Ci sono azioni che possono contribuire a realizzare un mondo “migliore”. Succede anche con il banale gesto di acquistare un prodotto alimentare. A condizione che sia del commercio equo e solidale. Ogni acquisto genera un’opportunità per i piccoli produttori, spesso associati, dei paesi in via di sviluppo, appartenenti alla filiera del fair trade. Oltre 5 milioni di persone in Africa, America Latina e Asia beneficiano del commercio equo, ottenendo prezzi maggiori di quelli “di mercato” per i loro prodotti (vedi). Noi, abitanti del mondo occidentale, possiamo fare la nostra parte per sostenere questo pezzo di economia più equa e per farla crescere ancora di più. Anche qui a Vignola. Come?

La bottega Oltremare-LAG di Vignola (via Portello 3), punto di vendita dei prodotti, ma anche di promozione della cultura dell'equità nelle relazioni commerciali tra aree del mondo (foto del 22 gennaio 2011)
[1] E’ semplice. Basta acquistare i prodotti del commercio equo e solidale. A Vignola è abbastanza facile. Dal 12 marzo 2005 esiste la Bottega d’Oltremare-LAG (vedi), nata da un’iniziativa della Cooperativa Oltremare (vedi), la Libera Associazione Genitori (LAG) di Vignola (vedi) e di un gruppo di volontari. Nonostante gli alti e bassi della cooperativa-madre modenese la bottega di Vignola continua la propria missione: promuovere relazioni economiche più eque tramite la vendita di prodotti del commercio equo e solidale. La trovi in via Portello 3 (qui la mappa su Google Maps). Vende generi alimentari (cacao, caffè, zucchero di canna, the, riso e tanto altro ancora), artigianato esotico, prodotti per l’igiene, detersivi sfusi, prodotti di “Libera” (associazione contro le mafie) e realizza anche cornici per quadri (presso il laboratorio artigiano della LAG).
[2] Dal dire al fare. C’è bisogno di passare dalla sensibilità e dagli atteggiamenti ai comportamenti concreti. Ai comportamenti quotidiani. La maggior parte delle persone conosce il commercio equo e solidale e le sue caratteristiche (il 65,8% secondo un’indagine condotta nel 2005 i cui risultati sono riportati in Bovone L., Mora M., (a cura di), La spesa responsabile. Il consumo biologico e solidale, Donzelli editore, Roma, 2007; vedi). Una percentuale significativamente inferiore, però, acquista i suoi prodotti (il 44,7% ha acquistato un prodotto del commercio equo e solidale nei 12 mesi precedenti all’intervista; tra coloro che acquistano prevalgono i giovani, le persone con più alto livello di istruzione, le professioni del “ceto medio”). Ecco. Bisogna che questa percentuale cresca. L’impegno richiesto a ciascun cittadino perché ciò possa avvenire è davvero minimo. Basta infatti un acquisto settimanale o anche quindicinale. La maggior parte dei prodotti (cacao, caffè, zucchero di canna, the, riso, cous cous, ecc.) sono infatti confezionati e dunque se ne può fare un po’ di scorta da tenere in dispensa. Inoltre non sono prodotti in competizione con quelli locali. Allora per passare “dal dire al fare”, dall’atteggiamento favorevole al comportamento effettivo, basta poco. Basta questo impegno: almeno due volte al mese fare una piccola spesa (caffè, the, cacao – quindi ognuno prosegua la lista secondo i propri gusti) alla Bottega d’Oltremare-LAG di Vignola. A Vignola ci sono 10.250 famiglie. Se il 5% di queste (512) facesse una spesa mensile di 20 euro alla bottega di Vignola questo produrrebbe entrate per più di 10.000 euro al mese, generando un contributo tangibile ai piccoli produttori di numerosi paesi del terzo mondo (dall’Etiopia al Guatemala, dallo Sri Lanka al Paraguay). Insomma, basta davvero poco. Basta procedere con qualche “sostituzione”: ad esempio acquistando il the nero Bopf (equo e solidale) al posto del più reclamizzato Twinings; oppure il caffè equo e solidale al posto del più noto Lavazza (è vero che il caffè è un piacere … ma non è male se al piacere del gusto si unisce anche il piacere di aver contribuito ad un mondo più giusto!).
[3] Occorre lavorare affinché i prodotti del commercio equo e solidale siano sempre meno una categoria di nicchia. Deve cioè crescere la loro diffusione. Occorre però allo stesso tempo far sì che ogni acquisto veicoli anche un messaggio. Che venga continuamente ricordato il “valore” che essi portano con sé. Occorre dunque essere in grado di rappresentare gli effetti che il commercio equo e solidale genera nei “paesi in via di sviluppo”, ad esempio in termini di maggiore remunerazione e maggiore reddito dei piccoli produttori che fanno parte della filiera. Questo è il compito delle “botteghe del mondo” e dei loro volontari. Che in effetti organizzano periodicamente iniziative a tal fine (l’ultima, a Vignola, il 15 ottobre 2010, quando un produttore nicaraguense di caffè, appartenente alla filiera del fair trade, Edmundo Javier Quezada Sobalvarro, è venuto a raccontare la sua esperienza e quella dell’unione di cooperative agricole di cui fa parte: vedi). Ma certamente su questo fronte occorre fare di più. Occorre una maggiore capacità di rappresentare e di far percepire, di rendere tangibile, il valore del commercio equo e solidale, ovvero i benefici che esso determina per i piccoli produttori che stanno dall’altra parte del mondo!
[4] La mia lista della spesa. Ho iniziato progressivamente ad usare i prodotti del commercio equo e solidale diversi anni fa. Ultimamente essi hanno rimpiazzato completamente diverse tipologie di prodotti commerciali “normali”. Non rinuncio dunque ai miei “consigli per gli acquisti”, pur sapendo che la scelta di questi prodotti è davvero molto soggettiva. Comunque, per il caffè usiamo il Bio Caffè 100% arabica, miscela di caffè da Brasile, Etiopia, Guatemala, Messico (ha sostituito egregiamente il caffé Lavazza qualità oro). Per il the il The nero BOPF ed il The Nero Earl Grey dallo Sri Lanka (ha sostituito egregiamente il the Twinings Earl Grey). Al posto dello zucchero raffinato da barbabietola usiamo sempre più zucchero di canna da agricoltura biologica dal Paraguay (marca Picaflor). Questi sono oramai divenuti prodotti di consumo continuativo a casa mia. A cui si aggiungono, in modo più saltuario, altri prodotti sempre dalla Bottega di Vignola: cous cous della Palestina, cioccolate, cacao per i dolci (più i prodotti di “Libera”). Insomma si può fare. Con semplicità. Con continuità. Un piccolo contributo ad un mondo più equo. E più “sostenibile” (vedi).
Nota. Per il riferimento sull’impatto del commercio equo e solidale sulle economie dei paesi del “terzo mondo”: “Oltre 4.000 piccoli gruppi di produttori marginalizzati e centinaia di migliaia di lavoratori in più di 50 paesi in via di sviluppo partecipano alla catena commerciale del commercio equo e solidale. Oltre 5 milioni di persone in Africa, America Latina e Asia beneficiano dei criteri del commercio equo.” (Becchetti L., Costantino M., Il commercio equo e solidale alla prova dei fatti, Bruno Mondadori, Milano, 2006, p.150; vedi)