Giovedì 25 febbraio al consiglio dell’Unione Terre di Castelli c’è un nutrito ordine del giorno: ben 14 i punti da trattare! Affogato tra questi ve n’è uno che ha un po’ più di importanza rispetto agli altri. Non solo per il suo contenuto. Ma anche perché è una sorta di termometro dello stato di salute “politica” dell’Unione. Si tratta del punto n.6: “Esame e approvazione delle convenzioni per il trasferimento di funzioni e servizi all’Unione Terre di Castelli. Provvedimenti”. Qui il testo della delibera (vedi) – della cui descrizione o presentazione non trovate nulla neppure nel sito web dell’Unione. Si tratta, comunque, di un aggiornamento del trasferimento di funzioni e servizi dai comuni all’Unione, reso necessario anche a seguito del suo allargamento e, dunque, dall’acquisizione di funzioni precedentemente in capo alla Comunità Montana Modena Est, ora disciolta. E’ un atto la cui importanza non va taciuta, ma di cui probabilmente non c’è grande consapevolezza neppure in chi siede nei banchi del consiglio. Anche per il fatto che la discussione vera si è svolta nella giunta dell’Unione – il Consiglio ha svolto indubbiamente un ruolo del tutto marginale (ma non c’è da stupirsi: è stato scientemente “costruito” per questo). Gli aspetti rilevanti della questione sono due: la non adesione del Comune di Savignano alla gestione unitaria della Polizia Municipale e, secondariamente, il dibattito-valutazione sullo stato dell’Unione, con la “solita” polarizzazione tra maggioranza e opposizione. Vediamo.
[1] Partiamo dalla vicenda della Polizia Municipale che è finita sui giornali a partire da venerdì 5 febbraio. Il 4 febbraio Daria Denti, sindaco di Vignola e assessore alla sicurezza dell’Unione, rilascia un comunicato stampa annunciando che nei giorni precedenti la Giunta dell’Unione “ha adottato la proposta di riorganizzazione del Corpo Unico di Polizia Municipale”. Questi gli ingredienti: armonizzazione di regolamenti e procedure, “potenziamento dei nuclei specializzati”, proposta di realizzare “un ufficio ricezione-denunce” (proposta interessante, ma difficilmente realizzabile, visto che si tratta di funzioni inerenti altre Forze dell’ordine) (per il testo della convenzione: vedi). La costituzione del Corpo Unico è una decisione assunta nella precedente legislatura (Presidente dell’Unione era Roberto Adani). Qui parliamo di riorganizzazione, stante anche l’ingresso nell’Unione di nuovi comuni. Solo che il Comune di Savignano non ci sta. Retto da un’amministrazione civica, con una maggioranza che ha al suo interno un’ampio spettro di forze politiche (coalizzate in funzione anti-PD, ma soprattutto motivate dalla volontà di cancellare la stagione di Catia Fornari), il sindaco di Savignano, Germano Caroli, ha messo in discussione la scelta di trasferire questa funzione all’Unione. “Siamo perplessi ed esprimiamo riserve in merito al progetto organizzativo presentato dall’Unione”: così affermava sulle colonne de L’Informazione di Modena del 5 febbraio. Proseguendo: “Il progetto che organizza e distribuisce le forze di Polizia Urbana sul territorio dell’Unione assegna al presidio di Savignano 5 agenti rispetto agli 8 attuali. Mi sembra una proposta che ci fa fare due passi indietro nella strategia che ci vede impegnati a garantire la sicurezza sul nostro vasto territorio comunale. Trovo il progetto non corrispondente alle nostre esigenze.” Ed il giorno successivo (6 febbraio) sulla Gazzetta di Modena: “Sottolineo che non si tratta di una mera questione di soldi (…) Noi i soldi li spendiamo, ma vogliamo un servizio efficiente. Semplicemente siamo perplessi ed esprimiamo riserve in merito al progetto organizzativo presentato dall’Unione.”
In modo veemente è intervenuta, negli stessi giorni, Daria Denti che in qualità di assessore con la delega della Sicurezza per l’Unione (ora di 8 comuni) ha la primaria responsabilità di questo progetto di riorganizzazione. Ovviamente secondo l’assessore Denti il Comune di Savignano ha fatto male i conti: la gestione associata è conveniente tanto dal punto di vista della funzionalità, quanto da quello dei costi (economie di scala? economie di “specializzazione”?). Il comunicato stampa da lei predisposto parla di “sconcerto” per la decisione presa dal Comune di Savignano (vedi). E ribatte: “Quello che stupisce sono le motivazioni addotte, che ci paiono assolutamente infondate e strumentali.” Il comunicato presenta una qualche spigolosità, a testimonianza di una discussione già accalorata quando è sfociata sui quotidiani locali. Non ho gli elementi per valutare da che parte sta la ragione (posso solo dire che ritengo implausibile che non si possa costruire un progetto di gestione unitaria che non risulti vantaggioso per tutti i Comuni). Colgo però in questa escalation ed in questi toni accesi – che lasciano alla controparte pochi margini di manovra e ripensamenti, anche più avanti nel tempo – un tratto tipico del modo di fare di Daria Denti. Polarizzante. D’altro canto è stata proprio lei a ribadire in un consiglio comunale a Vignola che è finito il tempo in cui ai trasferimenti all’Unione (i soldi che i comuni danno all’Unione per finanziare i servizi che questa eroga ai loro cittadini) non corrisponda anche un’attenta valutazione dei servizi in cambio ottenuti (un messaggio un po’ “rischioso” se detto da chi dell’Unione è amministratore!). Certo, non è chiaro se la decisione assunta dal Comune di Savignano risponde ad una valutazione esclusivamente centrata sul merito, sull’analisi costi-benefici, e non anche a considerazioni di tipo politico. Al di là di questa questione, che pure sarà interessante approfondire, è rilevante il “sintomo” che emerge: il venire meno di quel collante per cui a progetti complessi, anche che non convincano del tutto le “parti”, viene a mancare quell’elemento fluidificante che solo può farli camminare. Fiducia e autorevolezza: di questo si tratta. Spero di sbagliarmi, ma il sintomo è preoccupante. E soprattutto è un sintomo che dovrebbe vedere una pronta risposta “politica”, semmmai nel rilanciare con un nuovo modo di trattare questioni complesse in una Unione allargata (8 anziché 5 Comuni) e per la quasi totalità retta da amministratori nuovi.
[2] Che il termometro della salute politica dell’Unione inizi (o continui) a dare segnali preoccupanti è testimoniato anche dal dibattito nel Consiglio dell’Unione di giovedì 25 febbraio. Nel discutere della delibera relativa alle convenzioni per il trasferimento di funzioni e servizi dai Comuni all’Unione larga parte degli argomenti di critica, usati dalle opposizioni, suonavano come dejavù. “Alle Unioni abbiamo delegato troppo. Ai comuni rimane solo edilizia e lavori pubblici. Inoltre all’Unione decide solo la Giunta ed il consiglio ratifica” – così ha esordito Simone Pelloni della Lega Nord. Del suo stesso partito, Graziano Fiorini, è intervenuto su Modena Qui di oggi, 27 febbraio: “Il trasferimento delle varie funzioni dai comuni all’Unione ha svuotato di contenuti gli stessi comuni ed i rispettivi Consigli comunali i quali, in mancanza di una puntuale rendicontazione da parte dell’Unione, faticano a valutarne il lavoro.” Inoltre “nessuno ha mai dimostrato che l’Unione ha realizzato quelle economia di scala tanto sperata”. Infine si tratterebbe di una sorta di “provincia nana”, ovvero di un’ente lontano dai cittadini. Questi argomenti sono gli stessi che vengono ripetuti, in genere dalle opposizioni (ma non solo!), ogni volta che si affronta il tema, da otto anni a questa parte, ovvero dal 2002, quando l’Unione Terre di Castelli venne istituita. Lo stesso copione di sempre si è dunque riproposto nel Consiglio dell’Unione del 25 febbraio. Maurizia Rabitti (PD) ha provato a richiamare il fatto che grazie all’Unione oggi tutto questo territorio ha più servizi. Ha provato a richiamare l’importanza di far valere un “principio di solidarietà” a livello territoriale, con gli enti più grandi e forti che danno una mano ai più piccoli e svantaggiati (in montagna, ad esempio). E se da un lato ricordava che “è chiaro che ogni gestione può essere migliorata”, dall’altra avvertiva però che la “strategia” da perseguire – se si vuole rafforzare questo territorio – “non può essere il ritorno al particolarismo, al campanile” come simbolo dell’identità locale. Ma queste considerazioni non hanno fatto presa. In questo gioco dell’oca per cui dopo anni di lavoro e di discussione ritorni alla casella di partenza, ritorni al punto zero, c’è qualcosa di assolutamente frustrante. Perché a quei quesiti, a quelle critiche è stata data risposta diverse volte. Risposta che, se guardata senza intenti strumentali, difficilmente può risultare per nulla convincente. Nonostante ciò le stesse “osservazioni critiche” si ripresentano con puntualità ad ogni dibattito. E il fatto che non va occultato è che questi sentimenti verso l’Unione sono più ampi del confine delle opposizioni consiliari. Anche all’interno della maggioranza vi sono state voci critiche non strumentali (un aspetto che andrebbe preso sul serio). Nella passata legislatura, ad esempio, questa posizione era assunta da Giuseppe Baccolini, capogruppo DS a Spilamberto, che non mancava di rimarcare una certa insoddisfazione in merito all’Unione da cui si aspettava più “economie” e dunque una riduzione più marcata dei costi.
Anche a fronte di queste sollecitazioni, più trasversali di quanto non si pensi, è stata avviata, negli anni scorsi, un’opera di analisi ed elaborazione con l’intento di cercare di convincere con i dati. Sia con produzione interna di reportistica, ma anche con il coinvolgimento di esperti e consulenti esterni. Un’équipe dell’Istituto Cattaneo di Bologna, guidata da Gianfranco Baldini, ha ad esempio realizzato un’analisi comparativa di tre Unioni in Emilia-Romagna, con anche una riflessione più generale sulle nuove forme del governo locale (il rapporto è accessibile nel sito web dell’Unione: vedi). DTN Consulenza, sotto la guida di Davide Conte, ha invece effettuato un’analisi di economicità, efficacia ed efficienza, seppure focalizzata su due “funzioni”: asili nido e servizio personale (vedi). Entrambi questi studi forniscono considerazioni positive sulle Unioni, sia in generale, sia sull’Unione Terre di Castelli. Lo studio DTN Consulenza, in particolare, evidenzia che sia per il servizio Asilo Nido, sia per il Servizio Personale si rileva (mettendo a confronto i dati 2007 con quelli del 2001, pre-Unione) un incremento di produttività (+69% per il Servizio Personale) ed una razionalizzazione dei procedimenti amministrativi (vedi p.33). Questi dati dovrebbero spingere a proseguire per la strada intrapresa, magari con qualche correttivo, ma non giustificano certamente l’abbandono dell’impresa. L’Unione non è un carrozzone e non è inefficiente, anzi ha dimostrato di saper gestire alcuni servizi in modo più efficiente di quanto fatto dai singoli comuni. Questo è quanto dicono i dati oggi disponibili. Che certo non sono esaustivi, né definitivi. Ma oggi dicono questo! Solo che questi dati sono stati presentati “pubblicamente” in campagna elettorale (primavera del 2009), in un periodo in cui era impossibile svolgere una discussione razionale a partire da essi (anche per questo andrebbero ripresi: ci si può fare un “seminario”?). Ora, la cosa preoccupante è lo scollamento tra quanto dicono i dati e quanto continua ad essere ribadito da qualche consigliere di opposizione (e magari solo pensato da qualche consigliere di maggioranza). E’ qui che il termometro della “salute politica” dell’Unione segna qualche linea di febbre di troppo! Perché ci sarebbero tutte le ragioni, gli argomenti, i dati per giungere ad un apprezzamento ampio dell’Unione Terre di Castelli anche da parte delle opposizioni (o almeno di quelle componenti, che ci sono, che hanno un atteggiamento pragmatico, nient’affatto ideologico). Questo gioco a trasferire, per calcolo politico o per scarsa consapevolezza, la lotta politica sul terreno delle istituzioni anziché sulle politiche che queste attuano è assolutamente deleterio. Un conto è dire che l’Unione va smantellata, un altro è riconoscere l’opportunità di introdurre specifici correttivi. Ne suggerisco uno, confortato dalla lettura dello studio di Baldini e colleghi (vedi p.150 e seguenti). E’ il tema della legittimazione agli occhi dei cittadini od anche della “visibilità” dell’Unione-istituzione. Ad oggi l’Unione soffre della mancanza di processi di partecipazione dei cittadini e, per questo motivo, è scarsamente percepita e riconosciuta. Non basta l’erogazione dei servizi (ovvero il trattare i cittadini come clienti). Occorrono adeguate arene partecipative che consentano ai cittadini di fare i cittadini: valutare, discutere, proporre, criticare (ed in tal modo riconoscere l’importanza che l’Unione ha per le loro vite). Occorre anche rivitalizzare quell’areana scarsamente partecipativa che è oggi il Consiglio dell’Unione Terre di Castelli (lo dico anche dopo aver visto il basso livello di qualità della discussione sulle convenzioni imbastita dai consiglieri; ma anche i componenti della giunta non hanno esibito grandi performance: solo Lamandini e Caroli sono intervenuti!). Questa dimensione – a livello di Unione – manca completamente. Né ad essa danno un contributo di qualsiasi genere i partiti (tanto per fare un esempio: il PD di questo territorio non ha saputo produrre uno straccio di documento che prefigurasse gli obiettivi dell’Unione della legislatura 2009-2014 e che dunque “orientasse” i propri sindaci a quella visione e strategia). Queste cose si pagano. Si pagano in termini di scollamento anche in presenza di una realtà politicamente omogenea (come era l’Unione Terre di Castelli fino al 2009, ma che oggi non è più). Si pagano ancora di più – in termini di (in-)capacità di sviluppare progetti complessi, quando cresce l’eterogeneità dal punto di vista politico e territoriale.
[3] Vi sarebbero due possibilità di un almeno parziale recupero della guida politica dell’Unione, anche tramite la partecipazione dei cittadini. Il 2010 è stato presentato come un anno di “transizione” in cui, tra l’altro, realizzare un attento monitoraggio dei costi. Risulterebbe dunque assolutamente giustificato un investimento in termini di analisi e discussione dello “stato dell’Unione”, per consolidare un giudizio equilibrato sulla sua realtà attuale e per individuare le linee strategiche di sviluppo futuro. Occorre un investimento a favore dell’Unione come istituzione, superando la tendenza ad usarla o per il gioco degli interessi personalistici o come strumento per la lotta politica. Strettamente collegata al monitoraggio e revisione del pacchetto delle convenzioni c’è la questione del “programma di legislatura” dell’Unione, a cui vincola lo Statuto. Questo, infatti, all’art. 19, comma 1 recita (vedi): “Il Presidente dell’Unione presenta al Consiglio la proposta degli indirizzi generali di governo dell’Ente che formano il suo programma amministrativo. Tale proposta è approvata dal Consiglio in apposito documento, in una seduta non successiva a quella di discussione del primo bilancio di previsione dell’Unione.” Questo significa che o precedentemente o nella seduta in cui si approva il Bilancio di previsione 2010 andrà approvato un documento specifico con il programma “di legislatura” dell’Unione. Vogliamo fare le cose seriamente? Vogliamo aprire davvero un confronto, una discussione vera tra le forze politiche e con i cittadini su quali obiettivi si pone l’Unione Terre di Castelli nei prossimi 5 anni?
una contributo forse non alto, ma sincero: http://bit.ly/axdbES
Grazie Marco per il contributo “sincero”, che oltre ad essere sincero è anche molto ben calibrato. E’ vero. Condivido in pieno la valutazione che è bene rimarcare con frequenza: il nostro è “uno dei territori meglio amministrati di questo martoriato Paese, nonostante tutto”. L’Unione è una “costruzione” a cui hanno lavorato amministratori di grande competenza e capacità di visione: Adani, Gozzoli, Alperoli, Lamandini. Però, mentre l’istituzione veniva realizzata e sviluppata con grande rapidità, la politica è rimasta indietro. Un po’ questo compito è stato trascurato dagli amministratori che probabilmente confidavano che il consenso sarebbe seguito ai maggiori (e migliori) servizi erogati. Un po’ questo impegno è stato trascurato dai partiti, il PD in primo luogo, che nonostante diverse sollecitazioni (anche mie: chiedere a Maurizio Piccinini!) non è stato in grado di compiere quell’innovazione (leggi un coordinamento dei Comitati direttivi del territorio o almeno una Assemblea annuale del PD del territorio dell’Unione) che poteva portarlo alla stessa “scala” dell’Unione stessa. Così le istituzioni hanno iniziato ad operare sul territorio di 5 comuni (oggi 8), mentre il partito è rimasto strettamente comunale. Il coordinamento oggi curato da Gozzoli non ha superato questo modo di fare assolutamente inadeguato. Si è visto nelle ultime elezioni amministrative, dove il PD di questo territorio non è stato in grado di produrre UN documento condiviso dai comitati direttivi dei 5 comuni su che cos’é l’Unione e cosa farci nella legislatura che stava arrivando. E’ un compito ancora attuale. E’ un compito che va recuperato. E’ bene che i consiglieri del PD che oggi stanno nel consiglio dell’Unione si facciano promotori di questo necessario dibattito, così da poter consentire anche la discussione in consiglio (a brevissimo termine!) di un vero PROGRAMMA DI LEGISLATURA. Lo prevede lo Statuto dell’Unione. Non rispettare questa norma sarebbe davvero il colmo! E sarebbe bene – lo dico con convinzione – aprire un dibattito che coinvolga la società tutta sul futuro di questo territorio. Sarebbe un segnale di grande speranza in un momento di evidente difficoltà. Il rischio è che dopo un momento di forte sviluppo (in cui si è realizzata una delle Unioni più importanti a livello nazionale), questa legislatura si contraddistingua per il management del … declino! Le cose possono, debbono andare diversamente.