009)

Quattordici famiglie (o dodici, in base alle diverse soluzioni progettuali) in attesa dell’assegnazione di una “casa popolare” continuano a rimanere in attesa (ma nel frattempo la lista d’attesa si allunga). La Relazione Previsionale e Programmatica 2010-2012 non dice nulla al proposito (non una riga)! Ugualmente non si trova menzione nel piano degli investimenti dei prossimi tre anni (vi dovrebbe comparire perché una parte dell’intervento rimane a carico del Comune di Vignola). Si può dunque ben affermare: chi l’ha visto? Che fine farà l’edificio “Mulino di Tavernelle”? E le famiglie da anni in attesa di una casa popolare (ERP)?
[1] Un po’ di storia. “Questo mulino della Comunità di Campiglio, feudo Rangoni, fu costruito nella seconda metà del Seicento, dopo la grande alluvione del Panaro che aveva invaso ben ottocento biolche di terreni coltivati, distruggendo contemporaneamente il vecchio mulino di Campiglio già documentato nel 1029, ubicato altrove. Nel 1842 al mulino sei-settecentesco venne aggiunta una bottazza a vasca. E’ di tale epoca la sopraelevazione del portico, gli alti soffitti, le larghe scale, gli spaziosi solai. La grande vasca scomparve dopo il 1960 nascondendo con il suo interramento la bella veggia sotto il piano stradale e altri segni del canale.” (da una lettera della prof.ssa Augusta Redorici Roffi al sindaco di Vignola, 29 gennaio 2004).

Il Mulino di Tavernelle visto dalla collina di Campiglio (foto del 12 dicembre 2009)

[2] La realizzazione di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica all’interno di edifici di valore storico ed architettonico non è una novità per Vignola. Qualche anno prima dell’acquisto di Mulino di Tavernelle, in via Modenese a Brodano, veniva inaugurato il complesso “Villa Roma”, una “villa” ottocentesca ristrutturata sempre da ACER (allora si chiamava Istituto Autonomo Case Popolari – IACP) per la realizzazione di una decina di appartamenti di ERP. Oggi le “case popolari” di Villa Roma sono tutte assegnate, prevalentemente a nuclei di anziani (viste le caratteristiche delle unità abitative: alloggi di piccole dimensioni, con ascensore). Il progetto di sviluppare un intervento analogo anche a Mulino di Tavernelle venne ereditato dall’amministrazione Adani dalla precedente amministrazione (sindaco Gino Quartieri). Tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 l’amministrazione comunale di Vignola (io ero assessore alle politiche sociali e abitative, oltre che alla scuola) raggiunse un accordo con ACER per l’acquisto dell’edificio e la sua ristrutturazione. Un primo studio di fattibilità ipotizzava la realizzazione di 14 unità alloggiativa, più, appunto, un grande salone a piano terra da mantenersi nella disponibilità del Comune di Vignola e da utilizzare ad attività ricreative e culturali. La spesa complessiva per l’acquisto – 550.000 euro più iva – era finanziata da ACER Modena con risorse proprie nella misura dell’85%, sulla base del calcolo delle quote millesimali di competenza ERP (a carico di ACER) ed extra-ERP (a carico del Comune di Vignola). La superficie complessiva dell’immobile, articolato in quattro piani (seminterrato, piano terra, primo piano, sottotetto), era infatti di 1.389,16 mq, di cui 1.172,89 mq da destinarsi ad ERP (84,44%), 216,27 mq (pari al 15,56%) riservati al Comune di Vignola come spazi extra-ERP (si tratta del grande salone a piano terra, per 175 mq, più altri locali di servizio).

Il dispositivo di regolazione delle acque in entrata dal canale sottostante (foto del 9 giugno 2009)

[3] Nel corso della legislatura 2004-2009 ho più volte sollecitato l’amministrazione comunale in merito all’intervento di ristrutturazione di Mulino di Tavernelle, presentando anche un’interrogazione in data 22 aprile 2005 (era già passato un’anno dall’acquisto dell’immobile e la fase di progettazione andava per le lunghe!). In effetti occorre riconoscere che il progetto presentava qualche elemento di complessità dato sia dall’esigenza di modificare gli spazi interni all’edificio (del ‘600) per ricavarvi unità abitative, sia per il fatto che sotto all’edificio scorre il canale di Marano e, su indicazione dell’amministrazione comunale, ACER aveva il compito di studiare la fattibilità di una piccola centrale idroelettrica per la produzione di energia elettrica. Nella risposta all’interrogazione (prot. n.17432 del 13 settembre 2005) l’Arch. Gian Franco Guerzoni, progettista incaricato da ACER, giustificava l’allungamento dei tempi di progettazione con l’esigenza di valutare l’opportunità della centrale idroelettrica (mentre risultava accertata la fattibilità dello sfruttamento a fini energetici del canale, più incerte risultavano le valutazioni in merito all’opportunità economica). Sulla base dei rilievi e di un primo elaborato progettuale l’intervento avrebbe dovuto consentire la realizzazione di undici unità alloggiative (n.4 unità con superficie inferiore a 80 mq; n.4 unità con superficie 80-99 mq; n.3 unità con superficie di 100 o più mq) per complessivi 38 posti letto, lasciando la “sala polifunzionale” di 175 mq nelle disponibilità dell’amministrazione comunale. Sempre nella risposta all’interrogazione, il sindaco Adani affermava: “ho ricevuto assicurazioni che da settembre [2005] potranno [il riferimento è ad ACER] lavorare a pieno regime a questo progetto e potranno comunicarci un programma degli interventi più preciso.” Da quella risposta sono passati più di 4 anni e Mulino di Tavernelle rimane tutt’ora senza un progetto approvato dalla Soprintendenza. Nella Relazione Previsionale e Programmatica per il 2008 il sindaco Adani scriveva (p.12): “Dovrebbe essere ormai imminente il nullaosta della Soprintendenza per i Beni Architettonici dell’Emilia-Romagna, per poter iniziare i lavori presso il Mulino di Tavernelle; un progetto fondamentale che permetterà il recupero di 14 alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica.” Non mi risulta che tale nullaosta sia stato dato. In ogni caso – questo è certo – ad oggi non c’è alcuna traccia di un avvio imminente del cantiere. Plausibilmente occorrerà ancora aspettare parecchio tempo prima che il cantiere possa prendere il via (sempre che ciò accada).

Mulino di Tavernelle: la grande sala al piano terra (foto del 9 giugno 2009)

[4] I tratti essenziali della vicenda sono chiari. Dal 30 marzo 2004 Mulino di Tavernelle (un edificio storico della fine del ‘600) è di proprietà del Comune di Vignola. Esiste un accordo con ACER per ricavarvi un certo numero di alloggi ERP (10-14), unitamente a spazi polifunzionali (per attività ricreative e culturali). ACER stessa è stata incaricata della progettazione e dell’effettuazione dell’intervento di ristrutturazione (a tal fine aveva “accantonato” più di 1 milione di euro). Sono però passati più di 5 anni ed ancora non si vede la fine dell’iter progettuale e l’avvio del cantiere. Oggi Mulino di Tavernelle è esattamente nello stesso stato in cui si trovava 6 anni fa, prima dell’acquisto del Comune di Vignola. Nel frattempo si ingrossano le fila delle famiglie vignolesi in lista d’attesa per le “case popolari”. Ed i 10-14 alloggi che dovrebbero essere ricavati nell’edificio non saranno disponibili – se tutto va bene – se non tra qualche anno. La nuova amministrazione comunale (sindaco Daria Denti) non ha ancora detto nulla sulla vicenda. Mulino di Tavernelle non risulta citato nella Relazione Previsionale e Programmatica 2010-2012 (che alla p.16 ha quasi una pagina dedicata alle “Politiche abitative”). Non compare neppure nelle altre tabelle di bilancio. Un’amministrazione distratta sembra essersene completamente dimenticata. Non si può che dire: Chi l’ha visto?

Mulino di Tavernelle: un edificio della fine del '600 (foto del 12 dicembre 2009)

10 Responses to Mulino di Tavernelle per alloggi ERP. Chi l’ha visto?

  1. Monica Maisani ha detto:

    Mi ricordo anche io dell’acquisto e dell’idea di un progetto di restauro del Mulino. Tanto che mi occupai del coinvolgimento di un architetto esperto di architettura bioecologica per trovare il modo di sfruttare le sue conoscenze per mettere a punto un bando per la progettazione che tenesse conto delle esigenze di risparmio energetico ( la centralina idroelettrica ad esempio avrebbe potuto rendere l’edificio autosufficiente dal punto di vista energetico) e in generale delle compatibilità ambientali e paesaggistiche ( il contesto in cui si trova l’edificio è di un certo interesse) con le prescrizioni della Sovrintendenza. Ma poi non se ne è fatto più niente. Tra l’altro l’edificio avrebbe potuto intanto essere trasferito alla Vignola patrimonio S.r.l. che avrebbe potuto gestire l’immobile e l’intervento di restauro. Ma forse rende di più ( politicamente e non solo…) occuparsi di lotti edificabili e di riqualificazione dell’Ex mercato per fini residenziali, commerciali e di servizio…..

  2. Andrea Paltrinieri ha detto:

    La vicenda di Mulino di Tavernelle evidenzia quelli che sono i veri “costi della politica”. Nulla a che vedere con l’indennità di carica di un eventuale assessore in più! Qui per 5 anni un progetto importante è rimasto sostanzialmente abbandonato a se stesso. ACER Modena ha evidenziato pesanti lacune progettuali ed il Comune di Vignola non è stato in grado di “fare pressing” per giungere al compimento del progetto ed all’avvio del cantiere. Così invece che l’inaugurazione de “Il Mulino” ristrutturato e dei nuovi alloggi ERP – cosa che poteva realisticamente avvenire entro il 2007 – siamo ancora in attesa del progetto definitivo e, se tutto va bene, i nuovi alloggi saranno consegnati nel 2012. Almeno 10 famiglie vignolesi, da tempo in lista d’attesa per l’assegnazione di “case popolari”, si sono viste negare un “diritto”. Ribadisco, questi sono i veri “costi della politica”. Ovviamente, della cattiva politica. Bastava un assessore mediamente capace che si impegnasse a seguire l’avanzamento del progetto di ristrutturazione, contribuendo a mobilitare la “macchina amministrativa” per risolvere i problemi man mano emersi. Dispiace dirlo, ma non è certo questa la “buona politica”!

  3. Roberto Adani ha detto:

    Io non capisco mai se ci fate o ci siete, mi prendo ugualmente la briga di rispondervi più per il rispetto delle persone che lavorano seriamente che per le sbrodolate che vi permettete di scrivere su questo blog, che se nessuno contraddice e qualcuno può poi pensare che sono vere. Voi siete stati due assessori e quindi a voi non è concessa l’ignoranza che invece è compatibile con i comuni cittadini che non hanno idea della complessità e a volte dell’assurdità istituzionale. Il progetto è stato concepito esattamente con quei criteri che erano stati previsti, nuova centralina idroelettrica e principi di bioedilizia, una grande sala a piano terra con annessa cucina nell’interrato al servizio anche del quartiere o delle associazioni e ai piani superiori 14 appartamenti di diversa metratura. Di progetti definitivi ne sono stati elaborati almeno 4, e gli ultimi erano ormai esecutivi. Bisogna poi dire che il comune non avrebbe mai acquistato e ristrutturato l’immobile senza il contributo determinante di ACER (2 milioni di euro). Acer dopo l’acquisto già piuttosto laborioso ha redatto il progetto, ha impiegato non pochissimo tempo anche per la complessità di progettazione e autorizzazioni relative a centralina e sistemi bioedilizia. Un primo stop è stato quello della commisione edilizia che ha chiesto alcune modifiche al progetto, e qui abbiamo perso qualche mese. il mulino poi inizialmente non era vincolato, e quindi abbiamo richiesto alla sovraintendenza il parere di interesse storico dell’edificio, e la sovrantendenza ha impiegato più di un anno per arrivare a un decreto di vincolo diretto, a quel punto abbiamo potuto mandargli il progetto. Ma trattandosi di un vincolo diretto è diventata una sua esclusiva competenza. Dovreste sapere che la sovraintendenza impiega mediamente un anno per esprimere un parere su un vincolo diretto, ed un secondo anno è passato in attesa del primo diniego motivato da una compartimentazione delle scale a piano terra non gradito. Siamo andati (io, ing. Parise, e ACER) in sovraintendenza, abbiamo dovuto aspettare qualche mese per l’appuntamento, e abbiamo concordato con l’architetto di turno le modifiche e abbiamo rispedito dopo due mesi il progetto modificato, e abbiamo aspettato un altro anno, per scoprire un altro diniego per una compartimentazione al secondo piano e per i bagni, siamo tornati in sovraintendenza e abbiamo concordato nuove modifiche, (gli abbiamo spiegato che i bagni erano necessari e li abbiamo proposti realizzati con pareti mobili e le compartimentazioni in vetro) gli abbiamo chiesto se era proprio tutto e di accelerare i tempi dell’approvazione, infatti è arrivato dopo un anno e qualche mese l’ennesimo diniego questa volta per il soppalchi negli appartamenti nella mansarda alta 4 metri. A questo punto abbiamo chiesto un appuntamento al sovraintendente che dopo alcuni mesi molto risentito ce lo ha concesso, e si è molto indispettito perchè non ero rispettoso dei loro tempi, ci ha detto che, nonostante che, per l’architetto istruttore andasse tutto bene, lei non gradiva i soppalchi. Gli abbiamo spiegato che appartamenti alti 4 metri non sono il massimo, ma non ha voluto sentire ragione. Il bello della vicenda è che noi abbiamo potuto acquistare il mulino grazie al finanziamento per realizzare appartamenti popolari, se non l’avessimo fatto non sarebbe mai stato vincolato, (è stato vincolato solo perchè è diventato pubblico e noi abbiamo fatto correttamente le nostre procedure). Quindi vincolato grazie all’edilizia popolare non si possono però fare appartamenti. (come invece sono stati fatti in edifici anche di maggior pregio come a Villa Roma). Comunque abbiamo ripresentato il progetto modificato e al 30 giugno c.a. il parere della sovraintendenza non era ancora arrivato. Allora entrambe conoscete l’ing. Parise che ha seguito la questione e la precisione e la solerzia con cui segue le pratiche, anche ACER spronata a dovere ha fatto il suo alla fine , ma la sovraintendenza ha questi tempi e queste modalità, e voi non potete dire di scoprirlo oggi. Non so quante telefonate e incontri sono stati fatti per ottenere il progetto e quindi … mi aspetterei le vostre scuse, non a me che non mi interessa affatto, ma alle persone che ci hanno lavorato seriamente, per raggiungere gli obiettivi che voi stessi, come avete detto, avete concorso a determinare, possibilmente senza tanti se e ma, semplicemente ci siamo sbagliati nel dare un giudizio, a me capita, a voi non so… Ciao Roberto Adani

  4. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Le precisazioni di Roberto Adani sulla vicenda di Mulino di Tavernelle sono importanti. Dopo averle lette mi rendo conto che il giudizio espresso nel commento non è corretto. Del testo del post, invece, non cambierei una parola. Nella vicenda sono implicati tre enti: il Comune di Vignola, ACER Modena, la Soprintendenza. Le informazioni supplementari offerte da Roberto – che evidentemente ha seguito personalmente la vicenda assieme all’Ing. Parise, senza delegarla ad alcun assessore – evidenziano il principale ostacolo: un modo arcaico di operare della Soprintendenza. Rimango però convinto che abbiano pesato però anche gli altri due fattori indicati nel post: una performance progettuale non entusiasmante di ACER Modena e la mancanza di un pressing continuo nel tempo che evidentemente solo un assessore poteva esercitare (non certo un sindaco impegnato su progetti decisamente più importanti). Non è corretto, invece, come ho fatto nel commento, additare questo caso come un caso emblematico di “cattiva politica”. Rimango convinto, come ho scritto in diverse occasioni, che i veri “costi della politica” vanno rilevati a proposito della “performance”, ovvero della capacità o meno di raggiungere obiettivi che richiedono dedizione e capacità. Non sono certo le indennità di carica di sindaco od assessore od i gettoni di presenza di un consigliere comunale (da tempo irregimentate per legge) a costituire i veri costi della politica. Per questo gli strumenti puntuali e continui di rendicontazione sono importanti. Nella vicenda di Mulino di Tavernelle ha influito anche la variabile (non controllabile dall’amministrazione comunale) delle modalità operative di un ente terzo come la Soprintendenza. Sono comunque passati 6 anni. Resta da vedere come si muoverà la nuova amministrazione. Le cose dichiarate dal sindaco Denti ai quotidiani non sono proprio rassicuranti.

  5. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Questo post, pubblicato sul blog il 19 dicembre, è stato ripreso dalla Gazzetta di Modena (il 30 dicembre) e da Il Resto del Carlino (il 31 dicembre). I due giornalisti hanno riportato anche la “replica” del sindaco Daria Denti. Nell’articolo sulla Gazzetta si prospetta un “possibile cambio di destinazione” (dunque non più ERP), che però farebbe venir meno la partecipazione ed il finanziamento di ACER Modena. A quel punto tutto l’intervento (ed anche la spesa per l’acquisto dell’edificio) ricadrebbe sul Comune di Vignola. In conclusione, poi, si riporta una dichiarazione del sindaco Denti: “Con ACER ci siamo già incontrati qualche mese fa e ha avuto da me il mandato di portare a casa il parere della Soprintendenza”. Delle due l’una: o l’amministrazione comunale intende perseguire l’obiettivo di ricavare presso il Mulino di Tavernelle 10-14 alloggi ERP (tranquillizzando i residenti della zona – cosa peraltro non difficile, basta anche qui citare le ultime realizzazioni di “case popolari”, Villa Roma in testa), altrimenti occorre che pianifichi un proprio investimento sull’edificio per svincolarlo dalla destinazione ad ERP. Personalmente rimango convinto dell’opportunità della prima soluzione. Comunque, nell’uno o nell’altro caso sarebbe opportuno assegnare il “monitoraggio” del progetto ad un assessore-mastino, così da evitare ulteriori ritardi. Ce n’é uno?

  6. zapata ha detto:

    “Il mulino sorse per concessione dei feudatari marchesi Rangoni, nella seconda metà del seicento, a la “Tavarnèla”, in sostituzione di quello “rovinato” come si deduce e si legge in un disegno a colori, non datato, dell’Archivio di Stato di Modena.
    Alla sua molitoria accedevano d’obbligo gli abitanti di Villabianca e di Denzano, feudi dell’antica nobile casata modenese. Con quattro spioventi, su una superfice di 500 metri quadrati , con i suoi muri perimetrali meridionali di 80 centimetri, con il suo primo piano dai volti a crociera di 5 metri di altezza, le scale ampie, rende testimonianze di capacità costruttiva e di grande sforzo di lavoro e di sacrificio che nobilita la piccola comunità di Campiglio e il suo microcosmo. Sul lato ovest del molino una vasta cavità quasi semicircolare raccoglieva le acque del canale che, azionate da un giuoco di paratoie in legno, riempivano o svuotavano al bisogno la grande vasca. Era la nostra “vascola”.
    Attraverso bocche arcuate, le acque del bacino compivano un salto imponente, da cui sprigionava l’energia azionante le macine.
    Il letto del canale, invece, passante al quadrivio del “crocialetto” sotto la strada -“viazza” – seguiva una sua propria direzione; incontrava le paratoie e con un salto , della stessa altezza di cui sopra, fuoriusciva e fuoriesce dal mulino per proprio conto.
    Le acque propulsive delle macchine, invece, dopo un salto di 5 metri, attraverso una condotta sotterranea tutta in muratura e ad altezza d’uomo, seguivano anche altro percorso, passando sotto le cantine dell’edificio; con uscita propria, si immettevano nel canale di Marano a cielo aperto.
    La grande vasca, raccoglitrice delle acque per il mulino, per 250 anni è stata l’antisegnana delle piscine attuali.Nelle sue acque hanno dato prova di nuoto e di abilità tutte le generazioni della Borgata e dei dintorni….

    Il progresso ed il benessere (tanto a lungo desiderato, inseguito e raggiunto) hanno fatto sì che della vecchia “Tavarnela” – fra le ristrutturazioni già effettuate e quelle in atto per le case che testimoniavano le origini della Borgata – ben poco rimanga; resistono ancora, dell’antico, la casa di Primo Azzani, la “Torre del sale” con l’ex caseificio, il troncone del “caminèl”, il Mulino e l’invaso dell’ex centralina.”
    Ho voluto riportare questa descrizione che si può leggere integralmente nella pagina web
    http://www.tavernelle.net
    Caro Andrea, quando ho letto il primo post sul mulino di Tavernelle, un brivido mi ha percorso la schiena. Ma credo che niente possa più meravigliare in questa Italia, nemmeno in questa Emilia Romagna tanto ammirata da Nanni Moretti in Aprile. Altri tempi.
    Per fortuna che la “Soprintendenza ha un modo di operare arcaico” e il mulino è ancora lì, intatto, come dovrebbe restare. O almeno, non diventare una casa popolare!
    E vorrei ricordare che le Soprintendenze sono gli unici organismi in difesa di un paesaggio sempre più attaccato e violentato da ogni sorta di speculazione.
    Credo che, se veramente un amministrazione ha interesse a dare un abitazione “popolare” alle famiglie in attesa, il modo migliore sia quello di fare una convenzione con le tante immobiliari presenti sul territorio. Non distruggere dei beni che hanno un valore non solo architettonico ma anche storico sociale come è il mulino di Tavernelle. Inserito in un ambiente umano, come è la Borgata, forse unico nel territorio di Vignola.
    Spero che il sindaco Denti, come ha fatto coi “tigli di via Libertà”, sospenda l’insana idea di costruire 14 appartamenti nel mulino di Tavernelle, e valorizzare come merita sia il mulino che la borgata.
    Non è necessario un assessore-mastino, è necessario un pizzico di cultura e buon gusto!
    Bene raro di questi tempi.
    Vedi, io credo che quel mulino meriti rispetto, che vuol dire rispettare gli uomini e le donne che lì sono passati e vorrei che i ragazzi di oggi e quelli che verranno possano toccare un pezzo di storia e non una casa popolare.
    Per finire sorridendo, proporrei di utilizzare il Castello di Vignola per costruirvi appartamenti….di pregio ai piani superiori con vista panoramica e “popolari” nelle cantine.
    Ti ringrazio per l’ospitalità.
    Ciao, zap

    • Vincenzo Tedeschini ha detto:

      Condivido pienamente l’opinione di chi desidera che la bellissima struttura architettonica non venga convertita ad alloggi.
      Andrebbe ristrutturata per preservarla dall’incuria e inserita in un percorso culturale che la faccia conoscere ai visitatori.

  7. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Ciao Zap, il tema che tu sollevi in merito a Mulino di Tavernelle è un tema importante per un territorio che, per fortuna, conserva ancora i segni, con monumenti ed edifici, del suo passato. Oggi tutti noi (o quasi) siamo convinti della necessità di conservare quei segni, anzi di recuperarli e di valorizzarli. Questa sensibilità non è un fatto scontato. Negli anni ’50, probabilmente, edifici come questo sarebbero stati tranquillamente abbattuti per far posto ad altro. A partire da quegli anni, intellettuali prima (ricordo solo Cesare Brandi), poi via via strati più ampi di cittadini ed amministratori, hanno riconosciuto nella presenza dei segni della nostra storia qualcosa da difendere e da recuperare. E fin qui siamo tutti d’accordo. Certamente lo siamo io e te. Bisogna però fare i conti con un tema imprescindibile: le risorse. Ci sono abbastanza risorse per recuperare Mulino di Tavernelle e farne, che so, un museo della civiltà contadina oppure un museo del pane, un museo della vita nel XVII secolo nella valle del Panaro? Questa è la prima considerazione e non è banale. Non è banale perché risorse dell’amministrazione comunale investite lì sarebbero sottratte da altre finalità (scuole, strade, ecc.). Sarebbe comunque una scelta legittima (se auspicabile od anche fattibile dipende dalle risorse disponibili e dalle cose da fare, ovvero se vi sono altre cose che nella scala delle priorità possono passare in secondo piano). Quando ero parte della giunta Adani (1999-2004) facemmo altre valutazioni. Ci sembrò che un buon compromesso per “salvare” il Mulino dal degrado e dall’incuria in cui era potesse essere quello di un intervento pubblico (ACER + Comune di Vignola) per ricavarvi alloggi ERP ed una grande sala per attività ricreative e culturali. In diversi contesti avviene che vecchi edifici storici sono recuperati ad usi diversi, per rispondere a funzioni importanti per l’oggi. Considera anche che – come ricostruisce Roberto Adani nel suo commento – il vincolo della Soprintendenza fu posto nel momento in cui l’amministrazione comunale segnalò che intendeva recuperare l’edificio per destinarlo ad ERP. Prima l’edificio era di un privato – non sono sicuro che avrebbe incontrato vincoli altrettanto stringenti. Comunque, ritengo un bene il vincolo della Soprintendenza perché garantisce che un eventuale intervento di recupero (anche per destinazione ad altre funzioni) sia “rispettoso” dell’edificio storico. Nella lettera con cui risposi alla Prof.ssa Roffi che avanzava preoccupazioni sul rispetto dell’edificio dissi proprio questo. Allora eravamo anche confortati sulla fattibilità di quest’intervento perché qualcosa di analogo era avvenuto a Villa Roma, storico edificio dell’800 a Brodano. Anche lì erano stati ricavati alloggi ERP. Chiarito dunque che il recupero con cambio di destinazione di Mulino di Tavernelle verrebbe in ogni caso effettuato rispettando le indicazioni della Soprintendenza, la questione che rimane sul tappeto è la seguente: meglio il Mulino recuperato e destinato ad ERP (+funzioni culturali)? Meglio lasciarlo andare in rovina? Meglio investire lì risorse dell’amministrazione comunale sottratte altrove? Pensa alla difficoltà che incontra la comunità vignolese a finanziare il restauro di Palazzo Barozzi che, certamente, ha maggiore valore rispetto al Mulino. Non mi sembra dunque irrazionale il progetto messo in campo nel 2004. Certo, lo ribadisco, non aiuta il modo arcaico di lavorare della Soprintendenza, con tempi incompatibili con qualunque iter progettuale. Io vorrei una Soprintendenza che facesse il suo lavoro magari in modo ancora più rigoroso, ma con tempi di risposta certi e ragionevoli. Sul resto la discussione è aperta.

  8. Roberto Adani ha detto:

    Caro Zapata,
    se ti decidessi a firmarti con nome proprio sarebbe un confronto un pò più umano, ma comunque si vede che tu il mulino non lo hai mai visto, all’interno infatti è stato completamente trasformato in appartamenti da almeno un centinaio d’anni, perchè nella storia gli edifici hanno resistito al tempo se hanno mantenuto una qualche funzione e per fortuna il mulino si prestava. Così arriva fino a noi, e ribadisco non avrebbe un vincolo della sovraintendenza se il comune non l’avesse comprato e non avesse immediatamente richieste il provvedimento di interesse storico. L’intervento infatti non snatura affatto l’edificio anzi elimina tutte le superfettazioni che si sono sovrapposte nel tempo, recupera centralina, scaloni, androni cantine e piano terra alle loro caratteristiche originarie, con funzioni penso consone, non penso che il recupero dei locali della centrale in piazza a Marano dove ha trovato sede anche un enoteca rappresentino uno scempio. L’intervento è simile e ai piani superiori si rispetta pienamente la struttura originaria. Ho contestato solo alla sovraintendenza di comunicare le cose con il contagocce e di cambiare posizione a seconda del funzionario incaricato, ma sarebbero peccati veniali se non ci volesse più di un anno ogni volta, nel frattempo questi beni semplicemente vengono giù e allora cosa ci sarà da recuperare? Come vedi ci sono anche altri che provano a pensare e riflettere prima di agire quindi pensare che tutti siano stupidi o peggio in malafede tranne se stessi è appena presuntuoso ma comunque nessuno ha mai pensato nientealtro che recuperare al meglio la struttura e pensa che ci sono grandi monumenti storici nel mondo in cui accanto ad un museo hanno fatto i bagni, un ristorante, una libreria, la sede di un associazione e la casa del custode, pensa che diversi castelli nel mondo sono le abitazioni di qualche nobile, ma tu dici i poveretti mai!!! Anche se come ti ho detto l’intervento è migliorativo e rispettoso dell’edificio (trattasi di un recupero scientifico) la sovraintendenza infatti non ha mai contestato la destinazione, anzi. Ne approfitto invece con piacere per ricordare due persone e relative famiglie che sono stati pezzi di storia vera del mulino mi riferisco a Lig e Callest, li ricordo con grande affetto, famiglie modeste ma oneste che hanno passato la loro vita nel Mulino, penso sarebbero d’accordo con la conservazione di questa destinazione “popolare”, è una parola che gli piaceva proprio nel suo significato più vero, di semplicità, onestà, e permettimi intelligenza sicuramente superiore alla mia, alla tua, non sò.

  9. Lucia ha detto:

    A Vignola si cammina male anche con le graduatoria di case popolari aspetto un alloggio da anni ma gli italiani vanno sempre in coda e i primi vanno date agli stranieri solo perché fanno sempre figli più ne fanno e più hanno diritto mentre gli italiani non possono avere un alloggio le graduatorie dobbiamo aspettare gli anni passano loro in case popolari e gli italiani a pagare gli affitti alti che fanno molta fatica a vivere l unione terre di castelli dicono che gli stranieri anno più proprietà allora gli italiani possono anche morire perché deve succedere gli stranieri ogni anno riempiono le auto piene di cose e vanno ai Lori paesi e si fanno lunghe vacanze mentre gli italiani non posso andare da nessuna parte per problemi di soldi e poi gli stranieri vanno a dire che non possono mangiare e poi tutti gli anni si mettono in viaggio nelle loro città hanno un buono di 75 /104/euro in base ai figli e vanno in coop ,gli pagano affitti e bollette mentre agli italiani non possono avere niente noi io non capisco come si può vivere così ma io non mi arrendo

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