La guerra dell’Aceto Balsamico di Modena IGP. Un consorzio di tutela per far fuori i piccoli produttori?

Nell’indifferenza totale degli enti locali di questo territorio (Spilamberto, Vignola, Castelvetro, Castelnuovo) si sta giocando una partita che non è affatto indifferente rispetto alle sorti di un pezzo di economia locale. Parliamo dell’economia che ruota attorno dell’Aceto Balsamico di Modena che, il 10 giugno 2009 (dopo 15 anni di tentativi), ha ottenuto dalla Commissione Europea il riconoscimento di Indicazione Geografica Protetta (IGP) (vedi). Secondo i dati disponibili si tratterebbe di un valore commerciale, al consumo, di qualche centinaio di milioni di euro, conseguente alla produzione annua di diversi milioni di litri di “oro nero”, il 70-80% dei quali va all’esportazione (vedi). Subito dopo l’ottenimento dell’IGP si è messa in moto un’azione per costituire un Consorzio di Tutela per la IGP Aceto Balsamico di Modena (vedi),  così da superare anche la divisione tra i produttori (storicamente divisi in tre diversi consorzi, dal 2010 ridotti a due). Ma è sullo statuto del futuro Consorzio di tutela che si è acceso un nuovo conflitto. I produttori infatti presentano una struttura fortemente polarizzata, con una forte concentrazione in termini di volumi prodotti (i tre principali produttori – Ponti, de Nigris, Monari Federzoni – producono più del 50% dell’aceto balsamico IGP) ed una forte dispersione in termini di aziende produttrici (con numerosi produttori di piccole dimensioni). E le prime bozze di Statuto, realizzate anche con la “mediazione” del presidente della Provincia di Modena, Emilio Sabattini, sono chiaramente squilibrate a favore dei grandi produttori, con il rischio, se passasse questa impostazione, di penalizzare i numerosi produttori locali, impegnati in produzioni di alta qualità e fortemente radicati sul territorio. La Regione Emilia-Romagna, titolare del procedimento, è intervenuta con l’assessore all’agricoltura Tiberio Rabboni che in un recente incontro, tenutosi l’1 febbraio a Modena, ha dato un ultimatum ai produttori. O questi trovano un accordo, altrimenti la Regione depositerà da un notaio, alla scadenza di un mese dall’incontro, la bozza di statuto elaborata (quella che ha l’assenso solo dei grossi produttori), invitando tutti i produttori a sottoscriverla. Da chi dice di aver a cuore territorio ed economia locale ci si aspetterebbero ragionamenti un po’ più sofisticati. Anche perché la posta in gioco è rilevante, soprattutto per il futuro del territorio modenese e delle sue produzioni tipiche. Vediamo di analizzare la vicenda.

Lo stabilimento vignolese di Modenaceti Srl, società del gruppo Ponti Spa (foto del 5 febbraio 2011)

[1] Le norme comunitarie, recepite dalla legge n.526 del 1999, all’art.14 (vedi), prevedono che le funzioni di controllo e tutela dei marchi DOP e IGP possano essere svolte da “organismi privati”, ad esempio da consorzi tra produttori. Tali organismi hanno altresì funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e di cura generale degli interessi relativi alle denominazioni. Per essere riconosciuti in tali funzioni essi devono presentare apposita richiesta al Ministero delle politiche agricole e forestali che ha stabilito, con proprio decreto, di accogliere tali domande solo nel caso in cui un siffatto consorzio raggruppi almeno il 66% dei produttori IGP (misurato in termini di volumi di produzione). Operazioni analoghe, localmente, sono già state realizzate con successo. Viene di norma presentato come un esempio di buon funzionamento il Consorzio di tutela del Parmigiano-Reggiano DOP (vedi). L’obiettivo di istituire un unico Consorzio tra produttori in grado di tutelare adeguatamente l’Aceto Balsamico di Modena IGP è dunque condiviso tra i produttori di balsamico IGP. Il fatto è che la marcia di avvicinamento all’obiettivo vede contrapposti due consorzi di produttori (dopo che un terzo si è sciolto ed è in larga parte confluito in uno dei due qualche mese fa), nessuno dei due sufficientemente grande da raggiungere da solo l’obiettivo. Da un lato il Consorzio Filiera Aceto Balsamico di Modena presieduto da Sabrina Federzoni (vedi) che raggruppa 13 produttori, tra cui quelli di maggiori dimensioni: Ponti Spa (con sede legale in provincia di Novara: vedi); Acetificio M. de Nigris Srl (con sede legale in provincia di Napoli: vedi); Monari Federzoni Spa (con sede legale a Bomporto, MO: vedi) – da soli questi tre produttori producono più del 50% di Aceto Balsamico di Modena IGP. Dall’altro lato il Consorzio Aceto Balsamico IGP presieduto da Cesare Mazzetti che raggruppa 27 produttori di medie e piccole dimensioni (vedi). In più vi sono oltre un centinaio piccoli produttori “indipendenti”, ovvero non consorziati, preoccupati dall’ipotesi di un Consorzio di tutela dominato dai pochissimi grandi produttori. Al momento nessuno dei due consorzi è in grado di soddisfare il requisito posto dal ministero in merito alla “rappresentanza” dei produttori (il 66% dei volumi prodotti). Anche il consorzio che raggruppa i grandi produttori (il Consorzio Filiera Aceto Balsamico di Modena) si ferma infatti al 62% della produzione di aceto balsamico IGP. Occorre dunque – e questo è un bene – un accordo più ampio, che coinvolga produttori grandi e medi, ma anche piccoli. Accordo evidentemente non facile da raggiungere per diverse ragioni. Non solo però per le “incrostazioni” di conflitti del passato, ma anche per una diversa struttura di interessi. I grandi produttori, infatti, sono meno interessati a funzioni di promozione del prodotto, avendo già da tempo dimensioni e risorse per realizzare campagne promozionali legate al loro marchio. Per ragioni di questo genere i piccoli produttori temono fortemente la costituzione di un Consorzio di Tutela nel cui consiglio di amministrazione siedano esclusivamente i rappresentanti dei maggiori produttori (tra l’altro assai meno interessati al “destino” di questo territorio: i due principali produttori – Ponti e de Nigris – hanno infatti origine e sede principale il primo a Novara, il secondo a Napoli).

Lo stabilimento vignolese della Modenaceti Srl, del gruppo Ponti Spa (foto del 5 febbraio 2011)

[2] In questa situazione di stallo è intervenuta la Provincia di Modena, direttamente con il presidente Emilio Sabattini, con una propria proposta di “mediazione” in merito allo statuto del Consorzio di Tutela. Una prima proposta di “mediazione” è stata avanzata il 6 luglio 2010. Si tratta davvero di una proposta di “mediazione”? Difficile pensarlo, visto che tale proposta è stata subitaneamente sottoscritta dal “Consorzio Filiera” (quello di Ponti e de Nigris) che evidentemente vedevano in quella bozza di statuto rispecchiati i loro interessi. Nessuna condivisione della proposta, invece, è venuta dai piccoli produttori, sia indipendenti che consorziati. Vi sono infatti due nodi critici particolarmente influenti sulla governance del consorzio: il numero dei componenti nel consiglio di amministrazione ed il potere di voto di ogni associato. La proposta di luglio 2010 della Provincia vedeva un CdA composto da 5 membri, in cui di fatto, per il meccanismo di voto, andavano a sedere solo i rappresentanti dei maggiori produttori (assieme, come previsto dalle norme, da altri rappresentanti della “filiera IGP”: produttori di mosto, ecc. – però chiaramente “dipendenti” dai grandi produttori). Nel frattempo la provincia stessa, evidentemente per fare pressing sui piccoli produttori, ha amplificato a mezzo stampa l’allarme frodi (vedi gli interventi ripresi dalla stampa – es. L’Informazione di Modena del 13 agosto 2010, p.3 – dell’assessore provinciale all’agricoltura Giandomenico Tomei, uomo legato al presidente Sabattini), quando però alcuni episodi di contraffazione o di violazione delle norme IGP hanno riguardato proprio alcuni dei grandi produttori! Una seconda proposta è stata quindi formulata il 22 dicembre 2010, questa volta da Provincia di Modena e assessorato regionale all’agricoltura, anche in questo caso senza riuscire  ad ottenere l’accordo della maggioranza dei produttori. In questo caso la composizione del CdA viene allargata a 7 membri (4 produttori di aceto balsamico IGP, 1 rappresentante dei produttori di mosto, 1 rappresentante degli imbottigliatori, 1 rappresentante “di filiera). Ma anche in questo caso i piccoli produttori rimarrebbero esclusi dal consiglio di amministrazione per il meccanismo di voto (rimasto lo stesso della proposta di luglio). Questo infatti attribuisce potere di voto in modo proporzionato ai soli volumi di produzione (un grande produttore, con oltre il 20% della produzione di aceto balsamico IGP, ha diritto a 22 voti – una condizione soddisfatta solo da Ponti e de Nigris), una soluzione che produrrebbe una concentrazione di potere corrispondente alla concentrazione produttiva. Il range dei voti assegnati a singolo produttore va da 22 voti per i più grandi (quelli con oltre il 20% di produzione rispetto al totale della produzione IGP), fino ad 1 voto per i produttori più piccoli. Un range 22-1 è considerato dai numerosi piccoli produttori troppo ampio (si consideri che, invece, nel Consorzio di tutela del Parmigiano-Reggiano il range è 4-1, ovvero il produttore più grande ha 4 voti, il più piccolo 1). Un tale meccanismo di voto costringerebbe i cento e passa piccoli produttori alla sola partecipazione all’assemblea dei soci, senza dare la possibilità a loro rappresentanti di sedere nel CdA. Per questo motivo il Consorzio dei produttori di medie e piccole dimensioni (Consorzio Aceto Balsamico IGP presieduto da Cesare Mazzetti) ha rifiutato le proposte del Consorzio Filiera ed anche le proposte di “mediazione” del presidente Sabattini (che evidentemente mediavano assai poco), chiedendo invece di introdurre meccanismi “perequativi” volti a rappresentare non solo la quantità della produzione, ma anche la numerosità dei produttori. Per questo il Consorzio Aceto Balsamico IGP ha tenuto ferma la richiesta di spalmare la maggioranza dei voti almeno su 15-20 aziende (anziché sulle 5 o 7 delle proposte di “mediazione” della Provincia).

Lo stabilimento vignolese di Modenaceti Srl del gruppo Ponti Spa. dettaglio di uno dei silos (foto del 5 febbraio 2011)

[3] Il presidente della Provincia di Modena, Emilio Sabattini, ha ragione nell’affermare che “è impensabile che dopo oltre 15 anni di battaglie per il riconoscimento e, a oltre un anno dalla registrazione della IGP, il sistema delle imprese non sia in grado di realizzare un consorzio che rappresenti la tipicità del prodotto e sia in grado di ottenere il riconoscimento del Ministero delle Politiche Agricole”. Però sarebbe bene che tanto la Provincia di Modena, quanto la Regione Emilia-Romagna (assessorato all’agricoltura), provassero per davvero a svolgere un ruolo di mediazione “alta”, avendo di mira gli interessi di medio-lungo termine di questo territorio (il marchio IGP vale per l’aceto balsamico prodotto nelle province di Modena e Reggio Emilia). Per fare questo occorre avere autorevolezza e capacità e, soprattutto, occorre prefigurare soluzioni che non si limitino semplicemente a riprodurre l’attuale struttura di mercato, ma cerchino anche di salvaguardare quel tessuto di piccoli produttori (più di un centinaio di imprese) che costituiscono non solo un pezzo rilevante dell’economia locale (peraltro prevalentemente orientata all’export), ma anche un segno della qualità “made in Modena” e, soprattutto, un pezzo di tradizione locale che, sinora con successo, ha saputo riproporsi, in modo aggiornato, nella modernità. Comunque, l’ultima tappa di questa tortuosa vicenda è fissata per l’1 marzo 2010. In quella data, secondo le parole dell’assessore regionale Tiberio Rabboni (così all’incontro modenese di martedì 1 febbraio), verrà depositata da un notaio la bozza dello statuto del Consorzio di Tutela – quella bozza che, come abbiamo provato ad argomentare, risponde in modo troppo puntuale agli interessi dei pochi grandi produttori di aceto balsamico di Modena IGP (a discapito degli assai più numerosi produttori di medie e soprattutto piccole dimensioni). Il passaggio è importante e la posta in gioco è alta. Sarebbe bene che qualche amministratore locale vi prestasse attenzione. Non vorremmo ritrovarci, tra una decina d’anni, a registrare la scomparsa di un importante tessuto di produttori locali di qualità.

PS. La produzione industriale di aceto balsamico di Modena IGP consente di produrre aceto a bassissimo prezzo, fino a 0,50 euro per mezzo litro. IGP, evidentemente, non è sinonimo di qualità (anche se molti produttori di aceto balsamico IGP realizzano prodotti di qualità). Vedi in proposito l’articolo di Margherita De Bac sul Corriere della Sera del 13 agosto 2010 (vedi).

3 Responses to La guerra dell’Aceto Balsamico di Modena IGP. Un consorzio di tutela per far fuori i piccoli produttori?

  1. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Nel corso di una conversazione con altri produttori di aceto balsamico IGP uno dei grossi produttori si è detto convinto che nel giro di 5 anni si registrerà la scomparsa dei piccoli produttori di aceto balsamico di Modena IGP, un pezzo significativo dell’economia diffusa locale. Sono dichiarazioni che è bene registrare. Così come sarà bene, tra qualche anno, misurare la salute del settore e riportare i dati a quei politici locali (in Provincia, piuttosto che in Regione) che oggi, al di là delle dichiarazioni, risultano oggettivamente schierati con i pochissimi grandi produttori (che poi non sono i produttori modenesi).

  2. Marcello ha detto:

    forse è il caso di specificare nell’articolo che non si parla del balsamico tradizionale

    • Andrea Paltrinieri ha detto:

      Dovrebbe essere chiaro, anche se capisco che per la maggior parte dei consumatori già la differenza tra DOP e IGP è assai poco chiara. Comunque in effetti tutto l’articolo tratta dell’aceto balsamico di Modena IGP (e del tentativo di giungere alla costituzione di UN consorzio di tutela). Non parla, invece, dell’aceto balsamico tradizionale di Modena DOP.

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