Politiche per l’integrazione degli stranieri: alcune cose da fare

L’episodio sciagurato della vigilia dell’Epifania (vedi) ha riacceso l’attenzione degli amministratori locali sul “che fare” per facilitare l’integrazione della popolazione straniera, complessivamente pari ad oltre il 17% della popolazione totale vignolese (vedi) – un dato che ci pone ai primi posti nella “graduatoria” provinciale. Non tutte le idee abbozzate in questi giorni sono però ugualmente valide – non lo è ad esempio la proposta del “consigliere aggiunto” (straniero) al consiglio comunale avanzata dagli organizzatori della manifestazione di sabato 23 gennaio (vedi). Anche il PD di Vignola prova a riprendere a pensare sul tema – questo vorrebbe testimoniare il comunicato del neosegretario Federico Clò e del consigliere comunale Niccolò Pesci – dopo che per almeno cinque anni ha assistito muto allo smantellamento delle politiche per l’integrazione da parte dei suoi amministratori (vedi). Ma se l’intenzione è encomiabile, il risultato è striminzito. Non basta infatti la volontà per progettare buone politiche per l’integrazione – servirebbe anche la competenza. Comunque, prima che l’attenzione al tema svanisca (dirottata su altro), sarebbe bene provare a fissare alcuni obiettivi e modalità operative che diano la misura di un rinnovato impegno dell’Unione Terre di Castelli (visto che è a questo livello che bisognerebbe muoversi) su un tema che ci accompagnerà ancora per molto tempo.

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Gazzetta di Modena, 26 gennaio 2016, p.25.

[1] Tra le proposte sottoposte all’amministrazione da parte degli organizzatori della manifestazione degli stranieri di sabato scorso vi è quella del “consigliere aggiunto straniero”, una sorta di invitato permanente (cittadino straniero) ai lavori del consiglio comunale. E’ una proposta da lasciare cadere per un semplice motivo: non funziona. E non funziona per molteplici ragioni: il consiglio comunale è già oggi un luogo di produzione di frustrazioni per i consiglieri veri, figurarsi per quelli aggiunti (privi di potere). Ma soprattutto bisogna considerare che non ha alcun senso istituire un consigliere aggiunto in “rappresentanza” degli stranieri, quando questi a Vignola hanno almeno una decina di nazionalità rilevanti (vedi). Un consigliere aggiunto marocchino non rappresenterebbe le restanti nazionalità (che sono il 75,6% della popolazione straniera complessiva). Ed un consigliere di orientamento “laico” non rappresenterebbe le aggregazioni religiose (e viceversa). E parlare di “rappresentanza” nel magmatico ed eterogeneo mondo degli immigrati stranieri è davvero un’impresa ardua. Questa soluzione è stata sperimentata a metà degli anni ’90 in diversi comuni e poi abbandonata, per il semplice motivo che non funziona. Inutile insistere.

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Prima Pagina, 26 gennaio 2016, p.19.

[2] Ciò di cui invece ci sarebbe bisogno è stato in larga parte smantellato nel corso della passata legislatura (o non ha mai visto la luce, visto che fino ad ora gli amministratori di questo territorio – in larghissima parte PD – era in altre faccende affaccendati). Partiamo dalla scuola. Non c’è dubbio che uno dei principali ambiti di integrazione (ovvero di socializzazione) delle nuove generazioni straniere è la scuola. Pur con tutti i suoi limiti (innanzitutto organizzativi e di risorse) e grazie all’impegno di una parte consistente del personale scolastico (e non solo: vedi) la scuola è un ambito decisivo per la “carriera” sociale di molti ragazzi stranieri. Ma il fatto è che la scuola “funziona” fino ai 16 anni, ovvero fino all’età dell’obbligo. Su quanto succede in quell’età cruciale dell’adolescenza sappiamo però abbastanza poco o, meglio, la conoscenza non è organizzata per supportare le decisioni degli amministratori locali e delle élites educative del territorio. Non ho mai letto nelle relazioni degli amministratori dati di fondamentali importanza come quelli relativi ai tassi di abbandono scolastico di stranieri (e italiani – la comparazione è rilevante) al termine dell’età dell’obbligo scolastico. Non ho mai letto dati sul successo scolastico degli stranieri (e degli italiani – e del loro differenziale) alle medie ed alle medie superiori. E così via. Neppure la Fondazione di Vignola che generosamente finanzia i programmi di qualificazione dell’offerta formativa delle scuole del territorio (circa 300mila euro l’anno) sa nulla in proposito. E ben si guarda di chiedere alle istituzioni scolastiche del territorio di fare lo sforzo (utile a tutti) di organizzare un adeguato sistema informativo per rilevare se ed in quale misura l’impegno didattico riduce il gap rilevabile tra stranieri ed italiani in merito alle “carriere scolastiche”. Manca dunque un adeguato sistema informativo (i dati ci sono forse a livello di istituto, ma non di territorio!) e dunque le decisioni, in termini di nuovi progetti ed allocazione di risorse, vengono prese “a sentimento”.

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Presentazione di una raccolta di testimonianze di ragazzi e ragazze straniere, promossa da Ottaviana Albertini (foto del 14 aprile 2012)

[3] Se il fenomeno dell’interruzione della carriera scolastica, varcata la soglia dell’obbligo, è rilevante per gli adolescenti stranieri è chiaro che la centralità della scuola per le loro carriere “sociali” viene meno. Bisogna dunque predisporre o utilizzare a tal fine altri luoghi, come le associazioni sportive o i luoghi di ritrovo dei giovani (tra cui gioca un ruolo importante, ma non certo esclusivo, la biblioteca Auris). E’ singolare, ma uno di questi “luoghi di contatto” è stato smantellato nella passata legislatura, sotto l’amministrazione Denti. Mi riferisco al “punto giovani” Meltin’pot presso l’autostazione. E’ stato chiuso (nel 2013: vedi) proprio perché frequentato prevalentemente da stranieri (visto che i ragazzi italiani usavano invece più massicciamente la biblioteca Auris)! Ovviamente non si torna indietro. Ma quell’esperienza valga almeno da esempio, in positivo, di ciò che occorrerebbe fare: trovare delle “esche” per entrare in relazione ed usare la relazione per attivare delle attività di gruppo per sottrarre quei giovani stranieri dai rischi della marginalità (offrendo loro chances per nuovi percorsi formativi, inserimenti lavorativi assistiti, iniziative culturali, attività ricreative, ecc.). Così come ci sono professori che “salvano” (o che uccidono la voglia di sapere) (vedi), ci sono figure di riferimento (e servizi) in ambito extra-scolastico che possono offrire un contributo non trascurabile ad incanalare nel verso giusto la “carriera sociale” di molti giovani (anche stranieri).

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Un annuncio di ricerca lavoro da parte di una donna straniera (foto del 6 maggio 2011)

[4] La richiesta del “consigliere aggiunto” esprime un’esigenza di una relazione più strutturata tra le “disperse” comunità di stranieri e le istituzioni pubbliche. L’esigenza è reale e non va abbandonata solo per la scarsa funzionalità della soluzione proposta. Ma il tema della “rappresentanza” di un mondo così articolato e frastagliato come quello degli immigrati stranieri (a Vignola circa 4.500 persone di almeno una ventina di nazionalità rilevanti) è di difficile soluzione. Meglio dunque affidarsi a luoghi di confronto tra stranieri ed istituzioni che prescindano da eventuali “rappresentanti” e si aprono invece ad una partecipazione la più ampia possibile. Meglio dunque un “forum” che si riunisce annualmente (o semestralmente) con libera possibilità di partecipazione a tutti gli interessati per trattare uno o più temi specifici rilevanti dal punto di vista della civile convivenza. Magari preparati con iniziative ad hoc organizzate con le singole comunità più rilevanti dal punto di vista quantitativo. Insomma, meglio provare ad esercitare la “funzione” senza eccessive sovrastrutture od apparati. Ciò richiede indubbiamente un maggiore lavoro preparatorio, ma garantisce anche maggiori chances di successo se davvero si vogliono rafforzare le relazioni con una parte consistente delle comunità straniere.

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Durante una cerimonia con la comunità marocchina presso la scuola elementare Mazzini. Era l’anno 2003.

[5] E’ singolare che delle tre proposte sopra abbozzate nessuna sia anche solo accennata nel comunicato che il PD di Vignola ha predisposto sul tema (vedi). Comunque, come detto, chiunque testimoni della volontà di “riprendere a pensare” sui temi politico-amministrativi della città deve essere incoraggiato. Per questo mi limito a considerare che non si può, in linea di principio, non essere d’accordo con la proposta di creare assieme alle comunità straniere “un percorso nuovo” (inutile però aggiungere “e innovativo”). Sarebbe però saggio giungere a «scrivere assieme una “Carta dell’accoglienza”, regole e buone pratiche che favoriscano l’integrazione, ma garantiscano anche sicurezza e coesione sociale» al termine di un percorso di reciproco confronto e di iniziative comuni (tutte attività dismesse da tempo a Vignola) piuttosto che pretendere di partire da questo. E non sarebbe male riconoscere anche che la nuova amministrazione civica ha avuto l’intelligenza (che non ha avuto l’amministrazione Denti) di strutturare una cerimonia pubblica per il conferimento della cittadinanza italiana agli stranieri (vedi). Così, tanto per testimoniare che si è capaci di imparare dai propri errori. O non sarà chiedere troppo?

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2 Responses to Politiche per l’integrazione degli stranieri: alcune cose da fare

  1. Rosanna Sirotti ha detto:

    concordo con Andrea sulla presenza del cittadino straniero in consiglio comunale; ci sono tante altre opportunità ed organismi dove è possibile parlare e sopratutto farsi ascoltare. Il problema integrazione riguarda molte nazioni ricche e mi pare non sia ancora stato risolto da nessuna parte come le vicende  degli USA  ci dimostrano. Penso agli ammonimenti del cardinale Biffi il quale consigliava di favorire l’immigrazione da paesi cattolici perchè riteneva gli islamici difficilmente integrabili., cosa che stiamo sperimentando oggi.Molto dipende anche dal numero,che il territorio può sostenere, dalla possibilità di lavoro dalla cultura e dal grado di istruzione. Quando si dice che la Svizzera ha una percentuale del 23percento di immigrati e li ha felicemente assorbiti ,non si ricorda la qualità degli stessi, sono infatti colti o specializzati che hanno aiutato la crescita della  economia svizzera..Aprire  a tutti come abbiamo fatto noi si sta dimostrando un errore perchè   non siamo in grado di sostenere economicamente le troppe presenze che poi nel sentire comune penalizzano gli italiani poveri. A mio parere un altro errore lo abbiamo fatto in ambito scolastico quando abbiamo immesso nelle classi, in qualsiasi momento dell’anno scolastico i ragazzi a seconda della età senza prevedere un periodo di preparazione sulla lingua e la storia del nostro paese come hanno fatto in Germania. Avere in classe  ragazzi che non capiscono la lingua crea loro disagio così come lo crea ai docenti. Avendone voglia ci sarebbero molte cose su cui pensare!!!! 

  2. Elena Busani ha detto:

    Stavo per iniziare a scrivere una storia dei servizi degli ultimi 15 anni, perchè non veniamo dal nulla, tante riflessioni sono state fatte, tanto è stato sperimentato, qualcosa si è consolidato, qualcosa è stato smantellato. Mi limito a due elementi di positività che vorrei richiamare: da un lato, l’esperienza veramente positiva sul territorio dell’Unione del servizio civile per ragazzi e ragazze italiani e stranieri. Il progetto permette ogni anno di far conoscere i nostri servizi ai ragazzi , ma anche di scoprire tante competenze, e sicuramente per alcune ragazze di origine straniera è un forte strumento di empowerment. A mio avviso anche questa bella esperienza di scambio e di crescita insieme, andrebbe valorizzata di più.
    L’altro elemento importante invece a livello nazionale, in un quadro legislativo che comunque è ancora quello della Bossi Fini, occorre non dimenticarlo, è che da quest’anno è stata istituita una classe di concorso per l’insegnamento dell’italiano lingua seconda. Questo dovrebbe da un lato andare a riconoscere delle professionalità che da tanti anni lavorano dentro la scuola, equiparandole alle altre, dall’altro iniziare a sistematizzare almeno il tema dell’alfabetizzazione.
    Se il tema poi delle politiche di coesione tornasse ad appassionare qualche politico, al di là dell’emergenza del fatto di cronaca, credo che attraverso tirocinii, stages dei master si potrebbe chiedere a qualche universitario di riniziare a raccogliere in modo sistematico un po’ di dati, fondamentali per capire la realtà di oggi e continuare a progettare, magari cose nuove, senza far resuscitare istituti vecchi e stra vecchi, come il consigliere aggiunto.
    Come scrive Rosanna, ci sono veramente molte cose a cui pensare, e a mio avviso non sono procrastinabili, perchè con il 17 % di cittadini di origine straniera tutto ciò, “ci” riguarda

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