Baracche lungo il fiume Panaro. C’è possibilità di riqualificare l’area nell’ambito del Contratto di Fiume?

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La risposta fornita dall’amministrazione comunale ad un’interrogazione del gruppo consiliare PD ci consente di conoscere lo stato dell’area verde attraversata dal “Percorso Natura”, in margine al fiume Panaro (appena al di sopra dell’area propriamente golenale). Chiunque frequenti tale “Percorso Natura”, relativamente al tratto tra il Ponte Muratori ed il confine con Spilamberto, incontra a più riprese aree recintate e baracche che testimoniano del degrado dell’area (vedi). Formalmente noto dall’anno 2000 il problema è lungi dall’essere in via di risoluzione, anche se una incerta prospettiva è affidata alle azioni conseguenti al “Contratto di fiume” (ratificato dagli enti coinvolti a fine 2012: vedi) e che ora si vorrebbe finalmente far decollare.

In giallo sono tratteggiate le due aree fluviali punteggiate da baracche. In basso quella più a sud, nei pressi del parcheggio di via Zenzano. In alto quella più a nord, costeggiante la via Casella Gatta.

In giallo sono tratteggiate le due aree fluviali punteggiate da baracche. In basso quella più a sud, nei pressi del parcheggio di via Zenzano. In alto quella più a nord, costeggiante la via Casella Gatta.

[1] “La presenza di costruzioni, presuntivamente abusive, è segnalata a far data dal 25 settembre 2000 così come da nota prot. 63385 della Provincia di Modena; a seguito di tale segnalazione il Comune di Vignola, tramite specifico incarico dell’aprile 2001, ha predisposto l’effettuazione di un puntuale rilievo e identificazione di tali manufatti, rilevazione completata e assunta agli atti nel gennaio 2002 (rif. Prot. 1395).” Inizia così la relazione dell’Arch. Corrado Gianferrari, dirigente del settore pianificazione territoriale del Comune di Vignola. Alla rilevazione del 2001 ha quindi fatto seguito un’ulteriore verifica condotta dalla polizia municipale nel 2007. Sono state così identificate 41 aree di proprietà demaniale date in concessione, da parte della Regione Emilia-Romagna – Servizio Tecnico dei bacini affluenti del Po, a privati cittadini. Su questi appezzamenti di terreno risultano “16 costruzioni di manufatti apparentemente privi di specifico titolo edilizio”. Si aggiunge, inoltre: “I concessionari, nel corso degli anni, hanno recintato le aree a loro assegnate ed in vari casi (…) hanno edificato, in assenza di autorizzazioni o titoli edilizi, dei manufatti di natura generalmente di tipo precario e comunque eseguiti in proprio.” La risposta all’interrogazione non fornisce informazioni relativamente al periodo in cui sono avvenuti tali insediamenti, ma plausibilmente risalgono almeno agli anni ’80.

Un insediamento nell'area più a nord (foto del 6 gennaio 2014)

Un insediamento nell’area più a nord (foto del 6 gennaio 2014)

[2] Cosa si è fatto finora per affrontare il problema? E’ nel 2007 (seconda legislatura Adani) che si prendono i primi limitati provvedimenti. A seguito dei sopralluoghi allora effettuati dalla polizia municipale “si è proceduto da parte dell’ufficio competente all’avvio di specifici provvedimenti per presunta violazione urbanistico-edilizia nei confronti dei concessionari nel frattempo identificati e nei confronti dello stesso Demanio.” L’avvio di tali procedimenti, inoltre, “pare” abbia spinto la Regione a comunicare “ai propri concessionari la sospensione delle relative concessioni” (rif. Prot. 24488/2007). Dal 2007, quindi, sembrerebbe che nessuno abbia più titolo a mantenere insediamenti nell’area circostante il “Percorso Natura”. I procedimenti avviati nei confronti dei “concessionari” identificati (la relazione non dice quanti) non hanno però prodotti risultati significativi. Solo 2 si sono conclusi per iniziativa “spontanea” dei privati coinvolti “con la rimozione dei manufatti contestati (rif. Prot. 737/2008 e prot. 993/2008).” La maggior parte, in effetti, sono tuttora presenti e determinano, come da tempo rilevato (vedi), un oggettivo stato di degrado lungo il fiume Panaro (per una trattazione più generale del tema si vedano le considerazioni di Francesco Uccellari: vedi).

Uno degli insediamenti nell'area sud, a poca distanza dal parcheggio di via Zenzano. Qui sono ospitate anche arnie di api (foto del 13 aprile 2013)

Uno degli insediamenti nell’area sud, a poca distanza dal parcheggio di via Zenzano. Qui sono ospitate anche arnie di api (foto del 13 aprile 2013)

L’avvio dei procedimenti ha infatti suscitato “rimostranze” da parte dei concessionari coinvolti (“che a vario titolo giustificavano il proprio operato”), spingendo l’amministrazione comunale a “non procedere con l’emissione di specifiche ordinanze per la rimozione dei manufatti contestati, ma di ricomprendere la soluzione di tale problema all’interno del più vasto progetto di riqualificazione dell’intera area golenale, nel frattempo avviato e noto poi come ‘Contratto di Fiume’ approvato definitivamente nel 2009.” Occorre però osservare che ad oggi il Contratto di fiume è tuttora in attesa di una puntuale implementazione, nonostante il pungolo del corrispondente “Presidio partecipativo” (una rappresentanza delle associazioni ambientali del territorio e di singoli cittadini sensibili al tema della riqualificazione fluviale). La situazione si è ulteriormente aggravata a seguito, nel 2013, della mancata ammissione ai finanziamenti europei per un progetto di riqualificazione, evidentemente (e giustamente) considerato “approssimativo” da parte dei valutatori UE (vedi).

Caratteristico insediamento nell'area più a sud, attraversato dal

Caratteristico insediamento nell’area più a sud, attraversato dal “Percorso Natura” (foto del 13 aprile 2013)

[3] Dopo quattordici anni di “gestione” del problema, senza alcun risultato significativo da parte dell’amministrazione, è lecito interrogarsi sulla possibilità di giungere ad una sua effettiva risoluzione. Anche la nuova amministrazione “civica” ne vede la possibile risoluzione nell’ambito delle azioni che spera di riuscire a mettere in campo nel processo di implementazione del “Contratto di fiume” (a cui crede assai di più rispetto alle precedenti amministrazioni). Ricordiamo comunque che negli intenti originari (certo non dichiarati ufficialmente) il “contratto di fiume” svolgeva anche una funzione di marketing in relazione all’opera di recupero, ma anche di “urbanizzazione” dell’area ex-Sipe basse, ed il mancato decollo dell’accordo di programma ha tolto slancio – diciamo così – anche alla parte ambientale di quell’operazione (vedi). Comunque, nella risposta dell’assessore all’ambiente Erio Ricchi si ribadisce di nuovo la volontà di utilizzare la capacità di progettazione ed intervento dischiuse dal Contratto di fiume per avviare un processo di riqualificazione dell’area, all’interno del quale collocare anche il superamento di queste manifestazioni di degrado, “non fermandosi alla semplice demolizione delle stesse, ma cercando una soluzione progettuale propositiva”.

Una

Una “baracca”, discretamente curata, nell’area nord (foto del 6 gennaio 2014)

Si ipotizza, dunque, “la possibilità di revoca delle stesse da parte del Demanio, peraltro sospese da anni, per poi richiedere successivamente una concessione unica in forma gratuita delle aree in questione da parte del Comune di Vignola, al fine di dare avvio, in attuazione del “Contratto di fiume”, ad un progetto di riqualificazione delle aree partendo sì con la demolizione delle superfetazioni, ma in parallelo con la elaborazione di un abaco tipologico di manufatti ed arredi, al fine di riassegnare la gestione dei lotti ai privati cittadini interessati, che potrebbero così avvalersi della possibilità di realizzare manufatti legittimati, pensati ed inseriti coerentemente nel contesto paesaggistico del fiume Panaro sotto il controllo della stessa Amministrazione.” L’idea è assolutamente condivisibile. Vorrebbe dire davvero riqualificare quell’area, realizzando però anche una nuova fase insediativa con soluzioni (“casette”, arredi, ecc.) di qualità. Insomma, una sorta di Astambéin (vedi) dell’area fluviale! E magari ampliando l’offerta di aree per orti lungo il fiume, a disposizione della cittadinanza (vedi).

Baracche nell'area più a nord, lungo il fiume Panaro (foto del 6 gennaio 2014)

Baracche nell’area più a nord, lungo il fiume Panaro (foto del 6 gennaio 2014)

[4] Anche questa vicenda evidenzia l’insoddisfacente definizione della ripartizione delle competenze nei diversi livelli istituzionali – un fronte su cui sarebbe di fondamentale importanza un intervento legislativo volto a mettere ordine (magari negli auspicati provvedimenti di riordino istituzionale). L’amministrazione comunale, infatti, si trova a subire gli effetti (in termini di degrado di una parte non trascurabile di territorio e, soprattutto, in un’area di grande potenzialità per la qualità del territorio, come quella fluviale) di decisioni assunte da enti sovraordinati (il Demanio, la Regione) e del corrispondente mancato controllo circa le situazioni determinate da quelle decisioni. A Vignola tanto l’area della stazione ferroviaria (vedi), quanto quest’area fluviale costituiscono dei corpi produttivi di degrado su cui l’amministrazione comunale ha un assai limitato potere d’intervento. Si tratta di due episodi che testimoniano dell’esistenza di un problema riconducibile alla inadeguata definizione dei titoli di autorizzazione all’uso del territorio e del relativo controllo. Se il legislatore (ad oggi il governo) volesse farsene carico si potrebbe andare a migliorare la capacità egli enti locali di avviare quei processi di riqualificazione di cui questo paese ha assolutamente bisogno.

Una delle baracche nell'area più a sud. Diversi di questi

Una delle baracche nell’area più a sud. Diversi di questi “manufatti” sono oggi abbandonati. Altri, ancora utilizzati, sono a presidio di orti (foto del 13 aprile 2013)

PS E’ una cosa positiva che il gruppo consiliare PD riconosca finalmente i problemi presenti sul territorio, in parte riconducibili direttamente o indirettamente alle “proprie” amministrazioni. Qui il testo della risposta dell’amministrazione comunale all’interrogazione “Costruzioni nei pressi del fiume Panaro” (pdf).

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6 Responses to Baracche lungo il fiume Panaro. C’è possibilità di riqualificare l’area nell’ambito del Contratto di Fiume?

  1. Rosanna Sirotti ha detto:

    Sono passata un po’ di tempo fa ed ho visto le baracche. Mi domando: sono ricovero di sbandati o vengono costruite da chi utilizza il terreno? In ogni modo si dovrebbe bonificare quel percorso per allargarne l’utilizzo. Non nascondo di avere avuto un po’ di timore passandovi accanto.

    rosanna b

  2. Antonio Tavoni ha detto:

    Io ci passo spesso. Sono per la stragrande maggiornaza strutture che sono lì da almeno la metà degli anni ’80, fatte per tenere dietro agli orti e decisamente allargatesi, con talvolta qualche “comodità” tipo salottini fatti con vecchie sedie da giardino o barbecue… Qualcuna evidentemente in uso, altre alquanto abbandonate. Più che di sbandati in questo caso parlerei di “ciapinai”.

  3. Alessio ha detto:

    Se le costruzioni sono abusive o non edificate a norma di legge la soluzione è molto semplice: RIMUOVERLE.
    Basta buonismi, basta concessioni, basta proroghe.

  4. Stefano C ha detto:

    Davvero interessante questo risveglio del PD come opposizione nel Consiglio comunale. Difficile non rilevare, come fa Andrea, che la situazione attuale di degrado e abbandono è il frutto di assenza o saltuaria e incostante presenza di una azione efficace da parte di chi ha fino ad oggi governato a vario titolo il territorio (e mi pare che i diversi livelli istituzionali: Regione, Provincia, Comune possano essere chiamati pariteticamente in causa). Ciononostante ben venga questa interrogazione se riesce a risollevare un po’ di attenzione sul maltrattato Panaro.
    Diverse volte ho sollevato questioni relative all’ambito fluviale proprio su questo blog ed anche sulla questione delle baracche ho realizzato nelle mie frequenti passeggiate sul fiume una documentazione che risale ormai ad oltre dieci anni orsono.
    E’ dunque con piacere che leggo che sono in corso contatti per realizzare interventi che affrontino decisamente tale questione. Mi permetto tuttavia di sollevare un paio di dubbi sull’orizzonte di metodo e merito in cui tali interventi dovrebbero essere inseriti come emergono nella risposta dell’Assessore Ricchi.
    In primis: è chiaro e davvero auspicabile che le aree oggi occupate da baracche proprio a ridosso della città (vale soprattutto per le aree a valle del ponte Muratori e immediatamente prossime al parcheggio di Via Zenzano) debbano essere recuperate principalmente in funzione di una fruizione che riesca a riportare sia i cittadini che i visitatori sulla sponda del fiume ad apprezzarne la presenza e i benefici connessi, a fare dell’area un vero “terminal” in cui soffermarsi e godere della sua rara immediata contiguità con il contesto urbano: la rocca e il centro storico.
    E’ tuttavia altrettanto vero che il fiume, compresso come è ora in un ambito di divagazione fortemente limitato, pesantemente artificializzato da centraline idroelettriche che ne interrompono la continuità ecologica longitudinale (in modo diretto) e trasversale(come conseguenza dello sprofondamento dell’alveo), con una vegetazione che si è negli ultimi anni fortemente semplificata e ha subito pesanti invasioni di specie aliene, etc. etc. (il “catalogo” sarebbe lungo oltre i limiti di questo post), non può, ora più che mai, non essere visto principalmente come un corridoio ecologico in cui vadano principalmente realizzate azioni volte a conservare o incrementare la biodiversità e i correlati servizi ecosistemici da cui tutti traiamo buona parte del nostro benessere psicofisico. In tal senso la qualifica di “Corridoio Ecologico di interesse regionale” che la programmazione regionale del settore assegna al tratto di Panaro in questione non solo dovrebbe orientare verso altre direzioni l’azione che ci si prepara ad attivare, ma anche potrebbe essere un utile opportunità per rivolgersi verso fonti di finanziamento che consentano davvero di intervenire.
    Il secondo dubbio riguarda la sensatezza di continuare ad affidare qualsiasi azione che si intenda davvero portare avanti sul Panaro all’attuazione del “Contratto di Fiume” che ha in questi anni già mostrato, nonostante gli sforzi di molti cittadini che vi si sono impegnati, la sua debolezza strutturale ed operativa. Tanto più se, oltre ad alcune contraddizioni logiche che vi sono contenute (Andrea cita la questione SIPE), contiene anche indicazioni così generiche da portare, come nel caso specifico, a “prospettive” a mio parere errate quali quelle citate nella risposta all’interrogazione: “..dare avvio, in attuazione del Contratto di Fiume, ad un progetto di riqualificazione delle aree partendo sì con la demolizione delle superfetazioni ma in parallelo con la elaborazione di un abaco tipologico di manufatti e arredi, al fine di riassegnare la gestione dei lotti ai privati cittadini interessati, che potrebbero così avvalersi della possibilità di realizzare manufatti legittimati, pensati ed inseriti coerentemente nel contesto paesaggistico del Fiume Panaro…”.
    Pensi davvero Erio che sia necessario un abaco tipologico? Sono certo che pochi mesi dopo la demolizione e asportazione dei manufatti e dei rifiuti presenti la dinamica naturale renderà perfettamente coerente lo spazio liberato con il suo contesto paesaggistico! Cominciare per credere: stimo che per liberare dalle costruzioni e dai rifiuti l’area subito a valle della sbarra del Parcheggio (da tempo in totale abbandono), accessibile anche a mezzi pesanti, non occorrano più di due tre giorni di lavoro e meno di diecimila euro di spesa. Apparirà come per incanto un meraviglioso muraglione della difesa spondale storica e in primavera potremo osservare già interessanti fioriture e colonizzazione di specie spontanee (tra l’altro uno splendido laboratorio per le scuole da gestire magari con il supporto del CEA).
    Davvero occorrono quegli stessi privati che ne hanno “baraccato” le sponde per ottenere una riqualificazione del fiume sotto il profilo ecologico, funzionale, estetico? “Resilienza, resilienza”!

  5. Stefano C ha detto:

    Un amico mi ha fatto notare che la mia chiosa, che invoca la “resilienza” risulta poco comprensibile. Me ne scuso, per chiarire ecco la definizione di resilienza (in ecologia) dell’enciclopedia Treccani:”La velocità con cui una comunità (o un sistema ecologico) ritorna al suo stato iniziale, dopo essere stata sottoposta a una perturbazione che l’ha allontanata da quello stato; le alterazioni possono essere causate sia da eventi naturali, sia da attività antropiche.(…)”.

    • Baraka ha detto:

      Resilienza mi era noto, piuttosto ho un’ altro dubbio. il citato CEA desumo non sia il Centro Ebrei Abbandonati, vero?

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