Molte delle persone a cui riferisco del progetto di ricerca su Ugo Foscolo a Vignola – per comodità lo chiamo così – mi guardano stupite e poi dicono: “ma sarà poi vero”? Sì, è vero. Il 30 e 31 maggio 1799 Ugo Foscolo fu prigioniero in Vignola. La vicenda è stata ricostruita – non era la prima volta, in verità, ma in questa occasione lo si è fatto in modo più accurato ed approfondito che in passato – grazie ad un lavoro di indagine di ricercatori di storia locale. Tale indagine ha portato alla pubblicazione di un libro (sarà presentato in Rocca a Vignola giovedì 14 dicembre ore 20.30), alla realizzazione di una mostra (inaugurerà sabato 16 dicembre ore 15.30, anch’essa in Rocca) e di un video (lo trovate su you tube). Qui una breve introduzione alla vicenda che ha per sfondo quanto avveniva nel Nord Italia nella primavera del 1799, ovvero il disfacimento della Repubblica Cisalpina e la sconfitta dell’armata francese ad opera dell’esercito austro-russo.
Il 30 maggio 1799 Ugo Foscolo, allora ventunenne, venne arrestato presso l’abbazia di Monteveglio dove si era rifugiato. Contadini ed esponenti della guardia civica lo conducono a Bazzano dove, secondo la sua testimonianza, “trova deposta la municipalità ed il suo segretario incarcerato”. Pur trattandosi di componenti della milizia cisalpina Foscolo li descrive come “insorgenti”, ovvero combattenti contro la repubblica e contro i francesi. “Da costoro fui consegnato a un Picchetto Tedesco unitamente alle mie carte” – afferma. Dopo alcune ore quattro Ussari austriaci lo condussero a Vignola, dove vi era un posto avanzato dell’esercito imperiale. Il 31 maggio, nel dopo pranzo, venne infine scortato a Modena e rinchiuso nel carcere militare della Cittadella assieme ad altri prigionieri politici. La vicenda era iniziata due mesi avanti, nelle prime settimane della guerra tra l’esercito francese che presidiava il Nord Italia e quello austro-russo. Le principali battaglie ebbero luogo tra Veneto, Lombardia e Piemonte, ma fatti d’arme minori si svolsero anche nel territorio modenese e bolognese.

Battaglia di Verona 26 marzo 1799 (particolare), Antonio Rovatti, Cronaca modonese, 1799, XVIII, Archivio Storico del Comune di Modena
Il 1799 era iniziato come anno straordinario per patrioti e giacobini. Il controllo francese era oramai esteso su tutta l’Italia. Tra la fine del 1798 ed il marzo 1799 la conquista del Piemonte, del Regno di Napoli, della Repubblica di Lucca, del Granducato di Toscana sembrava portare a termine la democratizzazione della penisola. A Modena e Bologna passavano le carrozze dei sovrani in fuga. Era lecito attendersi nuovi clamorosi successi dell’armata francese anche se il giovane generale Bonaparte, trionfatore della campagna d’Italia tre anni prima, era in quei mesi impegnato in terra d’Egitto. Poche settimane dopo quelle speranze andarono in frantumi e il 1799 si rivelò invece essere un anno terribile. Le truppe francesi vennero sconfitte più volte da quelle austro-russe comandate dal carismatico generale Suvorov, prima nella zona dell’Adige, poi a Cassano d’Adda, il 27 aprile 1799. Il direttorio esecutivo lasciò precipitosamente Milano rifugiandosi in Francia. La Repubblica Cisalpina crollò. Tra maggio e giugno vennero conquistati i territori a sud del Po. Ma era tutta l’Italia a tornare in mano ai vecchi sovrani. Francesi e cisalpini si ritrovarono relegati in Genova assediata.

Giovanni Battista Menabue, Conflitto avvenuto nella piazza di Mirandola nel 1799 (particolare), Archivio fotografico del Museo Civico del Risorgimento, Modena
Oltre alla forza del nemico esterno, quelle settimane rivelarono anche la forza del nemico interno. Fu uno stillicidio di rivolte, sommosse, insurrezioni. Paesi e città conquistate in poche ore da folle di contadini armati, gli insorgenti. Il 17 aprile venne conquistata Cento, nel dipartimento del Reno. Subito da Bologna si organizzò una spedizione, inviando a Cento un corpo di oltre mille uomini, in larga parte volontari della Guardia Nazionale. Il 19 aprile la città fu riconquistata. Foscolo faceva parte di quel contingente e partecipò a combattimenti, venendo ferito il 24 aprile. Ritornò a Bologna, dove risiedeva, e nei giorni successivi, quando in città si diffuse il panico per l’ingresso degli austriaci nella vicina Modena, riparò presso la villa del conte Turrini a Calcara. Da qui all’abbazia di Monteveglio dove rimase fino a quando non venne arrestato, appunto il 30 maggio 1799. Le armate francesi del generale Macdonald, provenienti dal Sud, lo liberarono assieme agli altri prigionieri politici il 12 giugno quando riconquistarono Modena. Pochi giorni dopo, però, gli austriaci erano di nuovo padroni della città.

Relazione del fatto d’armi seguito a Cento, 1799, Floriano Canetoli editore, Bologna. Collezioni d’Arte e di Storia della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
In quei mesi i patrioti sperimentarono la fragilità del consenso di cui godeva la repubblica Cisalpina. Scoprirono con sconcerto che pur di porre fine all’esperienza repubblicana la maggior parte della popolazione, indifferente all’idea dell’unità d’Italia, salutava con sollievo il ritorno dell’ancien régime. Scoprirono la mancanza di un popolo italiano. Il ritorno dei francesi, nel giugno del 1800 vittoriosi sugli austriaci a Marengo, spinse così i patrioti ad affidare a Napoleone Bonaparte le speranze di un’Italia unita e libera. Così fece anche Ugo Foscolo, seppure con diffidenza. Ma furono speranze tradite.
Queste ed altre iniziative (vedi) sono state realizzate nell’ambito del progetto “1799 Le prigioni di Foscolo tra Reno e Panaro” finanziato dalla Regione Emilia-Romagna ai sensi della L.R. n.37 del 22 agosto 1994 (bando 2017). Il progetto è stato promosso dal Gruppo di Documentazione Vignolese “Mezaluna – Mario Menabue” (vedi) e dall’associazione Archivivi (vedi). Ha ottenuto il patrocinio del Comune di Vignola (oltre ad un contributo). E’ stato altresì sostenuto da Fondazione di Vignola, Fondazione Rocca dei Bentivoglio (Valsamoggia), Rotary Club Vignola-Castelfranco E.-Bazzano, BPER Banca, Premio Srl. A questi enti va un ringraziamento non formale per aver creduto nel progetto quando era ancora in corso di definizione.