Una visita a Palazzo Te a Mantova (grandiosa opera di Giulio Romano: vedi, così come Palazzo Farnese di Caprarola lo è di Jacopo Barozzi) è l’occasione per riflette ulteriormente su musei e luoghi della cultura e sul marketing territoriale (in una fase in cui l’annunciata iniziativa di marketing territoriale finanziata dalla Fondazione di Vignola sconta qualche difficoltà). Palazzo Te ha avuto 151mila visitatori nel 2012, risultando al 54° posto nella graduatoria dei musei italiani (ultimi dati disponibili: vedi) – i musei di Bologna e Modena sono molto più indietro, per intenderci. E Mantova è una città importante dal punto di vista storico-culturale (grazie alla signoria dei Gonzaga: vedi), ma oggi conta circa 48mila abitanti (è più piccola di Carpi, Imola o Faenza). L’economia del turismo ha un rilievo importante per la ricchezza della città, tanto che le lesioni prodotte dal terremoto “modenese” del 2012 su alcuni importanti monumenti cittadini (in primis il Palazzo Ducale dove è ubicata la “camera degli sposi” affrescata da Andrea Mantegna: vedi) si è subito tradotto in una riduzione dei flussi turistici con conseguente allarme delle autorità cittadine (vedi). La città è nota anche per offrire da tempo uno dei festival più noti in ambito nazionale: il Festival della letteratura (vedi). Sono ingredienti simili, fatte le dovute proporzioni, a quelli che compongono l’offerta culturale principale delle “Terre di Castelli” (una Rocca del XV secolo con 30mila visitatori; un PoesiaFestival che si va affermando in ambito regionale, ma che è tuttora in cerca di pubblico anche dopo la decima edizione: vedi; un museo dell’aceto balsamico a Spilamberto con circa 12mila visitatori all’anno). Ma è ragionando sulla competizione tra territori (in termini di offerta “culturale”) che dovremmo ottenere stimoli per “fare di più con meno”. Vediamo.

Prima edizione del PoesiaFestival, anno 2005. Sul palco il sindaco Roberto Adani, l’allora assessore alla cultura Daria Denti e Neri Marcoré in veste di conduttore di “Per un pugno di poesie” (foto del 2 ottobre 2005)
[1] Bisogna prendere atto che ad oggi manca una politica sia culturale che di promozione turistica per il territorio dell’Unione Terre di Castelli (le due cose ovviamente non coincidono, ma hanno legami). Con l’istituzione del PoesiaFestival nel 2005 si è compiuto un primo passo a cui è seguito … il nulla. Nell’ultima legislatura (2009-2014) le iniziative dell’assessore alla cultura dell’Unione nonché sindaco di Vignola Daria Denti (mi riferisco al progetto Muditeca & C.: vedi), anche condite con personaggi di lustro (vedi), erano volte a dare l’idea del movimento piuttosto che a dotare questo territorio di un vero “sistema culturale” (in grado cioè di funzionare sotto i due aspetti della promozione e diffusione culturale e dell’attrazione di flussi di turismo culturale). Personalmente sono convinto che l’unione fa la forza (per questo auspico politiche a livello di Unione). Ma questo è vero solo ad una condizione: che l’Unione prenda sul serio l’impegno a sviluppare un progetto “culturale” per questo territorio. Ad oggi così non è stato. Urge mettere mano a questo compito (vogliamo chiamarlo “piano strategico per la cultura”?).

Affreschi in stile tardogotico (seconda-terza decade del ‘400) nella Cappella dei Contrari della Rocca di Vignola (foto del 29 giugno 2014)
[2] Abbiamo un patrimonio storico-culturale o un’offerta di luoghi della cultura (o dell’intrattenimento) in grado di esercitare una forte capacità di attrazione in chi è alla ricerca di cultura ed esperienze gratificanti? Insomma, in grado di muovere non solo i cittadini del posto (verso nuove conoscenze ed esperienze), ma anche di far muovere, per venire in questo territorio, visitatori e turisti? Certo, qualcosa c’é. Ma dobbiamo essere consapevoli che non è molto se confrontato con l’offerta di altre città come Modena e Bologna, Ferrara e Mantova, Carpi, Imola, Faenza, ecc. Ma con quel poco dobbiamo fare. Gli affreschi alla Rocca di Vignola non possono competere con quelli di Palazzo Schifanoia a Ferrara, di Palazzo Ducale o Palazzo Te a Mantova. Forse le cose dal punto di vista paesaggistico e, soprattutto, enogastronomico possono andare un po’ meglio per questo territorio (appena un po’). Ma è indubbio che la competizione (perché di questo si tratta, anche se intesa nella formula di Herbert A.Simon: “la ricchezza di informazione [offerta culturale] produce scarsità di attenzione”) è assai difficile visto il limitato patrimonio di cui disponiamo. E’ stupefacente, dunque, leggere in documenti ufficiali di qualche anno fa che questo territorio può diventare nientedimeno che “il parco europeo dell’ospitalità” visto che è “baricentrico” (sic!) rispetto ai grandi “attrattori” turistici (Venezia, Firenze, Milano) (vedi). Se questa è la realtà (la nostra realtà) bisognerà che ci ingegniamo a “fare di più con meno”. Per questo la qualità del progetto (l’intelligenza del progetto) è fondamentale.

Uno spettacolo in occasione del Mercurdo – Mercato dell’assurdo a Castelvetro (foto del 7 giugno 2013). Un evento che meriterebbe di crescere!
[3] Cosa possiamo aggiungere affinché l’offerta “culturale” di questo territorio lo porti a distinguersi? Questo è il tema vero. Ed è su questo tema che andrebbe sviluppato il progetto. Troppo spesso i luoghi della cultura si limitano a proporre oggetti o, al più, “esperienze”. Senza preoccuparsi delle capacità cognitive dei fruitori. Occorre invece un’offerta culturale non solo in grado di far provare un’esperienza, ma anche di trovare il modo accattivante per trasmettere conoscenze. Le nuove tecnologie multimediali aiutano, ma non esauriscono il compito (bisogna però saperle usare adeguatamente, cosa nient’affatto banale: vedi). Far comprendere la vita di un signore del ‘400, Uguccione Contrari, della sua corte, del borgo medioevale e del contado. E la relazione che questo borgo intratteneva con altre città e territori (Ferrara, Modena, Bologna, Nonantola, l’Appennino, ecc.). Far sperimentare l’enogastronomia del Rinascimento (e quanto ne è derivato) in una realtà provinciale. Raccontare la vita di allora (enfatizzando ciò che ci rende diversi in termini di credenze e comportamenti) attraverso episodi documentati e “rappresentati” (vi sono modalità di trasmissione di conoscenze basate sul far esperienza, come la “teatralizzazione” di vicende storiche: vedi). E’ nell’accuratezza dell’accoppiamento tra esperienza e conoscenza che l’offerta culturale di questo territorio dovrebbe distinguersi – e per ottenere una tale offerta di qualità occorre un progetto sofisticato e investimenti mirati continuati nel tempo. Occorre inoltre riconoscere la diversità degli interessi ed offrire quindi percorsi ed esperienze rispondenti a tale eterogeneità: cultura, storia, enogastronomia, paesaggio, ambiente. Od un qualche mix di questi aspetti. Dare quindi la possibilità di combinare i percorsi di fruizione del territorio in base a specifici interessi, sensibilità, tempi. E di mantenere un legame con l’esperienza fatta e questo territorio (un libro, una mailing list, una cartolina, un prodotto tipico, un corso di cucina, un video, ecc.), insomma curare anche il post-visita. Anche per alimentare un marketing basato sul passaparola e sulle reti sociali (anche nella versione “social media”), più in linea con le caratteristiche “slow” di questo territorio.

Philippe Daverio alla Rocca di Vignola in occasione del lancio pubblico del progetto Muditeca (foto del 23 marzo 2013). Nessuno ha mai rivelato il cachet corrisposto.
[4] Ma politiche “di territorio” non sono affatto semplici. La tribolata vicenda del “polo archivistico” centralizzato a Vignola dovrebbe servire da monito (vedi). C’è un grande lavoro “culturale” da fare per superare le spinte centrifughe e la frammentazione (su cui una politica sempre meno autorevole e credibile ha indubbiamente parte di responsabilità) e per fare, invece, apprezzare i benefici, per questo territorio, della capacità di operare secondo un progetto condiviso (che però implica anche capacità di visione e di selezione: vedi). Prima si avvia la discussione (pubblica) meglio è.

Museo dell’aceto balsamico tradizionale a Spilamberto (foto del 25 aprile 2014). Urge un nuovo allestimento e magari una nuova location nella Rocca Rangoni!
PS Intanto stentiamo a fare manutenzione del nostro patrimonio storico-architettonico. La manutenzione straordinaria della torre del pennello della Rocca ha preso il via a dicembre 2014, ed è un bene. Ma le mura del borgo medioevale crollate nel febbraio 2014, di proprietà di privati, sono ancora in attesa di un intervento di ripristino (vedi). E pezzi importanti come la torre Galvani non sono ancora adeguatamente valorizzate (vedi). Per non parlare di Santa Maria Rotonda, proprietà di privati (e dunque inaccessibile) e sempre più circondata dal cemento. O di Jacopo Barozzi straniero in patria (vedi). Questo per limitarsi ai casi vignolesi più eclatanti. Va comunque segnalata l’assolutamente condivisibile iniziativa della Fondazione di Vignola in merito al “ripristino” degli affreschi esterni della Rocca di Vignola (vedi).

Rocca Rangoni a Spilamberto. Da qualche anno di proprietà dell’amministrazione comunale è alla ricerca di finanziamenti per la riqualificazione (foto dell’1 dicembre 2013)
PPS Salvatore Settis richiama ugualmente l’importanza dei musei quali “macchine per pensare”, ovviamente suggerendo un loro ripensamento radicale: “La vera natura dei musei non consiste nell’esporre oggetti d’arte, ma nel fare in modo che i visitatori pensino e riflettano su di essi. I musei sono, o dovrebbero essere, delle «macchine per pensare»: perciò essi hanno bisogno di collezioni che consentano il confronto tra diverse produzioni artistiche: musei con solo pochi oggetti (o perfino costruiti intorno a un solo oggetto d’arte «iconico») sono, quindi, largamente inefficaci, e tendono a trasformare la storia dell’arte in una sorta di quasi superstiziosa «adorazione» di icone emblematiche” (qui il testo completo di una bella intervista su musei e mostre d’arte: vedi). Altre riflessioni sul tema, sviluppato da lunga data, nella categoria “cultura“.
Il luogo della cultura maggiormente visitato a Mantova è Palazzo Ducale (162.952 visitatori nel 2012 – in calo rispetto agli anni precedenti, anche a seguito delle lesioni provocate dal sisma). Palazzo Te viene dopo (151.460 visitatori nel 2012). Nel complesso questi due monumenti cittadini hanno quindi più di 300mila visitatori all’anno. Ad essi si aggiungono poi i 34.562 visitatori (2012) del museo diocesano F.Gonzaga. Ma vi sono anche le chiese progettate da Leon Battista Alberti: la chiesa di San Sebastiano a croce greca e la chiesa di Sant’Andrea, a croce latina. Sarebbe interessante disporre di stime circa il valore dell’economia turistica in una località che comunque non è prevalentemente turistica (a differenza di Venezia, Firenze, Roma). E sarebbe opportuno provare, in questo territorio (Unione Terre di Castelli), a darsi degli obiettivi misurabili, così da poter verificare il loro raggiungimento e comunque quanta “economia del turismo e della cultura” (ritengo opportuno mantenere l’abbinamento) si riesce a sviluppare per questo territorio. Per alcuni territori il patrimonio più importante è di tipo enogastronomico (il lambrusco grasparossa a Castelvetro, ad esempio) o paesaggistico-ambientale (di nuovo Castelvetro, poi il parco dei Sassi di Roccamalatina) e dunque un “progetto strategico” deve contemplare azioni su più fronti. Un progetto convincente si regge dunque su un adeguato mix.