Guerra sulla street art a Bologna

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La “guerra” sulla street art a Bologna “ha radici politiche molto bolognesi” – su questo ha ragione uno dei curatori della mostra Banksy & Co. Che inaugurerà il 18 marzo a Palazzo Pepoli a Bologna (vedi). Ciò nondimeno essa rivela cose interessanti non solo sul genere della street art, ma sull’arte in generale e sul rapporto che essa intrattiene con la società. Il fatto poi che tale guerra si esplosa per opera di Blu (e grazie al gesto polemico di distruggere le sue opere bolognesi) invita anche chi sta a Vignola a prestarvi attenzione, visto che nella nostra città Blu, nel frattempo divenuto uno degli street artist più importanti a livello internazionale, ha dipinto due “murales”, di cui uno distrutto solo qualche mese fa da uno scriteriato intervento di ACER Modena (vedi).

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Una dei “murales” bolognesi di Blu (foto del 31 luglio 2009)

[1] All’origine della “guerra” sta la mostra sulla street art promossa da Genus Bononiae, la più potente istituzione culturale bolognese (iniziativa della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, presieduta da Fabio Roversi Monaco), che verrà inaugurata tra pochi giorni: venerdì 18 marzo a Palazzo Pepoli (vedi). Mostra che farà confluire a Bologna opere destinate alla “strada”, ma ora raccolte ed organizzate in un percorso “museale”. Insomma staccate dai muri di edifici spesso degradati o di strade di periferia. Nate nel contro-circuito artistico della street art – arte pubblica, realizzata senza alcun intento “di mercato”, senza alcuna preoccupazione per il mercato dell’arte – da tempo vedono crescere l’attenzione delle istituzioni artistiche e museali (quella bolognese non è certo la prima mostra sulla street art). Certo, il “sistema dell’arte” ha dimostrato da tempo la capacità di fagocitare tutto (almeno da quando Marcel Duchamp, firmando come opera d’arte un orinatoio, non venne accompagnato alla porta – e da allora i confini di ciò che è arte sono continuamente sottoposti a sollecitazioni per essere ampliati). Ed anche l’arte nata al di fuori del “sistema dell’arte” può finire con l’esservi inglobata. Sta di fatto che nella mostra bolognese saranno esposte opere di street art acquisite sul mercato (a testimonianza che anche la street art ha da tempo un proprio mercato, dopo che alcuni dei suoi esponenti sono divenuti delle vere e propie star del mondo artistico, anzi del mondo dei media – Banksy è indubbiamente oggi il più famoso: vedi). Così come saranno esposte opere “staccate” dai muri (in alcuni casi senza il consenso dell’autore – è questo il caso delle 3 opere di Blu in mostra: contattato dai curatori, sembra non abbia mai risposto loro). Tutto questo ha scatenato una “guerra” sulla street art. Le motivazioni sono illustrate con chiarezza in questo testo che Blu ha affidato al blog di Wu Ming (vedi).

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Il grande “murales” al centro sociale XM24 in via A.Fioravanti a Bologna, ora cancellato (foto del 29 marzo 2013)

[2] “Questa mostra sdogana e imbelletta l’accaparramento dei disegni degli street artist, con grande gioia dei collezionisti senza scrupoli e dei commercianti di opere rubate alle strade. Non stupisce che sia l’amico del centrodestra e del centrosinistra [Fabio Roversi Monaco] a pretendere di ricomporre le contraddizioni di una città che da un lato criminalizza i graffiti, processa writer sedicenni, invoca il decoro urbano, mentre dall’altra si autocelebra come culla della street art e pretende di recuperarla per il mercato dell’arte. Non importa se le opere staccate a Bologna sono due o cinquanta; se i muri che le ospitavano erano nascosti dentro fabbriche in demolizione oppure in bella vista nella periferia Nord. Non importa nemmeno indagare il grottesco paradosso rappresentato dall’arte di strada dentro un museo. La mostra Street Art. Banksy & Co. è il simbolo di una concezione della città che va combattuta, basata sull’accumulazione privata e sulla trasformazione della vita e della creatività di tutti a vantaggio di pochi. Dopo aver denunciato e stigmatizzato graffiti e disegni come vandalismo, dopo avere oppresso le culture giovanili che li hanno prodotti, dopo avere sgomberato i luoghi che sono stati laboratorio per quegli artisti, ora i poteri forti della città vogliono diventare i salvatori della street art. Tutto questo meritava una risposta.

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Il manifesto della mostra bolognese “Banksy & Co. L’arte allo stato urbano”, dal 18 marzo 2016 a Palazzo Pepoli.

[3] E la risposta è arrivata. Blu, aiutato da una cinquantina di militanti dei centri sociali, ha cancellato con la vernice le sue opere bolognesi. Rinunciando ad altre forme di protesta, l’unica che gli dev’essere parsa all’altezza della sfida (musealizzazione della street art, mercatizzazione della street art) è stata la più radicale: la distruzione delle opere d’arte. In effetti è questo l’unico modo affinché il “sistema dell’arte” non possa più “appropriarsi” di queste espressioni artistiche. Distruggerle. Ma meglio ancora sarebbe stato – paradossalmente – non farle mai nascere (le riproduzioni fotografiche dei “murales” di Blu avranno un mercato?). Questa la condizione paradossale dell’artista del contro-circuito artistico nel momento in cui, emergendo, viene “riconosciuto” ed “assorbito” dal “sistema dell’arte”. Impossibile non cadere in contraddizione: la distruzione della “propria” opera testimonia che essa non è arte pubblica, ma privata (solo questo legittima l’intervento distruttore da parte dell’artista – oppure va rubricato come “vandalismo”?). La distruzione della street art contraddice l’intento (dichiarato) per cui essa era nata: un raggio di sole estetico in un’area degradata, di periferia. Privati della street art quei luoghi, quegli edifici sono restituiti alla dimensione del degrado o della banalità della sciatteria. Christian Omodeo, uno dei tre curatori della mostra bolognese a Palazzo Pepoli, coglie subito la paradossalità dell’attuale situazione: “Prima gli artisti dipingevano i muri e le istituzioni li coprivano, ora gli artisti cancellano e le istituzioni salvano …” (vedi). Secondo il resoconto di la Repubblica – Bologna “gli iconoclasti antagonisti” si sono messi al lavoro, per distruggere le opere di Blu, “con lo sconcerto nel cuore”. Come dar loro torto?

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y€$ we cash! (foto Bologna, 13 novembre 2011)

[4] Paradossalmente – di nuovo – le uniche opere bolognesi di Blu sopravvissute sono quelle esposte in mostra a Palazzo Pepoli (vedi). Insomma, per vederle bisognerà tributare l’odiato Fabio Roversi Monaco. Ai vignolesi le cose sono andate un po’ meglio: una delle due opere di Blu (realizzate oramai quindici anni fa) è ancora visibile nei locali dell’ex-lavatoio pubblico, oggi Lavabo (dove vi svolge attività il Circolo Ribalta). L’altra opera non c’è più. Era stata realizzata, assieme ad opere di altri writers, sulla palazzina ex-Enel (vedi) ed è stata abbattuta alcuni mesi fa, nel settembre 2015, da ACER Modena, nell’indifferenza della nuova amministrazione “civica” (vedi). Che fare della street art? Che fare di quel murales realizzato anni prima da uno degli artisti di street art più importanti sulla scena internazionale? A Vignola non ci siamo neppure posti il problema. Ci hanno pensato le ruspe a dare una risposta. Ed in effetti dare una risposta – come testimonia il caso bolognese – è tutt’altro che semplice. Occorre pensare. Troppo difficile nella periferia della periferia. Meglio dunque chiudere gli occhi. E lasciare lavorare ruspe e cingolati.

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Michele Serra su la Repubblica del 13 marzo 2016.

PS “Spero che Blu, in futuro, possa di nuovo dipingere a Bologna avendo la garanzia che le sue opere non saranno mai usate con fini commerciali” – si augura a tempo scaduto il sindaco Virginio Merola (la Repubblica – Bologna, 13 marzo 2016, pag. III). A tempo scaduto e con argomenti scaduti. Questa è la condizione della politica. Intanto una collega di Blu, solo un po’ meno nota, solo poche settimane fa è stata multata per aver “abbellito” una parete degradata (vedi). Ovviamente in quel caso il sindaco di Bologna se n’é stato zitto. Sul tema della street art è appena uscito il libro di Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, Graffiti. Arte e ordine pubblico, Il Mulino, Bologna, 2016 (vedi). Magari partiamo da qui.
PPS La foto in testa al post è tratta dal blog Giap della Wu Ming Foundation (vedi)

 

2 Responses to Guerra sulla street art a Bologna

  1. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Ha chiuso il 26 giugno 2016 la mostra Banksy & Co. a Palazzo Pepoli con un risultato inferiore alle attese, nonostante l’esibizione di soddisfazione del presidente di Genus Bononiae Fabio Roversi Monaco. 42.000 visitatori in 14 settimane, ovvero circa 3.000 visitatori a settimana (nulla a che vedere con la mostra-monstre, in termini di pubblico, sulla “ragazza con l’orecchino di perla” che viaggiava a 20.000 visitatori a settimana).

    “Il bilancio è stato di 42mila visitatori di cui 34mila paganti.
    Un risultato forse un po’ sotto le aspettative suscitate dal polverone di polemiche sollevato dall’operazione. Ancora prima che l’esposizione aprisse, la città si era già divisa sul senso dell’operazione. In seguito un artista riconosciuto a livello internazionale come Blu, per protesta, ha deciso di cancellare tutte le sue opere presenti sui muri della città, dando vita ad un dibattito la cui eco è rimbalzata anche fuori Bologna, rendendolo un caso nazionale.

    Lo riaccende Fabio Roversi Monaco, presidente di Genus Bononiae, nel commentare positivamente il bilancio. “Siamo davvero soddisfatti del grande successo di pubblico e di critica – ha dichiarato -. L’esposizione ha finalmente aperto un dibattito vivo e acceso su temi più che mai attuali, dalla conservazione alla salvaguardia delle opere dei writers, dal ruolo delle istituzioni a quello dei musei nei confronti del monopolio dei contro cultori, spesso falsi cultori, al diritto di ogni cittadino di operare in positivo e nel rispetto di tutte le regole per la tutela di questa arte e, quando possibile, di ciò che essa ha saputo produrre, tutti quesiti che abbiamo cercato di approfondirle sia attraverso la mostra. L’auspicio è che il dibattito culturale nato in quest’occasione possa proseguire generando confronto e discussioni, anche per confermare alla città di Bologna il ruolo centrale d’avanguardia sulle tematiche relative all’urban art, così come lo è stato nel recente passato”.”

    Qui la notizia completa da la Repubblica – Bologna:
    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2016/06/27/news/la_mostra_di_banksy_co_chiude_a_quota_42mila_spettatori-142934751/

  2. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Ancora una vicenda legata alla street art, stavolta a Milano. Anche lì protagonista Blu, visto che si discute se cancellare un suo dipinto sui muri del PAC, il Padiglione di Arte Contemporanea (murales realizzato con Ericailcane). Qui stavolta è l’istituzione-museo che sta valutando se cancellare l’opera d’arte realizzata nel 2007, in occasione della prima mostra sulla street art. E stavolta sono i writers a reagire per salvare l’opera. Qui l’articolo completo:
    http://milano.repubblica.it/cronaca/2017/03/09/news/milano_street_art_blu_murales_museo-160116495/

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