#Gennaioalmuseo tra Modena e Rimini


L’arte ti somiglia” è il nuovo spot che Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha realizzato in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia e la regia di Paolo Santamaria per promuovere i Musei Italiani. E’ carino e per quanto provi simpatia verso ogni iniziativa volta ad avvicinare i cittadini ai luoghi della cultura (tra cui musei e pinacoteche), rendendoli fruitori e conoscitori dell’arte (e magari anche creatori d’arte), debbo dire che sono scettico sulla sua efficacia. Comunque, offro qui il mio contributo alla promozione dei musei d’arte e soprattutto delle pinacoteche di questa regione. Dieci opere per ciascuna pinacoteca/museo d’arte di 5 città emiliano-romagnole: Modena, Bologna, Forlì, Ravenna, Rimini (vai a Flickr).

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Marco Palmezzano, Annunciazione (particolare), 1495-97 (Pinacoteca di Forlì, Complesso museale di S.Domenico) (foto del 28 dicembre 2016)

Forse la promozione dei musei è più efficace se fatta localmente, trovando il modo, meglio se accattivante, per ricordare quotidianamente la ricchezza che contengono. Le istituzioni scolastiche, ovviamente, possono giocare un ruolo importante, ma sono indubbiamente sovraccaricate di compiti (dall’educazione alla salute alla “motivazione” all’arte). In ogni caso il ruolo principale spetta proprio alle istituzioni museali e culturali. Bisogna dire che le innovazioni più significative degli ultimi anni non riguardano i musei d’arte, ma semmai altri musei come quelli di scienze e scienze naturali (esemplare è il MUSE di Trento: vedi). Ed è un peccato. Sarebbe ora di vedere un museo d’arte completamente rinnovato, innanzitutto “concettualmente”. Evitando di proporsi come una semplice galleria di opere, ciascuna con uno striminzito cartellino con le informazioni essenziali.

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Cima da Conegliano, Madonna col bambino, 1495 circa, Pinacoteca Nazionale di Bologna (foto del 29 luglio 2016)

In attesa che il Ministero dei beni e delle attività culturali ci stupisca con “effetti speciali” l’innovazione dovrà essere praticata localmente. Spero che il futuro spazio espositivo dedicato a Jacopo Barozzi (vedi) possa davvero essere un luogo di intelligente innovazione per una fruizione e per una trasmissione di conoscenze più efficace. Qualcosa che faccia davvero emergere Vignola nel panorama regionale, pur con uno spazio espositivo necessariamente contenuto. Verso una “Barozzi experience”?

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Giovanni Bellini, Cristo morto con quattro angeli, 1475 circa, Museo della Città di Rimini (foto del 28 dicembre 2016)

2 Responses to #Gennaioalmuseo tra Modena e Rimini

  1. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Solo l’8,2% degli italiani ha visitato più di 3 musei nel 2016 secondo i dati Istat (Annuario Statistico Italiano 2016). Il 68,9% non ne ha visitato neppure uno! L’Annuario ISTAT è accessibile qui (consultare il cap.10 relativo a Cultura e tempo libero):
    http://www.istat.it/it/archivio/194422
    C’è dunque bisogno di promozione, ma soprattutto di innovazione nei musei e nell’esperienza che possono offrire. Si registra comunque un piccolo incremento tra 2016 e 2015 (e 2014) dei visitatori, plausibilmente in conseguenza dell’iniziativa #domenicalmuseo – purtroppo con qualche ‘svarione’ locale:
    https://amarevignola.wordpress.com/2016/11/06/domenicalmuseo-ma-non-per-la-galleria-estense-di-modena/
    Comunque, ecco in sintesi i dati Istat. Nel 2016 il 31,1% delle persone di 6 anni e più ha dichiarato di aver visitato un museo o di essersi recato ad una mostra negli ultimi 12 mesi. Il dato è leggermente in crescita rispetto al 20915 quando erano il 29,9%. Una quota inferiore (il 24,9%) ha visitato un sito archeologico o un monumento (il 23,6% nel 2015). Dunque il 68,9% degli italiani non è entrato in un museo nel 2016 neppure una volta. Coloro che vanno almeno una volta all’anno al museo sono in primo luogo i giovani in età scolastica (11-19 anni), plausibilmente un effetto della scuola. Fuori da questa fascia d’età la percentuale di chi visita musei cala (è il 47,7% nella classe d’età 11-14 anni ed è invece il 30,9% nella classe 45-54 anni). La stragrande maggioranza di chi frequenta i musei vi accede comunque non più di 3 volte l’anno (dunque il 22,9% degli italiani con 6 anni e più visita in un anno da 1 a 3 musei; solo l’8,2% degli italiani ha visitato più di 3 musei nel 2016).

    Nel complesso, comunque, gli accessi ai musei e zone archeologiche sono in crescita (trainati plausibilmente dalla crescita del turismo straniero). “Si tratta del terzo anno consecutivo di crescita per i musei statali, che da 38 milioni di biglietti nel 2013 sono passati a 44,5 milioni nel 2016: sei milioni di visitatori in più in un triennio che rappresentano un incremento del 15% nel periodo considerato e hanno portato a un aumento degli incassi pari a 45 milioni”:
    http://www.repubblica.it/cultura/2017/01/07/news/musei_2016_da_record_44_5_milioni_di_visitatori_4_in_un_anno-155558490/?ref=HREC1-8

  2. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Su la Repubblica di oggi, 8 gennaio 2017, un articolo di Salvatore Settis commenta la notizia dell’aumento dei visitatori nei musei e parchi archeologici italiani (+4% nel 2016 sul 2015). “Perché ci piacciono sempre di più i musei” il titolo dell’articolo. Purtroppo Settis anziché interrogarsi sul fenomeno, usa la notizia dell’aumento dei visitatori per un “pippone” contro il ministro ai beni culturali Franceschini.
    Da un lato “gli italiani si rivelano assai migliori di quel che sembrano”. Ma in realtà i dati Istat, citati nel commento sopra, evidenziano una MINORE frequentazione di musei e siti archeologici da parte degli italiani negli ultimi anni. Per spiegare dunque l’aumento dei visitatori è più plausibile chiamare in causa l’aumento dei turisti stranieri in questi anni.
    Dall’altro lato Settis se la prende con il ministra Franceschini e la sua riforma del settore (soprintendenze e grandi musei): “Nessuno può credere seriamente che i visitatori dei musei ci vadano per rendere omaggio, quasi fosse un referendum, alla riforma Franceschini”. Considerazione inutilmente malevola. Può essere che la riforma Franceschini non sia una buona riforma, ma l’intento in ogni caso dovrebbe essere condivisibile: fare di più con meno. Perché quello che non entra nella testa di Settis è che questo paese (già prima del 2007, ma poi in modo ancora più acuto oggi, dopo dieci anni di crisi economica) ha meno risorse che in passato (e il “problema” del debito sovrano potrebbe di nuovo scoppiare). Dunque, secondo Settis, il ministro “dovrebbe tenere in conto che i 500 nuovi funzionari in corso d’assunzione sono una goccia nel mare, forse un decimo del fabbisogno risultante dai pensionamenti di questi anni”. Anche questo è probabilmente vero, ma questo è oggi lo stato del paese (ben venga dunque l’assunzione di 500 funzionari). E, purtoppo, il settore dei beni culturali è in ‘buona’ compagnia (in questo stato di sofferenza) con la scuola, la difesa del territorio, del paesaggio, dell’ambiente, il trasporto pubblico, lo sviluppo economico, la ricerca scientifica e così via. Se si riconosce questo diventa abbastanza sterile continuare a chiedere più risorse per l’uno e per l’altro settore. Forse bisogna davvero aprire gli occhi sullo stato di difficoltà del paese.

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