Aprile 2012. Molti giornali nazionali riportano la notizia che ad Andria, in Puglia, 13 veterinari, un biologo e un cinquantina di allevatori e macellatori, hanno ricevuto avvisi di garanzia per reati gravissimi (vedi). Si sospetta la trasformazione “cartacea” degli scarti di macellazione di categoria 1 (rifiuti) in categoria 3. Si tratterebbe, cioè, dell’utilizzo di scarti pericolosi per la salute umana ed animale (e per questo destinati all’incenerimento) per produrre cibo per animali. Se ne accorgono gli spagnoli che segnalano il caso alla Guardia Forestale la quale conduce due anni di indagini con videoriprese che portano all’emissione degli avvisi di garanzia. Il materiale in questione arriva anche alla SAPI Spa, come riportano i giornali nazionali di allora. La quale viene in sostanza truffata, se i sospetti risulteranno confermati, in quanto la sua autorizzazione ministeriale è di trattare “materiali” di categoria 3. Acquistando il categoria 3 dalla I.DA.PRO., ma che in realtà era categoria 1, la SAPI è parte lesa. Se il processo confermerà i capi d’accusa significherà che qualche animale d’affezione avrà mangiato prodotti tossici nocivi o cancerogeni.
Novembre 2011. Precisamente il 30 novembre. Il Movimento 5 Stelle, in una sala affollata a Castelnuovo Rangone, porta a conoscenza della cittadinanza dell’esistenza di un progetto dell’azienda Inalca di ricavare energia dalla macinazione di carcasse, materiali a rischio e rifiuti animali (vedi). Da quell’incontro nasce un comitato di cittadini (vedi) che sarà poi il perno attorno al quale ruota la cittadinanza mobilitata con firme, assemblee ed iniziative di raccolta fondi, e che porterà alla bocciatura/ritiro del progetto (per quanto riguarda la cogenerazione) in quanto non in linea con le norme europee.
21 Settembre 2012. La Regione Emilia-Romagna specifica a tutte le Province, che per la classificazione dei Sottoprodotti di Origine Animale (SOA) fa testo la nota del Ministero dell’Ambiente indirizzata alla provincia di Bergamo e Modena, rispettivamente di dicembre 2011 e febbraio 2012, in risposta ad una richiesta della ditta Citterio di Parma per fare cogenerazione con grasso di categoria 3 (qui la nota RER del 21 settembre 2012: pdf). In questa risposta oltre alla catalogazione del categoria 1 come rifiuto (e non quindi come sottoprodotto), dunque da destinarsi all’incenerimento, anche il categoria 3 viene incluso nei rifiuti.
La Provincia di Modena con il verbale del 18 Giugno 2012 autorizza la ditta Inalca a raccogliere tutto il prodotto rifiuto suo e delle collegate sparse sul suolo italiano per trattarlo in rendering a Castelvetro (macinazione, bollitura, separazione dei grassi e dei ciccioli), quindi trasportare il tutto a Faenza e ad Arezzo per essere incenerito, ritenendo – afferma la Provincia – questa raccolta di rifiuti compatibile con la qualità della vita dei residenti (per una valutazione critica: vedi).
Ultimamente la provincia di Modena autorizza la SAPI a raddoppiare il magazzino di stoccaggio delle farine di categoria 3, ricevendo quindi da tutto il suolo italiano rifiuti/sottoprodotti al fine di trasformarli per la commercializzazione. Ricordiamo che la SAPI e l’Inalca distano tra loro circa 2 km (la prima a Castelnuovo Rangone, la seconda a Castelvetro, anche se ubicata al confine tra tre comuni). In questo caso Castelnuovo e Castelvetro, un territorio di pochi km di raggio, diventano il maggior centro italiano di concentrazione di rifiuti animali, categoria 1 e categoria 3. La SAPI è in assoluto una delle maggiori da 30 anni sul suolo italiano e l’Inalca nel settore bovino è tra le maggiori in Europa. Risulta dunque questo il nodo della questione: il nostro territorio è il più adatto alla raccolta di questa concentrazione di rifiuti animali italiani? Le nostre colline, i nostri vigneti, i nostri prodotti tipici … sono il luogo desolato del delta del Po o sono una zona inquinata da emissioni nocive e odorigene da decenni, con industrializzazione selvaggia, che come molti affermano ha portato ricchezza, ma ha anche deformato il contorno di questo benessere a scapito della nostra salute e delle future generazioni?

Rapporto dell’Agenzia per l’Ambiente Europea, gennaio 2013. Sintesi di quanto riportato sulla condizione italiana
Oltre al continuo sforamento delle soglie “di tutela” fissate dall’Unione Europea (es. in merito a PM10, ozono, ossido di azoto, ecc.: vedi) ci meritiamo di vedere crescere ancora aziende classificate “insalubri” che raccolgono una parte consistente dei rifiuti animali italiani? Possiamo definire “sviluppo” la raccolta di rifiuti o siamo ormai alla frutta, come si dice, e va bene qualsiasi cosa pur di vedere un autoarticolato passare sulle strade?
I dati che arrivano dall’Europa relativamente alla nostra regione sono forse qualcosa più che allarmanti – soprattutto il rapporto del gennaio 2013 dell’Agenzia per l’Ambiente Europea, ma anche lo studio Sentieri del Ministero dell’Ambiente, lo studio Previeni, lo studio Moniter. Possiamo continuare a fare come gli struzzi mettendo la testa sotto terra e sperando che il vento porti via l’aria inquinata?

Rappresentazione cartografica dell’inquinamento atmosferico nella regione Emilia-Romagna. Zonizzazione superamento soglie PM10 e NO2
Se l’Europa ci condanna come Stato a pagare milioni di euro per lo sforamento dei parametri di inquinamento atmosferico, e quelli più inquinati in Italia siamo noi nella Pianura Padana, a chi si può rivolgere un cittadino per vedere riconosciuti i propri diritti di salute e per eventualmente chiedere i danni agli amministratori che hanno accettato supinamente la logica del maggior profitto industriale? Infatti non esiste solo il diritto dell’imprenditore a sviluppare la propria azienda. Esiste anche il diritto del cittadino a respirare aria pulita, a non ammalarsi. Alla legge ed alle istituzioni pubbliche il compito di contemperare i diversi interessi anche se, senza dubbio, al diritto alla salute va data la priorità. Ma che questo non sempre avvenga ce lo ricorda il caso di Taranto. Ai cittadini ed alle loro forme di mobilitazione, tra cui i “comitati” (vedi), il compito di spingere per innalzare il livello di sicurezza recepito dalle norme di legge. E di controllare perché le norme che tutelano la salute siano rispettate in modo rigoroso.

Indagine “Sentieri”. Siti da bonificare o nei quali è dimostrata la correlazione fra patologie e inquinamento
I “confini”, le “soglie” sono mobili – in base all’evidenza scientifica e alla sensibilità di cittadini ed istituzioni (ma anche in base alla pressione delle lobbies ed alla “permeabilità” delle istituzioni). Molte situazioni sono borderline. Nel nostro caso si tratta di rifiuti (potenzialmente provenienti da tutta Italia) concentrati in uno spicchio di terra. Ecco. Quando si parla di rifiuti, allargate le braccia e dite “no, da noi basta; andate da un’altra parte, se ve lo consentono, noi abbiamo già dato”. Per non arrivare a sentir dire come poco tempo fa: non esiste la correlazione dimostrata fra inquinamento ambientale e patologie (vedi).
Roberto Monfredini