“avendo avuto sotto gli occhi alcune composizioni musicali di vario stile, e avendo più volte ascoltato suonare il cembalo, il violino e cantare il Sig. Cav. Amadeo Wolfgango Mozart di Salisburgo maestro di musica della camera di sua Altezza l’eccelso Principe Arcivescovo Salisburghese, in età di anni 14, con mia singolare ammirazione …” – così scrive da Bologna, il 12 ottobre 1770, padre Giambattista Martini (1706-1784), frate minore, musicista, maestro di cappella in San Francesco, storico della musica (vedi). E’ uno dei documenti conservati al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (vedi), testimonianza del secondo soggiorno bolognese di Mozart, nell’estate del 1770. Un pezzetto straordinario di storia della musica, accessibile a poca distanza da Vignola.

Ritratto di Wolfgang Amadé Mozart (1777), di ignoto pittore austriaco, esposto al Museo della musica di Bologna (foto del 28 aprile 2013)
[1] Nel 1770 Mozart, nato il 27 gennaio 1756, aveva 14 anni ed era impegnato, sotto la guida del padre Leopold, in un viaggio in Italia – un’attività, quella di viaggiare tra le diverse corti e città per mostrare il suo talento, che lo vedeva impegnato dall’età di 6 anni e che lo avevano portato in Germania, nei Paesi Bassi, a Londra, a Parigi, in Svizzera, a Praga. Il primo soggiorno bolognese di Mozart ebbe luogo dal 24 al 29 marzo 1770, in transito per Firenze, Roma, Napoli. La seconda tappa bolognese, assai più lunga, ebbe luogo invece dal 20 luglio al 18 ottobre dello stesso anno. In quell’occasione, ospite del conte Gian Luca Pallavicini (presso la cui dimora di campagna, alla Croce del Biacco poco distante dalla città, soggiornò nell’estate del 1770), Mozart prese lezioni da Giovanni Battista Martini, grande maestro bolognese di contrappunto che allora aveva 64 anni. Il 9 ottobre 1770 Mozart sostenne gli esami che erano richiesti per entrare a far parte della più che centenaria e prestigiosissima Accademia Filarmonica di Bologna. Come da prassi, Mozart venne rinchiuso da solo in un’apposita saletta affinché vi svolgesse il compito richiesto (ricavare una composizione a quattro voci, rispettando numerose regole dello stile polifonico di Giovanni Pierluigi da Palestrina, da un brano di canto gregoriano). Sembra che il compito sia stato “corretto” in segreto da Martini (che probabilmente giudicò la prova di esame di Mozart “troppo moderna”) prima della consegna alla giuria che, comunque, non fu entusiasta del componimento. In ogni caso Mozart superò l’esame e venne dunque ammesso all’Accademia bolognese. Aveva poco più di 14 anni.

La composizione realizzata da W.A.Mozart per l’esame di ammissione all’Accademia Filarmonica di Bologna, il 9 ottobre 1770 (foto del 28 aprile 2013)
[2] Non sono certo un appassionato di storia della musica. Probabilmente anche per questo ho scoperto il Museo della musica di Bologna solo da pochi giorni, seguendo le tracce di Mozart (un personaggio verso cui nutro una grande curiosità da quando ho visto lo straordinario film Amadeus di Milos Forman: vedi). E’ stato per caso che mi sono imbattuto (su una bancarella di libri vecchi a Bologna) in un libricino a lui dedicato (Jean-Victor Hocquard, Mozart, Mondadori, Milano, 1960) dove è riprodotto un suo ritratto del 1777 (a p.59), con indicazione della sede in cui è conservato: allora il Liceo Musicale di Bologna, ora il Museo della musica. Da quella bancarella è partita la mia ricerca per poter vedere il ritratto di Mozart custodito a Bologna. Il dipinto venne spedito da Leopold Mozart nel dicembre 1777 a padre Martini, che in una precedente lettera (del 18 dicembre 1776), oltre a complimentarsi con W.A.Mozart per una composizione che gli aveva donato, gli chiedeva un ritratto. Un anno dopo il ritratto, opera di un anonimo pittore austriaco, giunse a Bologna dove è tuttora conservato. Leopold lo definisce “rassomigliantissimo”. Wolfgang Amadé Mozart (Amadeo Wolfgango Mozart – è scritto nella parte superiore) è rappresentato in abito da gentiluomo ed esibisce la croce dello Speron d’Oro che papa Clemente XIV gli aveva conferito il 5 luglio 1770 a Roma (subito prima del secondo soggiorno bolognese). Il ritratto di Mozart, la lettera di padre Martini, il componimento di Mozart (anche quello “corretto” da padre Martini) sono alcune delle preziose testimonianze di storia della musica oggi accessibili al Museo internazionale e biblioteca della musica di Bologna (vedi), inaugurato nel 2004. Un patrimonio ricchissimo di strumenti musicali del medioevo e dell’età moderna; testi di musica, manuali per strumenti, spartiti dalla fine del ‘400 agli inizi del ‘900; oltre a ritratti di musicisti, compositori, cantanti di opera lirica – alcuni dei quali di gran valore: vedi il Ritratto di Johann Christian Bach (1776) di Thomas Gainsborough (vedi). Un museo, dunque, assolutamente da visitare solo che si nutra un minimo di interesse per la storia della musica (o per qualche suo episodio, come nel mio caso).

Nota autografa di padre Giambattista Martini su W.A.Mozart, datata 12 ottobre 1770 (foto del 28 aprile 2013)
[3] Ma proprio la ricchezza dei materiali esposti evidenzia anche il limite del Museo della musica, in ciò accomunato alla quasi totalità dei musei italiani. Non si tratta solo della sede, l’antico palazzo Riario Aldini Sanguinetti, in Strada Maggiore al n.34 (a poche centinaia di metri dalle due torri). Ovviamente un palazzo del XVI secolo, mentre costituisce una location affascinante (es. per le sale affrescate) per un’esposizione museale, introduce anche importanti vincoli sulle modalità di allestimento. Non si tratta neppure di un allestimento nient’affatto entusiasmante (come si può facilmente constatare), ad esempio per un’illuminazione chiaramente inadeguata (interessanti e ben riusciti, comunque, i cassetti estraibili e retro-illuminati). Il limite vero sta nel progetto espositivo che, inevitabilmente, finisce con il sopraffare cognitivamente il visitatore, proprio per la grande ricchezza di materiali e per il fatto che le modalità espositive finiscono con il “livellare” tutti i materiali presenti (mentre invece vi sono gerarchie in merito alla rilevanza). Se un museo vuole proporsi non solo agli specialisti della materia, ma anche al grande pubblico (ed è quanto un museo dovrebbe fare!), necessita di una capacità di narrazione che i soli oggetti (e le relative didascalie) non sono in grado di garantire. Mentre gli ausili disponibili – es. audio guide – sono tuttora troppo legate ai materiali esposti, finendo con il riprodurne una logica di accatastamento. Al centro invece andrebbe collocata la narrazione, sviluppata a partire dagli episodi più significativi (quello del soggiorno bolognese di Mozart è certamente uno di questi) ed in grado di tessere assieme gli elementi di storia della musica con la vita delle persone e la storia della società di allora. Insomma, non basta il ricchissimo patrimonio culturale di questo paese. Occorre anche renderlo fruibile ed interessante, farlo “parlare” al visitatore di oggi. Questo è il vero compito, in larghissima parte ancora da svolgere, delle istituzioni culturali. Progetto espositivo; didattica della storia, della cultura e dell’arte; tecnologie (multimediali) ed adeguate risorse sono gli ingredienti necessari.

Ritratto di Wolfgang Amadé Mozart (1777), conservato al Museo della musica di Bologna. Mozart indossa la croce dello Sperone d’Oro, conferitagli da papa Clemente XIV il 5 luglio 1770 (foto del 28 aprile 2013)
PS Johann Crysostom Wolfgang Theophilus Mozart è il vero nome di Mozart. Theophilus, che significa “amico di Dio”, “si trasformò molto presto in Amadé, mentre il più solenne Amadeus non fu mai usato nella famiglia Mozart, se non per scherzo” (cfr. Melograni P., WAM. La vita e il tempo di Wolfgang Amadeus Mozart, Laterza, Bari, 2003, p.15; mi sono affidato al libro di Melograni – vedi – per la descrizione dei soggiorni bolognesi di Mozart: vedi le pp.61-62 e 70-74).
PPS Questo post continua una riflessione sui luoghi della cultura e sui musei che, senza pretesa di organicità (ma con una visione chiarissima dei limiti degli attuali “progetti” espositivi), è stata proposta a più riprese su AmareVignola (consulta i post della categoria “cultura”: vedi). Dalla Rocca di Vignola (vedi) all’ipotesi di una “casa della poesia” (vedi), dalle mostre sul Risorgimento in occasione delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia (vedi) al MUSA-Museo dell’assurdo (o assurdo d’un museo? vedi), al “sistema” (sic) museale del territorio (vedi).
quello che scrivi sui musei è senza alcun dubbio condivisibile. Se pensiamo a casa nostra (vignola caput mundi) il primo esempio che mi viene è il museo Marmi sul cinema. Una serie importante di pezzi unici che indubbiamente rischia di essere esposta ma di non avere quel riconoscimento che meriterebbe. Prendendo dal sito dell’UTC “la collezione Marmi comprende molteplici attrezzature, pellicole e documenti riguardanti la storia del Cinema e del Precinema dall’800 ai giorni nostri.
La collezione comprende tutti gli strumenti che nei secoli scorsi sono stati inventati per creare l’illusione del movimento delle immagini: lanterne magiche e giochi ottici come il zoetropio, il praxinoscopio, il taumatropio e il fenachistoscopio, strumenti da animazione provenienti dai diversi paesi europei con centinaia di vetrini illustrati tra cui anche suggestivi teatrini di ombre cinesi.
E poi decine di proiettori di ogni dimensione usati per la proiezione in pellicola e ogni attrezzatura utilizzata per il cinema” Anche in questo caso si corre il rischio di non valorizzare un patrimonio che andrebbe collocato in un diverso ambito ove poter non solo vedere queste attrezzature ma fruire del risultato che esse danno : ovvero vedere dei film che facciano “parlare ” questi strumenti.
Allo stesso modo credo non si possa parlare della musica di Mozart senza poterla ascoltare. E in questo caso a Vignola abbiamo perso un treno importante. Non c’è dubbio che l’Italia sia la patria della lirica. Non è un caso se abbiamo potuto vantare artisti come Pavarotti, Caruso, Gigli, Tebaldi e non ultima Mirella Freni. Ebbene quando Vignola ebbe l’onore e il piacere di avere la sede del Cubec (la sede legale è tutt’ora a Vignola in via N. Ghiaurov) non abbiamo saputo sfruttarla a dovere e da alcuni anni si è trasferita a Modena . Nei giornali inglesi, francesi di musica lirica si leggeva la offerta formativa della scuola del bel canto di Mirella Freni con sede a Palazzo Barozzi. Non si è fatto nulla per valorizzare questo patrimonio, salvo alcuni rari concerti nella sede della fondazione CRV. Peccato anche quello faceva parte della promozione TURISTICO CULTURALE di Vignola. Tornado a Mozart , credo che accanto ai musei occorre ritornare a promuovere la MUSICA LIRICA. aiutiamo le associazioni culturali del nostro territorio a formare non solo il gusto ma anche l’Udito dei cittadini promuovendo l’ascolto della musica lirica. Tutto ciò presuppone però un disegno culturale che deve interessare non solo il nostro paese ma tutto la cultura dell’ UTC. Occorre ahimè un progetto! Auguriamoci che qualche assessore alla cultura si doti di un progetto . In Italia gridiamo spesso al paradosso della cultura: “in Italia esistono 4.340 musei, 46.025 beni architettonici vincolati, 12.375 biblioteche, 34.000 luoghi di spettacolo, 47 siti Unesco (l’Italia è il paese col maggior numero di siti protetti dall’Unesco nel mondo), ma l’investimento pubblico annuo destinato alla cultura è di 1,42 miliardi di euro, pari allo 0,19% del bilancio statale (0,11% del Pil),uno dei più bassi a livello europeo (la Germania investe nel settore l’1,35% del Pil), ulteriormente ridottosi a seguito della crisi (rappresentava lo 0,39% del Pil prima del 2008)”.
Il paradosso italiano della cultura riflette una visione riduttiva ed economicistica, parziale e sbagliata della cultura, intesa come una spesa, un costo da tagliare, un passatempo accessorio e inutile, una zavorra che appesantisce i conti dello Stato. Al contrario, io credo che la cultura sia la principale risorsa su cui investire nel futuro, ma già da ora. In termini economici, può diventare lo strumento attraverso il quale edificare una crescita consapevole, responsabile, sostenibile, intelligente e inclusiva, che inneschi meccanismi virtuosi, capaci di coniugare conservazione del patrimonio e innovazione dei modi del suo utilizzo, dando vita a molti posti di lavoro . Per fare questo, occorre non sola la volontà politica, ma anche le risorse adeguate. Si inizia a livello locale a credere che la cultura serve e non è un accessorio inutile
Non c’é alcun dubbio che a Vignola e nell’Unione Terre di Castelli manchi un “progetto”, ovvero una visione delle politiche culturali. Il termine del mandato di Roberto Alperoli, sindaco di Castelnuovo e assessore alla cultura dell’Unione fino al 2009, ha lasciato un vuoto non colmato. Alcuni dibattiti avviati timidamente sono stati frettolosamente chiusi, anziché ampliati, sviluppati, diffusi:
https://amarevignola.wordpress.com/2008/11/30/politiche-per-la-cultura-a-vignola-e-nellunione-terre-di-castelli/
ma anche:
https://amarevignola.wordpress.com/2011/04/16/poesiafestival-c-uno-sguardo-disincantato-sugli-eventi-culturali-del-territorio-dellunione/
Le occasioni per intavolare una riflessione seria ed un dibattito allargato e partecipato (cosa che va assolutamente fatta, visto le decine di associazioni culturali che popolano e arricchiscono il territorio dell’Unione) non sono mancate: dal “piano delle strategie” del 2006 agli eventi “preparatori”, durati anni, sul PSC. Invece nulla. Ogni sindaco o assessore ha i propri “progetti” (sic), i propri “sogni nel cassetto”, ma soprattutto, in verità, i propri limiti: di visione e di risorse. Dunque ad oggi questo territorio manca di un pensiero strategico sulla cultura: per farne un elemento di attrazione e di visibilità del territorio stesso, ma anche per farne un elemento di arricchimento delle comunità locali. E proprio mentre,. a proposito del PSC, si vorrebbe far credere di adottare una visione che, finalmente, va oltre i confini comunali, un elemento da tutrti considerato strategico come i luoghi della cultura e gli eventi culturali sono ancora pensati su scala comunale. Senza nessuna preoccupazione ed analisi sulla sostenibilità nel medio periodo (aprire un nuovo museo, un nuovo luogo della cultura, è impresa impegnativa; ma lo è molto di più mantenerlo vitale dopo i primi anni, quando è svanito l’effetto curiosità). Da questo punto di vista gli attuali amministratori sono una grande delusione. Nel corso di questa legislatura tutto ciò che sono riusciti a produrre è il “museo diffuso”: un logo, un corso di formazione, un po’ di coinvolgimento di scuole e Philippe Daverio (non conosciamo ancora il cachet da lui preteso) che tiene una conferenza a Vignola (mettendo in fila un po’ di banalità):
https://amarevignola.wordpress.com/2013/03/28/lamministrazione-adotta-un-ricco-philippe-daverio/
Decisamente troppo poco. Per quanto riguarda i settori da privilegiare (la lirica? l’arte figurativa? i documenti storici del nuovo archivio in progettazione a Villa Trenti? ecc.) ognuno ha le sue preferenze, che è bene superare grazie ad un progetto collettivo. Anche per sollecitare tutti ad alzare un po’ lo sguardo. Verso l’orizzonte. Verso il futuro. Magari è un percorso che si potrà fare dal 2014. Cambiando qualche amministrazione ….