Anche il sindaco Mauro Smeraldi non ha resistito alla tentazione di lanciare la sua petizione in difesa dell’ospedale di Vignola. Ennesimo amministratore di lotta e di governo (forse più di lotta che di governo). E così siamo a 3 petizioni in poco meno di tre anni. Dopo quella promossa dal sindaco Daria Denti in difesa del pronto soccorso (era l’inverno 2013-2014: vedi) e quella promossa da un gruppo di cittadini ed operatori nel giugno 2015 (vedi). Ora arriva quella dell’amministrazione Smeraldi (vedi), con raccolta firme da effettuarsi entro il 20 gennaio 2017. E poiché siamo solo a metà legislatura nulla vieta che se ne riproponga un’altra entro la fine della legislatura, magari come avvio della prossima campagna elettorale (calzerebbe a pennello!). In ogni caso è bene chiedersi cosa succede (visto che nessuno parla di rischio chiusura per l’ospedale di Vignola), così come è bene chiedersi se gli amministratori locali non abbiano davvero altri strumenti (più efficaci) per “difendere” (o in realtà promuovere) la sanità del territorio (che è cosa più ampia dei soli servizi ospedalieri – senza con questo far pensare che anche questi non debbano essere continuamente migliorati).
“L’amministrazione invita i cittadini a firmare la petizione (qui il testo: pdf) con la quale si chiede all’Azienda USL di Modena e alle autorità sanitarie della Regione Emila-Romagna di effettuare quelle scelte organizzative e amministrative che si rendono oggi necessarie per assicurare l’operatività e il futuro dell’Ospedale di Vignola. Il testo della petizione è il medesimo dell’ordine del giorno in materia già approvato dal Consiglio Comunale nella seduta di lunedì 5 dicembre. Si può firmare la petizione recandosi presso lo Sportello 1 del Comune di Vignola, in via Marconi 1, muniti di documento d’identità.” Così è introdotto il tema e così si invitano i cittadini a mobilitarsi (vedi). Ovviamente il cahier de doléances contiene un lungo elenco, ma nei giorni scorsi il tema che il sindaco di Vignola ha portato all’attenzione di autorità e cittadini era quello dell’integrazione delle équipe chirurgiche tra gli ospedali dell’area sud (tra l’altro cambiando versione nel giro di pochi giorni: prima auspicando un’integrazione a tre Sassuolo-Pavullo-Vignola, quindi solo a due ospedali: Pavullo e Vignola). Insomma, le idee non sono chiarissime. Resta il fatto della forte protesta che evidentemente non ha trovato accoglienza. Servirà la mobilitazione dei cittadini di Vignola ad “imporre” le soluzioni richieste (improbabile) o almeno a dare un po’ più di potere negoziale al sindaco Smeraldi? Sino ad ora le petizioni popolari si sono rivelate uno strumento debole (vedi). E’ comunque singolare che vi ricorrano sempre più spesso gli amministratori (e non solo i cittadini, che in effetti non dispongono di altre modalità di influenza e di esercizio del “potere”). L’impressione è che, nonostante la scarsa efficacia, si prestino appunto a fare almeno un po’ di “impressione”: qualche volantino, qualche articolo di giornale, un po’ di firme … lo strumento perfetto per dare a vedere che “si fanno cose” (sic).
Anche se per incidere sulla realtà della sanità locale servirebbe altro: definizione condivisa degli obiettivi e di un sistema di monitoraggio (pubblicamente accessibile) circa il loro raggiungimento (un tema che il sindaco di Vignola ha perseguito solo per pochi mesi e poi lasciato cadere: vedi); una condivisione dei temi con sindaci ed amministratori degli altri comuni del distretto (ritorna di nuovo – e non potrebbe essere diversamente – l’incapacità di “fare squadra”); uno sguardo allargato all’intera gamma dei servizi sanitari (dunque non solo all’ospedale che rischia di essere percepito, anche grazie al costante non-coinvolgimento degli amministratori degli altri comuni, come un tema “solo” vignolese); ovvero un sistema che rafforzi la capacità di negoziazione del complesso degli enti locali del territorio, per cui il mix (1) mobilitazione dell’apparato tecnico (dispositivo di monitoraggio della performance), (2) costruzione di alleanze politiche (esserne capaci) e (3) trasparenza, potrebbe dare di più dell’ennesima (la terza in poco più di due anni!) raccolta firme. Intanto, lo rileviamo ancora una volta, manca un adeguato sistema informativo che rappresenti la performance dei servizi sanitari del territorio. Qualcosa che dica, ad amministratori ed anche ai cittadini, se cresce l’attività di day surgery all’ospedale di Vignola (vedi) o almeno le prestazioni ambulatoriali complesse; come evolve il case-mix ed il peso dei DRG prodotti; se gli standard prestazionali (es. almeno l’80% dei casi di frattura del femore trattati entro 48 ore) sono garantiti (vedi); se l’attività di screening vede un impegno costante oppure no all’innalzamento del tasso di adesione (vedi); se per la specialistica ambulatoriale la fuga dal distretto è ancora alta come in passato (vedi); come funziona il sistema dell’emergenza sanitaria (certo a Vignola, ma ci sarebbe anche tutto il tema della copertura del territorio di montagna – vuole il sindaco di Vignola, per una volta, provare costruire una propria leadership per il territorio?). E così via. Il tutto rapportato, dunque con taglio comparativo, con quanto succede negli altri distretti della provincia di Modena. Altrimenti l’ennesima raccolta firme “in difesa dell’ospedale” andrà semplicemente a consumare la fiducia dei cittadini e la disponibilità a mobilitarsi quando il rischio è reale. Staremo a vedere.

Un cartello di (falso) allarme all’incrocio tra via G.B.Bellucci e via M.Pellegrini (foto del 27 dicembre 2016)
PS E’ così che nascono le leggende metropolitane. Sono comparsi a Vignola cartelli in cui si parla della chiusura dell’ospedale di Vignola e per impedirlo si invita a firmare la petizione. Oltre all’incapacità (degli amministratori locali) si aggiunge ora l’irresponsabilità: si gonfiano le minacce per far crescere la mobilitazione. Ovviamente i cartelli non sono firmati.
Non è assolutamente accettabile che un grande paese come Vignola rimanga senza un ospedale attrezzato. Spetta al governo ridistribuire le risorse onestamente e civilmente. Ce la dobbiamo fare a metterci in testa che il Paese è” nostro” e che i” regnanti”
sono lì per soddisfare le nostre esigenze ! Vogliamo incalzarli per favore o “incavolarci” sempre e basta , e “dopo”…. OH SVEGLIA !
Non bisogna disconoscere il cambiamento intervenuto nelle politiche della Regione Emilia-Romagna in tema di riorganizzazione della sanità regionale. Nella precedente legislatura, con l’assessore Carlo Lusenti, la “razionalizzazione”, ovvero l’eliminazione di posti letto (e di reparti) toccava principalmente i presìdi di periferia. Esemplare fu la chiusura del reparto di ostetricia dell’ospedale di Porretta Terme. Inoltre si prevedeva la traformazione in “ospedale di comunità” degli ospedali con meno di 150 posti letto – essenzialmente quelli distribuiti nei territori provinciali, non nei capoluogo di provincia.
https://amarevignola.wordpress.com/2013/11/30/cambia-il-servizio-sanitario-regionale-mettiamo-il-cittadino-in-cabina-di-regia/
Questa impostazione è stata abbandonata nella nuova legislatura, ovvero con l’elezione di Stefano Bonaccini a presidente della Giunta Regionale e con la nomina di Sergio Venturi ad assessore regionale alla sanità. Con la nuova impostazione la razionalizzazione viene perseguita nei più grandi complessi ospedalieri cittadini, ad esempio eliminando le sovrapposizioni tra Azienda USL ed Azienda Ospedaliera. O anche realizzando la fusione delle due aziende al fine di ottenere un’unica azienda sanitaria provinciale. E’ quanto è stato deciso in merito alle due aziende sanitarie di Reggio Emilia destinate ad accorparsi e quindi a diventare un’unica azienda dall’1 luglio 2017:
http://www.regione.emilia-romagna.it/giunta/sergio-venturi/comunicati-stampa-1/comunicati-stampa/@@comunicatodettaglio_view?codComunicato=76296
E’ così che nascono le leggende metropolitane. Sono comparsi a Vignola cartelli in cui si parla della chiusura dell’ospedale di Vignola e per impedirlo si invita a firmare la petizione. Oltre all’incapacità (degli amministratori locali) si aggiunge ora l’irresponsabilità: si gonfiano le minacce per far crescere la mobilitazione. Ovviamente i cartelli non sono firmati.