Le primarie del PD sono una festa della democrazia. Questo nessuno può negarlo. Sono uno di quegli spazi in cui si amplia il potere dei cittadini (qui elettori). Servono anche a riconnettere un “apparato” spesso troppo autoreferenziale con umori, sentimenti, ragioni che circolano nella società. Ma non per questo sono una “cosa” che funziona sempre. Basta citare l’esempio delle primarie PD del 2009 proprio a Vignola: il vincitore di allora, Daria Denti, poi divenuto sindaco, nelle settimane scorse ha rinunciato a candidarsi per la seconda legislatura per manifesta incapacità di entrare in relazione con la città e per incapacità di lavorare seriamente ai progetti di cui la città ha bisogno. Cinque anni di sofferenza inflitti alla città – in sintesi (vedi). La “formula primarie”, per così dire, è dunque necessaria, ma non sufficiente. Ed anche stavolta, nel 2014, evidenzia qualche problema di “funzionamento”.
[1] Occorre osservare che le primarie funzionano tanto meglio quanto meglio un partito ha operato nei cinque anni precedenti (mi riferisco proprio al partito, non all’amministrazione). Più un partito si è dato modalità di lavoro finalizzate ad accrescere la capacità di elaborazione politica (intercettare i bisogni della città e ricercare programmi all’altezza delle sfide), più arriva preparato al momento della scelta del candidato attraverso la competizione delle primarie. Il PD di Vignola arriva, purtroppo, fragilissimo a questo appuntamento. E ciò si è visto tutto nella bassa qualità del “dibattito” sin qui intavolato dai tre candidati: superficiale, fatto di slogan e obiettivi generici (vedi). Si vede chiaramente che molte idee e progetti sono frequentati superficialmente; manca cioè quella capacità di padroneggiarli che si acquisisce solo dal farne esperienza diretta ed oggetto costante di “elaborazione” – un esempio per tutti: partecipazione e coinvolgimento dei cittadini (vedi).
[2] A segnare il fallimento della legislatura 2009-2014 non c’è dunque solo il fatto di un sindaco che non si ripresenta dopo il primo mandato – essendo troppo grande la bocciatura attesa da parte dei cittadini (vedi). C’è anche il palese fallimento di un intero gruppo dirigente che a quel sindaco si è consegnato impotente, abdicando cioè al proprio “dovere” di elaborazione politica (altro che “partito palestra” e “mobilitazione cognitiva”, per stare alle parole d’ordine care a Fabrizio Barca: vedi)! Non è solo il “partito” degli ex-sindaci Liliana Albertini e Gino Quartieri, eternamente presente, ad essere sempre meno in grado di intercettare i bisogni della città e di contribuire ad “elaborarli” in programmi politico-amministrativi. Nella stessa condizione si trovano oggi le più “nuove” leve del gruppo consiliare uscente, anche quelle che avrebbero l’ambizione di svolgere un’importante funzione “elaborativa”, come il capogruppo Maurizia Rabitti (compita nel ruolo fino a risultarne ingessata), ma anche Rossella Masetti o, fino al momento delle sue dimissioni, il presidente del consiglio Giancarlo Gasparini (non cito volutamente persone in giunta; lì la funzione elaborativa è palesemente assente – con un’unica eccezione, azzoppata però proprio dall’appartenenza all’amministrazione Denti: vedi). Anche per loro questa legislatura è da considerarsi un fallimento da cui cercare di prendere le distanze (non è un caso che non si ricordi una cosa significativa fatta da Gasparini come presidente del consiglio comunale – ancor meno degli altri). E’ singolare che nessuno di questo gruppo dirigente del PD sia in grado di presentare qualcosa di fatto – solo promesse per il futuro!

Anselm Kiefer, Fur Saint-John Perse Etroits sont les vaisseaux, 2003, 330×560 cm, particolare (foto del 3 novembre 2013)
[3] Stando così le cose, le primarie sono dunque “segnate”. A determinarne l’esito non sarà la qualità politica dei candidati, ma altri fattori: riconoscibilità e prestigio sociale (ovvero una “popolarità” tutta pre-politica) e la capacità organizzativa (con l’evidente vantaggio di chi non ha deciso all’ultimo minuto, ma ha preparato per tempo la sua candidatura) (vedi). In ogni caso, bisogna riconoscere che al deperirsi della capacità di elaborazione politica del PD locale fa da contrappeso la crescita della capacità di analisi e di proposta al suo esterno, in parti della “società civile”. La vera novità di questi anni è che è cresciuta in altre forze cittadine la capacità di “raccogliere” i problemi della città e di elaborare proposte per affrontarli, in primo luogo nelle liste civiche come Vignola Cambia. Con grande libertà (non ha scelte di governo da difendere a tutti i costi; non ha scheletri nell’armadio), con buona capacità, con idee innovative (a cui il PD stesso sempre più spesso attinge). Quanto tutto ciò sia promettente di una migliore amministrazione della città i cittadini vignolesi potranno saggiarlo nelle prossime settimane di campagna elettorale, a partire dal prossimo venerdì 7 marzo (vedi). Al momento accontentiamoci di concludere che anche Vignola è ora pienamente contendibile. E che un’aggregazione civica possa fare anche meglio di chi ha amministrato per lungo tempo una città lo testimonia l’esempio a noi vicino di Savignano.