“Il comitato? Mah, dico solo che i sindaci sono eletti dai cittadini, quindi li rappresentano. Anche nei rapporti con Hera, con cui dialoghiamo ogni giorno tranquillamente” – sono parole di Francesco Lamandini, sindaco di Spilamberto e assessore alle “politiche integrate per l’ambiente” dell’Unione Terre di Castelli (riportate su Il Resto del Carlino del 16 luglio scorso: pdf). Sono parole di risposta alla proposta, avanzata dal consigliere comunale PD di Spilamberto Umberto Costantini, di istituire un comitato degli utenti che si rapporti direttamente con Hera. Sono parole, soprattutto, che evidenziano il deficit di cultura politica che oggi caratterizza il PD ed i suoi amministratori – ci fosse bisogno di ulteriori prove! Vediamo perché.

Nuovi cassonetti a bocche calibrate in via Don Monari (zona autostazione) a Vignola (foto del 27 luglio 2013)
[1] Un partito “di sinistra” – ammesso e non concesso che il PD ambisca ad essere tale – dovrebbe prendere una posizione chiara sui diritti degli utenti della pubblica amministrazione e dei servizi pubblici (tra cui ricadono i servizi ambientali, anche gestiti da un’azienda a maggioranza pubblica come Hera Spa). E affermare inequivocabilmente che gli utenti dei servizi pubblici hanno il diritto di partecipare al controllo della qualità dei servizi ricevuti, oltre che alla performance dell’ente che li eroga. E’ semplicissimo, ma il PD non ci è ancora arrivato (vedi). Giacomo Vaciago, docente di Politica economica all’Università Cattolica di Milano e componente della commissione incaricata di redigere il “manifesto dei valori” del PD (a proposito: che fine ha fatto?), scrisse non molto tempo fa: “Stupisce che nel Manifesto dei valori del PD compaia in modo esplicito solo l’offerta, cioè l’impresa e i lavoratori, e non anche la domanda, cioè i consumatori, la cui soddisfazione è lo scopo stesso di un’economia di mercato (…). Il mio intervento ironico in Commissione fu del tipo: ci abbiamo messo un secolo per capire che accanto ai lavoratori c’è anche l’impresa; adesso ci vorrà un altro secolo per capire che il tutto ha senso solo se l’obiettivo vero è la soddisfazione del consumatore?” (Vaciago G., “Le proposte politiche del PD”, Il Mulino, n.6, 2010, p.926). “Consumatori” e “utenti dei servizi pubblici” non sono ovviamente la stessa cosa, ma non c’è dubbio che per entrambe si pone un problema di tutela e promozione dei diritti sin qui ampiamente misconosciuti (vedi). Comunque sia servirebbe a sinistra il coraggio di affermare senza equivoci il principio che la partecipazione al “controllo della qualità” dei servizi ricevuti è un diritto degli utenti. Ed in quanto diritto spetta agli utenti dire se e quando volerlo esercitare. Tradotto in un linguaggio comprensibile anche al sindaco di Spilamberto: la partecipazione dei cittadini al “controllo della qualità” dei servizi di raccolta rifiuti & C. forniti da Hera Spa va riconosciuto come un diritto. Un diritto! E se questi ritengono di esercitarlo costituendosi in comitato ciò va visto come l’organizzazione (auto-organizzazione) dell’esercizio di un diritto. Questo il primo punto. Quello di “principio”.

I tradizionali cassonetti in via Vigna, nelle cui laterali la raccolta sarà organizzata con il sistema “porta a porta” (foto del 27 luglio 2013).
[2] Riconoscere un diritto degli utenti di servizi pubblici non è però ancora rendere quel diritto “esigibile”, ovvero realizzabile. E la stessa partecipazione al “controllo della qualità” deve anche avvenire secondo modalità che possano garantire chances di efficacia (ovvero come reale processo di empowerment) anziché di inefficacia (e conseguente frustrazione). Si aprirebbe, di nuovo, un vasto campo di riflessione e sperimentazione per chi voglia porsi dalla parte degli utenti, visto che le esperienze di “partecipazione” degli utenti sono ad oggi tutt’altro che esaltanti. Pensiamo alla partecipazione di genitori e studenti negli organi della scuola. O a quello dei rappresentanti delle associazioni di tutela e del volontariato per il controllo della qualità “dal lato degli utenti” in sanità – tramite i Comitati Consultivi Misti. O, infine, al CRUFER (vedi), l’organo per “il confronto consultivo degli utenti (…) in modo da poter valutare la qualità ed efficienza dei servizi resi” nell’ambito dei trasporti ferroviari regionali in Emilia-Romagna (che, a riprova dei limiti di questa esperienza, è in questo momento “autosospeso” proprio per l’inutilità del confronto: pdf). Tuttavia, anche esiti tutt’altro che entusiasmanti non giustificano la rinuncia a “dare potere” agli utenti dei servizi pubblici facendoli partecipi dei processi di controllo (e miglioramento) della qualità. Semmai debbono essere uno stimolo a prendere sul serio il tema, abbandonando un certo “paternalismo” degli enti pubblici ed innovando modalità e strumenti della partecipazione.

Un cassonetto “sovraccarico” all’inizio di via Pratomavore. Poco distante, nell’area del Bettolino, è iniziata la raccolta con il sistema “porta a porta” (foto del 20 luglio 2013)
[3] Il costituirsi di un “Comitato” rappresenta un primo livello di organizzazione degli utenti, anzi di auto-organizzazione, anche se ancora di tipo informale. E’ un passo che apre la strada a successive forme organizzative: con il costituirsi formale di un’associazione si ha l’obbligo di adottare forme di democrazia interna (es. l’elezione dei membri chiamati a coprire cariche associative) e di trasparenza in merito al bilancio. In ogni caso l’adozione di forme organizzative avvia processi di definizione della rappresentanza e di sviluppo e accumulo di competenze. Dischiude cioè la possibilità di definire un soggetto collettivo in grado di rapportarsi in modo “competente” (il quanto varia ovviamente da caso a caso) con l’ente erogatore del servizio pubblico e di partecipare a misurazione, controllo e miglioramento della qualità del servizio stesso. Senza pretesa di sistematicità riportiamo alcune possibili azioni volte a rafforzare il ruolo degli utenti nei confronti degli enti erogatori di servizi pubblici.
- Norme di legge riconoscono in alcuni contesti il coinvolgimento di “rappresentanze” degli utenti tramite l’istituzione di organismi di confronto e collaborazione “paritetici”. Ne sono un esempio i Comitati Consultivi Misti, organismi delle aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna (vedi), o il CRUFER per il servizio ferroviario regionale. Poiché svolgono funzioni esclusivamente consultive hanno una bassa capacità di incidere sui processi e le attività degli enti erogatori. In altri casi il confronto non viene istituzionalizzato, ma è rimesso alla disponibilità delle parti (sono dunque i comitati che “costringono” l’ente pubblico al confronto). E’ difficile riconoscere a priori maggiore efficacia all’una o all’altra soluzione, visto che le variabili da considerare sono molteplici. La disponibilità al confronto strutturato con gli utenti e le loro rappresentanze dovrebbe tradursi nell’istituzione di tavoli di confronto adeguatamente normati. L’insoddisfazione di utenti e cittadini per tali esperienze evidenzia il fatto che le norme che le disciplinano finiscono per far assumere a tali organismi più una funzione di ingabbiamento delle istanze di partecipazione che di effettiva promozione.
- Nella vasta gamma di metodologie di controllo della qualità un posto particolare è assunto dall’audit civico (vedi). Si tratta di un metodo volto a rilevare in modo congiunto (con la partecipazione sia di rappresentanti degli utenti, che dell’ente erogatore) dati oggettivi sulle caratteristiche del servizio, ad esempio tramite check list o schede di rilevazione. In tal modo si superano divergenze e incomprensioni risultanti da giudizi soggettivi. Diviene anche più agevole concordare programmi di miglioramento – anch’essi misurabili nei risultati. Sperimentata in origine ai servizi sanitari, l’audit civico è stato applicato (anche se con il rifiuto dell’ente gestore a prendervi parte) al servizio ferroviario dall’associazione In prima classe per Bologna-Vignola (vedi).
- Un prerequisito dell’empowerment degli utenti è la “trasparenza”, ovvero l’accessibilità completa e pubblica di dati e di indicatori inerenti la qualità del servizio e l’efficienza della sua erogazione (total disclosure). Con il decreto legislativo n.33/2013 si fa un passo avanti in quella direzione, ma ancora insufficiente (vedi). Nel caso dei servizi di Hera Spa si dovrebbe poter controllare l’andamento nel tempo della raccolta dei rifiuti, area per area, o, ad esempio, poter verificare la qualità dell’acqua erogata tramite l’accesso ai dati dei controlli chimico-fisici prelievo per prelievo, ad esempio pubblicati sul sito web aziendale. Tutti dati oggi disponibili, ma non accessibili pubblicamente (e rispetto alla cui pubblicazione manca un’adeguata azione da parte degli enti locali, gli azionisti pubblici della società)!
Alberto Bellini, assessore a Forlì, mi segnala via facebook l’esperienza del Comune di Cesena, dove è stata l’amministrazione comunale a promuovere un “Comitato degli utenti” dei servizi pubblici.
“Nell’autunno 2011 entra nel pieno delle sue funzioni il Comitato utenti del Comune di Cesena. Il Comitato utenti nasce dalla volontà di confronto continuo tra l’Amministrazione comunale e i cittadini, in un’ottica di sempre maggiore trasparenza e partecipazione.
In particolare, il Comitato utenti vuole coinvolgere maggiormente i cittadini, accanto all’Amministrazione e al personale comunale, nella verifica dei servizi erogati attraverso le società partecipate e della loro effettiva risposta ai bisogni dell’utenza.
Secondo le indicazioni contenute nel disciplinare, il Comitato utenti è composto da membri di diritto e membri designati. Ne fanno parte di diritto il Sindaco – che lo presiede -, il Vicesindaco, l’Assessore di riferimento dell’ambito di attività delle società di volta in volta considerate, i capigruppo consiliari, il coordinatore del collegio dei presidenti di Quartiere e un rappresentante di ciascun Quartiere.
Partecipano anche i rappresentanti delle associazioni imprenditoriali, dei sindacati, delle associazioni dei consumatori, degli organismi di partecipazione scolastica e universitaria e di altre eventuali associazioni “costituite e iscritte ad appositi albi, portatrici di interessi generali o delegate a questo da organismi di rappresentanza di associazioni costituiti nel territorio comunale”.
Articolato il ventaglio di attività affidate al Comitato degli utenti, che per svolgerle potrà organizzarsi in commissioni e gruppi di lavoro, avvalendosi anche dell’apporto di esperti esterni. Fra i suoi compiti quello di definire gli indicatori di efficienza, quantità e qualità dei servizi (in accordo con i soggetti gestori e nell’ambito dei vincoli contrattuali esistenti), e di promuovere indagini di customer satisfaction da parte del gestore, proponendone e concordandone gli aspetti salienti da considerare.”
Qui il testo completo, le delibere istitutive, i verbali delle 8 sedute tenute tra l’aprile 2012 e il giugno 2013:
http://www.cesenadialoga.it/index.php/comitato-utenti/
E’ un’innovazione interessante, che prende sul serio il tema trattato nel post: esiste un diritto degli utenti dei servizi pubblici a partecipare al controllo della qualità di tali servizi? La risposta è affermativa. La proposta di un Comitato degli utenti incardinato nell’amministrazione e presieduto dal sindaco è una delle possibilità. Essendo una proposta innovativa va monitorata prima di prendere posizione. Colpisce però, a prima vista, il mancato coinvolgimento di semplici cittadini interessati al tema del controllo della qualità dei servizi. In ogni caso va apprezzato il riconoscimento del tema! Si tratta pur sempre di un atteggiamento opposto a quello di completa autosufficienza esibito dal sindaco di Spilamberto Francesco Lamandini.