Viene una grande tristezza a visitare musei “morti” come il Museo della Venere ed il Museo dell’Elefante a Savignano. Musei che non riescono a mettere assieme 2.000 visitatori in un anno (meno di un giorno di apertura della Biennale d’Arte di Venezia) e che sono perlopiù chiusi (l’apertura è infatti solo per mezza giornata a settimana: ore 14.30-18.30 nei giorni festivi). Ma non è solo questione di numero di visitatori – che pure già dice molto. E’ il fatto che con musei siffatti un’amministrazione comunale rinuncia di fatto a svolgere una qualsiasi funzione culturale. Inutile prendersela con i tagli ai trasferimenti statali che gli enti locali hanno subito negli ultimi anni (anche causati da una crisi economica e fiscale che ha colpito il nostro paese assai più che altri paesi europei), visto che la cosa è nota da tempo. E non è che sul resto del territorio le cose vadano granché meglio (basti pensare alla tribolata vicenda del Museo del Cinema “Marmi” a Vignola, anch’esso più chiuso che aperto, o al paradossale MUSA-Museo dell’Assurdo a Castelvetro – un assurdo di museo, in verità: vedi). Se ci fosse un po’ più di “visione politica” negli amministratori locali si eviterebbe perlomeno di lanciare slogan – l’ultimo dei quali riguarda proprio Savignano: “Città dell’archeologia”, addirittura! – che durano il tempo di una legislatura e poi scompaiono senza lasciar traccia. Si abbia il coraggio di guardare in faccia la realtà. E di iniziare a “pensare” ad un piano della cultura (e dei luoghi culturali) a dimensione di territorio, ovvero di Unione (vedi). Insomma ci sarebbe bisogno di sviluppare un “progetto culturale”, mettendo assieme quel poco di risorse economiche che ancora ci sono e le risorse sociali (associazionismo) che, per fortuna, su questo territorio mostrano ancora una certa vitalità.
[1] Dopo il ritorno della Venere di Savignano presso il museo locale, solo per un mese: dal 5 aprile al 4 maggio 2014 (un evento coronato da successo, ma nient’affatto ripetibile), l’amministrazione comunale ha maturato l’idea di Savignano “Città dell’archeologia”. Dobbiamo però chiederci: ci sono le condizioni perché questa idea produca qualcosa di significativo se, come sembra, verrà circoscritta all’ambito comunale? Se siamo intellettualmente onesti dobbiamo rispondere di no. Può dispiacere, ma è così. Basterebbe prendersi la briga di fare un giro per i “luoghi della cultura” di Savignano per capire che ciò che servirebbe per rilanciarli, anche fossero focalizzati attorno ad un’unica idea (appunto la “Città dell’archeologia”), è al di fuori della portata di un comune di diecimila abitanti (9.257 a fine 2014). Fatta eccezione per il Teatro “La Venere” che ha ancora una discreta programmazione (in certi ambiti anche migliore rispetto al Teatro Ermanno Fabbri di Vignola: vedi) il resto è praticamente “morto”: così il doppio museo della Venere e dell’Elefante; così la biblioteca; così il progetto di una “casa della cultura” nella casa del Graziosi a Mulino. Così anche diversi eventi che l’amministrazione promuove o sostiene (da ultima la mostra su Giuseppe Graziosi – interessante per quanto riguarda le opere, ma deprimente per location ed allestimento).

Mosaico di età romana (I sec. a.C.-I sec. d.C.) rinvenuto in località Melda di sotto e ora collocato nella casa del Graziosi a Mulino di Savignano (foto dell’1 novembre 2015)
Ed anche l’ultima acquisizione in tema di archeologia, il mosaico di età romana (I sec. a.C. – I secolo d.C.) della villa di Melda di sotto, giace abbandonato ed impolverato nella “Casa del Graziosi” che da anni attende gli investimenti necessari per farne finalmente un (piccolo) polo culturale. Da anni questa è la situazione e non basterà l’annuncio della nuova iniziativa o anche la costituzione di un soggetto associativo per valorizzare il patrimonio archeologico di Savignano, visto che dal bilancio comunale sarà impossibile estrarre risorse a sufficienza per realizzare alcunché di significativo.
[2] A tutto questo bisogna poi aggiungere che l’importante patrimonio archeologico emerso nel corso degli ultimi 150 anni a Savignano è di certo assai importante, ma non sta a Savignano! Non vi sta la Venere che infatti è ospitata al Museo Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma (vedi) a cui la donò Giuseppe Graziosi poco dopo il ritrovamento, avvenuto nel 1925. Non vi stanno i numerosi reperti scavati sin dalla seconda metà dell’800 – tra l’altro grazie a quell’Arsenio Crespellani, avvocato, che fu uno dei massimi archeologici modenesi dell’epoca e fu pure sindaco di Savignano, ma che promosse un museo civico locale (con preziosi reperti archeologici soprattutto dell’età delle “invasioni barbariche”) a Bazzano, non a Savignano (vedi)! Insomma, oggi il museo archeologico più importante del territorio sta a Bazzano – ed è pure esso in sofferenza (vedi)! Il museo archeologico più innovativo è quello della Terramara di Montale – operazione resa possibile dal coinvolgimento del Museo archeologico del Comune di Modena (vedi). Il patrimonio archeologico più importante presente localmente sta a Spilamberto (neolitico ed eneolitico, età romana, longobardi, ospitale di San Bartolomeo: vedi), che però non dispone di un museo – anche lì il progetto è al momento abortito (doveva essere ospitato nella sconsacrata chiesa di Santa Maria degli Angeli previa ristrutturazione – un progetto di cui non si vede il momento del completamento). Epperò è Savignano che si autoproclama “Città dell’archeologia”! Bisognerebbe avere il senso della misura. Bisognerebbe perlomeno trasformare questo intento (meritorio) di valorizzare il proprio passato in un progetto sostenibile, che però non può più essere di livello comunale, ma deve essere di territorio (ovvero di Unione).

Lo scheletro dell’elefante (femmina di Mammuthus) presso il Museo di Savignano (foto dell’1 novembre 2015).
[3] Si abbia il coraggio di analizzare con obiettività la condizione dei musei e dei luoghi della cultura del territorio. La situazione è desolante perché oramai nessuna amministrazione comunale è più in grado di fare alcunché di significativo, sostenibile, durevole sul versante dei luoghi della cultura (qualcosa di paragonabile, fatte le dovute proporzioni, al MUSE di Trento: vedi; o al Museo della Città di Bologna: vedi). Vignola se la cava un po’ meglio solo perché ha l’appoggio determinante della Fondazione di Vignola, ma anche lì nuove realizzazioni non decollano (esemplare è la vicenda del Museo del Cinema – per qualche diversa suggestione: vedi). In questa sconsolante situazione ha ancora senso ideare, progettare e (cercare di) realizzare iniziative su scala comunale? La risposta è NO.

“Savignano sul Panaro. Città dell’archeologia” – così si legge sulla vetrata della Casa del Graziosi a Mulino di Savignano (foto dell’1 novembre 2015)
Biblioteche e luoghi della cultura vanno pensati sulla base di un progetto di territorio. Che deve portare ad un ragionamento sulla ricerca di sinergie e sulla “divisione del lavoro territoriale”. Le biblioteche hanno bisogno di un progetto di rilancio (il confronto delle biblioteche comunali tradizionali con la bella Biblioteca Auris – realizzazione non comunale, ma della Fondazione di Vignola – è impietoso) e si potrebbe iniziare con l’individuare un unico responsabile a livello di Unione, con il compito almeno di valorizzarne al massimo la dimensione sociale (e qui Vignola non emerge affatto, come dovrebbe, sulle altre realtà locali). I luoghi della cultura hanno bisogno di un progetto di territorio, per evitare che ogni amministrazione persegua iniziative velleitarie (come è stato negli ultimi dieci anni e come è tuttora).

La sala del “Museo della Venere” con al centro la teca che contiene la riproduzione della statuetta originale (foto dell’1 novembre 2015)
Un progetto unitario non significa affatto centralizzazione dei servizi nel comune capo-distretto (come accusato dai frettolosi critici del progetto del “polo archivistico”: vedi). Però proprio la mancanza di un progetto in grado di coniugare distribuzione sul territorio e sostenibilità offre una chance di credibilità alle critiche di chi percepisce solo la “spoliazione” di servizi e patrimonio dalla “periferia” dell’Unione. Si scelgano dunque i pochi, limitati “temi” su cui si vuole investire con continuità nei prossimi dieci-quindici anni, con funzione culturale, di marketing territoriale, di attrazione turistica (si elabori, dunque, un “piano strategico per la cultura”: vedi). E su quei temi si sviluppi un progetto a livello di territorio, ovvero a livello di Unione – sarebbe d’altro canto il modo più intelligente per prevenire il rischio di un accentramento delle dotazioni nei nuclei urbani più forti. Insomma, smettiamola con micro-iniziative dalle gambe corte, se non cortissime. Sarebbe compito della politica riprendere a pensare come massimizzare la dotazione di servizi per i cittadini di questo territorio. Invece troppo spesso assistiamo ad una politica sempre più intenta a guardarsi l’ombelico.

Il sito web dedicato a Savignano città dell’archeologia. Qui un’immagine della presentazione della Venere.
PS Il Museo della Venere ed il Museo dell’Elefante (vedi), collocati in un edificio in prossimità del municipio di Savignano e ospitante anche il teatro, occupano un’area di 165 mq articolata su due piani (vedi). Nel Museo della Venere vi si trova esposta una riproduzione della Venere paleolitica (periodo Gravettiano), il cui originale è ospitato presso il Museo Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma (vedi). Per il resto il Museo della Venere espone calchi di altre statuette femminili preistoriche e pannelli informativi sul ritrovamento, sulle “veneri”, sull’arte preistorica. Il Museo dell’Elefante espone lo scheletro di una femmina di Mammuthus, progenitore della specie meridionalis comparso in Europa alla fine del Pliocene, ritrovato negli anni ’80 sul greto del fiume Panaro. Espone quindi riproduzioni di altri elefanti oltre a pannelli informativi sull’evoluzione dei proboscidati, sul ritrovamento del fossile savignanese, sull’habitat di allora, ecc. Nessuna dotazione tecnologica particolare. Nessuna tecnologia interattiva. Nessuna narrazione accattivante. Però in agosto è stato realizzato un nuovo sito web, anche carino (vedi), ma comunque inevitabilmente incapace di supplire alla carenza di “sostanza”. Comprensibilmente scarseggiano i visitatori. A volte, poi, quegli spazi vengono saturati da ulteriori mostre temporanee (come avviene in questi giorni). La maggior parte dei visitatori sono dunque alunni delle locali scuole – una forma di “museo dell’obbligo”?

La mappa con la localizzazione di Ca’ di Pra’ Martin (a Nord-Est di Mulino), la località dove nel 1925 venne trovata la Venere di Savignano (foto dell’1 novembre 2015)
PPS Le foto a corredo del post sono state scattate in occasione di una visita al Museo, domenica 1 novembre 2015 (tranne la foto in testa al post, presa da facebook e relativa alla mostra della Venere originale nella primavera 2014).
PPPS Questo post è stato ripreso da Prima Pagina del 5 novembre 2015, p.19 (pdf).
Caro Andrea, ringrazio per il tuo incoraggiamento e per l’apprezzamento, il nostro “guardarci l’ombelico” è ciò che ci riesce meglio oggi, vedremo di migliorarci di seguito quando percepiremo l’arrivo di segnali interessanti e convincenti (cosa che credo non avverrà a breve). A presto. Germano.
PS Anche Roma non è stata costruita in un giorno ed a quanto pare “ci sono ancora dietro”. Ciao
Qualcuno si é certamente impossessato del nome Germano Caroli e ha scritto questa risposta. É impossibile che il sindaco ne abbia scritta una così di suo pugno. No, dai, non può essere..
Caro Germano, da tempo non penso più che il modo migliore per aiutare la politica locale sia trattarla con benevolenza. Qualche “ceffone”, metaforicamente parlando, può essere d’aiuto. E sul versante delle politiche culturali e dei luoghi della cultura è solo salutare, visto che, nonostante sollecitazioni che sono datate almeno dal 2006, siamo (nel territorio dell’Unione) praticamente ancora all’anno zero.
https://amarevignola.wordpress.com/2008/11/30/politiche-per-la-cultura-a-vignola-e-nellunione-terre-di-castelli/
Guardando al passato Savignano ha due “asset” che dovrebbe valorizzare con funzione culturale e turistica: Giuseppe Graziosi e l’archeologia (tema inevitabilmente legato al nome di Arsenio Crespellani). Su Giuseppe Graziosi non c’é niente in paese (se non alcune opere che Graziosi stesso ha disseminato). Sull’archeologia gli spazi museali sono tutt’altro che entusiasmanti – lo dico con grande franchezza e senza tema di smentite. Mi lascia dunque perplesso vedere che si proclama Savignano “città dell’archeologia”. Apprezzo l’intento, ma vedo chiaramente lo scostamento enorme tra obiettivo e mezzi. Confesso anche che mi stupisco vedere quanto poco si cerchi la collaborazione con le altre amministrazioni comunali che tra l’altro su questo tema (archeologia) sono pure più dotate di Savignano. Perché dunque non iniziare sin da subito a progettare un percorso, un circuito “archeologico” assieme a Castelnuovo (Terramara di Montale), a Spilamberto (che in campo archeologico ha il patrimonio più consistente) ed alla stessa Valsamoggia che vede, a Bazzano, un museo intitolato nientemento che al “savignanese” Arsenio Crespellani? E’ questa progettualità che manca – e che giustifica il giudizio severo del “guardarsi l’ombelico”. Oggi, più che nella passata legislatura, ci sono le condizioni perché l’Unione Terre di Castelli si impegni su questo tipo di progettazione. Con l’obiettivo di fare qualcosa di significativo (magari anche orientando in tal senso un po’ di risorse della Fondazione di Vignola). E’ un delitto non prendere sul serio questo impegno.
Ultima suggestione. Una qualche sala museale dovrebbe essere dedicata ad Arsenio Crespellani, esponente di quell’élite borghese, colta, laica, che nella seconda metà dell’800 ha dato impulso alle ricerche archeologiche e dunque alla conoscenza del territorio. I coltelli-ascia in rame del campicello detto Lovara (a 300 metri da Sant’Anastasia) sono importanti, ma forse le imprese di Crespellani e colleghi lo sono ancora di più. Nella storia dell’avvocato-archeologo che diventa sindaco di Savignano c’é in nuce un nuovo “museo”, ovvero la narrazione di un pezzo importante della storia della comunità e delle sue classi dirigenti. Buon lavoro.
Caro Andrea, rispondo “alla veloce”, penso, ma di certo sbaglio, che, prima di scrivere cose che ci riguardano avresti fatto bene ad informarti su cosa stiamo facendo, con chi lo stiamo facendo, così da meglio indirizzare la critica. Ma ci sta, tante cose funzionano così. Tranquillo, questa tua iniziativa mi rafforza. Ciao. Germano.
Caro Germano, prima di scrivere cose che vi riguardano mi sono ovviamente informato su quello che avete fatto e su quello che state facendo. Ho letto il comunicato stampa sul nuovo sito web (agosto 2015) e le news sui giornali, la newsletter 2014 e 2015 dell’amministrazione comunale (dove non parlate del progetto) e la Relazione Previsionale e Programmatica di accompagnamento sia al bilancio di previsione 2014 che 2015 (quest’ultima davvero striminzita), ovvero tutto quanto è a disposizione di un normale cittadino di Savignano – oltre ad aver visitato più volte il museo (l’ultima volta l’1 novembre scorso) ed il nuovo sito web “archeologico”.
Cito dalla Relazione al Bilancio di Previsione 2014 (pp.47-48), che è il documento dove la trattazione è più estesa:
“44. “Savignano Città dell’Archeologia”
Il Comune di Savignano sul Panaro ha progressivamente riscoperto il proprio forte legame con la storia e, prendendone piena consapevolezza, si sta proiettando all’esterno con le proprie peculiarità archeologiche (Mosaico, Venere, Elefante/Mammuth, ecc) e storiche (Borgo Medioevale).
Intendendo dare adeguata conoscenza di tale patrimonio storico – archeologico del territorio, il Comune ha inteso promuovere la costituzione di un’associazione di promozione sociale in grado di aggregare, in una logica di network del territorio, studiosi, scuole, operatori culturali, operatori economici che, partendo dalle emergenze culturali locali, in primo luogo dal patrimonio archeologico, abbiano interesse alla valorizzazione, in una logica di network del territorio, delle specificità e delle eccellenze del Comune di Savignano sul Panaro e dei Comuni circostanti.
Con atto del Consiglio Comunale del 19 marzo 2014, è stato quindi approvato l’indirizzo per la costituzione dell’Associazione di Promozione Sociale “Savignano Città dell’Archeologia”, Associazione avente quale scopo e finalità:
– la tutela e valorizzazione del patrimonio storico, artistico, ambientale e delle tradizioni locali, attraverso la formazione di una rete di studiosi, scuole, operatori culturali, operatori
economici, associazioni ed altri soggetti che, partendo dalle emergenze culturali locali, in primo luogo dal patrimonio archeologico, abbiano interesse alla valorizzazione, in una logica di network del territorio, delle specificità e delle eccellenze del Comune di Savignano sul Panaro e dei Comuni circostanti;
– l’ideazione di un marchio identitario del territorio finalizzato alla promozione del turismo culturale ed enogastronomico di carattere sovra comunale ed a favorire le opportunità di investimento economico su di esso;
– il favorire, attraverso attività di promozione culturale diffusa, la crescita del benessere delle persone, promuovendo luoghi e spazi per la creazione e la fruizione culturale, nonché la promozione turistica come forma di approfondimento e arricchimento della conoscenza tra le persone e dei territori in cui vivono.”
Comunque, è decisamente auspicabile un cambio di passo sia per le politiche culturali sia per il marketing territoriale di questo territorio (mi riferisco al territorio dell’Unione). Politiche culturali in grado di fare un salto di qualità (e indirizzate sia ai cittadini del comune o del territorio, sia a turisti) necessitano sia di un progetto più ampio (ed ambizioso), che oggi non c’é; sia di maggiori risorse economiche (e anche queste non ci sono). Per questo mi sembra opportuno un impegno maggiore dell’Unione Terre di Castelli e di un network di comuni che, su questo territorio (guardando anche alla Valsamoggia ed alla Fondazione Rocca dei Bentivoglio), sono interessate a valorizzare il patrimonio archeologico (unitamente a quello storico-monumentale, enogastronomico, paesaggistico). Ci sono ampi margini di rafforzamento e miglioramento di questa collaborazione. Serve tuttavia quello che con espressione se vuoi enfatica possiamo chiamare “Piano strategico della cultura”. E perché ci sia strategia occorre sia un’analisi delle opportunità esistenti, sia un’argomentazione circa le selezioni da compiere (non tutto è meritevole di investimento pubblico e comunque non tutto è allo stesso livello d’importanza; risorse limitate richiedono scelte sufficientemente chiare), sia una valutazione delle risorse (pubbliche, della fondazione, dei privati) mobilitabili. Spero che la giunta dell’Unione prenda sul serio questo compito (più di quanto fatto sinora). Per il resto posso solo augurarti buon lavoro.