
Amarcord 2014: Francesco Lamandini posa la prima pietra del Tecnopolo dell’Unione Terre di Castelli. Peccato si sia rivelato un progetto fallimentare (foto del 5 aprile 2014)
Molto opportunamente e senza perdere tempo l’ex-sindaco di Spilamberto Francesco Lamandini ha richiamato l’attenzione sulla congiuntura favorevole che si è aperta per l’Unione Terre di Castelli con l’elezione di Emilia Muratori a sindaca di Vignola (vedi). Quella di Lamandini è anche un’ultima chiamata per gli amministratori locali ed in primis per i sindaci dei comuni dell’Unione (oggi tutti PD tranne il sindaco “civico” di Zocca): serve un rilancio del progetto dell’Unione, serve uno scatto per trascinarla fuori dalle sabbie mobili in cui è caduta nell’ultimo decennio, servono nuove idee, nuovi obiettivi, nuovi progetti. In questa situazione il tema delle materie che i comuni hanno conferito all’Unione (le “deleghe”), non può essere un tabù – se ne può ridiscutere, meglio se con il coinvolgimento delle minoranze (ovvero il centrodestra), se questo è utile per superare le improduttive polemiche del passato (es. su HERA, ASP, Polizia Municipale, PSC-PUG ovvero pianificazione urbanistica, ecc.). E quindi consentire di nuovo all’Unione Terre di Castelli di recuperare capacità di fare e tornare a divenire un’esperienza innovativa ed avanzata. Non c’è alcun dubbio infatti – ed anche su questo Lamandini ha ragione – che nei primi anni di vita, quando l’Unione era formata dai 5 comuni della fascia pedemontana (Castelnuovo Rangone, Castelvetro, Savignano s.P., Spilamberto, Vignola) e quando alla presidenza vi era Roberto Adani, sindaco di Vignola (1999-2009), l’Unione Terre di Castelli sia stata un’esperienza di assoluta avanguardia nel panorama nazionale (ed è grazie alle scelte di quegli anni se oggi circa il 50% della spesa corrente dei comuni è data dai trasferimenti all’Unione – ovvero la metà dei servizi delle amministrazioni comunali è di competenza dell’Unione). Dopo quegli anni “eroici” qualcosa però si è inceppato. Possiamo arricchire la matrice delle spiegazioni offerte da Lamandini, anzi è opportuno farlo. Ma resta il fatto che l’Unione Terre di Castelli non è più una realtà innovativa e di avanguardia. Mancanza di nuovi progetti in risposta alle sfide di oggi (crisi economica, processi di impoverimento, ecc.), incapacità di darsi un metodo di lavoro che consenta di superare l’eterogeneità politica (centrosinistra vs. centrodestra) e territoriale (comuni di pianura vs. comuni di montagna), divergenze di vedute non sempre politicamente motivate, opacità. Questo è l’oggi dell’Unione e non vorremmo che fosse anche il domani.

Roberto Adani, sindaco di Vignola, con Neri Marcorè alla prima edizione del PoesiaFestival, primo ed unico evento culturale a livello di Unione (foto del 2 ottobre 2005)
[1] Dieci anni di retorica del rilancio. “Dell’Unione nessuno vuol fare a meno, ma nessuno ne è pienamente soddisfatto.” Si potrebbe sintetizzare così quanto emerso da un’indagine svolta tra i 31 amministratori, sindaci e consiglieri, dell’Unione (qui il report dell’indagine: pdf). Era però il dicembre 2011 – iniziativa rivelatasi inconcludente (comunque un’utile testimonianza) promossa dal presidente Lamandini per i dieci anni dell’Unione Terre di Castelli. Diversi i punti di criticità allora ricordati (pur a fronte di importanti obiettivi conseguiti). Eppure nella lettera “di commiato” che l’allora presidente Lamandini firmò il 18 gennaio 2012 (pdf) “non c’è alcun accenno ai nodi critici ed alla necessità di mettere in agenda un’azione incisiva per affrontarli e lasciarseli una volta per tutte alle spalle. Ma se il “discorso sullo stato dell’Unione” non lo fa il presidente, chi lo può fare?” – così un commento di quegli anni (vedi). Da allora le grida di allarme sullo stato dell’Unione non sono certo mancate (per il mio contributo al “genere” si consulti la categoria Unione Terre di Castelli; tra questi si veda almeno questo post del 2012: vedi; la richiesta di un “tagliando” per l’Unione del sindaco di Castelnuovo, Carlo Bruzzi, nel 2015: vedi; questa ulteriore esortazione ad un rilancio progettuale nel 2017: vedi). Aggiungiamoci infine anche il famigerato e vilipeso Studio di fattibilità sulla fusione dei comuni, che doveva offrire, come piano B, prospettive di rafforzamento dell’Unione di comuni – anche in questo caso la montagna ha partorito il topolino (vedi). Essendo trascorsi inutilmente quasi dieci anni in cui il “rilancio” si è fermato allo stadio di esercizio retorico, conviene interrogarsi su questa impasse: privatamente anche gli amministratori dell’Unione (i sindaci stessi in primis) se ne lamentano, ma la situazione non cambia, la governance non fa passi in avanti, nessun progetto ambizioso è stato messo in campo. E’ come se l’Unione Terre di Castelli fosse congelata alla condizione di dieci anni fa – solo che nel frattempo abbiamo vissuto la crisi economica più grave dell’ultimo secolo, ora rinnovata dalla crisi epidemica covid-19.

Scuola dell’infanzia Mago di OZ a Brodano (Vignola). Le politiche ed i servizi scolastici sono tra le materie delegate all’Unione (foto del 15 settembre 2012)
[2] Un momento “magico”. Resta comunque valida l’esortazione ad affrontare il problema, confidando che, con onestà intellettuale, gli attuali amministratori dell’Unione (maggioranza e minoranza) innanzitutto lo percepiscano. Lamandini, senza giri di parole, parla di “crisi dell’Unione (di fatto anche la sua scomparsa dai comunicati stampa e dal dibattito politico)”. Difficile negare questa evidenza. Comunque, anche se divergiamo nella periodizzazione del declino dell’Unione (si veda il successivo paragrafo 5), Lamandini ha colto nel segno ad esortare gli amministratori dell’Unione sfruttando il momento magico dischiuso con l’elezione di Emilia Muratori a sindaco di Vignola (vedi). Oggi 7 sindaci su 8 sono del PD, mentre l’unico sindaco non PD (Gianfranco Tanari sindaco di Zocca) è espressione di una lista civica che alle elezioni del 2016 ha sconfitto il candidato del PD, ma anche quello del Centrodestra. Ha inoltre un rapporto stretto con Vignola Cambia di Mauro Smeraldi (alleato del PD a Vignola). Nel Consiglio dell’Unione il Centrosinistra ha oggi 21 consiglieri su 31, oltre ai 2 consiglieri della lista civica di Zocca. Come spazio di manovra politica è dunque davvero un momento magico per il centrosinistra delle Terre di Castelli, un momento però che potrebbe durare solo qualche anno vista oramai la contendibilità politica di questi comuni.

La biblioteca Auris realizzata nel 2006 grazie al finanziamento della Fondazione di Vignola (foto del 7 ottobre 2012)
[3] Verso un nuovo progetto dell’Unione, realizzato in modo partecipativo e bipartisan? Sarebbe dunque saggio approfittare di questa ritrovata “manovrabilità” politico-amministrativa – questa l’esortazione di Lamandini – meglio se in un’ottica di lungo periodo, ovvero con un programma di rilancio bipartisan (condiviso anche dal centrodestra). L’errore da evitare è l’autosufficienza del centrosinistra, anche perché potrebbe durare solo pochi anni: “Riterrei un grande errore se i sindaci PD facessero delle scelte sulla base della rinnovata autosufficienza in Giunta e in Consiglio. Se si vuole ridare un obiettivo o una mission all’Unione per il prossimo decennio occorre ripensarla con tutti. In modo che l’inevitabile alternanza nelle elezioni comunali dei prossimi anni non finisca di nuovo per bloccare l’attività dell’Unione. La logica dell’autosufficienza garantisce il presente ma non il futuro. Vale a Sinistra come a Destra.” Il rilancio dell’Unione dovrebbe dunque passare, sempre secondo Lamandini, da una riformulazione del progetto dell’Unione, costruito in modo partecipativo e bipartisan: “Credo che sarebbe necessario organizzare, nei prossimi mesi, una serie di incontri e di convegni pubblici nei quali fare la sintesi di questi vent’anni, provando poi a disegnare i prossimi dieci, in una logica bipartisan, che valorizzi il territorio e risponda ai bisogni dei suoi cittadini, presenti e futuri. Un dibattito che affronti il tema delle strutture pubbliche dell’Unione e dei Comuni al servizio di queste politiche. Abbiamo esponenti del Centro destra o di liste civiche che hanno governato per anni comuni come Vignola, Savignano, Guiglia e Zocca, e che possono portare un contributo importante accanto agli amministratori del PD e del Centro sinistra. Credo che sia veramente giunto il momento per coinvolgere tutte le forze politiche e le liste civiche nel dibattito.”

Vecchie e nuove generazioni, spesso provenienti da altri paesi. All’Unione sia le deleghe per il welfare locale, sia per l’integrazione degli immigrati (foto del 3 luglio 2013)
[4] Che fare, dunque? Solo a determinate condizioni uno spazio di confronto pubblico in cui coinvolgere maggioranza e minoranza può essere “produttivo”, ovvero può aiutare l’Unione Terre di Castelli ad uscire dalle attuali sabbie mobili.
- Se il confronto si limita al coinvolgimento delle minoranze, dunque agli “attori” politici centrosinistra e centrodestra, o comunque alle forze politiche in campo è difficile pensare che si possa raggiungere una visione condivisa. E perché mai dovrebbe essere possibile? Non lo è stato in questi anni (dal 2009 al 2020) in cui sindaci di centrosinistra e sindaci di centrodestra (o “civici”) sedevano nella giunta dell’Unione. Non lo è stato neppure quando, sotto la presidenza di Mauro Smeraldi (2014-2017), l’Unione ha sperimentato per un breve periodo una singolare maggioranza che inglobava praticamente tutto il Consiglio dell’Unione grazie ad una sorta di “larghe intese” (vedi). La dialettica maggioranza-minoranza, in Unione oggi perfettamente strutturata lungo l’asse centrosinistra-centrodestra, rende altamente improbabile che il confronto possa essere impostato senza strumentalità e senza atteggiamenti di risentimento (da entrambe le parti), requisiti necessari affinché si possa giungere ad una visione condivisa del futuro dell’Unione.
- In questa condizione è ugualmente altamente improbabile che gli amministratori che entreranno in carica nel 2024 (anno in cui è obbligato il cambio dei sindaci a Spilamberto e Castelvetro) possano sentirsi in qualche modo vincolati da un progetto dell’Unione messo a punto dai loro colleghi nel 2021.
- Oltre a ciò bisogna considerare che i processi di partecipazione e di “inclusione” possono essere produttivi se sul versante delle istituzioni che la promuovono c’è una leadership riconosciuta e forte, in grado di affermare (a volte anche contro il proprio partito) che gli esiti dei processi partecipativi, se di qualità, verranno comunque accolti e non lasciati cadere. Inutile nascondersi che anche su questo punto in Unione c’è un problema.

La via Romea-Nonantolana attraversa il territorio dell’Unione Terre di Castelli, ma è stata assai meno valorizzata della bolognese “via degli Dei” (foto dell’8 marzo 2014)
Se le cose stanno così possiamo riformulare la proposta per un rinnovato progetto per l’Unione Terre di Castelli per il suo terzo decennio di vita (nel 2021, infatti, cadrà il ventesimo anniversario dell’istituzione). Con la consapevolezza che, in primo luogo, occorrerebbe portare l’Unione a nuove routines istituzionali (sulle modalità decisionali e sulla rendicontazione) – un tema ampiamente sviluppato su questo blog qualche anno fa (vedi). Insomma, la partecipazione, affinché abbia chances di produrre una visione condivisa, deve innanzitutto partire da una descrizione della realtà la più possibile oggettiva (e dunque condivisa). Descrizione che oggi manca, non solo per i cittadini, ma per gli stessi amministratori dell’Unione (manca ad esempio un “bilancio sociale” o una qualsiasi altra forma sofisticata di rendicontazione). Ma se l’Unione non accresce gli strumenti di accountability non arriva a produrre quell’ambiente informativo ed argomentativo che consente di ridurre il peso delle estemporanee opinioni personali (in ultima istanza non verificabili) a favore delle ragioni (in linea di principio universalmente accessibili). Certo, la politica è costituzionalmente pluralista ed eterogenea (nessuna riduzione “tecnocratica” è auspicata), ma proprio per questo uno sforzo di analisi comune della realtà è di fondamentale importanza. Per ridurre lo spazio del “mito” e delle fake news. Che fare dunque?
- Un Libro bianco sull’Unione Terre di Castelli sotto la guida di alcuni “garanti” in grado di assicurare che i contenuti, le visioni, i programmi, i progetti, siano almeno adeguatamente argomentati e supportati da dati. E che il processo di redazione sia aperto, ovvero “inclusivo”, ai contributi delle realtà economiche, sociali, civiche del territorio. Dunque redazione iniziale-processo partecipativo-redazione finale.
- Un percorso partecipativo in cui, a fianco delle forze politiche che risiedono sia nel Consiglio dell’Unione, sia nei Consigli Comunali, siano coinvolte le forze economiche e sociali, le associazioni e le altre “espressioni civiche” interessate a partecipare.
- Il tempo per fare tutto ciò? Un anno da adesso – il modo migliore per “celebrare” i vent’anni dell’Unione Terre di Castelli (2001-2021).

La Polizia Municipale è gestita in forma associata, ma è stata per lungo tempo oggetto di contestazioni (foto del 6 marzo 2010)
[5] Appendice. Una diversa periodizzazione delle difficoltà dell’Unione Terre di Castelli. Per Lamandini la “crisi” dell’Unione Terre di Castelli inizierebbe nel 2014, quando l’eterogeneità politica nel territorio compie un salto di qualità con la sconfitta del PD a Vignola. In realtà il momento di svolta è segnato, a mio parere, dalla conclusione della presidenza Adani, sindaco a Vignola fino al 2009. E’ già nella legislatura 2009-2014 che si manifestano i segni di difficoltà. All’eterogeneità territoriale (dal 2009 l’Unione Terre di Castelli si allarga ai comuni della “comunità montana Modena Est”, ad eccezione di Montese: Marano, Guiglia e Zocca) si aggiunge in quel momento un’eterogeneità politica: per la prima volta non tutte le amministrazioni dei comuni dell’Unione sono a guida PD. Non lo è innanzitutto Savignano s.P. (con il “civico” Germano Caroli) e non lo è Guiglia (con Monica Amici, “civica” di centrodestra, che rimpiazza Angelo Pasini). Insomma, è nel corso di questi anni (2009-2014) che l’Unione si “inceppa” non riuscendo a fronteggiare adeguatamente né l’eterogeneità territoriale, né l’eterogeneità politica. Quest’ultima, certo, non ancora così marcata come risulterà dopo il 2014 (e fino al 2019-2020). Basta guardare ai progetti messi in campo dall’Unione in quegli anni sotto la presidenza di Francesco Lamandini (2009-2012) e Daria Denti (2012-2014) – il primo avvicendamento nella carica di presidente durante una stessa legislatura, altro segno di ulteriori tensioni (vedi). L’attivazione del corpo unico della Polizia Municipale (l’unico progetto significativo degli anni 2009-2014) era una decisione assunta nella precedente legislatura; il PSC (pianificazione urbanistica) si impantana definitivamente e non verrà mai alla luce (pur a fronte di una spesa di 1 milione di euro: vedi). Allo stesso tempo possiamo ricordare l’opaca vicenda della Strada dei vini e dei sapori (vedi) ovvero dell’incapacità di aggiornare le politiche di marketing territoriale. Ma anche la vicenda del Tecnopolo dell’Unione Terre di Castelli (con il sindaco Francesco Lamandini a cazzuolare per la posa della prima pietra: vedi) segna un altro fallimento. E pure la nomina di Valerio Massimo Manfredi alla presidenza della Fondazione di Vignola (vedi) va annoverata tra i “successi catastrofici” (cit.) del duo Denti-Lamandini (o, a voler essere precisi, all’impasse derivante dal loro disaccordo). Diversamente dalla ricostruzione proposta da Lamandini è evidente che è già in quegli anni (e non dopo il 2014) che l’Unione smette di “correre” ed inizia ad affondare. Eppure per celebrare i primi dieci anni di vita dell’Unione Terre di Castelli lo stesso Lamandini, allora presidente dell’Unione, non trovò nulla di meglio che un evento puramente “celebrativo”, mentre più adeguata sarebbe stata una riflessione critica volta a recuperare slancio (che è la proposta, assolutamente pertinente, lanciata ora).