Giovedì 3 settembre, ore 20.30 (presso il municipio di Vignola), è prevista la prima seduta della Commissione consultiva per il progetto di riorganizzazione istituzionale (studio di fattibilità sulla fusione dei comuni). La seduta è pubblica e dunque tutti gli interessati vi possono partecipare (come uditori) – qui l’ordine del giorno (vedi). Ci si mette avanti con i lavori, insomma. Plausibilmente entro settembre si avrà conoscenza del finanziamento o meno, da parte della Regione, dello studio di fattibilità. Se le cose andranno per il verso giusto si potrà dunque procedere a studiare il se ed il come di un’eventuale riorganizzazione degli enti locali di questo territorio. A quel punto il contributo della Commissione a definire il mandato verso i professionisti incaricati dello studio (Nomisma Spa) potrà essere importante, avendo già potuto raccogliere ed articolare una serie di quesiti per orientare il confronto tra l’ipotesi della fusione di comuni e quella di una riorganizzazione dell’Unione Terre di Castelli. Sino ad oggi la “discussione” è avvenuta in circoli ristretti e non ha certo brillato per obiettività (vedi). Il tema è però assai importante e meriterebbe un minimo di “autodisciplina” da parte di tutti i partecipanti (primo, non spacciare “bufale”: vedi). Sollecitato dalla presa di posizione contraria del blog Condividere Spilamberto (di Omer Bonezzi & C.) vorrei aggiungere ancora qualche considerazione, nell’ennesimo tentativo di sgombrare il campo dagli equivoci.
[1] Molto opportunamente l’Unione Terre di Castelli, raccogliendo un suggerimento espresso in commissione (il 9 giugno scorso), ha deciso di istituire una Commissione consultiva per il progetto di riorganizzazione istituzionale, con il compito di affiancare la società incaricata dello studio di fattibilità. E molto opportunamente ha deciso che tale Commissione fosse “paritetica”, ovvero composta da rappresentanti dei consigli comunali (2 per ogni comune), in numero uguale tra esponenti di maggioranza e minoranza. La Commissione dovrebbe infatti “perfezionare” il mandato per lo studio di fattibilità, ovvero redigere un documento in cui articolare i quesiti a cui esso dovrebbe cercare risposta. Se risulterà in grado o meno di dare un contributo significativo dipenderà da diversi fattori, non ultimo l’atteggiamento dei partecipanti e soprattutto di chi sarà chiamato a presiederla (la nomina di presidente e vicepresidente è tra i primi punti all’ordine del giorno della seduta di giovedì 3 settembre: vedi). La soluzione della commissione “paritetica” è in ogni caso un chiaro messaggio: in questa fase non vi sono maggioranze precostituite su questo tema, ma tutte le opinioni sono legittime e possono contribuire allo studio – a patto che si abbia la volontà di tradurle in “stimolo” per l’analisi.
[2] Il blog Condividere Spilamberto di Omer Bonezzi e soci ha preso più volte posizione contro qualsiasi ipotesi di fusione dei comuni. In un dibattito pubblico chi prende posizione dovrebbe anche preoccuparsi di argomentare, ovvero di spiegare le ragioni che sorreggono la propria posizione. Possibilmente senza usare argomenti che non reggono ad una verifica accurata (come successo con il famigerato “studio ministeriale”: vedi). Comunque sia, è perlomeno ugualmente ragionevole studiare la materia, costruire scenari, analizzare i pro ed i contro delle diverse opzioni (ovvero fare lo studio di fattibilità, che tra l’altro prevede esplicitamente di mettere a confronto l’ipotesi della fusione con l’ipotesi della “manutenzione straordinaria” dell’Unione: vedi). E solo dopo ciò prendere posizione. E’ invece profondamente falso dire che già con questo primo atto (decidere lo studio di fattibilità) si decide anche dell’esito del percorso: deliberare lo studio di fattibilità equivarrebbe – secondo costoro – a deliberare già la “chiusura” del comune! Scrivono infatti: “Il 27 luglio è una data storica per Spilamberto, perché con un dispositivo amministrativo rilevante si è di fatto avviato il processo di chiusura del Comune di Spilamberto” (così nel post del 20 agosto, intitolato “Spilamberto frazione di Vignola? anche No!”: vedi). Non è così, però. Per due motivi:
- innanzitutto perché lo studio di fattibilità potrebbe anche convincere gli amministratori della non rilevanza dei benefici in rapporto agli “oneri”. Ma oltre a ciò occorre sapere che non basta il completamento dello studio di fattibilità, qualsiasi cosa esso dica. L’iniziativa circa il procedere o meno, terminato lo studio, spetta in primo luogo ai consigli comunali che con il loro voto possono richiedere alla Regione di procedere alla fusione dei comuni (qui informazioni sul procedimento: vedi). Ed i consigli comunali (tra l’altro con maggioranze politicamente diverse) decideranno di procedere solo se convinti della “bontà” di quella prospettiva;
- ma questo non sarebbe comunque ancora sufficiente. Dopo la vicenda della Valsamoggia, infatti, la Regione Emilia-Romagna ha assunto l’orientamento che si procede con la fusione solo se il progetto viene approvato, tramite referendum, dai cittadini di tutti i comuni coinvolti. Alla richiesta dei consigli comunali deve quindi seguire l’approvazione della maggioranza dei cittadini (tramite voto referendario). In sintesi: la decisione circa la “fusione” non la prenderanno gli amministratori, ma semmai i cittadini. E non perché questo sia chiesto da Bonezzi o altri no-pasaran, ma perché questo è quello che prevede la legge regionale (vedi)!
Insomma è decisamente falso rappresentare questo “processo” come se i consiglieri comunali di maggioranza fossero, già con questi atti finalizzati a realizzare lo “studio”, “saliti su un bob con una pista ed una destinazione obbligata che alla fine produrrà la proposta di chiusura del Comune”. L’approdo ad una proposta di fusione è evidentemente una possibilità, non una necessità. La differenza tra le due condizioni non va cancellata.
[3] E’ davvero così irragionevole interrogarsi su un diverso assetto istituzionali per questo territorio? E’ davvero così irragionevole interrogarsi sui pro ed i contro dell’accorpamento di più comuni? Io spero che sia possibile porsi questi interrogativi senza venire automaticamente annoverati tra i fanatici della “fusione”. Il tentativo di Bonezzi & soci di iscrivere chiunque sia interessato ad un’analisi approfondita (anche tecnicamente sofisticata – a questo servirebbero gli esperti di Nomisma) nel partito dei pro-fusione è segno di disonestà intellettuale. Meglio dirlo con chiarezza. Personalmente al momento non sono nelle condizioni di prendere posizione – e forse molti altri cittadini di questo territorio vorrebbero potersi fare un’opinione e dunque sono disponibili ad ascoltare le ragioni pro e contro le diverse opzioni in campo. E’ davvero così scandaloso? Non è dunque affatto vero che “lo studio di fattibilità lo fa chi vuole unificare i comuni”. Lo studio di fattibilità, semmai, lo fa chi vuole valutare i pro ed i contro delle diverse opzioni. Chi potrebbe essere disposto anche alla fusione dei comuni, ma solo a certe condizioni (nessuno pensa a cuor leggero di “superare” gli attuali comuni). Confido che chi legge possa cogliere questa differenza. E le ragioni di tale “esplorazione” dovrebbero essere abbastanza evidenti (è decisamente squallido asserire che “le ragioni dell’unificazione siano di carattere personale e di partito”!). E’ in atto un processo di riorganizzazione istituzionale a livello nazionale che prevede la “soppressione” delle province. La Regione Emilia-Romagna prevede il loro superamento, ovvero la costituzione di nuove “aree vaste interprovinciali” (date dall’accorpamento di più province) – la legge regionale di riordino è già stata approvata (vedi) ed entro il 2015 si dovrà decidere della configurazione di tali aree vaste (oggi sulla Gazzetta di Modena il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi propone come area vasta la “grande Emilia”, ovvero l’aggregazione delle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Ferrara: pdf – se dovesse prevalere questa ipotesi non sarebbe un incentivo alla fusione?). In ogni caso è in atto un processo di “razionalizzazione” dei servizi sul territorio regionale (in Emilia-Romagna, ad esempio, le Camere di Commercio passeranno da 9 a 4: pdf). Ancorché si possa ritenere che tale processo di “riordino” (sic) o “riorganizzazione” non sia sufficientemente meditato (cosa vera), è comunque un processo in atto, originato dal tentativo di fronteggiare una crisi economica (anche conseguenza di processi di globalizzazione) che sta squassando questo paese e che richiede un salto evolutivo in termini di efficientamento. Sono tutte ragioni che ovviamente non bastano per decidere la “chiusura” di alcun comune (né Spilamberto, né Vignola, né altri). Ma è chiaro che questa situazione ed i processi in atto sollecitano gli amministratori a cercare un modo perché i comuni non escano ulteriormente impoveriti (non solo economicamente, ma anche in termini di capacità di governo, nonché di “potere”di questo territorio di periferia nei confronti dei più forti capoluoghi di provincia in una regione che ha dichiarato superato il modello “policentrico”). A questo serve lo studio di fattibilità.
[4] Detto ciò, bisogna dunque impegnarsi affinché tale studio sia realizzato nel migliore dei modi, ovvero già considerando le possibili obiezioni (ovviamente nel tentativo di fornire loro una risposta, se possibile) ed individuando i pro ed i contro delle diverse ipotesi. Anche un sano scetticismo non preclude la partecipazione ed il coinvolgimento, se è sorretto dalla curiosità e da un minimo di fiducia negli “strumenti della ragione”.
PS Chiudo facendo mio, riadattato, un invito del blog Condividere Spilamberto: “E’ importante fare un atto di controinformazione ai progetti dei tromboni e dei trombati, facendo conoscere questo articolo, condividendolo sui social e mandando una mail con il link ad amici e famigliari.”
PPS Informazioni sulla “fusione dei comuni” in Emilia-Romagna sono disponibili sia nell’apposita sezione del sito web dell’Assemblea legislativa (vedi), sia nel sito web Autonomie locali dell’Emilia-Romagna (vedi). Lo stato dell’arte (nuovi comuni nati da processi di aggregazione, procedimenti in corso, processi abortiti) è rappresentato qui: vedi.
Trovo che lo studio di fattibilità sia un’occasione preziosissima per ripensare l’assetto del territorio UTC. Ormai mezzi e tecnologie hanno reso obsolete certe esigenze di vicinanza territoriale cui i comuni davano risposta (ad esempio se devo fare la carta di identità, un conto è andare all’anagrafe a piedi o in calesse, un conto è andarci in auto: nel primo caso devo avere l’ufficio vicino, nel secondo caso posso permettermi di spostarmi di un qualche km), ma ne hanno fatte emergere altre legate alla celerità dei processi decisionali o alla necessità di non disperdere risorse in duplicazioni burocratiche inutili.
Ho letto anche i post della “sinistra ultraconservatrice” che fa capo a Condividere Spilamberto e devo dire che, al di là della forma pietosa (non parlo dello stile, che è opinabile e soggettivo, ma proprio della forma: sono tutti pieni di errori di grammatica e di sintassi…e chi li scrive fa il Preside, santi numi!), non apportano nulla di sostanziale né pro né contro a qualsiasi forma di riassetto. Parlando solamente “alla pancia della gente” e presupponendo probabilmente un livello medio-alto di stupidità dell’elettorato, concordo anche io sul fatto che alla fine facciano mero gossip.
Spero che il dibattito venga ricondotto anche da parte loro sui lidi della razionalità e non sia portato avanti solo sulle mere emozioni (o sui rancori personali).
Caro Pighi, i mezzi e le tecnologie ci sono, ma sono sconosciute a molti amministratori e non solo. Basta guardare Vignola e l’uso che ne vien fatto, da chi governa e da chi sta all’opposizione. Più facile progettare (si fa per dire) cose vecchie e spacciarle per nuove e innovative come sono le fusioni dei comuni. Che piacciono tanto ai tecnocrati, ai politici della domenica e alle claque di partito. Se funziona qualcuno si prenderà il merito, se non funziona, sfiga per tutti! (all’infuori di Nomisma e qualcun altro). Ma l’Unione funziona o no? Perché non ce lo vengono a dire? Perché non vengono coinvolti i cittadini prima di fare studi (qui i denari ci sono!) e quant’altro?
Perché non ottimizzare il funzionamento dei Comuni e dell’Unione, come si fa normalmente nei migliori progetti.
Forse perché nessuno lo sa fare, perché non lo ha mai fatto. Tutto nella norma!
E allora spariamo addosso alla sinistra ultraconservatrice contraria al progresso!
Ciao, zar
Caro Zap (o Zar?), non hai tutti i torti. Non tanto nel tuo non-apprezzamento (diciamolo così) circa l’ipotesi di una fusione di più comuni e dunque verso questo “studi di fattibilità”. Tecnologie o meno, Unione di comuni funzionante o meno, l’ipotesi di un diverso assetto degli enti locali sta comunque bene studiata. Se non altro perché costringerà questi amministratori (quelli capaci di intendere e di volere – si intende) a confrontarsi con le trasformazioni in atto – che ci sono, come ho richiamato nel mio post. Molto probabilmente alla fine non se ne farà nulla. Questo io lo penso – e non si farà nulla indipendentemente dal “risultato” dello studio. Per il semplice motivo che la politica locale non è mai stata così debole e per prendere invece una decisione (ammesso e non concesso che l’ipotesi fusione risulti infine la più convincente) così impegnativa serve convinzione, coraggio, disponibilità a rischiare. Tutte qualità di cui la politica odierna scarseggia (con pochissime eccezioni). Dove non hai torto, invece, è nel lamentarti che sia stata tirata in ballo la “sinistra”. In effetti qui la sinistra non c’entra molto. O perlomeno non c’entra affatto con le posizioni che tiene Omer Bonezzi e relativo blog Condividere Spilamberto. Perché è difficile dimostrare che la difesa “a prescindere” del comune sia qualcosa che ha a che fare con la sinistra (di sicuro non con il buon Marx che avrebbe liquidato tutto ciò come ideologia piccolo-borghese). Il fatto è che le posizioni contro la fusione espresse di Bonezzi hanno ragioni assai più prosaiche: il risentimento contro il sindaco Costantini, il risentimento contro Renzi (che ha conquistato il PD). Se non fosse così non l’avremmo sorpreso a “spacciare bufale”, ovvero a raccontare balle sapendo di raccontare balle (il caso eclatante a cui mi riferisco è quello del famigerato “studio ministeriale”):
https://amarevignola.wordpress.com/2015/08/12/omer-bonezzi-sorpreso-unaltra-volta-a-spacciare-bufale/
Si trattasse di “sinistra” il blog Condividere Spilamberto si occuperebbe di crisi economica, di disoccupazione, di disuguaglianze sociali, del fatto che i giovani (immagino anche di Spilamberto e Vignola) si iscrivono meno all’università, che fanno più fatica a trovare lavoro; si occuperebbe di profughi e dell’integrazione degli stranieri; si occuperebbe di caporalato; e così via. Non mi sembra che siano molto trattati questi temi (probabilmente meno dell’1%). La ragione è facilmente comprensibile. L’obiettivo di Bonezzi e soci non ha nulla a che fare con la “sinistra”. Ha tanto a che fare con il risentimento e l’incapacità di elaborare il lutto (di Renzi segretario del PD; di Costantini che vince le primarie contro la compagna di Bonezzi). Tutto molto più semplice. Tutto molto più terra terra. Ecco, su questo hai ragione: inutile prendersela con la “sinistra” (ultraconservatrice o no che sia).