Fondazione di Vignola/2. Trasparenza e dialogo: si può fare di più

Nel bilancio di missione 2009-2012 della Fondazione di Vignola sta un capitoletto, una pagina appena, su “i rapporti con il territorio: trasparenza e dialogo” (è a pag. 25). Si esordisce con un’affermazione nient’affatto banale: “la Fondazione costituisce un patrimonio della collettività”. Che la fondazione costituisca un patrimonio  per la collettività è evidente, visto che eroga a beneficio della comunità 1,8 milioni di euro l’anno. Ma se essa è anche un patrimonio della comunità, ovvero se essa “appartiene” alla comunità, come può questa partecipare a determinarne gli indirizzi? A me sembra che ad oggi la Fondazione di Vignola non abbia ancora dispiegato per intero le modalità operative che possono davvero farne un patrimonio “della comunità”. In questo momento di passaggio, al termine della presidenza di Giovanni Zanasi, vale la pena prendere sul serio questo tema.

Il comitato di gestione della Fondazione di Vignola (al centro il presidente Giovanni Zanasi) in occasione della presentazione del Bilancio di missione 2009-2012 (foto del 20 aprile 2013)

Il comitato di gestione della Fondazione di Vignola (al centro il presidente Giovanni Zanasi) in occasione della presentazione del Bilancio di missione 2009-2012 (foto del 20 aprile 2013)

[1] Partiamo dalla “trasparenza”, l’aspetto più semplice. In realtà il termine richiama più aspetti. Il primo attiene al “rendere conto” (vedi) e precisamente al rendere conto alla comunità delle modalità di valorizzazione del patrimonio e di impiego degli “utili” in tal modo generati, appunto circa 1,8 milioni all’anno. A tal fine la Fondazione di Vignola redige il “bilancio di missione” – una pratica introdotta per la prima volta durante la presidenza di Giorgio Cariani (che con il Bilancio di missione 1997/1998 fu un vero innovatore!) e mantenuta negli otto anni di mandato di Giovanni Zanasi. Negli ultimi anni il “bilancio di missione” è divenuto annuale, accompagnando così il bilancio di esercizio, anche se questa relazione di rendicontazione non è affatto stata enfatizzata (è disponibile nel sito web della fondazione appunto quale parte del bilancio d’esercizio, ma non viene presentato pubblicamente, se non nella versione “bilancio di mandato”, ovvero riferito al quadriennio trascorso; qui un commento al bilancio di missione 2005-2008 – vedi – e qui al bilancio di missione 2009-2012 – vedi).

Manifesti relativi alla presentazione del bilancio di missione 2009-2012 (foto del 7 aprile 2013)

Manifesti relativi alla presentazione del bilancio di missione 2009-2012 (foto del 7 aprile 2013)

Un secondo aspetto è consistito nell’introduzione di un dispositivo di erogazione dei contributi basato su “bandi pubblici”, con indicazione anche delle risorse disponibili da assegnare ai diversi fattori. Oggi chi intende sottoporre alla fondazione una richiesta di finanziamento sa che vi sono termini precisi per la presentazione della richiesta e relativo progetto (30 aprile e 31 ottobre di ogni anno) e che entro 60 giorni da quelle scadenze avrà risposta circa l’accoglimento o meno della richiesta. Tutto a posto, dunque? No di certo. Nell’era di Internet e degli open data si deve fare di più, anche perché la trasparenza vera è quella che consente di conoscere in dettaglio i progetti finanziati e le ragioni che hanno portato al loro finanziamento (escludendo invece dal finanziamento altri progetti ritenuti meno meritori o meno coerenti con i criteri definiti). E che consente anche di conoscere i risultati di quei progetti, ovvero il beneficio che la comunità ha acquisito dalla loro realizzazione. Aumentare la trasparenza su questo fronte non è affatto impegnativo – si tratta dunque semplicemente di volerlo. Si tratta infatti di rendere pubblicamente accessibili (evidentemente sul web) documenti già oggi disponibili:

  • il progetto presentato al momento della richiesta di finanziamento;
  • la valutazione dello stesso, effettuata, come recita il bilancio di missione 2009-2012 (p.31), “sulla base di criteri predeterminati che sono: la ricaduta sul territorio di riferimento; il valore scientifico, culturale o sociale; la congruità dei costi previsti; l’affidabilità ed esperienza del soggetto richiedente; la capacità di coinvolgimento di altri soggetti”;
  • la “valutazione ex post delle iniziative sostenute, per verificarne la rispondenza alle modalità e agli obiettivi dichiarati nella richiesta” (p.31).

Oggi le ragioni di erogazione dei contributi non sono affatto trasparenti. Dei progetti ammessi a finanziamento conosciamo solo l’ente proponente, il titolo, l’importo erogato. Assai poco, dunque. Invece un più elevato livello di trasparenza (total disclosure) è sia auspicabile che possibile. Cosa si aspetta dunque?

Slide con l'immagine della Rocca di Vignola con il cantiere in corso per la manutenzione della Rocchetta (foto del 20 aprile 2013)

Slide con l’immagine della Rocca di Vignola con il cantiere in corso per la manutenzione della Rocchetta (foto del 20 aprile 2013)

[2] Veniamo al “dialogo”. Nel Bilancio di missione 2009-2012 sotto questo termine sono rubricate due distinte attività: l’informazione rivolta alla comunità locale ed il “confronto”. L’informazione alla cittadinanza, realizzata mediante la distribuzione postale del foglio semestrale “La Fondazione informa”, il sito web dell’ente e – così precisa il documento – “n. 6 conferenze stampa” nel corso del mandato, è in effetti un primo livello di “coinvolgimento”. Ovviamente, però, l’espressione “dialogo” si riferisce ad altro, ovvero al “confronto”, detto “costante”, “con cittadini, enti e associazioni del territorio”. “Il dialogo costante con tali realtà è avvenuto mediante incontri periodici con i Sindaci dei Comuni dell’Unione Terre di Castelli, con i vertici degli istituti scolastici della zona, con rappresentanti di associazioni di volontariato, enti nominanti e associazioni di imprenditori” (in questo elenco – p.25 – già sono scomparsi i semplici “cittadini”, che pure nella precedente elencazione erano messi al primo posto). Il tema, in realtà, è quello della determinazione degli indirizzi della fondazione. Posto che i componenti dell’organo di indirizzo (il Consiglio della fondazione) vengono nominati dalle realtà di “interessi” locali, pubblici e privati (nel caso specifico enti locali, Camera di Commercio, Università … Consiglio uscente), e che non esiste (giustamente) un vincolo di mandato, come si formano gli “indirizzi” che la Fondazione assume? “Confronto” e “ascolto” sono attività meritorie, ma deboli, visto che manca loro l’elemento della “pubblicità” ed il carattere di “pubblica discussione”.

Manifesti per l'incontro pubblico di presentazione del Bilancio di missione 2009-2012 (foto del 13 aprile 2013)

Manifesti per l’incontro pubblico di presentazione del Bilancio di missione 2009-2012 (foto del 13 aprile 2013)

Nell’attuale configurazione “feudale” gli orientamenti prendono infatti forma attraverso un “confronto”, con i “poteri” locali più o meno grandi, che rimane però essenzialmente privato. La collettività, la comunità, è in larghissima parte tagliata fuori da questa attività di “confronto” e di “ascolto”. Ne consegue un meccanismo di governance oligarchico, limitato cioè ai rapporti tra i poteri insediati (formali o di fatto), che taglia fuori i semplici cittadini. Una configurazione alternativa, in grado di riconoscere un ruolo ad ogni singolo cittadino, così come ad ogni realtà associativa, non va cercata in direzione dell’assemblearismo (a cui ha fatto riferimento, in risposta ad un mio intervento, il presidente Giovanni Zanasi in occasione della presentazione del Bilancio di missione 2009-2012, sabato 20 aprile). Non si richiede, infatti, il superamento della configurazione che pone in capo agli organi statutari la responsabilità dell’assunzione di un indirizzo. Si richiede invece l’apertura di un “confronto” pubblico in grado di “accogliere” qualsiasi contributo, nel senso di prendere sul serio gli argomenti sviluppati (secondo la tradizione della democrazia deliberativa), ovvero riconoscendo che la formazione degli indirizzi non è solo una questione di “volontà” degli stakeholder, ma anche (o soprattutto) di formazione della loro opinione. E che, dunque, a tal fine meglio si presta un esteso gioco argomentativo a cui tutti i soggetti locali, tanto individuali, quanto collettivi, possono partecipare. Gli strumenti per fare ciò oggi sono ampiamente disponibili: dagli incontri pubblici ai dispositivi web di raccolta di contributi e di pubblica discussione. Di nuovo è solo questione di volontà. Prendere sul serio dichiarazioni come quella secondo cui la Fondazione è un patrimonio della collettività (non solo per la collettività) significa oggi introdurre pratiche di formazione degli indirizzi che siano inclusive (tutti debbono poter parteciparvi se ritengono di aver qualcosa di significativo da dire) e pubbliche. Si può fare.

One Response to Fondazione di Vignola/2. Trasparenza e dialogo: si può fare di più

  1. Poche volte mi è capitato di leggere un commento così corretto e rappresentatativo della realtà che ha governato negli anni passati,non solo le scelte della Fondazione di Vignola,ma quella di tutte le Fondazioni della regione e non solo di quelle.
    Potrebbe essere citato come ESEMPIO di LUCIDA ANALISI di come ha funzionato e purtroppo continua a funzionare l’intero Paese.
    Pochi decidono per tutti ,come al tempo dei Contrari,ma almeno loro derivavano la loro presenza ai vertici della società, NEL CASTELLO dalla fedeltà ai Duchi Estensi.
    Questi di oggi in base a quale criterio lo fanno?
    Se il Centro storico di Vignola ( e di Ferrara ) sono combinati come sono combinati ?
    Perchè nessuno sembra aver compreso che l’Industria Turistica,di cui nessuno si occupa,è stata ,rimane e sarà una delle poche Industrie di Servizio,che hanno mercato perciò futuro ?
    Perchè nessuno ne parla ?

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