Unione dei comuni o fusione dei comuni? Sul tema il PD gira a vuoto

Unione dei comuni o fusione dei comuni? Su questa domanda il PD locale è bloccato da un’intera legislatura (vedi). Cinque anni senza fare un passo in avanti nella discussione. Cinque anni senza neppure riuscire ad impostare in modo produttivo una discussione. Succede allora che ci si ritrova nella campagna elettorale del 2014 come se si fosse in quella del 2009. Con le idee confuse esattamente allo stesso modo. Con i candidati PD (al momento quelli alle primarie) che procedono in ordine sparso: ciascuno ha una sua idea, in genere fondata sulla sabbia delle impressioni, anziché sulla roccia degli studi di fattibilità. L’ultimo caso è quello di Daniela Barozzi, candidata alle primarie del PD a Spilamberto. Nella recente intervista rilasciata a Il Resto del Carlino dell’11 febbraio afferma: “Alla fusione sono contraria: l’identità comunale va tutelata fino a quando non viene dimostrato dai dati che conviene fondersi. E molti studi recenti fissano tra i 15 mila e i 30 mila abitanti la dimensione ideale di un ente locale che funziona” (pdf). Chi è in difficoltà si affida al richiamo del campanile. Vediamo cos’è che non va.

Osvaldo Licini, Memorie d'oltretomba, 1938 ca, GNAM-Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

Osvaldo Licini, Memorie d’oltretomba, 1938 ca, GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

[1] Ci sono due aspetti singolari nella dichiarazione di Daniela Barozzi. Partiamo dal più banale. Fosse vero che “molti studi recenti fissano tra i 15 mila e i 30 mila abitanti la dimensione ideale di un ente locale che funziona” questo sarebbe, per Spilamberto, un argomento a favore della fusione! Visto che di abitanti Spilamberto ne ha circa 12.500. Suggerirebbe dunque una fusione con un altro comune di dimensioni simili (es. Castelnuovo), così da arrivare a 25-30mila abitanti. Fosse vero sarebbe dunque un argomento pro-fusione. Ma forse conviene approfondire il tema. I “molti studi recenti” richiamati da Daniela Barozzi non sono indicati, magari si tratta di studi nient’affatto definitivi (io scommetto su questo): magari anche comuni da 50mila abitanti possono funzionare in modo ottimale. Abbastanza banale è anche la seconda considerazione: “fino a quando non viene dimostrato dai dati che conviene fondersi” dice. Ma proprio questo è il problema! Visto che in cinque anni il PD locale ed i sindaci del territorio non sono riusciti a mettersi d’accordo per “produrre” quei dati, ovvero per fare uno studio di fattibilità serio (e partecipato – aggiungo io) – per cui esistono anche appositi fondi regionali. Allora Daniela Barozzi, volesse essere coerente, dovrebbe dire: ho l’impressione che non sia conveniente, ma per fugare ogni dubbio è meglio fare uno studio di fattibilità. Vedremo. Magari la prossima intervista rettifica il tiro.

Osvaldo Licini, Amalassunta n.2, 1950, GNAM-Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

Osvaldo Licini, Amalassunta n.2, 1950, GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

[2] Il “campanile”. Ovvero “l’identità comunale”. Sembra ci sia questo in gioco. Il destino della patria natia – e dunque la nostra identità. Ed è certamente vero, ma non nel senso inteso da Daniela Barozzi. Identità sociale ed appartenenza sono stratificate (vanno dal micro-locale al continentale: dal sentirsi “appartenenti” alla comunità di San Vito, per intenderci, al sentirsi cittadini dell’Europa), senza che ciò significhi contrapposizione. Sono pure in mutamento – le relazioni tra i diversi strati cambiano nel tempo. Non è affatto detto, inoltre, che sia l’ente amministrativo (il comune) quello che gioca il ruolo più forte nel creare senso di appartenenza (io risiedo a Vignola, ma ho fatto l’università a Bologna, dove poi ho sempre lavorato, e mi sento anche bolognese – personalmente non sarei affatto turbato se il mio comune di residenza evolvesse, e il comune di Vignola venisse inglobato nel comune Terre di castelli). Ma soprattutto, queste supposte “identità” comunali non sono affatto garanzia di qualità e chances di vita. Tant’è che proprio nel 2014 sono nati tre nuovi comuni in Emilia-Romagna, originati dalla “fusione” di comuni più piccoli e – aspetto decisivo – approvati dalla maggioranza dei cittadini (alcune info al punto 4 di questo post: vedi)! Insomma se i cittadini ritengono convincente il progetto di fusione – se dunque i vantaggi (economici, ma non solo!) sono reputati significativamente maggiori degli svantaggi – finiscono con il non trovare alcun ostacolo nell’assegnare l’amministrazione delle proprie vite ad un ente diverso, più grande (ed in genere in grado – visto che è per questo che si fa l’accorpamento – di migliorare qualità e/o quantità dei servizi che offre ai propri cittadini). Sarebbe ora che politici ed amministratori di questo territorio ne prendessero atto, smettendo di agitare i fantasmi di un’identità da cartolina.

Giuseppe Capogrossi, Superficie 512, 1958, GNAM-Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

Giuseppe Capogrossi, Superficie 512, 1958, GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

[3] Una parola, infine, va spesa sulla singolare condizione del PD locale. Che in questo caso più che un partito organizzato, richiama l’idea di un’armata Brancaleone! Eppure ha pure un coordinatore locale – tal Luca Gozzoli – che evidentemente fa di tutto tranne che coordinare. Il tema non è stato affrontato in occasione delle elezioni comunali del 2009. Si trattava, semplicemente, di aprire una bella discussione interna incentrata sulla domanda: “che facciamo? Unione dei comuni o fusione dei comuni?”. Magari con tanto di referendum tra gli iscritti e gli elettori (le famose “primarie” delle idee di cui si discute da anni, senza però riuscire a metterle in pratica!). L’esito della discussione lo si sintetizzava in un documento approvato dai comitati direttivi locali e sottoscritto da tutti i candidati sindaco. Così da evitare sorprese una volta eletti – ovvero sindaci che esprimono posizioni personali (dando l’idea di difendere, tramite il “campanile”, la propria poltrona) uno contrapposto all’altro. Ed in effetti nelle prese di posizione di questi anni da una parte stava Francesco Lamandini e Daria Denti (disponibili, seppure un po’ a zig-zag, a fare lo studio di fattibilità sulla fusione), dall’altra Emilia Muratori e Giorgio Montanari contrari. Sulla base di quali dati e ragionamenti? Non è dato sapere. Cinque anni dopo il PD locale si trova esattamente nella stessa situazione. Non un passo avanti è stato fatto nella discussione (e nel coordinamento!). E così Daniela Barozzi annuncia la propria contrarietà alla fusione. Mentre, ad esempio, il PD di Vignola si esprime a favore dello studio di fattibilità. E con ironia involontaria chiude il proprio documento programmatico 2014-2019, nella parte dedicato al tema Unione/fusione, rimarcando “la necessità di individuare un percorso politico condiviso con gli altri circoli del PD del territorio e, ove possibile, una condivisione dei programmi con i quali il PD si presenterà ai cittadini alle prossime elezioni amministrative”. Non si rendono conto di arrivare lunghi ancora una volta? Le prese di posizione sono già iniziate e ciascun candidato dice la sua – al di fuori di qualsiasi coordinamento! Se non viene fissato a monte un impegno a cui tutti i candidati PD debbono attenersi (e l’unico impegno possibile è: indipendentemente da quello che si pensa, lo studio di fattibilità va fatto proprio per chiarire nel modo più puntuale i pro ed i contro delle due opzioni: manutenzione straordinaria all’Unione o invece fusione dei comuni) si rischia di buttare anche la prossima legislatura e di non riuscire a fare alcun passo in avanti nel “dibattito” (sic) sul tema.

Enrico Prampolini, Dissonanze n.1, 1955, GNAM-Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

Enrico Prampolini, Dissonanze n.1, 1955, GNAM-Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (foto del 24 novembre 2012)

PS Il coordinatore del PD dell’Unione Terre di Castelli, Luca Gozzoli, che è coordinatore dal giugno 2008, aveva in realtà annunciato l’imminente approvazione di un documento di presa di posizione a favore dello studio di fattibilità da parte del PD locale nel novembre del 2012 (vedi). E affermava temerario alla stampa: “se vogliamo usare uno slogan allora diciamo ‘Oltre l’Unione Terre di Castelli, il coraggio di una scelta verso un nuovo futuro’.” Da allora è passato “solo” un anno e mezzo. Ma quel documento non è mai venuto alla luce! Insomma, sindaci “indisciplinati”, coordinatori che non coordinano: una bella armata Brancaleone! Vogliamo rimetterci in queste mani?

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