Non c’è alcun dubbio che l’evento vignolese più importante del 2014 sia l’avvicendamento alla guida della città: il PD lascia; subentra una coalizione civica guidata da Mauro Smeraldi. Questo è il risultato delle elezioni comunali 2014. Nel 2009 il candidato PD era stato portato al ballottaggio, ma ha vinto (vedi); nel 2014 è stato di nuovo portato al ballottaggio, ma ha perso (vedi). Va ribadito ancora una volta: il risultato è storico. Anche perché ottenuto nel momento in cui, in ambito nazionale, il PD è trascinato al 40% dall’effetto Renzi (sono rare in questa regione le sconfitte del PD alle elezioni comunali 2014; una di queste è quella vignolese). A Vignola, per la prima volta dal dopoguerra, l’amministrazione non è targata PD. Degli ingredienti di questo “ribaltone civico” abbiamo già detto (vedi): da un lato una serie clamorosa di errori sul fronte PD (a partire dalla scelta, nel 2009, del sindaco sbagliato); dall’altro la costruzione di una proposta politica alternativa sufficientemente credibile, a partire dal candidato sindaco. Pur nella sua straordinarietà, la vicenda elettorale del 2014 sembra già oggi appartenere ad un “passato remoto”. Sono i tempi che i mass media impongono alla politica, anche locale. Più che “celebrare” nuovamente quell’evento, conviene dunque provare a guardare al futuro.
[1] Cosa potrà succedere nel 2019? Partire dal termine della legislatura e dalla nuova competizione elettorale che si terrà allora non è un esercizio puramente accademico. Può aiutare a mettere meglio a fuoco come leggere ciò che sta in mezzo, ovvero i contenuti, in termini di decisioni politico-amministrative, dei prossimi anni vignolesi. Vicende a noi vicine – a Savignano – testimoniano della possibilità di una seconda vittoria di un sindaco civico (Germano Caroli) contro il PD. Segno del fatto che una siffatta proposta politico-amministrativa può essere apprezzata anche dopo la prova provata di una legislatura al governo della città (e dunque non solo come reazione all’insoddisfazione per un sindaco che perseguiva il progetto di “una città delle cave e dei cavalli”). Ma ovviamente quest’esito non è scontato. Vi sono anche esempi che vanno in direzione contraria, quella di un secondo “ribaltone” a favore di un nuovo sindaco PD. Le esperienze a noi più vicine sono quelle di Bologna e di Sassuolo. La controversa candidatura di Silvia Bartolini a Bologna nel 1999 portò alla vittoria, al ballottaggio, del primo sindaco “civico” bolognese Giorgio Guazzaloca (ancorché schierato nel campo del centrodestra). Nel 2004 per scalzarlo il PD dovette ricorrere al “papa straniero” Sergio Cofferati. L’operazione riuscì, anche se poi Cofferati non si sentì nelle condizioni di andare oltre alla prima legislatura (anche per le molte tensioni insorte nel campo PD). A Sassuolo nel 2009 Luca Caselli (AN) vinse al ballottaggio dopo la non brillante prima legislatura di Graziano Pattuzzi. Ma la legislatura della nuova maggioranza di centrodestra fu infine ancora meno brillante (per usare un eufemismo), cosa che nel 2014 rese agevole a Claudio Pistoni, amministratore capace (e già sindaco di Fiorano per dieci anni) riconquistare il comune al PD. Nel determinare i risultati elettorali conta ovviamente anche la congiuntura nazionale, su cui ovviamente non è affatto agevole pronosticare ora per il 2019 (durerà sino ad allora l’effetto Renzi? sarà imploso il M5S? ci sarà un nuovo leader nel centrodestra post-berlusconiano? saremo ancora nell’euro ed in quali condizioni?). Insomma, tutto ciò per dire che le chances di una nuova vittoria civica, senza mettere in conto errori di strategia o di tattica del PD, sempre possibili, dipendono in larga parte da quanto la nuova amministrazione riuscirà a fare nel corso di questa legislatura. Di quanta maggiore “rispondenza” alle aspettative della città (e questo è relativamente facile). Ma anche di quanta capacità di promuovere il consenso su un “progetto di città” che oggi non è affatto maggioritario tra i cittadini vignolesi (e questo è assai più difficile). Insomma, le chances potranno essere buone (e comunque maggiori) se la nuova amministrazione riuscirà a gestire in modo intelligente il mix tra “capacità di rispondenza” (responsiveness) e capacità di costruire (con i cittadini) una nuova idea di città (sostenibile e partecipata, ma anche pulita, sicura, economicamente attiva), iniziando ad implementarla ed ottenendo sin da subito qualche tangibile risultato.

Il sindaco Mauro Smeraldi ed il vicesindaco Simone Pelloni in occasione della seduta di insediamento del consiglio comunale (foto del 21 giugno 2014)
[2] Che le cose vadano infine in questo modo non è affatto scontato. Non solo perché, innanzitutto, la coperta delle risorse economiche degli enti locali si accorcia sempre di più ad ogni legge di stabilità, rendendo più impegnativo il rispondere alle attese di servizi dei cittadini (ed alle attese di riduzione del carico fiscale delle imprese). Non solo perché l’eredità lasciata dall’amministrazione Denti è particolarmente pesante sia in termini di progetti da ripensare (es. via Libertà, centro storico), di “vincoli” difficilmente aggirabili (es. Vignola Patrimonio), di modalità operative disfunzionali (es. Unione Terre di Castelli senza visione strategica, mancanza di controllo sui contratti di fornitura più importanti, a partire da quello con HERA), di una politica in generale praticata soprattutto sul lato del marketing. Ma anche perché “preso il palazzo” si scopre che i centri decisionali per pezzi importanti di servizi per la città (sanità, ambiente, ecc.) sono collocati altrove, in altri enti sovracomunali (e peraltro in genere in una galassia di interessi che, per quanto vaporosa e porosa, è comunque di impronta PD, visto che il potere di nomina si traduce ancora oggi in occupazione delle istituzioni; per un esempio: vedi). E ciascuno di questi enti “a servizio del cittadino” è anche una burocrazia che sviluppa finalità proprie autonomizzandosi, almeno parzialmente, dalla “committenza” (gli enti locali democraticamente governati) che dovrebbe dare loro gli indirizzi (ma che invece, spesso, li subiscono!). Non sono novità, queste (basta leggersi Niklas Luhmann, Teoria politica nello stato del benessere, Franco Angeli, Milano, 1983, un libricino che uno dei sociologi più sofisticati di allora scrisse come report per la CDU tedesca! vedi). Ma solo ristrette minoranze esterne ai centri di potere (e nel mondo PD solo Roberto Balzani: vedi) riconoscono la necessità di innovare i dispositivi di governance per controbilanciare la crescita di scala di tali enti (e la tendenza ad autonomizzarsi) con più efficaci strumenti di indirizzo, controllo, rendicontazione (anche il neopresidente della regione, Stefano Bonaccini, sembra non essere né consapevole, né interessato ad innovare su questo fronte: vedi). E l’opacità che caratterizza i rapporti tra il comune-holding (che, alla ricerca di maggiore efficienza, esternalizza la gestione di servizi) e gli enti a cui tale gestione è affidata è oggettivamente un ostacolo quando si vogliono introdurre significative innovazioni (anche per meglio affrontare la contrazione delle risorse) – come è ambizione della nuova amministrazione civica.
[3] La sfida dunque è impegnativa. Per questo richiede innanzitutto di innovare in modo tangibile il modo di amministrare, ovvero di arrivare alla formulazione degli indirizzi e delle politiche locali. Sapendo che il 2015 sarà un anno decisivo per introdurre elementi di discontinuità e di innovazione (dopo che il primo semestre della legislatura ha consentito di prefigurare le innovazioni di più lunga portata a cui si intende mettere mano, almeno in alcuni ambiti, e di comprendere le difficoltà di fare “politiche per la città” esclusivamente dall’interno del municipio). Il principale compito del 2015 deve essere quello di recuperare ed implementare una visione strategica per l’Unione Terre di Castelli (un compito che può prefigurare anche un suo superamento). I processi in atto – in primis le “nuove province” e l’avviato superamento della “regione policentrica” – non promettono nulla di buono per quei territori frammentati e senza una visione strategica, come è stato negli ultimi anni per l’Unione Terre di Castelli. Ma per fare questo non basta il ristrettissimo (ed opaco) consesso dei sindaci seduti attorno al tavolo della giunta dell’Unione. Questo è già chiarissimo dopo i primi mesi della nuova legislatura. Ancora oggi, troppo spesso, l’Unione è vista come un mostro indomabile, più subìto che amato (vedi). Come un ente su cui scaricare i problemi piuttosto che da utilizzare (strategicamente) per dare un surplus a tutti. Da tempo il progetto “politico” è in difficoltà – è una delle pesanti eredità della presidenza Lamandini e, soprattutto, della presidenza Denti (vedi).
[4] Se si vuole avere qualche chances in più occorre avere il coraggio di impostare questa legislatura anche nei termini di un processo di apprendimento, recuperando quell’idea di “mobilitazione cognitiva” prospettato da Fabrizio Barca (vedi) quale compito di un moderno partito (Barca parla al PD, ma la validità è generale) per recuperare lo scollamento verso la società cresciuto a seguito di anni di autoreferenzialità. E la suggestione delle liste civiche vignolesi è quella di organizzarlo in modo aperto, con un ampio coinvolgimento di sostenitori e cittadini. Secondo una modalità “wiki” (come un compito a molte mani, collettivo), per usare una formula ad effetto, ma efficace. Il compito è ancora più urgente per via del forte rinnovamento del personale politico-amministrativo avvenuto con le ultime elezioni comunali (si tratta di un fenomeno generale, che non riguarda solo Vignola, o Spilamberto e Castelvetro). Per questo è importante far sì che amministrare sia anche, contemporaneamente, un processo di apprendimento e di formazione. Se si condivide questa diagnosi nel 2015 bisognerà iniziare a mettere in campo una nuova “costruzione” a supporto del processo decisionale politico-amministrativo (un po’ come fare manutenzione ad una nave mentre la si usa per navigare):
- fare finalmente un salto di qualità sulla trasparenza, circa la formazione dei processi decisionali principali (nuovo sito web con informazioni puntuali sui diversi settori, forum, wiki, open data, ecc.; aprendo le arene decisionali come consulta economica, assemblea soci ASP, comitato di distretto, ecc.; realizzando finalmente un bilancio leggibile per il cittadino), e nella rendicontazione (un bilancio di missione come si deve che risponda non a qualche generico stakeholder, ma innanzitutto al consiglio comunale e dunque ai cittadini);
- prendere parte a network tematici tra amministratori (comuni virtuosi, transition town, consumo zero di territorio, smart cities, ecc.) ed eventualmente operare per la nascita di nuovi (ad esempio sulla rigenerazione della democrazia locale e partecipazione dei cittadini), come luogo di circolazione di esperienze e di apprendimento su politiche innovative;
- sviluppare un progetto adeguatamente complesso di rigenerazione della democrazia locale per far “funzionare meglio” gli organi della democrazia rappresentativa (indirizzo, controllo, rendicontazione) e per innestarvi, come pratica routinaria, “percorsi” di partecipazione della cittadinanza (che fungano da raccolta di input per gli amministratori, ma anche come occasione di apprendimento sulla complessità amministrativa per i cittadini);
- last but not least, giungere finalmente alla costituzione di un’associazione “civica” (è un progetto effettivamente in cantiere) per animare la sfera pubblica locale (oggi decisamente esangue) con iniziative sui temi rilevanti per il futuro della città.