
Piero di Cosimo, Liberazione di Andromeda (particolare), 1510 circa (foto del 23 ottobre 2016)
A Palazzo dei Diamanti a Ferrara è in corso una bella mostra (vedi) per i 500 anni dalla prima edizione dell’Orlando furioso (che è del 1516: vedi), il poema che Ludovico Ariosto (Reggio Emilia 1474 – Ferrara 1533: vedi) scrisse alla corte Estense. Il sottotitolo della mostra – Cosa vedeva Ariosto quando chiudeva gli occhi – dichiara quale vuol essere il filo conduttore di un’esposizione che propone testi, libri, dipinti e sculture, altri oggetti della vita della nobiltà d’allora. E’ il tentativo di far percepire l’immaginario delle élite di allora tra avventura cavalleresca (in declino, dunque mitologizzata), battaglie, amor cortese, vita di corte, intrighi e incantesimi, labirinti e prove della vita, teatro, ecc. D’altro canto l’opera di Ariosto, nella sua complessità, ben si presta a questo: mescola romanzo, epica e lirica, contiene molte linee narrative, è ricca di personaggi dalle molte sfaccettature. All’epoca fu un vero bestseller – evidentemente aveva gli ingredienti per entrare in risonanza con un vasto pubblico, come ogni tanto succede in letteratura (pensiamo a La Nouvelle Héloise di Rousseau: vedi). Ma oltre allo scontato invito a visitare la mostra (qui i “5 motivi per non perdere la mostra dell’anno” secondo l’Huffington Post: vedi) vorrei suggerire un motivo in più di interesse: quale spunto per gli organizzatori della mostra permanente dedicata a Jacopo Barozzi che si prevede di realizzare in un prossimo futuro a Palazzo Barozzi. Leggi il seguito di questo post »