“Oggi la vera scommessa della democrazia non è il carattere democratico dell’elezione, ma il carattere democratico del governo” – sta in questa formula ad effetto, in questa sorta di paradosso, la forza della visione di Pierre Rosanvallon, politologo francese, docente al Collège de France (vedi), con numerosi libri sulla democrazia pubblicati dalla casa editrice Seuil (vedi). Da quasi quarant’anni è aperto il cantiere di una nuova teoria della democrazia che intende andare oltre alla concezione (canonica per lungo tempo grazie alla dominanza del pensiero di J.A.Schumpeter e dei teorici delle élites: vedi) della democrazia come semplice metodo di selezione delle élites di governo. Negli ultimi anni Rosanvallon ha offerto materiali importanti per questo “cantiere” (tra le opere più interessanti tradotte in italiano: Controdemocrazia. La politica nell’era della sfiducia, Castelvecchi, Roma, 2012: vedi). E’ uscito da poco in Francia un ulteriore contributo sul tema: Le bon gouvernement, Seuil, Paris, 2015 (vedi). Il nuovo libro è stato l’occasione per una recente intervista apparsa su la Repubblica (25 febbraio 2016: vedi). Chi vuole migliorare la condizione della democrazia nel nostro paese farebbe bene a dare un’occhiata. Riflessioni interessanti e spunti promettenti ci sarebbero anche per quegli amministratori locali interessati a dare maggior potere ai cittadini (come nel caso vignolese).

Ubaldo Gandolfi, Santa Maria Maddalena, seconda metà del XVIII secolo
[1] “Un potere è democratico non solo perché è eletto democraticamente, ma soprattutto perché governa democraticamente. E se un potere è veramente democratico, la società deve potersene appropriare sempre e non solo il giorno delle elezioni.” Prendiamo questo come punto di partenza del ragionamento di Rosanvallon. Apprezzabile perché tiene in vita il principio, certamente problematico, ma irrinunciabile, della “sovranità popolare” (a cui Schumpeter e la scienza politica “realista” ha rinunciato con troppa facilità, svuotando di sostanza l’idea di democrazia: vedi). Allo stesso tempo Rosanvallon, come la stragrande maggioranza dei politologi, sa bene che nelle moderne società non è proponibile alcuna democrazia che non sia democrazia rappresentativa. Democrazia essenzialmente (anche se non esclusivamente) rappresentativa. Prevalentemente (in larghissima prevalenza!) rappresentativa. Qualcuno a livello locale forse vagheggia un marcato spostamento degli equilibri verso la “democrazia diretta”, ovvero verso la “partecipazione dei cittadini” (ma senza rendersi conto che poi, per 364 giorni l’anno pratica forme di democrazia rappresentativa). E’ tra Scilla e Cariddi che occorre muoversi: tra il rischio di ridurre sempre più i regimi democratici alle sole elezioni democratiche e l’impossibilità di una democrazia diretta (oggi magari tecnicamente fattibile grazie ad Internet, ma improponibile perché il tema vero non è l’espressione della “volontà”, ma la sua formazione!). Rosanvallon lo dice chiaramente e prefigura anche, però, uno spazio di manovra, di innovazione: “L’autogoverno è impossibile, ma una deliberazione pubblica allargata è auspicabile e realizzabile.” Vediamo.

Pelagio Pelagi, Arianna sogna la partenza di Teseo (particolare), prima metà del XIX secolo.
[2] Cosa significa che “se un potere è veramente democratico, la società deve potersene appropriare sempre e non solo il giorno delle elezioni”? Il referendum, ovvero la riappropriazione della facoltà di legislazione da parte dei cittadini, è il caso più semplice e chiaro (ma è lungi dall’essere l’unico). Ma è metodo decisionale che non può essere generalizzato o “inflazionato” (ci torneremo) – ed in effetti Rosanvallon pensa ad altre forme, compatibili con la democrazia rappresentativa, piuttosto che “sostitutive”, seppure limitatamente ad un tema (es. trivelle sì, trivelle no), della democrazia rappresentativa. Cosa significa, dunque? Diverse cose sono implicate. Innanzitutto “significa che il funzionamento delle istituzioni deve essere leggibile e comprensibile. Oggi prevalgono decisioni parziali, incomprensibili per l’opinione pubblica. La prima qualità democratica è la leggibilità dell’azione di governo che consente ai cittadini di comprenderla, per poi approvarla o criticarla”. Nella sua semplicità il principio è geniale: “dico ciò che faccio, faccio ciò che dico”. Ma assai poco praticato. Basta vedere quanto è “leggibile” la decisione più importante di un’amministrazione comunale: l’annuale allocazione delle risorse determinata con l’approvazione del bilancio di previsione. Se su questo aspetto (ma ovviamente le decisioni importanti sono molte di più; per un indicatore grossolano: nel 2015 il comune di Vignola ha avuto 85 delibere di consiglio comunale e 169 delibere di giunta) mettiamo a confronto l’amministrazione Smeraldi con l’amministrazione Denti non vediamo alcun progresso (vedi). Nessun impegno aggiuntivo a rendere “più leggibile” il bilancio comunale, così come gli atti fondamentali dell’amministrazione.

Raffaele Faccioli, Dolore (particolare), 1875.
[3] “Un potere deve essere sempre responsabile e quindi sottoposto a valutazione. Oggi la valutazione avviene solo al momento dell’elezione. Abbiamo bisogno di momenti di valutazione più frequenti. Visto che la politica insiste sull’effetto annuncio più che sulla realtà dell’azione, sottoporre i politici a valutazioni frequenti significa costringerli a maggior coerenza e realismo”. In questo caso si tratta di far valere un principio di responsabilità. Che implica, come giustamente esplicita Rosanvallon, un rafforzamento della funzione di giudizio innanzitutto (ma non solo) da parte dell’opinione pubblica, dei cittadini. La leggibilità di cui ha trattato in precedenza (ci sono evidenti assonanze con il tema della “trasparenza”, anche se l’espressione “leggibilità” implica un impegno attivo di chi amministra, non solo la messa a disposizione di dati e informazioni spesso in modo difficilmente accessibile e comprensibile) è dunque il prerequisito di un’attività di valutazione che deve essere intensificata. Da un lato dunque ogni amministrazione deve sentirsi impegnata ad una “rendicontazione” di qualità (e occorrerà trovare il modo di minimizzare la tentazione di chi amministra di farne una pura operazione di marketing politico: “abbiamo fatto tutto, va tutto bene” – come spesso avvenuto in passato: vedi). Ma dall’altro è ugualmente importante suscitare e rafforzare articolazioni della società civile (realtà associative, gruppi di cittadini, pezzi di “sfera pubblica” – questo blog ne vuole essere parte) impegnate appunto a “leggere” criticamente l’operato di chi amministra. Ed in grado di promuovere una spinta più o meno “gentile” (vedi) per elevare – diciamo così – la qualità del dibattito politico, dei processi di formazione dell’opinione, ovvero delle decisioni politico-amministrative. Purtroppo anche da questo punto di vista sono mancate, ad oggi, innovazioni significative da parte della nuova amministrazione civica. Anzi è da registrarsi una piccola (ma non trascurabile) regressione: il bilancio di missione (lo strumento di rendicontazione da redigere annualmente a norma di Statuto comunale: vedi) non è stato redatto nella prima annualità della nuova amministrazione. Tra le tante cose in più da fare su questo fronte la nuova amministrazione civica si è sin qui caratterizzata solo per averne fatta una … in meno (peraltro nella generale disattenzione delle minoranze e, soprattutto, del PD).

Alfredo Savini, Auxilium ex alto (particolare), 1896.
[4] Sono solo due suggestioni tratte dall’intervista in cui Pierre Rosanvallon presenta al pubblico italiano il suo ultimo libro, Le bon gouvernment (vedi). Ovviamente ci sono anche proposte non convincenti (l’estrazione a sorte tra i cittadini di ulteriori “rappresentanti” o “controllori” è tra queste, per me – come esempio problematico di “partecipazione in vitro” si veda l’Iniziativa di Revisione Civica praticata in Valsamoggia ai tempi del referendum per la fusione: vedi). In ogni caso la lettura sarebbe particolarmente opportuna per gli amministratori vignolesi oggi impegnati in un’opera di revisione degli “istituti di partecipazione” (dei cittadini) e dunque nella modifica dello Statuto comunale, peraltro attraverso un articolato percorso partecipativo (vedi). Le indicazioni di Rosanvallon, infatti, toccano il governo democratico locale in misura assai più sostanziosa rispetto all’innesto, inevitabilmente limitato, di rafforzati istituti di democrazia diretta (es. referendum), visto che toccano la prassi ordinaria (non straordinaria – quale inevitabilmente è il referendum popolare) della democrazia locale. Possiamo anche dire che la “cassetta degli attrezzi” per il rinnovo della democrazia (locale) predisposta da Pierre Rosanvallon è più ampia rispetto a quella impiegata da Paolo Michelotto, consulente dell’amministrazione comunale (in municipio potete facilmente ottenere una copia del libro da lui scritto assieme a Thomas Benedikter: Più democrazia nella politica comunale, Politis, 2014: vedi). O perlomeno che ne costituisce un utile complemento. Ma forse essa è anche decisamente più rilevante visto che tocca le modalità ordinarie di esercizio del governo democratico locale. Anche per questo la lettura è opportuna.

Cerchia di Annibale Carracci, San Francesco in preghiera davanti al crocifisso (particolare), fine XVI-inizio XVII secolo.
PS Per dare un’idea del “cantiere” in corso in merito alla teoria della democrazia ed alla riflessione sulla “democratizzazione” dei regimi democratici mi limito a tre segnalazioni (ma l’elenco dovrebbe essere molto più lungo). Come nelle barzellette di un tempo un inglese, un francese, un italiano … Gerry Stoker, Perché la politica è importante. Come far funzionare la democrazia, Vita e Pensiero, Milano, 2008 (vedi); Pierre Rosanvallon, Controdemocrazia. La politica nell’era della sfiducia, Castelvecchi, Roma, 2012: vedi); Leonardo Morlino, Democrazia e mutamenti. Attori, strutture, processi, LUISS University Press, Roma, 2014 (vedi). Tre autori diversi, ma tutti e tre i libri decisamente stimolanti – anche per una riflessione su come “democratizzare” il governo democratico locale (un tema non di oggi, anche a Vignola: vedi).
PPS Le immagini a corredo del post sono fotografie di opere delle Collezioni Comunali d’Arte del Comune di Bologna, Palazzo d’accursio, scattate il 21 febbraio 2016 (vedi). Nonostante il pessimo allestimento e la pessima illuminazione meritano una visita.