Veterinario e cittadino. Competenze professionali al servizio di battaglie civiche, di Roberto Monfredini

Questo articolo nasce da una chiacchierata con una collega veterinaria dell’Azienda USL di Modena, dott.ssa Eva Rigonat, la quale mi ha spronato a scrivere alcune righe in merito ad una riflessione che possiamo affermare umanistico-veterinaria, a partire dalle vicende che “mi sono capitate” in questi ultimi due anni. Il tutto, in effetti, prende il via non molto tempo fa.  Il 30 novembre 2011, a Castelnuovo Rangone, si organizza in tutta fretta un’assemblea dedicata al progetto della società Inalca per produrre energia con la combustione di carcasse animale (circa 30000 ton/anno di grassi animali di categoria 1 – le peggiori nel mondo dei Sottoprodotti di Origine Animale – bruciate in un motore endotermico: vedi).

Roberto Monferdini interviene all'assemblea pubblica presso lo Spazio Famigli a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)

Roberto Monferdini interviene all’assemblea pubblica presso lo Spazio Famigli a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)

In qualità di medico veterinario, con 30 anni di esperienza in vari settori (ma non nel “morto”!), e dedicando il mio tempo libero alla salvaguardia dell’ambiente, mi trovai nella condizione di essere il punto tecnico di riferimento per un settore normativo in continua evoluzione e legato mani e piedi alle decisioni di Bruxelles. Da quella prima assemblea affollatissima nacque un comitato che prese il nome di ”Comitato no impianto biomasse Inalca“ (vedi), costituitosi il 16 dicembre 2011, che cominciò una lotta ferrea presentando alla Provincia di Modena, alla Regione Emilia-Romagna, al Ministero, alla DGSANCO di Bruxelles, al Parlamento Europeo, all’EFSA, all’ENVI, osservazioni, richieste di chiarimento, domande, solo al fine di capire se la legge consentiva davvero oppure no la realizzazione del progetto (vedi).
Il 22 Maggio 2012 la Provincia di Modena “boccia il progetto”, come affermò l’allora assessore (ed ora senatore PD) Stefano Vaccari, ma la ditta ritira il progetto pochi giorni prima del verdetto, stralcia la parte relativa alla cogenerazione ed il 16 giugno 2012 la Provincia di Modena approva il progetto “ridimensionato” (relativo alla prima fase di trattamento – rendering – senza l’incenerimento e cogenerazione). La motivazione della bocciatura della Provincia di Modena del 22 maggio consisteva nel fatto che l’impianto non era in linea con le norme sanitarie europee e con i regolamenti in vigore fino a quella data (vedi). In pratica erano  le osservazioni che il comitato dei cittadini aveva sollevato e aveva depositato agli organi competenti per la Valutazione di Impatto Ambientale (vedi).
L’impianto consisteva in un rendering, un  motore endotermico, un camino alto 15 metri, con una bocca di 150 cm, vapori in uscita a 150 °C, 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, con un controllo annuale del gestore sui fumi in uscita, il tutto inserito in un contesto vocato all’agricoltura ed all’agroalimentare di qualità: stalle da Parmigiano, Caseifici, vitigni di Lambrusco Grasparossa DOC, aceto balsamico, lattughe prelibate, ciliegie IGP, ecc.

Una slide che raffigura la simulazione della diffusione dell'ossido di azoto diffuso nell'aria dalla Centrale Inalca, presentata all'assemblea pubblica a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)

Una slide che raffigura la simulazione della diffusione dell’ossido di azoto diffuso nell’aria dalla Centrale Inalca, presentata all’assemblea pubblica a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)

In questi quasi due anni di scontri assembleari, a Spilamberto, Castelvetro, Castelnuovo, nei quali le parti, il comitato e la società Inalca dibattevano sulle regole, mi sono sempre sentito isolato come veterinario – se si esclude la partecipazione di un collega che opera negli animali da reddito e nelle stalle limitrofe che  si è adoperato per aiutarmi, del prof. Roberto Rosmini dell’Università di Bologna, della cortesia del prof. Baldi di Torino e dello Zooprofilattico di Torino e Modena.
Sorgevano allora le riflessioni che poi sono lo spunto per questo articolo: dove termina il veterinario e dove inizia il cittadino? Esiste una linea di demarcazione tra il veterinario che si occupa di visita ispettiva al macello e lo stesso che abita nel territorio, porta i figli a scuola, vive l’inquinamento ambientale come un qualsiasi cittadino? Mi sono trovato nella condizione di  presentare a convegni relatori che, in qualità di medici impegnati nel sociale, divulgavano informazioni sull’inquinamento e sulle forme di neoplasie, di asma, di ipertensione da esso derivate (vedi). Medici che svolgono il loro lavoro in ospedale e alla sera sono presidenti di associazioni per la difesa dell’ambiente (ISDE, Medicina Democratica) o che sono semplicemente medici  e a volte primari ospedalieri, sensibili al fatto che l’aria che si respira è fortemente inquinata (la Pianura Padana è una delle aree più inquinate d’Europa!). Mi sono allora chiesto per quale motivo non devo avere al mio fianco colleghi, con i quali ho trascorso anche anni di  Università insieme, a difesa dell’ambiente in cui viviamo. Per quale motivo dismesso il camice ispettivo, e quindi la ufficialità del ruolo, diventa impossibile  operare per la tutela dell’ambiente – che può essere in questo caso un impianto di macellazione o trattamento di carcasse, ma spesso sono ceramiche, inceneritori da rifiuti  speciali, cementifici e altro. Sono ben conscio che esistono figure importanti di colleghi veterinari che in varie parti di Italia rischiano anche la vita per la tutela della salute, per il rispetto dei regolamenti sanitari. Non cerco e non voglio generalizzare. Ma certamente se il progetto Inalca non è partito nella forma originaria è stato per opera del Comitato dei cittadini (vedi) che ha operato in mille modi – ed uno di questi era proprio l’analisi del progetto da un punto di vista sanitario.

Rappresentanti del Comitato No Impianto a Biomasse Inalca in occasione di una manifestazione a Castelvetro (foto del 28 aprile 2012) (foto dal sito web del Comitato)

Rappresentanti del Comitato No Impianto a Biomasse Inalca in occasione di una manifestazione a Castelvetro (foto del 28 aprile 2012) (foto dal sito web del Comitato)

Dato che dopo 30 anni di professione si diventa anche filosofi e sono profondamente convinto che la scelta della  professione e degli studi veterinari aiuti a comprendere aspetti della vita nel suo complesso da un punto di vista filosofico, credo fermamente che il veterinario debba  imparare a  vivere il lavoro ispettivo, al pari di un medico che tratta in sala operatoria un polmone umano di un fumatore, ma non per questo tace sulla nocività delle sigarette. Anzi alla sera si presenta al convegno per dissuadere tutti dal fumare facendo vedere i risultati epidemiologici.
Non  sono certamente ingenuo dal non pensare che possono esservi grossi conflitti di interesse tra il lavoro ispettivo e quello della difesa ambientale, come quando, ad esempio, è lo stesso imprenditore che opera su due livelli. Ma questo atteggiamento credo che vada a creare un danno alla professione veterinaria ed a limitare la possibilità espressiva dei nostri colleghi. L’ambiente in cui viviamo è di tutti e sta a tutti noi difenderlo, mettendo al servizio di questo obiettivo le nostre competenze, le capacità, i nostri interessi. Certo, la ricerca del profitto spesso è in contrasto con l’ambiente e la salute (non c’è bisogno di ricordare il caso dell’Ilva di Taranto), ma non per questo la professione esercitata deve dissuaderci dal nostro impegno, gratuito, a tutela della nostra generazione e (soprattutto) di quelle future.

Roberto Monfredini

PS Altri post di Roberto Monfredini sul tema della Centrale a biomasse Inalca e sulla tutela dell’ambiente e del paesaggio (a Castelvetro e non solo) sono raggruppati nella categoria “Roberto Monfredini“. Vedi inoltre il post “la sana merda” su Yahoo! Gruppi (vedi).

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