A Bologna una mostra straordinaria riunisce gli elementi dispersi del Polittico Griffoni di Francesco Del Cossa ed Ercole de’ Roberti

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Fu dipinto da Francesco Del Cossa ed Ercole de’ Roberti, ferraresi, tra il 1470 ed il 1472 per la cappella della famiglia Griffoni nella basilica di San Petronio a Bologna – è il polittico Griffoni, una composita pala d’altare composta da ben 21 tavole, alta più di 3 metri e larga 2 metri e sessanta. Nel 1725 la cappella passò a monsignor Pompeo Aldrovandi, venne ristrutturata in stile barocco, il polittico tolto (non rispondeva più ai gusti dell’epoca), infine smembrato e destinato alla casa di campagna della famiglia a Mirabello (FE), gli elementi infine venduti nel corso dell’Ottocento quando i dipinti dei cosiddetti “Primitivi” (gli artisti italiani del ‘300 e ‘400) erano fortemente ricercati in Gran Bretagna e nel resto d’Europa. Dal 18 maggio, per la prima volta da trecento anni, gli elementi che lo compongono sono stati riuniti in uno stesso luogo – l’area espositiva di Palazzo Fava nel cuore di Bologna (vedi). Lì può essere ammirato per circa 5 mesi (la mostra, promossa da Genus Bononiae, doveva inaugurare il 12 marzo ed è stata sospesa; ora viene prolungata fino all’autunno). Riunire ciò che è stato disperso dalle vendite d’arte degli ultimi secoli – questa l’idea “inattuale” perseguita, come ricorda Mauro Natale, uno dei curatori. Straordinaria iniziativa.

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Ricostruzione digitalizzata del Polittico Griffoni

[1] La cappella Griffoni in San Petronio. Nella navata alla sinistra di chi entra, la sesta cappella è la “cappella Griffoni”, intitolata a San Vincenzo Ferrer. Floriano Griffoni, colui che nel 1470 deteneva il giuspatronato della cappella, era membro di una delle famiglie dell’oligarchia bolognese che aveva fatto parte della fazione Guelfa e che, alla metà del Quattrocento, si era schierata con i Bentivoglio, signori di fatto della città (Giovanni II Bentivoglio, lo fu dal 1463 al 1506, quando Bologna fu riconquistata da Papa Giulio II). La cappella era stata innalzata tra il 1437 e il 1446 (l’inizio della costruzione della basilica di San Petronio è del 1390, di pochi anni successivo a quello del Duomo di Milano) e venne decorata dal 1470 al 1481, anno in cui vennero poste in opera le vetrate, ora perdute, di Vincenzo Cabrini. Il lungo impegno di Giovanni Griffoni, zio di Floriano, nella Fabbrica di San Pietro, di cui venne nominato “camerlengo” (cassiere), consentì alla famiglia di ottenere il patronato di una delle ambitissime 22 cappelle, segno di prestigio riservato solo a poche delle famiglie bolognesi. Nel 1457 il matrimonio tra Floriano e Lucia Battaglia, figlia di un uomo arricchitosi nelle Fiandre e poi trasferitosi a Bologna, gli consentì di ampliare significativamente il patrimonio. I beni immobili rurali di Floriano Griffoni erano distribuiti nel contado bolognese, sia in pianura che sull’Appennino, ed assommavano complessivamente ad oltre 417 ettari, parte coltivati, parte boschivi o incolti (p.69). Ancora all’inizio dell’anno 1500 i Griffoni erano considerati tra le cento famiglie più importanti di Bologna (così il cronachista Fileno dalla Tuata). Nell’archivio della fabbriceria di San Petronio è conservata una registrazione contabile del 19 luglio 1473 relativa al pagamento della cornice per la “tabula” dell’altare di Floriano Griffoni – il polittico, pertanto, doveva essere completato a quella data.

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Francesco Del Cossa, Polittico Griffoni. San Pietro (paricolare), 1470 circa (Pinacoteca di Brera, Milano)

[2] Il polittico. La figura centrale del polittico Griffoni è San Vincenzo Ferrer (1350-1419), nativo del regno di Valencia, domenicano, predicatore apocalittico, si adoperò per la composizione dello scisma d’Occidente, poi risolto con il Concilio di Costanza (1414-1417). Fu proclamato santo da papa Callisto III nel 1455, quindici anni prima della realizzazione del polittico Griffoni. E’ affiancato, nel registro inferiore, da San Pietro (classica iconografia con barba e chiavi) e San Giovanni Battista (bellissima la lucertola vicino al piede); mentre nel registro superiore sono raffigurati San Floriano (sembra con le sembianze dell’omonimo committente, Floriano Griffoni) e Santa Lucia, in mezzo a loro la crocifissione. San Floriano, è bene ricordarlo, fu anche, dalla metà del Trecento, patrono secondario di Bologna, poi definitivamente soppiantato da San Petronio.

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Francesco Del Cossa, Polittico Griffoni. San Giovanni Battista (particolare), 1470 circa (Pinacoteca di Brera, Milano)

La presenza di Santa Lucia è con ogni probabilità da attribuirsi alla prima moglie di Floriano Griffoni, Lucia di Andrea Battaglia, morta in quegli anni (Floriano Griffoni si risposò infatti nel 1472) – l’immagine della santa potrebbe avere valore di ritratto. Sopra ancora due tondi più piccoli con l’angelo annunciante e Maria annunciata. Nella predella diversi miracoli di San Vincenzo Ferrer. Completano l’opera sette formelle per lato con figure di santi (cinque presenti, più due di cui non è certa l’appartenenza al polittico). Essendo giunto a noi smembrato la ricostruzione originaria non è nota, anche se vi è una ragionevole certezza, supportata da documentazione storica, almeno per gli elementi più importanti. La ricostruzione del polittico era stata proposta da Roberto Longhi nel 1934, a commento della mostra Pittura ferrarese del Rinascimento (1933). Negli anni Ottanta il ritrovamento di uno schizzo del polittico allegato ad una corrispondenza di Stefano Orlandi, l’artista locale a cui fu affidata la ristrutturazione della cappella nel 1725, con il committente monsignor Pompeo Aldrovandi, fornì la prova documentaria della sostanziale correttezza dell’ipotesi di ricostruzione di Longhi.

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Francesco Del Cossa, Polittico Griffoni. San Giovanni Battista (particolare), 1470 circa (Pinacoteca di Brera, Milano)

Il polittico Griffoni appare “un prodotto artistico di eccellente qualità esecutiva, ma tipologicamente arretrato” (così Cecilia Cavalca a pag.111 del catalogo). Queste grandi macchine d’altare, i polittici, stavano infatti evolvendo verso una rappresentazione unitaria della scena sacra, non più segmentata in pannelli, ma riunita nella forma di una sacra conversazione tra la figura sacra principale (di solito la Madonna, in questo caso San Vincenzo Ferrer) ed i santi a contorno (si pensi alla Pala di Montefeltro di Piero della Francesca, 1472 circa, dunque coeva al polittico Griffoni) – un’evoluzione che avviene proprio negli anni ’60-’70 del Quattrocento (cfr. lo studio di André Chastel). Straordinaria l’invenzione che contraddistingue la Santa Lucia dipinta da Del Cossa. Una tradizione iconografica vuole che l’identificazione di Santa Lucia avvenisse mediante la raffigurazione di un vassoio, tenuto in mano dalla santa, contenente un paio di bulbi oculari (non è chiaro se in quanto di protettrice della vista o secondo una tradizione non ufficiale relativamente tarda che vede l’accecamento tra le torture subite). Francesco Del Cossa sostituisce invece il vassoio con gli occhi con un singolarissimo rametto con due fiori, ciascuno con un occhio – come un surrealista del XV secolo!

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Francesco Del Cossa, Polittico Griffoni. Santa Lucia (particolare), 1470 circa (National Gallery of Art, Washington)

[3] Gli autori. La realizzazione del polittico fu affidata da Floriano Griffoni a Francesco Del Cossa (1436-1478), pittore ferrarese. Influenzato in gioventù da Cosmè Tura, con cui aveva collaborato a Palazzo Schifanoia, e da Piero della Francesca, era allora all’apice della sua carriera iniziata attorno al 1456 – morirà nel 1478 stroncato dalla peste. Aveva da poco terminato gli affreschi raffiguranti Marzo, Aprile e Maggio nella sala dei mesi (affrescata tra 1466 e 1469) di palazzo Schifanoia a Ferrara – e da Ferrara scrisse a Borso d’Este, duca della città, il 25 marzo 1470, chiedendogli compensi maggiori per il lavoro svolto. La risposta di Borso fu negativa e Del Cossa lasciò Ferrara per tornare a Bologna (città in cui era già stato a metà degli anni ’60), dove iniziò il lavoro per la cappella Griffoni e dove rimase fino alla morte, nel 1478. Nel 1472 fu pagato per il restauro e il completamento di un affresco trecentesco con Madonna con Bambino (attribuito a Lippo di Dalmasio o allo Pseudo-Jacopino) in Santa Maria del Baraccano. Nel 1474 firmava invece la pala per il foro dei mercanti (oggi alla Pinacoteca Nazionale di Bologna) che gli era stata commissionata dal giudice Alberto de’ Cattanei e dal notaio Domenico degli Amorini. “Quando accetta di eseguire per Floriano Griffoni il polittico destinato alla cappella di famiglia in San Petronio, Cossa può … vantare qualità che lo mettono al di sopra degli altri pittori bolognesi”, non solo per gli affreschi a soggetto profano del Palazzo di Schifanoia a Ferrara, “ma come autore di una delle pale d’altare più innovative del periodo”, quella con l’Annunciazione (ora alla Gemäldegalerie di Dresda – famosa per la lumaca in primo piano). Il polittico Griffoni segnò l’inizio della sua collaborazione con il più giovane Ercole de’ Roberti (1450 circa-1496), anch’egli ferrarese. Ercole de’ Roberti, in particolare, si occupò della realizzazione della predella con miracoli di San Vincenzo Ferrer, dei due tondi dell’annunciazione e delle formelle con santi apposte ai lati.

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Ercole de’ Roberti, Polittico Griffoni. Annunciazione, 1470 circa (Fondazione Paolo VI, Villa Cagnola, Gazzada (VA))

[4] Smembramento e vendita. Nel 1725 monsignor Pompeo Aldrovandi (1668-1752), nunzio della Santa Sede rientrato a Bologna dopo un insuccesso diplomatico in Spagna, acquisì il patronato della cappella Griffoni nella basilica di San Petronio ed entrò in possesso dei beni di quella famiglia. Grazie all’acquisizione, nel 1723, di una grande impresa agricola a Mirabello (FE) assemblò un vasto patrimonio immobiliare che seppe valorizzare con operazioni di bonifica idraulica. Ottenuto il giuspatronato della cappella Griffoni questa fu ristrutturata. Già una guida di San Petronio del 1732 non registra più la presenza del polittico. Entro il 1725 la sua scomposizione era già avvenuta e l’antica cornice dorata, rovinata nell’operazione, andata in pezzi e ridotta a legna da ardere. Dopo un intervento di restauro le singole tavole furono destinate ad abbellire le stanze della casa di Mirabello (non invece alla collezione d’arte di monsignor Aldrovandi, segno di un consapevole declassamento).

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L’esposizione “Il polittico Griffoni rinasce a Bologna” a Palazzo Fava, Bologna.

Da qui inizia un percorso di progressiva vendita degli elementi di quest’opera, partecipando così ad una pratica – quella della vendita del patrimonio artistico – già molto diffusa nel Settecento (si pensi alla “vendita di Dresda” quando cento opere del duca di Modena vennero vendute ad Augusto III elettore di Sassonia e re di Polonia oppure alla vendita, sempre alla corte di Dresda, della Madonna Sistina di Raffaello nel 1753: vedi). Il saggio di Angelo Mazza, nel catalogo, documenta questa “economia della cultura” a cui partecipano in molti: nobili necessitanti di liquidità, collezionisti-mercanti, artisti ed esperti che fungono da intermediari e così via. Un documento del 1835 attesta la presenza di alcuni dei pannelli del polittico Griffoni nella collezione del conte Costabili a Ferrara, tra cui il pannello centrale, raffigurante San Vincenzo Ferrer. Venne poi ceduto nel 1858 alla National Gallery di Londra. La disseminazione commerciale portò quindi l’opera (tranne alcune formelle laterali oggi disperse) ad essere divisa tra nove diverse istituzioni museali, dalla National Gallery di Londra al Louvre di Parigi, dal Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam alla Fondazione Cini di Venezia, dalla National Gallery of Art di Washington alla Pinacoteca di Brera di Milano e altri ancora.

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