Può sembrare paradossale ma a Vignola non c’è uno spazio culturale su Jacopo Barozzi detto “il Vignola”! Eppure, al di fuori dei confini della provincia, la nostra cittadina è conosciuta per due ragioni: le ciliegie (presso un pubblico assai ampio) e Jacopo Barozzi da Vignola (presso un pubblico più ristretto, ma comunque significativo). Fatto assai singolare nessuno dei due “prodotti vignolesi” ha un luogo della cultura, un museo o simili, in cui poter essere adeguatamente presentato ai cittadini residenti ed ai visitatori. Non lo è l’improbabile MAC-Museo all’Aperto del Ciliegio, un progetto fatto partire in sordina sotto l’amministrazione Denti e destinato a perdersi nell’irrilevanza (pdf). Mentre invece per Barozzi non c’è neppure quest’imbarazzo, non essendoci proprio nulla. Gli unici “segnaposto” sono una torta (anche questa con notorietà oltre i confini provinciali!) ed un bassorilievo (vedi) apposto sul palazzo che oggi chiamiamo Barozzi (per la consulenza che “il Vignola” ha dato alla progettazione, forse anche solo dei “corpi posteriori”: loggiato e scala “a lumaca”) anziché Contrari-Boncompagni (i nomi delle famiglie che ne hanno avuta la proprietà; il palazzo fu infatti costruito negli anni 1565-1568 per volontà di Ercole Contrari “il vecchio” che però morì nel 1570). C’è in verità, in aggiunta, anche una fontana (in piazzetta Ivo Soli) che l’allora sindaco Roberto Adani volle a forma pentagonale per ricordare palazzo Farnese di Caprarola (vedi), una delle più straordinarie realizzazioni di Jacopo Barozzi (forse la maggior parte dei 500mila euro impiegati per questa fontana potevano essere più utilmente destinati all’allestimento di un luogo “espositivo” dedicato a Barozzi).

La targa commemorativa dedicata a Jacopo Barozzi in occasione del IV° centenario della nascita (1907). L’opera è dello sculture Giuseppe Graziosi ed è ora apposta sulla facciata di “Palazzo Barozzi” (foto del 10 settembre 2013)
[1] Comunque sia, sta di fatto che manca un luogo adeguato finalizzato a presentare in modo permanente i “natali” vignolesi di Jacopo Barozzi (vedi), la mappa delle sue opere (distribuite tra l’Emilia-Romagna e l’Italia Centrale – avendo lavorato a Bologna, quindi a Roma per Papa Giulio III, infine per i Farnese), i suoi principali progetti, il suo famosissimo libro sulla “Regola” dei cinque ordini dell’architettura, il rapporto con i principali architetti del suo tempo, il contributo da lui dato all’evoluzione della pratica e della teoria dell’architettura ed infine anche un tentativo di valutazione della sua “posizione” tra i grandi architetti del XVI secolo, da Bramante a Palladio, passando per Michelangelo. Certo, in passato Vignola è stata sede di importanti celebrazioni di questo nostro illustre concittadino. Dalle importanti celebrazioni per il IV° centenario della nascita, nel 1907 (ottimamente ricostruite nel bel libro di Giuliano Grandi, Vignola per “il Vignola”, Tipolitografia F.G. Savignano, 2007 – edito in occasione del V° centenario della nascita), sino alla mostra alla Rocca per il IV° centenario della morte (1973), per finire con le grandi mostre degli ultimi anni (importante, a Vignola, quella presso Palazzo Barozzi nel 2002, oggi documentata da un fondamentale volume collettaneo: vedi). Ma questi importanti “eventi” non hanno sedimentato un luogo della cultura dedicato a Jacopo Barozzi – e sarebbe ora di rimediare.
[2] Il posto “naturale” per collocare un’esposizione su Jacopo Barozzi e la Vignola del ‘500 è ovviamente “Palazzo Barozzi”, che però a tal fine necessita del completamento del (troppo) lento intervento di manutenzione avviato qualche anno fa limitatamente al tetto ed ai locali seminterrati (rimessi a nuovo, ma oggi pochissimo utilizzati). Non può essere altro che per una completa mancanza di “visione” che l’amministrazione Denti intendesse invece lì collocarvi, sulla base degli accordi assunti in fase di acquisizione del finanziamento 8 per mille finalizzati alla manutenzione e che prevedevano una destinazione “pubblica” dell’edificio, una parte del museo del cinema “Antonio Marmi”! Collocazione decisamente incongrua! In attesa del completamento della manutenzione di Palazzo Barozzi, e sempre ammesso che il progetto di farvi un luogo culturale ed espositivo dedicato a Barozzi ottenga il necessario consenso della parrocchia, della Fondazione e dell’amministrazione comunale, si potrebbe comunque iniziare con una diversa collocazione, ancorché provvisoria (anche Villa Trenti potrebbe prestarsi allo scopo – vediamo cosa uscirà dal percorso partecipativo volto a definirne una nuova funzione: vedi).

La scala a chiocciola (“a lumaca”, così erano dette nel periodo rinascimentale) presente all’interno di “Palazzo Barozzi” (foto del 25 aprile 2014)
[3] Il pubblico “più ristretto” dei conoscitori di Jacopo Barozzi e, per questa via, di Vignola come suo paese di origine, è indubbiamente legato al mondo dell’architettura. Un pubblico certo di nicchia, ma nient’affatto irrilevante. In parte perché il suo “volumetto” (la Regola), proprio anche per merito della sua concisione (solo 32 tavole nell’editio princeps), fu un vero e proprio best seller nei secoli XVII-XIX (così Maria Walter Casotti nel catalogo della Mostra di Jacopo Barozzi “Il Vignola”, 1973). Una sorta di manuale for dummies! Un compendio o “bignami” sui cinque ordini tascabile e dunque da avere sempre appresso da parte di chi faceva dell’architettura una professione (assai più facilmente accessibile ed utilizzabile dei voluminosi trattati di architettura del Serlio, del Palladio, ecc.). Tanto che la fama di questo volumetto (la Regola delli Cinque Ordini) fu quella “che garantì al suo autore quel successo come teorico che oscurò la sua stessa fama di artista” (Casotti, p.36). Chi dunque, ancora oggi, si occupa di architettura (e non solo gli specialisti di storia dell’architettura) ha certamente avuto l’occasione di imbattersi nel “Vignola” e dunque potrebbe essere interessato ad un luogo riepilogativo delle questioni essenziali dell’architettura del Barozzi.

La fontana di Piazzetta Ivo Soli. La sua pianta a forma pentagonale dovrebbe richiamare Palazzo Farnese di Caprarola (VT), forse l’opera più grandiosa del Barozzi (foto del 18 aprile 2009)
L’Italia, d’altro canto, è paese di architetti (sembra che in nessun altro paese del mondo ne esista una concentrazione così alta). Dati non recenti, relativi al 2005, parlano di più di 120mila architetti iscritti agli ordini professionali: un architetto ogni 470 abitanti (vedi). Sempre nel 2005 erano iscritti ai corsi di laurea in architettura 76.041 studenti. E nel 2014 gli iscritti ai test di ammissione in architettura sono stati più di 13mila (per un totale di 7.621 posti disponibili) (vedi). Insomma, esiste un non trascurabile potenziale pubblico di visitatori di un luogo culturale su Jacopo Barozzi a Vignola. A cui si aggiungono visitatori occasionali o turisti per motivi culturali – un fenomeno che sappiamo in crescita. Ecco, quando si aprirà (finalmente) una discussione sul “marketing territoriale” o, magari, un percorso per la definizione di un Piano Strategico della Cultura per questo territorio, questo è uno di quei temi che andrebbe tenuto in considerazione!
I vignolesi sono degli” scordoni ” e poco interessati almeno nel tempo passato all’aspetto culturale della citta’ se no non si spiegherebbe perché poco o nulla sanno dei vignolesi illustri, fortunatamente qualcosa è cambiato.Ottimo sarebbe rivalutarli e ricordarli
Fra le cinque foto vincitrici del concorso Wiki loves monuments, il concorso di Wikipedia per illustrare il patrimonio naturale, artistico e architettonico d’Italia, c’é anche un pizzico di “Barozzi”. Si è classificato quarto lo scatto di Antonella Sacconi dello scalone del Vignola di palazzo Boncompagni, a Vignola (Modena).
http://bologna.repubblica.it/cronaca/2014/12/05/foto/wiki_loves_monuments_uno_scatto_di_vignola_fra_i_primi_cinque_classificati-102172865/1/
Andrea, che tasto dolente tocchi!…fuori Vignola il nostro Jacopo è conosciuto e ammirato da “tutti”…noi ce ne freghiamo.
E pensare che era uno dei grandi architetti dell’epoca (forse non si è saputo gestire bene, ma è così) tanto che persino Filippo II re di Spagna lo fece contattare per Le Escorial.
Per non dire poi del contributo a quella che diventò la “Scuola di Fontainebleau”…mah…speriamo che l’intellighenzia vignolese ci pensi…
A presto
Diana Garofani