Ha preso il via il 6 giugno e prosegue fino al 2 agosto, a Vignola e Savignano (ma con una sorta di appendice a Bazzano) (vedi). E’ la mostra su Giuseppe Graziosi, scultore, pittore e incisore nato a Savignano sul Panaro nel 1879 e morto a Firenze nel 1942 (vedi). Figlio di contadini, Graziosi venne incoraggiato e sostenuto negli studi da Arsenio Crespellani, allora sindaco di Savignano, che prima (nel novembre 1890) gli fece avere dal Comune un sussidio di 60 lire annue per il mantenimento presso il Patronato dei figli del popolo di Modena, poi lo mantenne personalmente a Modena per frequentare il Regio Istituto di Belle Arti di Modena dove già nel 1893 e 1894 Graziosi ottenne i primi riconoscimenti e dove si diplomò nel 1898 in scultura (la vicenda è narrata da Giorgio Pancaldi con ricchezza di particolari nel catalogo della mostra). Iscrittosi quindi nel 1898 all’Accademia di belle arti di Firenze fu allievo di Augusto Rivalta (vedi) per la scultura e di Giovanni Fattori (vedi) per l’incisione e la pittura di paesaggio. Nel 1915 divenne professore titolare della cattedra di plastica della figura presso la Reale Accademia di belle arti di Milano (Brera). Si trasferì quindi all’Accademia di Napoli ed infine a quella di Firenze fino al 1942 anno della morte, a 63 anni. La mostra è un’occasione per ammirare un discreto gruppo di opere (sculture, ma soprattutto dipinti e incisioni, oltre a diverse fotografie) di Graziosi.

Giuseppe Graziosi, Autoritratto, 1935 circa, opera esposta nella mostra vignolese (foto del 13 giugno 2015)
[1] Il primo grande successo artistico di Giuseppe Graziosi arrivò a Parigi con la partecipazione all’Expo Universale del 1900, in cui risultò vincitore della medaglia di bronzo per la scultura Il fonditore (gesso color terracotta), un’opera simile al Figlio della gleba presentata all’Expo Nazionale di Torino del 1898. Non fu un episodio isolato, negli anni successivi ottenne infatti numerosi riconoscimenti e premi. Oltre a ciò Giuseppe Graziosi detiene, tra gli artisti modenesi, il primato delle presenze alla Biennale d’Arte di Venezia: ben 19 volte, ininterrottamente dal 1903 al 1942 (cfr. Michele Fuoco, Gli artisti modenesi alla Biennale di Venezia 1895-1993, Artioli Editore, Modena, 1993, pp.26-32). Insomma, potrebbe essere a tutti gli effetti l’artista modenese del XX secolo con più riconoscimenti. Ed è in ogni caso l’artista più importante di questo territorio (per questo meriterebbe un progetto espositivo ed un allestimento di altra qualità, ovviamente con relativo investimento economico – ci torneremo in un successivo post). La mostra che si tiene in queste settimane al di qua e al di là del Panaro può essere un’occasione di conoscenza di Graziosi e della sua opera – ed è facilmente integrabile con una visita alla gipsoteca Graziosi (qui una presentazione video; che include in verità anche qualche bronzo, qualche dipinto e numerose litografie) annessa al Museo Civico di Modena (presso Palazzo dei Musei: vedi).
In attesa di una rassegna sistematica (e di una mappa delle opere monumentali in provincia di Modena – oltre alle opere a Modena città, vi sono diversi monumenti ai caduti, a Sassuolo, Pievepelago e San Cesario, ed opere minori come la targa in bronzo dedicata a Jacopo Barozzi affissa a Vignola, sulla facciata di Palazzo Barozzi: vedi) scelgo due episodi che la mostra e relativo catalogo consentono di conoscere. Non prima, però, di aver ricordato che Graziosi rimane per molti versi un artista dell’800, non solo per essersi formato nell’Accademia di una realtà di provincia, Modena, estranea alle ricerche innovative dei maggiori centri artistici alla fine del XIX secolo (Firenze e Roma), ma anche per il realismo dei contenuti (uomini e donne al lavoro nei campi) e delle tecniche espressive.

Giuseppe Graziosi, Contadino nell’aia, 1906-1914, opera esposta nella mostra vignolese. Sullo sfondo della casa paterna di Savignano è ritratto il fratello Vito, indicato erroneamente come Niso nel catalogo (foto del 13 giugno 2015)
[2] Una delle opere monumentali più belle di Graziosi rinvenibili nel nostro territorio è La bagnante, una statua in bronzo raffigurante un nudo di donna che si bagna (la statua è comunemente detta “la Giuditta”), realizzata per il Comune di Bazzano e destinata alla fontana monumentale da collocare al centro della piazza principale in corrispondenza della costruzione dell’acquedotto comunale nel 1914. Graziosi si era reso disponibile a vendere una sua opera al Comune ad un prezzo di favore, cosa che venne accettata dal sindaco socialista Carlo Termanini e dalla giunta perché permetteva di risparmiare sulla spesa ed al contempo di “offrire al paese come fontana decorativa non una delle solite vasche stucchevoli e banali, ma un lavoro seriamente artistico” (lettera del sindaco Carlo Termanini al prefetto del 23 giugno 1915, ASC di Bazzano; la vicenda è raccontata nel saggio di Aurelia Casagrande nel catalogo della mostra, pp.56-63).

Giuseppe Graziosi, La bagnante, 1916. L’opera in bronzo è collocata nella piazza centrale di Bazzano (foto del 20 giugno 2015)
Le giunte democratiche (1895-1906) e socialiste (1906-1920) avevano avviato importanti lavori pubblici per Bazzano (l’asilo nido, l’ospedale Umberto I inaugurato nel 1903, l’avvio del risanamento del paese e la costruzione di un nuovo quartiere operaio, il foro Boario, l’allargamento della piazza principale) con conseguente indebitamento dell’amministrazione. Tra i progetti di quegli anni vi era anche la realizzazione del nuovo acquedotto comunale a cui la realizzazione della fontana era legata. I lavori dell’acquedotto vennero fermati dalla Prefettura, ma il sindaco mandò comunque avanti i lavori della fontana che venne effettivamente inaugurata il 16 aprile 1916.

Giuseppe Graziosi, Compianto sul Cristo morto, 1924, gesso patinato, Chiesa Parrocchiale di Savignano (foto del 20 giugno 2015)
L’opera, però, si rivelò troppo audace per la piccola comunità. “Mentre in paese la sua nudità attirava le critiche di molti, a Milano il suo calco in gesso riceveva il premio “Principe Umberto” alla Biennale di Brera” (p.59; il gesso originale è ora alla Gipsoteca del Graziosi a Modena). L’arcivescovo di Bologna, Card. Giorgio Gusmini, intervenne chiedendo al sindaco di rimuoverla, al fine di evitare che ragazzi e ragazze, vedendo “quel nudo, messo in quella posa”, perdessero “il senso del pudore, che è il più bello loro distintivo, la loro più ricca proprietà” (lettera dell’arcivescovo di Bologna al sindaco del 14 giugno 1916). Argutamente il sindaco prese tempo, ma nel 1920 la fontana venne effettivamente rimossa (sembra a causa del cedimento del terreno) per essere collocata in un ripostiglio comunale.

Giuseppe Graziosi, Monumento ai caduti, 1922. Ubicato a Bazzano alla confluenza tra via Matteotti e via Gandolfi (foto del 13 giugno 2015)
Nel 1922 il commissario prefettizio decise di affidare ai “contribuenti bazzanesi” la decisione sulla destinazione della statua, tramite una sorta di referendum. Al voto potevano partecipare coloro che erano iscritti nel ruolo della tassa focatica. A questi “elettori” (si trattava, in pratica, delle famiglie più benestanti del paese) la scheda referendaria proponeva cinque alternative. Il 26 ottobre 1922 si tennero le votazioni: dei 185 votanti 147 (79,5%) scelse l’opzione “sia venduta al maggior offerente” (un orientamento che, plausibilmente, si spiega sia con la contrarietà della borghesia locale all’incremento delle tasse deliberato dalle amministrazioni dell’epoca per finanziarie gli investimenti pubblici a vantaggio dell’intera collettività, sia con il “sentimento religioso” poco prima sollecitato dall’arcivescovo di Bologna). Per fortuna l’amministrazione comunale non diede seguito alla “volontà popolare” e l’opera venne custodita nell’atrio del municipio fino al 1989 quando venne ricollocata nella piazza del paese (anche se ad un angolo della piazza, non più al centro), dove si può ammirare ora. Bisogna dire che La Bagnante è molto bella nella vista frontale, ma evidenzia una lieve disproporzionalità della gamba destra ed una torsione non del tutto naturale della schiena, nella vista posteriore).

Giuseppe Graziosi, Al sole, 1919, opera in bronzo, Gipsoteca Graziosi di Modena (foto del 28 giugno 2015)
[3] Da leggere, nel catalogo, è il saggio di Francesca Petrucci su “Giuseppe Graziosi a Firenze: il lavoro e la famiglia” (pp.64-90), illuminante anche sui contrasti tra Graziosi e la moglie Bianca Coduri (anche lei artista – alcune opere sono esposte nella mostra vignolese), sposata nel 1906. In particolare circa la diversa sensibilità politica evidenziatasi negli anni ‘20: Bianca era una fiera antifascista, come la famiglia cattolica da cui proveniva; Giuseppe Graziosi, invece, delle questioni politiche se ne disinteressava completamente. Una brano di una lettera alla moglie (del 15 luglio 1924) rappresenta con chiarezza il punto: “ma che vuoi, è il punto di partenza che non è uguale nelle nostre idee, perciò per quanto ammiri la tua insistenza, non posso accettare infiltrazioni politiche nella mia arte. Io di politica non ne ho mai fatta neanche a parole, capirai se la farò con la stecca”. Insomma, per Graziosi l’importante era poter fare opere d’arte ed a tal fine qualsiasi committente andava bene. Qualche anno dopo, in effetti, realizzò un monumento equestre al duce Benito Mussolini. Il monumento fu poi distrutto, ma uno studio preparatorio in gesso è conservato nella gipsoteca di Modena.