Dev’essere davvero difficile la vita del segretario PD modenese. Lucia Bursi, non si sa quanto convintamente, ha affermato che è stato “premiato il merito”, con riferimento alla recente nomina di Vanni Bulgarelli a presidente di SETA Spa (vedi). Novella Candide, è convinta che questo sia il migliore dei PD possibili (sic). Il resto del mondo sa che la realtà è diversa. Nessuno, ma proprio nessuno, è convinto che con questa (ennesima) nomina il PD abbia dimostrato di credere nella meritocrazia. Il commento politico più acuto appartiene, come sempre più spesso accade, al mondo della satira. Su Prima Pagina del 3 settembre scorso, il riquadro de “La pressa” riportava: “«Se nella mia vita avessi voluto fare dei soldi, non mi sarei occupato così tanto di aziende pubbliche». Così Vanni Bulgarelli dopo la nomina a presidente di Seta. In effetti, pare che siano arrivate proposte di presidenza anche da Apple e Google, solo che il fax è arrivato giusto due minuti dopo la firma del contratto.” Non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro. Invece vorrei affrontare la “sofferenza” del PD modenese (e del suo segretario) cercando di capire, cercando una spiegazione.
[1] E’ oramai chiaro a tutti che la “rottamazione”, evocata, richiesta, annunciata da Matteo Renzi (vedi), era una retorica funzionale all’assalto del potere, ovvero alla conquista del partito. Una volta avvenuto il ricambio al vertice, la retorica della “rottamazione” è stata abbandonata (mentre la pratica si è limitata, appunto, al vertice). Leggersi comunque il saggio di Giovanni Orsina sull’ultimo numero de Il Mulino (n.4/2015, pp.614-621) dove spiega convincentemente perché “pur senza grande entusiasmo, «non possiamo non dirci renziani»” (p.618). A Modena, poi, il vento della rottamazione non è mai arrivato. Un conto è “lanciare un’OPA ostile” contro il proprio partito, ovvero scegliere la strada della competizione, anziché quella della cooptazione, per insediarvisi al vertice (d’altro canto “competition is competition” – lo disse il buon Prodi quando i DS lo fecero arrabbiare). Un conto è amministrarlo. La campagna della “rottamazione” è dunque durata il tempo di conquistare il PD. Nella provincia di Modena il fenomeno più vistoso associato a questo “momento” non è certo da ricercarsi in un improbabile mutamento culturale, in una diversa agenda politica o in un cambiamento dei programmi, ma esclusivamente nel “salto sul carro del vincitore” praticato (qui come altrove) da buona parte della dirigenza locale (d’altro canto ad aprire le porte fu nientemeno che l’allora segretario regionale Stefano Bonaccini). A parte il leader, il PD oggi si trova in perfetta continuità con il partitone del passato che l’ha originato. Dunque non c’è da stupirsi della reiterata occupazione delle cariche pubbliche. Dell’occupazione dei posti di vertice nelle società controllate o partecipate. Era prassi ieri, è prassi oggi. Ci ha provato Prima Pagina del 5 settembre a ricostruire le “nomine” di area PD di quest’ultimo anno o poco più: una lista nient’affatto indifferente (pdf). Che solo da noi, zona “Terre di Castelli”, vede l’ex-presidente della Provincia Emilio Sabattini messo a capo della società incaricata della realizzazione della Campogalliano-Sassuolo (vedi); l’ex-capogruppo consiliare in Provincia (e prima ex-sindaco di Spilamberto), Luca Gozzoli, messo a capo dell’ufficio di staff del presidente Muzzarelli (vedi); l’ex-sindaco di Spilamberto, Francesco Lamandini, da qualche anno dipendente del PD di Modena, messo anche a capo dell’Ambito Territoriale Caccia MO2 (vedi). Ci aggiungerei, in più, pure Valerio Massimo Manfredi, messo a capo della Fondazione di Vignola come intellettuale organico (sic) al PD (avendo fatto il testimonial nella serata conclusiva della campagna del PD modenese per le elezioni politiche 2013: vedi), peraltro selezionato con un “bando”-beffa (per gli altri, ovviamente) (vedi). Quello di Vanni Bulgarelli a capo di SETA Spa è dunque solo l’ultimo episodio in ordine di tempo, ma presto ne arriveranno altri.
[2] Il segretario provinciale del PD, Lucia Bursi, ha difeso metodo e merito della nomina di Bulgarelli, aggiungendo però: “Semmai, per il futuro, l’auspicio è che ci sia una più numerosa adesione al bando per la selezione in modo da favorire un maggiore rinnovamento.” Speranzosa. Mica le viene in mente che c’è un motivo preciso per cui sono pochissimi coloro che partecipano ad una siffatta selezione. Intanto perché è noto che non passano gli outsider, ovvero che l’assegnazione non viene fatta valutando il curriculum. Serve invece una carriera politica in cui si sia dimostrata “affidabilità” e “lealtà”. E dunque tutti gli altri sanno bene che partecipare (se non sei il candidato che deve essere “selezionato”) significa disturbare. Comunque sia, il fatto vero – testimoniato pure da questa ultima nomina (“non mi sono mai occupato di trasporti” – afferma candidamente Bulgarelli sulla Gazzetta di Modena del 3 settembre: pdf) – è che le “competenze” vengono in secondo piano rispetto alla “lealtà” politica. E’ quest’ultima il vero requisito fondamentale! Non che debba necessariamente essere così. Sarebbe infatti possibile un diverso sistema, in cui vengono nominate persone davvero competenti, viene definito in modo chiaro il mandato con obiettivi misurabili (e presentati pubblicamente), il raggiungimento o meno di questi viene rendicontato periodicamente (in modo ugualmente pubblico). In questo caso il sistema si regge su competenza e trasparenza. La lealtà (che ovviamente è richiesta, ma alle istituzioni, non al partito o al nominante) è una conseguenza, non un pre-requisito. Invece il sistema che vige da tempo nella galassia PD mette la lealtà politica (non istituzionale) al primo posto. E per avere questa si sacrificano le competenze (mettendo una persona che si è occupata di ambiente a capo di un’azienda di trasporto pubblico locale). Conta infatti la “lealtà” al partito (che ha il potere di nomina) o alla corrente o al clan. Dunque se l’assessore regionale chiama il presidente dell’azienda di trasporto ferroviario regionale chiedendogli un favore per la campagna elettorale in corso – che so? far stazionare per due settimane un nuovo treno (ma non ancora circolante) nella stazione di Bazzano per testimoniare che i nuovi ATR220 sono davvero in arrivo (e così mettere a tacere le opposizioni), questo viene fatto (anche se poi si spende denaro pubblico per la sorveglianza notturna). Ovviamente ogni riferimento a persone od a fatti realmente accaduti non è casuale. Si tratta di uno dei mille esempi di lealtà “politica”, ma non “istituzionale”. Qui ci sarebbe un intero sistema da “rottamare”, un’intera cultura “istituzionale” da sostituire – peccato che il momento della rottamazione sia già tramontato.
[3] Bisogna anche aggiungere che non ci sono proprio le “condizioni” affinché il PD provi a mettere in campo un diverso dispositivo di governance, basato su competenze vere e lealtà istituzionale e non sulla lealtà politica (vedi). Non solo per ragioni, per così dire, “culturali”, visto che il problema non è percepito e dunque neppure è in atto uno sforzo di risoluzione. Vi sono anche condizioni “materiali” che spingono in direzione opposta, visto che il PD (unico partito strutturato territorialmente) è in grande sofferenza economica a causa della cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti. Il finanziamento tramite l’istituto del “2 per mille” si è tradotto infatti in una significativa riduzione delle entrate, nonostante la ripresa delle “sottoscrizioni” nel 2014 (vedi). E così il bilancio non regge, neppure in uno dei territori-cassaforte del partito. A Modena (anche per fronteggiare i debiti pregressi) hanno dichiarato lo stato di crisi ed avviato politiche di “razionalizzazione”, ovvero riduzione dei costi, tramite la dismissione di sedi e di personale (vedi). Senonché una di queste modalità di dismissione di personale consiste proprio nel porre a carico della collettività (nominandoli in ruoli retribuiti nelle istituzioni o nelle società partecipate) un po’ di funzionari e di ex-amministratori. D’altro canto uno degli effetti della “strana soppressione delle Province” è stato indubbiamente quello di ridurre il numero di poltrone da occupare (e lo stesso avverrà con la soppressione di parte delle società partecipate), lasciando a spasso un po’ di amministratori (ex-consiglieri provinciali, ex-assessori) che ora reclamano un posto. La situazione è dunque divenuta drammatica. Ed il PD non può far altro – per così dire – che continuare ad occupare le istituzioni ecc. Non è così forse?
PS La nomina del presidente di SETA Spa è stata effettuata nell’Assemblea di Coordinamento degli enti locali. Unico voto contrario è stato quello del sindaco “civico” di Vignola Mauro Smeraldi (qui le sue dichiarazioni a Il Resto del Carlino dell’1 settembre 2015, p.3: pdf).
dismissioni o no è sempre pantalone che paga per mantenere il cimitero degfli elefantri!