Ricevo e pubblico volentieri un appunto sul “progetto SIPE” di Francesco Galli, componente del Comitato direttivo del PD di Vignola ed ex-assessore. Il tema è ampiamente dibattuto sia all’interno del PD, che tra le forze sociali ed i cittadini (come si rileva dalla lettura dei quotidiani locali). Ogni intervento intelligente può aiutare a prendere la decisione migliore. Segue un commento di Letizia Riccovolti, anche lei componente del Comitato direttivo del PD di Vignola (AP).
60mila abitanti in più rispetto al 2005. Ma soprattutto più anziani, che arriveranno al 21 percento dei residenti, 50mila stranieri in più, il 16% del totale, e nuclei familiari più frammentati. E’ lo scenario demografico al 2015 ipotizzato dalla Provincia di Modena nel PTCP (vedi; sul PTCP ed il suo percorso vedi). Numeri che tutti devono considerare anche ora che stiamo discutendo di una piccola parte, ancorché importantissima per l’Unione Terra di Castelli, del tutto. Secondo la Provincia questa crescita va controllata e mitigata con specifici interventi, per impedire di consumare ulteriormente un territorio particolarmente delicato e limitato. Ma tutto sommato si ritiene sostenibile questo scenario. C’è invece chi pensa che questo scenario non sia sostenibile e che, per questo, sia necessario procedere ad un brusco cambio di rotta. Tanto per intenderci, imprese che necessitano di forza lavoro poco specializzata e a basso costo, richiamano inevitabilmente stranieri, la cui presenza, sempre più numerosa nella società modenese, genera paure, al di là dei singoli gravissimi episodi criminosi. Ma ci sono anche i costi sociali dell’incremento dell’immigrazione: spese ospedaliere, di assistenza, di integrazione. O pensiamo che a loro non spettino i nostri diritti? Un’agricoltura che non produce redditi importanti per gli agricoltori, finisce per essere abbandonata o restare come attività complementare e residuale, la vicenda delle Basse di Vignola è emblematica. Ma gli agricoltori, come riconoscono tutte le più recenti direttive europee, sono i primi custodi dell’ambiente. E l’ambiente, in Emilia Romagna, una delle regioni più fortemente antropizzate del mondo, è la priorità delle priorità. Cosa c’entra tutto questo con il recupero dell’area Sipe? Il recupero dell’ex Sipe per il vignolese è un intervento strategico e emblematico. Decisivo per tratteggiare le future linee di sviluppo e in grado di essere cartina di tornasole delle strategie che le amministrazioni intendono mettere in campo. Da qui, la particolare attenzione con cui si deve procedere.
La contrarietà delle associazioni. Da un punto di vista politico, basterebbe la contrarietà manifestata da numerosi soggetti associativi per suggerire prudenza. Cna, Confesercenti e Lapam Federimpresa, dopo gli incontri con gli associati, hanno elaborato un documento comune per chiedere alle amministrazioni interessate, di aprire un tavolo di confronto sul recupero dell’area e bocciano in toto la proposta di modifica dell’accordo del 2004. La stessa Confcommercio è stata pesantemente sollecitata dalla sua base associativa a prendere posizione contro la proposta avanzata dalla proprietà. I sindacati sono intervenuti nel merito e lo stesso hanno fatto numerose organizzazioni ambientaliste. Possibile che tutti difendano solo interessi particolari e non capiscano la bontà delle scelte che stanno operando le amministrazioni? Ma senza entrare nel merito dei singoli aspetti sollevati: gli effetti del Parco commerciale sulle attività dei centri urbani dell’Unione; l’impatto ambientale delle opere previste, in fatto di traffico, inquinamento e impermeabilizzazione del suolo; la scarsa centralità del parco scientifico tecnologico rispetto al progetto nel suo complesso e alle future strategie di investimento di Provincia e Università su ricerca e innovazione; quello che maggiormente preoccupa è il messaggio che si lancia. Possibile davvero che per lo sviluppo del vignolese si punti su Parchi commerciali come Casalecchio? E’ davvero questo che vogliamo?
Un po’ di Toscana a Modena. In una Provincia fortemente urbanizzata, stretta fra distretti produttivi ad alto rischio occupazionale e ambientale, come il tessile a Carpi, le ceramiche a Sassuolo e il biomedicale a Mirandola, attività che o richiedono molta manodopera a basso costo e sono esposte alla concorrenza selvaggia di Paesi emergenti o hanno un forte impatto sull’ambiente, il distretto agro-alimentare vignolese è un’area che deve preservare la sua diversità. Con uno slogan, siamo una enclave della Toscana a Modena. Difendere questa peculiarità è fondamentale e non è con i Centri commerciali che lo facciamo. Se davvero esistono carenze competitive o merceologiche, si proceda a studi approfonditi, la Provincia ha appena varato il Poic, e si agisca di conseguenza, senza eccessi e cercando di massimizzare l’utile pubblico delle scelte. Risorse che devono poi essere destinate a sostenere gli asset strategici dello sviluppo, a cominciare dall’agricoltura. Agricoltura, ambiente, territorio e servizi di qualità alla popolazione sono priorità su cui investire, e tanto. In questa logica ci sta sicuramente anche il Parco scientifico e tecnologico che deve però nascere con ampie garanzie di crescita, con le risorse pubbliche necessarie per sostenerne l’avvio e con piena condivisione del progetto da parte delle piccole e medie imprese locali, i primi referenti del polo tecnologico. Variante urbanistiche che consentano di costruire new town e parchi commerciali al privato di turno, mi pare che mal si concilino con la logica di sviluppo che ho provato a descrive. Ed è, comunque, proprio di questa, più ancora della modifica dell’accordo del 2004 sull’ex Sipe, che il Pd dovrebbe discutere a lungo, perché è dalle scelte strategiche sullo sviluppo che devono poi dipendere le azioni concrete.
Come procedere. E’ evidente, dalle considerazioni sopra esposte, che procedere ad una modifica forzata dell’accordo del 2004, senza recepire le istanze avanzate dalle associazioni di categoria, sarebbe un grave errore politico. Ma non solo. Si perderebbe infatti l’occasione di ripensare in modo complessivo allo sviluppo del territorio, facendo scelte coraggiose e di prospettiva. Da qui, l’esigenza di ricomprendere l’intera pianificazione economica e commerciale, all’interno degli strumenti regolatori sovracomunali e provinciali, in discussione. A cominciare dal Psc e dai successivi Poc. Nessuna variante ad hoc sarebbe comprensibile e difendibile, al di là del merito delle singole operazioni. E’ dall’insieme delle operazioni che si intendono mettere in campo che si deve determinare la sostenibilità dell’operazione Ex Sipe. Senza dimenticare che accanto al parco scientifico e tecnologico, servono anche risorse per sostenere l’agricoltura e la difesa dell’ambiente. Per questo, credo che il cuore del Psc debba essere rappresentato dall’identificazione delle linee strategiche dello sviluppo dell’Unione Terre di Castelli, in modo da consegnare ai futuri amministratori un documento politico – pianificatorio vincolante, anche per eventuali alleanze elettorali. In estrema sintesi, credo sia inevitabile uno “stop and go” per ripensare il progetto di recupero dell’area Sipe sulla base delle scelte complessive contenute nel Psc.
Un commento (di Letizia Riccovolti)
Questa mia brevissima solo per condividere le considerazioni di Francesco Galli, evitando di ripetere inutilmente i concetti già espressi e sottolineare alcuni aspetti e temi che mi sembrano importanti e che mi trovano pienamente d’ accordo.
Primo fra tutti, il bisogno che sento diffuso tra i cittadini, di vedere tradotta in azioni concrete e “di buon senso” quell’attenzione nei confronti di un ambiente già molto compromesso, ambiente che anche per me deve diventare priorità assoluta
In secondo luogo, una grande perplessità in merito alla scelta di favorire un consistente aumento della popolazione; mi chiedo a questo proposito se sia mai stata fatta una attenta analisi dei costi-benefici di tale operazione (quanta ICI e quanti oneri occorrono per recuperare i soldi necessari a costruire scuole, a fornire servizi vari, a smaltire i maggiori rifiuti, ad aiutare le famiglie bisognose?). Nutro da tempo la convinzione che ogni territorio per le sue caratteristiche fisiche, morfologiche, economiche e sociali abbia una capacità contenitiva oltre la quale si rischia il tracollo od il crollo della qualità della vita dei cittadini; tutto ciò, a prescindere dalle specifiche scelte urbanistiche (i grattacieli non ci consentono di inserire maggior popolazione se il territorio non la “regge” – consumano meno territorio ma molta più energia). Ciò comporta la necessità di un’attenzione puntuale nei confronti del suo utilizzo che deve sempre avere presente una progettualità d’insieme, articolata e completa in ogni sua parte, e soprattutto deve sempre avere ben presente l’obiettivo finale e cioè “ cosa e come quel paese deve diventare” rispettando tale obiettivo nel tempo.
Inoltre, il desiderio e la convinzione che proprio nel distretto agro-alimentare Vignola possa trovare una sua peculiarità e diversità rispetto alle altre realtà vicine, anche in considerazione della sua posizione geografica a differenza di Carpi, Mirandola o Sassuolo, con la conseguente necessità di sostenere l’agricoltura ed i nostri prodotti tipici.
Ancora, la bocciatura totale che la proposta di modifica dell’accordo del 2004 ha provocato in molti soggetti associativi induce a mio avviso ad agire con estrema prudenza, pur senza dimenticare che un accordo esiste, ed è quello del 2004, e che esistono dei diritti già acquisiti da parte del privato, diritti che non danno adito necessariamente a modifiche significative dettate da eventuali nuovi soggetti e nuove esigenze: se la necessità è quella di ridiscutere gli accordi, ciò vale anche per il soggetto pubblico che non necessariamente deve sottostare a nuove e diverse richieste, soprattutto di fronte a tanta ostilità generalizzata.
Tutto ciò, per concludere che non è possibile, pur recependo la fretta e l’urgenza, esaminare e discutere singolarmente dell’area ex-Sipe senza comprendere l’intera pianificazione e senza ricevere informazioni ed impegni in merito “all’insieme delle operazioni che si intendono mettere in campo”, in modo da permettere il formarsi di quel documento politico-pianificatorio vincolante citato nelle considerazioni finali di Galli.
A mio avviso il territorio vignolese è già eccessivamente urbanizzato, il recupero di un’area dismessa come quella della ex-SIPE è una grande opportunità, che deve essere attuata tuttavia, vista anche la collocazione, dando priorità alla tutela ambientale e per gli inserimenti alle strutture di ricerca e innovazione tecnologica, e possibilmente a un po’ di terziario avanzato (uffici in genere), un minimo di residenziale giusto per dare un tocco di vita, commerciale solo di nicchia (es. magazzini di utensileria, impianti idraulici ecc.) bar, edicola e simili
Condivido quanto scritto da Francesco Galli e Letizia Riccovolti.
Vorrei capire meglio, rivolgendovi alcune domande se possibile.
Sull’argomento ho solamente informazioni di seconda se non di terza mano.
Le persone con cui ho parlato e che come me reperiscono le informazioni un pò sui giornali un pò per sentito dire, sapevano che nell’area ex sipe si sarebbe dovuto costruire un polo tecnologico.
Da qualche settimana sento parlare di un centro commerciale.
Che cosa è accaduto?
Tra l’altro, quando sentii parlare per la prima volta di polo tecnologico, ricordo che pensai proprio che per l’agroalimentare della zona, una collaborazione con l’università sarebbe stata auspicabile.
Ricordo che pensai immediatamente all’importanza di un’iniziativa che rilanciasse l’agricoltura.
Ora non capisco più.
Posso chiedere qualche elemento, o anche qualche suggerimento per cercare le informazioni?
Grazie
Ivana
Ciao Marcello, Ciao Ivana,
la descrizione di Marcello corrisponde pienamente all’intento originario. Il tema in discussione in queste settimane deriva dal fatto che la proprietà dell’area ha stipulato un accordo con IGD-Immobiliare Grande Distribuzione per realizzare un “centro commerciale” di 17.800 mq di superficie di vendita. Oggi questo non è possibile, visto che sia i documenti di piano urbanistici, sia quelli di pianificazione commerciale non lo prevedono. Questo intervento consentirebbe però di finanziare, per oltre 10 milioni di euro, la realizzazione del Parco Scientifico Tecnologico. Il “nodo” della questione sta in questo. Ne tornerò a parlare presto sul BLOG, visto che anche la discussione interna al PD sta arrivando al dunque. Il progetto originario di IGD, oggi un po’ ridimensionato a fronte dei confronti con le amministrazioni locali, è visibile al seguente indirizzo: http://www.gruppoigd.it/ita/immobili.asp?id=52