Rendere conto. Possiamo chiedere più trasparenza sui risultati a politici ed amministratori?

“Senza un «rendere conto» oggettivo e veritiero da parte degli amministratori non è possibile esprimere un giudizio consapevole, e quindi l’esercizio del diritto di voto perde il suo significato di espressione libera e razionale sull’operato di una classe dirigente e diventa un mero atto di fede (o di rassegnazione). Non è quello che ci si aspetta da un Paese civile.” Così scrive Stefano Pozzoli su Il Sole 24 Ore del 31 marzo 2008 (vedi). Rendere conto, ma come? Politici, sindaci ed amministratori non rendono già conto del loro operato? E così non fanno anche i partiti che li sostengono, ogni volta che si presentano alle elezioni? Non rendono già conto di ciò che fanno periodicamente sulla stampa? Tutto questo è vero, ma non è affatto sufficiente. Non è sufficiente se si vuole “spingere” la politica ad innalzare la propria capacità di fare. Troppo spesso, infatti, ci si ferma al momento dell’atto politico, dell’approvazione della legge, del lancio di un programma. Ma i risultati? Facciamo un esempio. Alla fine del 2003 il governo Berlusconi ha approvato una norma di legge che disponeva l’erogazione di un assegno di 1.000 euro per ogni figlio nato successivamente al primogenito (legge 24 novembre 2003, n.326). Norma poi riproposta con le legge finanziaria per il 2006, ma estendendo l’assegno anche ai primogeniti. Si tratta del cosiddetto “bonus bebè”. L’intervento era presentato come una misura “tendente a favorire la natalità”, una misura volta a contrastare il basso tasso di natalità che da tempo caratterizza l’Italia. Indubbiamente fa piacere a tutti ricevere 1.000 euro in occasione della nascita di un figlio. Ma la questione vera è: questa misura è efficace? Raggiunge l’obiettivo per cui è stata presentata? Ovvero, contribuisce a favorire la natalità? Il giudizio degli esperti è unanime: no (vedi). In realtà non serve neppure scomodare gli esperti. Basta leggersi il Libro Bianco sul welfare presentato nel 2003 dall’allora ministro Maroni. Vi si dice che la nascita di un figlio comporta una spesa aggiuntiva di 500-800 euro mensili. Capite? Mensili. Difficile pensare che 1.000 euro erogati una tantum possano essere un contributo che incide sulle scelte di natalità di una coppia. Ed in effetti l’assegno di 1.000 euro non ha inciso sul tasso di natalità, non ha spostato assolutamente niente. Ribadisco. Ricevere un contributo fa piacere, ma sono di ben altra portata le politiche efficaci a sostegno della famiglia e dei progetti di natalità delle coppie! Se i politici fossero stati chiamati a “rendere conto” di quella scelta (e del conseguente impiego di risorse, sottratte ad altri impieghi) oggi l’opinione pubblica saprebbe in modo più puntuale quello che ogni famiglia sa: serve molto di più per sostenere davvero la famiglia e per aiutarla ad affrontare il “costo dei figli”. E’ solo un esempio. Un esempio di un problema molto più generale e che riguarda sia la politica nazionale, sia quella locale. Scrive Roger Abravanel in Meritocrazia. 4 proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro paese più ricco e più giusto, Garzanti, Milano, 2008 (vedi), pp.295-296: “Al contrario delle imprese, dove alla fine il mercato richiede risultati, le macchine pubbliche rispondono a logiche politiche: si premiano le dichiarazioni roboanti, si osservano gli «eventi» e non i risultati.” E’ possibile aiutare i cittadini (e pure gli amministratori) a focalizzare l’attenzione sui risultati? Qualcosa si può fare. Perseguendo una maggiore trasparenza: “la trasparenza, la completa trasparenza, quella che gli anglosassoni chiamano total disclosure.” (come precisa Michele Salvati sul Corriere della sera del 3 aprile 2008). La “battaglia” per la trasparenza, per l’informazione facilmente accessibile a tutti, per la rendicontazione, è una battaglia per il miglioramento della politica e dell’amministrazione (anche locale). Ad esempio almeno una cosa, importante, si può fare con relativa facilità a livello locale. Adottare il bilancio di missione come strumento annuale di rendicontazione dell’amministrazione comunale. E pubblicare sul sito web del comune un confronto puntuale tra gli impegni assunti in sede di bilancio di previsione e le cose effettivamente fatte. Sembra una cosa banale, ma c’é ancora qualche amministratore che è convinto che non valga la pena investire in maggiore trasparenza, ovvero in un’informazione accessibile a tutti, oggettiva e rivolta a confrontare gli impegni presi con i risultati raggiunti. E infatti si vede. Sul proprio bilancio – l’atto fondamentale rinnovato ogni anno – il Comune continua a produrre documenti illeggibili ai più. Così facendo riduce forse il rischio che qualcuno possa verificare qualche impegno disatteso, ma soprattutto rende più difficile ai cittadini comprendere dove l’amministrazione sta portando la loro città.

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