Non è certo un caso che in tutto il percorso di “ascolto strategico e partecipazione” né amministratori né tecnici si siano presi la briga di illustrare quello che pure i documenti del PSC definiscono uno dei pochi “progetti strategici” per questo territorio, ovvero l’intervento sull’area ex-Sipe (dopo che l’Accordo di programma del 2009 è completamente saltato). Andrea Pillon, facilitatore (sic!), è riuscito a condurre cinque incontri pubblici sul PSC senza mai accennare al progetto. Tant’è che nelle “restituzioni” dei cinque incontri e del loro dibattito il tema è riportato pochissime volte ed in tutti i casi su iniziativa dei partecipanti e con idee di utilizzo del tutto difformi rispetto a quelle che carsicamente vanno prendendo corpo. Perché il progetto è quello di farci una “cittadella del cibo” – un’espressione certo accattivante, almeno a prima vista, ma il cui significato non è ancora stato chiarito pubblicamente, sebbene la formula risalga oramai a più di due anni fa e da allora sia stata utilizzata più volte (vedi).

L’area detta “Sipe Alte” tra la Pedemontana a Sud e lo stabilimento della Ceramica La Guglia a Nord. A destra della strada provinciale che attraversa l’area da Nord a Sud, invece, sta la zona “Sipe Basse” (da Google Maps).
[1] Ricorre di frequente, in effetti, anche nei documenti del PSC. Ma per capire qualcosa di quanto i nostri amministratori stanno prefigurando bisogna sapere che nell’area c’è tuttora una previsione di 11mila mq di superficie di vendita (commerciale), variamente articolata, ma con perno un’unica struttura di grandi dimensioni, “non alimentare” (dice il POIC-Piano Operativo degli Insediamenti Commerciali della Provincia di Modena), “che comunque non potrà superare i settemila metri quadri”. E’ una previsione introdotta dal PTCP adottato nel 2008 (vedi; allora però doveva essere funzionale alla realizzazione di un “parco scientifico e tecnologico” da 10.000 mq di superficie coperta recuperando i vecchi edifici industriali delle Sipe Basse). E successivamente ribadita nel POIC del 2011 (cfr. pag. 56 dell’Allegato 2 – Relazione di piano: vedi), quando oramai la funzione originaria (uno “scambio” con la proprietà dell’area per fini di rilevante interesse pubblico, appunto rende possibile un “tecnopolo” che non fosse un francobollo, come quello di cui peraltro oggi si rinvia la realizzazione: vedi) era venuta meno.

L’area “Sipe Alte” dove è previsto un insediamento commerciale con superficie di vendita fino a 11.000 mq (foto del 28 luglio 2011)
[2] “Una cittadella del cibo e dei prodotti locali”, così lo presentò per la prima volta Daria Denti sulla Gazzetta di Modena del 21 dicembre 2010 (pdf). Da collocarsi nelle Sipe Alte, mentre per le Sipe Basse ipotizzava lo spostamento della sede vignolese dell’Istituto di agraria L.Spallanzani. Qualche giorno dopo era la volta di Francesco Lamandini che sempre sulla Gazzetta di Modena (5 gennaio 2011, p.28: pdf) ribadiva il “progetto” (sic), tanto da aggiungere che l’idea sarebbe stata presentata “in grande stile a marzo [2011]” (poco importa poi che il giornalista collocasse nelle Sipe Alte, in questo caso, l’Istituto di agraria!). Due anni dopo siamo ancora in attesa. L’ultima esternazione sui quotidiani locali è ancora di Daria Denti che su Il Resto del Carlino (14 giugno 2011, p.19: pdf) presentò uno dei suoi troppo numerosi “sogni”: “farne un grande polo ortofrutticolo, la ‘porta dell’Unione’, evitando centri commerciali o outlet”. Arriviamo quindi ai documenti del PSC. A pagina 11 della bozza del “Documento strategico” (presentata nella seduta congiunta delle competenti commissioni consiliari il 3 aprile scorso) sta scritto: “Ma un territorio con queste caratteristiche può e deve investire anche sul turismo enogastronomico, ambientale e culturale. Va in questa direzione l’individuazione di un ambito idoneo, che indichiamo nell’ex SIPE, in cui attrarre e concentrare politiche di sostegno e promozione alle nostre eccellenze ed al territorio. Una “cittadella del cibo” che si pone l’obbiettivo di aumentare l’attrazione territoriale ricercando prima di tutto maggiori sinergie tra i principali soggetti del territorio. Una “cittadella del cibo” in cui promuovere, commercializzare e degustare i prodotti; promuovere e sostenere i produttori attraverso i vari servizi e la diffusione dei “saperi”. Una cittadella che per dimensione, collocazione e caratteristiche dell’offerta sia in grado di alimentare politiche diffuse sul territorio che si pongano l’obiettivo di completare la filiera. E’solo in questo ambito che prevediamo la possibilità di strutture commerciali con superficie vendita superiore ai 2.500 mq non finalizzate però alla ristrutturazione della rete distributiva esistente, ma al consumo e alla cultura del prodotto di qualità. Un ambito idoneo ed ideale per attrarre politiche sostenute da risorse private che gli enti locali dovranno ricercare ed incentivare.” Forse per pudore gli amministratori parlano di superficie di vendita “superiore ai 2.500 mq” (vero, per carità; ma si tratta, come dice il POIC, di un insediamento fino a 11.000 mq!). Comunque in che cosa consista questa “cittadella del cibo” è tutt’altro che chiaro. Eppure per un progetto che si dice strategico – e per un corretto rapporto con i cittadini (sempre che importi) – un po’ di chiarezza andrebbe fatta.
[3] Il lettore ingenuo potrebbe pensare che nella pianificazione del territorio prima si prefigurano in astratto delle funzioni da realizzare, quindi si va a ricercare (magari attraverso procedure trasparenti, tipo “bando”) il miglior realizzatore o la migliore localizzazione. No, le cose quasi mai vanno così. Come tutti gli studi dimostrano, al procedimento ufficiale si sovrappone un processo che scorre in senso inverso in cui interessi materiali “premono” perché un progetto venga inserito nella pianificazione territoriale, magari anche “confezionandolo” in modo da esercitare il massimo di appeal possibile. Quale dei due processi prevalga è questione empirica, che varia da caso a caso. E’ pertanto opportuno provare a “decodificare” questo singolare assemblaggio che va sotto il nome di “cittadella del cibo”, anche se un progetto vero e proprio al momento non è stato presentato (anche se è da più di due anni che se ne parla) e le formulazioni anche più estese non dicono chiaramente di che cosa si tratta (si leggano le due pagine su L’area Sipe Nobel come Cittadella del cibo contenute nella bozza di Documento Preliminare del PSC del 28 marzo 2011: pdf). Ciò che al momento sappiamo è la previsione di un’area commerciale nella zona (fino a 11.000 mq di superficie di vendita). Così come sappiamo che esiste (tuttora?) un “accordo tra la proprietà dell’area, ovvero la società Green Village, e Coop Estense, riguardo l’area dell’ex Sipe Alte”, come riferito dalla Gazzetta di Modena del 29 luglio 2011 (vedi). Il rischio, per parlar chiaro, è che le roboanti funzioni che punteggiano le narrazioni degli amministratori ad uso dei media alla fine lascino sul territorio solo uno o più centri commerciali.
[4] C’è comunque un aspetto che, pur nella vaghezza dei contorni e dei contenuti del “progetto” (sic), suona già oggi come assai poco convincente di questa “cittadella del cibo”. E’ proprio l’idea di “cittadella”, ovvero di nuova polarità, nuovo centro di attrazione. Non c’è alcun dubbio, infatti, che questo “progetto” segna una rottura significativa con la strategia sin qui perseguita di promuovere lo sviluppo dei centri urbani (e dei centri storici) come “centri commerciali naturali”. Perché è nei centri storici dei comuni del territorio che dovrebbero essere collocate e poi sostenute e fatte crescere le funzioni di “promozione, commercializzazione e degustazione” dei prodotti tipici del territorio! Ed ugualmente è negli insediamenti già presenti sul territorio, spesso in modo diffuso, che dovrebbero essere collocate e poi sostenute e fatte crescere le funzioni di “promozione e sostegno” ai produttori attraverso i vari servizi e la diffusione dei saperi! La narrazione che si propone si pone in evidente discontinuità con le politiche perseguite sino ad ora. La realizzazione di una “cittadella del cibo” rischia infatti concretamente di alterare un assetto delle funzioni allocate sul territorio che da noi ha salvaguardato più che altrove i centri urbani (seppure non in misura tale da preservarli dalla crisi e da processi di relativo degrado). In ogni caso, chiarita l’importanza della posta in gioco, davvero si vuole continuare con le descrizioni fantasiose, ma fumose, su uno dei pochissimi “progetti strategici” di questo territorio? Non è giunto il momento di scoprire le carte e discuterne pubblicamente?
Forse è il caso di PRECISARE che la DOMANDA dei Prodotti eno-gastronomici di qualità che hanno una loro clientela è prevalentemente quello dei Turisti, e tra questi,prevalentemente da parte di STRANIERI.
Per cui diventa necessario inserire la commercializzazione di tali prodotti all’interno dei nostri Centri Storici,e non in areee ex industriali periferiche riconvertite.
Le quali possono servire solo per nuovi insediamenti di Super mercati,nei quali un turista non entrerebbe mai,anche perchè a casa loro ne hanno di più attrezzati e forniti.
Basta con le favole !
Io che in questi giorni durissimi ho ricevuto l’affetto vignolese di tantissime persone, soprattutto amici dell’oratorio che non vedevo da tantissimo tempo… amici di scuola, i leader di Vignolaperme(con cui nel 2009 avevamo avuto scontri dialettici forti)… gente di tutte le coalizioni del 2009…
Torniamo invece ai compagni di coalizione del 2009 (mi vogliono bene? oh nel mio caso i miei migliori amici li ho negli avversari?), purtroppo pur provando affetto anche per la gente di Vignolanoi, per la Daria, credo che intendermi con loro sia difficilissimo (purtroppo):
Parliamo un’altra lingua, io a volte parlo italiano, francese, ticinese, il francese belga… non capisco siceramente il linguaggio politico locale deciso nelle sezioni di partito da 4 persone che vogliono imporre un idioma ristretto alla collettività. Detto questo ogni volta che Daria, Vignolanoi mi fanno saltare i gangheri, per certe decisioni ci soffro tantissimo, anche perché non avrei trovato il modo amichevole per accommiatarmi/accomiatarmi da loro e ritornare al mio mondo oratoriale che mi ha dato abbastanza tempo fa, un’adolescenza molto felice.
Ma questo se pur sensato, sarebbe un punto di vista paranoico, é meglio chiedersi allora perché le perle se ci sono dalla nostra giunta non vengono tirate fuori ora? Cittadella del gusto, altre iniziative interessantissime…
Forse semplicemente perché non siamo ancora nel vivo della campagna elettorale, purtroppo é un ragionamento cinico, non molto umano, ma che purtroppo fila e non rende omaggio all’umanità dei signori della sinistra (anche loro sono persone umane ma che non pensano/comunicano con la mia spontaneità).
Matteo Renzi dice: io voglio cambiare l’Italia, invece altri del partito vogliono cambiare gli italiani.
Penso che la questione sia solo una e sempre la solita.
Quando da questi discorsi eliminiamo le PREBENDE varie, le cosiddette “contropartite” di cui nessuno SA MAI NULLA, ma la cui eco riecheggia sempre (DARE/AVERE), allora forse potremmo vedere qualche politica realmente orientata verso i cittadini. Fino ad allora avremo sempre un 90% orientato ad una minoranza di “Stakeholder” prefigurati, elitari e oligarchici, e un 10% riservato al pubblico, alla plebe, al popolino in pratica.
Popolino che se leggesse (sul territorio vignolese diciamo) il Blog di Paltrinieri almeno per un 75 % sul totale degli abitanti, e fosse dotato anche di un qualche collegamento neuronale, creerebbe un qualche gruppo su Facebook o similia, per invadere una qualche sede “Politica” (comune, sede Utc et similia) per imporsi in maniera decisa e insormontabile contro gli sprechi di territorio, contro alla sempre crescente riduzione della superficie permeabile sul nostro paese (che Daria Denti citava come qualcosa da tutelare…. le campagne di Vignola e tutte codeste str****e) e contro la depauperazione del potere costituzionale che risiede nella comunità dei cittadini che non può sempre ricevere a 90° le decisioni di qualche inetto (o gruppo di inetti) che è stato eletto solo grazie a storie ataviche di filosofie, ideali e principi risiedenti e reincarnati in fantomatiche figure detti partiti e segreterie degli stessi.
Oramai è chiaro a tutti che questo sistema ,come un tempo il Regime Feudale,tende solo alla propria conservazione a scapito degli interessi veri della Plebe, dei cittadini.
Per fortuna il prossimo anno ci saranno le Votazioni comunali a Vignola come a Ferrara.
All’architétto Viola vorrei dire che di Ferrara so poco,
ero anche spesso a Ferrara prima di laurearmi in storia dell’arte (laurea costosissima all’epoca, bisognava veramente per laurearsi andare nei musei di tutto il mondo, simposi d’architettura…).
Ho conosciuto Andrea Buzzoni il capo di tutti i musei di Ferrara… Passai l’esame con lui nel 2000 circa… Personalmente fui invitato a casa Sgarbi con il caro-rivale amico avv. Costanzini presso la famiglia Sgarbi nel 95… poi con E. Sgarbi ci siamo rincontrati al festival di Locarno nel 2010 circa… Poi ho conosciuto psicologa di Ferrara nel 2000, che preparava i seminari per i laureandi in psicologia dell’arte.
Qualche anno fa ebbi una collega di dottorato di Ferrara, appartenente ai Raisi, che ebbero un candidato/eletto(forse) in parlamento per il PDL, gente molto distinta(non per motivi politici)…
Ora come ora non so come sia Ferrara, stando alle dichiarazioni dell’architétto Viola é molto decaduta.
Vignola sicuramente ha dei problemi, ma ha grandi potenzialità, poi se mi sento frainteso come suo rappresentante di 159 voti dall’attuale sindaco, prima poi chiederò a lei un chiarimento dialettico.
Ringrazio Luciano Credi per le precisazioni e gli comunico che scrivo su questo sito proprio perchè trovo grandi similitutidi tra il declino di Vignola con 1/3 degli abitanti di Ferrara.e quest’ultima.
Due Centri storici in abbandono, con negozi che si vuotano,con due importanti Castelli nel cuore degli stessi,con pochi visitatori .
Vignola 33.000- Ferrara 100.000 (lo stesso numero di 10 anni fa )
Frequentando sia questo sito che Vignola ho potuto rendermi conto che gli stessi limiti intellettuali e progettuali, sono congeniti e producono analoghi disastrosi risultati.
Colpa di una classe politico-amministrativa selezionata nello stesso modo,con identiche capacità (?)
Se anche lei vuole divertirsi, visiti ogni tanto il corrispondente notiziario on line di Ferrara,su cui intervengo frequentemente
http://www.estense.com
vi troverà esempi di identiche stupidaggini,spacciate per profonde riflessioni politiche amministrative sulla città di FerrHera
Saluti
Ecco la “cittadella del cibo”, ovvero la “Disneyworld del cibo”, idea presentata pubblicamente in questi giorni da Andrea Segré, già preside della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna ed attuale presidente del Caab di Bologna (il mercato ortofrutticolo all’ingrosso), Oscar Farinetti, di Eataly (http://www.eataly.it/) e il sindaco di Bologna Virginio Merola.
“80 mila metri quadrati, 100 milioni di euro d’investimento, 1000 nuovi posti di lavoro, dai 5 ai 10 milioni di visitatori l’anno: questi i numeri previsti per il futuro Parco Agroalimentare che dovrà sorgere alle porte di Bologna da novembre 2015.”
Ecco cosa ha dichiarato Farinetti (non è chiaro se le esagerazioni siano da attribuire a lui o al giornalista): “Sarà una figata bestiale, avremo 30 punti di ristorazione, 40 laboratori, 50 punti vendita. Se Roma fa 7.8 milioni di turisti l’anno, noi li vogliamo superare: 5 milioni di stranieri, 2.5 milioni di italiani e poi voglio 2 milioni di studenti che vengono qui e imparano cos’è e come funziona la filiera del cibo di qualità italiano. Se non cogliamo l’occasione di farlo siamo dei pazzi”. Qui l’articolo completo da Il Fatto quotidiano del 25 giugno 2013:
http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/25/eataly-nel-2015-disneyworld-del-cibo-a-bologna/636825/
Nome del progetto: Fabbrica Italiana Contadina (acronimo: F.i.co.).
E qui, invece, il comunicato fatto dall’amministrazione comunale di Bologna:
“Ottantamila metri quadrati per un grande parco sull’agroalimentare italiano. Dalla produzione orticola e frutticola all’olio d’oliva a riso e cereali, passando attraverso gli allevamenti, i sapori ‘liquidi’ (vino, birra, grappe) e quelli ‘dolci’ (miele, nocciole, castagne, cioccolato), fino alla tostatura del caffè. Un parco con laboratori, vendita di prodotti, ristorazione, visite didattiche, divulgazione, eventi.
E’ questa la Fabbrica Italiana Contadina (Fico), ideata e sviluppata da Caab, anche in sinergia con Eataly, che consacrerà e rilancerà Bologna quale “capitale” del food italiano. Il progetto dovrebbe infatti coinvolgere da 5 a 10 milioni annui di visitatori, un terzo dei quali stranieri, con imponenti flussi didattici e naturalmente con le visite dei residenti in città e in regione. Stime ulteriori prevedono la creazione di un migliaio circa di nuovi posti di lavoro diretti e 5.000 nuovi posti di lavoro nell’indotto, a fronte dell’utilizzo di strutture gia’ esistenti con costi di territorio-cementificazione pari a zero, e con sostenibilità pari al 100% grazie all’impianto fotovoltaico del Caab (16.000.000 kilowatt ora), il più vasto su tetto attualmente esistente in Europa.”
In allegato alcuni documenti descrittivi del progetto:
http://www.comune.bo.it/news/parco-tematico-sullagroalimentare
Un problema però salta subito all’occhio. Al momento il CAAB non è servito dalla ferrovia.
Scusa ma è il CAAB che si sposta alla SIPE o la SIPE che entra in comune di Bologna? Già il parco scientifico si è spostato da SIPE a manifattura tabacchi di Bologna. Questi bolognesi ci rubano tutte le idee! Una volta c’era una cosa che si chiamava politica e uno strumento che si chiamava piano territoriale regionale, che prevedeva dove si facevano i poli di interesse regionale. Figurarsi che c’erano dei sindaci che andavano in regione a difendere i progetti del territorio. Non avevo capito che Denti fosse diventata sindaco di Bologna.
Ho l’impressione che si tratti di due progetti in competizione tra loro. Quello bolognese al CAAB, promosso dal CAAB, Eataly e Comune di Bologna, sembra avere l’appoggio di Coop Adriatica. Entro il 2013 sapremo se decolla oppure no. Quello modenese che ha nell’area ex-Sipe una delle possibili localizzazioni (ma magari ci sono altre ipotesi sul tavolo) è invece promosso da Coop Estense. Ma l’area ex-Sipe sconta alcune gravi difficoltà: ha tuttora un contenzioso in corso e, cosa non da poco, deve essere bonificata (sempre ammesso che il progetto non si limiti all’area delle Sipe Alte, ma punti anche al recupero delle Sipe Basse). Insomma Bologna contro Modena. E anche Coop Adriatica contro Coop Estense. Da seguire con attenzione.