Il prossimo 25 novembre in Valsamoggia il percorso per la fusione dei 5 comuni segnerà una tappa decisiva, con il referendum consultivo – ed in effetti è già all’opera la “gioiosa macchina da guerra comunicativa” pro-fusione (tra cui: vedi). Nel territorio dell’Unione Terre di Castelli, invece, il dibattito (sic) è ancora all’anno zero, nonostante sia stato avviato più di due anni fa (vedi). Non è un tema facile da trattare, per diverse ragioni. Richiede analisi puntuali e capacità di ragionamento politico. Ma qui da noi, sino ad ora, sono mancate entrambe. Nell’impossibilità di dire un no secco (e motivato) ad un tale progetto e nell’incapacità di dire un sì convinto, ci si è rifugiati nel silenzio o in esternazioni estemporanee, di reazione alle sollecitazioni esterne al sistema politico (es. delle associazioni di categoria). E’ istruttivo ripercorrere le ultime vicende.
[1] Il sasso nello stagno fu lanciato da Umberto Costantini, consigliere comunale PD a Spilamberto, nell’estate 2010, utilizzando il suo blog (vedi) e gli incontri di partito. In questi ultimi l’atteggiamento prevalente fu di apprezzamento a parole, ma nella convinzione non se ne sarebbe fatto niente. Come molte proposte che giungono dal basso si pensava che sarebbe finita “naturalmente” nel cestino. Invece il sasso è diventato un macigno (nello stagno), quando il tema è finito sulla stampa locale, nel gennaio 2011. Ne è seguito un dibattito disordinato, contraddistinto più dalla reazione piccata di alcuni sindaci (Giorgio Montanari di Castelvetro, Emilia Muratori di Marano), offesi più dal fatto che il tema fosse stato trattato pubblicamente senza il loro consenso, che da argomenti veri (vedi). Per “misurare” lo sconquasso occorre considerare che la proposta non era quella di procedere alla fusione nell’immediato, ma piuttosto quello di avviare uno studio di fattibilità al fine di precisare pro e contro della fusione di comuni nel territorio delle Terre di Castelli! “Questo studio di fattibilità non s’ha da fare” sentenziò la giunta dell’Unione. Ed in effetti non si è fatto nel 2011. E non si farà neppure nel 2012, visto che non è stata presentata domanda alla Regione (che lo co-finanzia). Intanto altri territori in regione procedono speditamente, magari anche pagando lo scotto di qualche scelta approssimativa o sbagliata. Non solo i 5 comuni della Valle del Samoggia, vicino a noi (vedi), ma anche quelli “del Rubicone” (Savignano sul Rubicone, San Mauro Pascoli e Gatteo), pur con qualche difficoltà (vedi), oltre a Cavezzo, Medolla e San Prospero (vedi). Insomma, da noi prevale l’imbarazzo di fronte ad un tema impegnativo. E si preferisce aspettare che l’esempio dato da altri territori sia talmente forte da “costringere” a procedere.

Piazza Giovanni Falcone a Savignano con la fontana di Antonio Sgroi, a Savignano (foto del 6 marzo 2010)
[2] Eppure proprio a Spilamberto il 27 novembre 2011 si è tenuto un convegno dedicato alla “fusione amministrativa” di comuni, con la partecipazione dei vertici provinciali dei principali partiti: Fabio Vincenzi dell’UdC (partito promotore), Davide Baruffi del PD, Isabella Bertolini del PdL. E con Francesco Lamandini, allora ancora presidente dell’Unione Terre di Castelli (per poco: vedi), a fare gli onori di casa. Un incontro interlocutorio, da cui tutti sono usciti con le convinzioni con cui erano entrati. Ma che ha comunque riaffermato la spinta dell’UdC verso la “fusione di comuni”, anche superando le attuali forme di semplice associazione tra comuni (unioni). Mauro Libé, responsabile nazionale per gli enti locali dell’UdC ha concluso il convegno ricordando che “la politica deve guidare i processi e i problemi di campanilismo sono superabili” (così secondo il resoconto de L’Informazione di Modena del 28 novembre 2011, p.7). In effetti già in agosto l’UdC modenese aveva presentato pubblicamente una “proposta choc”: procedere con l’accorpamento dei comuni in provincia, portandoli da 47 a 18 (qui il resoconto della Gazzetta di Modena: pdf). “Non sono più sufficienti le Unioni o le iniziative sporadiche di singoli sindaci. Si deve fare un passo più decisivo, propedeutico all’abolizione delle Province, in modo da avere comuni più estesi riuniti per omogeneità territoriale e popolazione, organizzati ed efficaci, che possano interfacciarsi direttamente alla regione nell’ottica della preparazione ad un federalismo più strutturato” – queste le parole di Fabio Vincenzi, capogruppo provinciale UdC (Gazzetta di Modena, 25 agosto 2011, p.12). Risposta in tono minore dei vertici provinciali del PD, con la difesa delle esperienze delle “unioni” e nessuna spinta particolare verso le “fusioni” (lasciate, dunque, a valutazioni locali, caso per caso). Un po’ più favorevole quella di Francesco Lamandini che, commentando la proposta dell’UdC, ebbe a dire: “Iniziamo dai piccoli, acceleriamo la fusione di chi è sotto i 10mila abitanti: per loro i tempi sembrano già maturi. Ma andare subito a creare d’autorità comuni da 50-60mila abitanti … Beh, è un altro paio di maniche. (…) Le Unioni più datate hanno solo una decina d’anni, la nostra [Unione Terre di Castelli] li compie proprio in questi mesi, e il banco di prova che queste rappresentano, sempre in un’ottica di future fusioni, ha bisogno di altro tempo per affinare certe sinergie tra comuni, propedeutiche agli accorpamenti” (il Resto del Carlino, 26 agosto 2011, p.15) Qualcosa si muove, dunque? Il tema ha indubbiamente un nesso con il più generale riordino degli enti locali (soppressione delle province? accorpamento dei comuni al di sotto di una determinata soglia? altro ancora? ecc.), su cui però nessuna forza politica ha presentato un vero progetto di riorganizzazione, nonostante il tema sia in agenda da anni (nei documenti programmatici del PD non c’è alcun progetto, solo un’enunciazione di principio: “superare il pulviscolo comunale, incentivando fusioni, unioni, gestioni associate dei servizi locali” – ciò che è stato fatto, con esiti nient’affatto soddisfacenti, in questi ultimi dieci anni).
[3] Nuova fiammata del tema all’inizio del 2012. L’innesco questa volta è dato dalle prese di posizione delle associazioni economiche del territorio (CNA, Lapam, Confesercenti, Confcommercio), in occasione di un incontro con presidente e vicepresidente dell’Unione Terre di Castelli alla presenza degli associati. Angelo Benedetti, presidente della Confesercenti di Vignola, osservò in quella occasione: “invitiamo a una riflessione sulle forme associate tra comuni: ci aspettiamo che vengano utilizzati gli appositi fondi regionali per studiare la fattibilità della fusione tra i comuni” (Gazzetta di Modena, 28 gennaio 2012). Invito lasciato cadere dagli amministratori locali, come sappiamo. E poi ancora nell’aprile 2012. Il ragionamento è ancora una volta lo stesso: la crisi in atto richiede una profonda riorganizzazione così da poter valorizzare al meglio le calanti risorse, spendendo più in servizi e meno in “burocrazia”, anche mettendo assieme un’unica macchina politico-amministrativa per più comuni. “CNA, Confesercenti, Confcommercio e Lapam colgono con favore il riavvio del dibattito [?] e delle riflessioni sul tema della possibile “fusione” tra Comuni, intesa come integrazione di strutture amministrative, che però non va ad intaccare le peculiarità, la storia e l’identità civica dei singoli municipi” (Prima Pagina, 12 aprile 2012, p.17). In effetti il tema è questo. E occorre che qualcuno lo elabori in un progetto, iniziando a rappresentare i pro ed i contro delle due opzioni che i comuni di questo territorio hanno davanti: mantenere l’attuale Unione Terre di Castelli, magari sottoposta a “manutenzione straordinaria”, o prendere seriamente in considerazione l’accorpamento di più comuni, ovvero la loro “fusione”. Certo, per fare questo serve impegnarsi in uno studio di fattibilità (utile comunque anche per mettere a fuoco gli attuali nodi critici dell’Unione – che ci sono, nonostante gli stancanti toni auto-celebrativi di Francesco Lamandini). Ma ad oggi la giunta dell’Unione da un lato, il partito di maggioranza dall’altro (il PD), non sono ancora riusciti a prendere una decisione in merito. In verità non sono ancora riusciti neppure a fare una discussione come si deve, anche se, sempre nell’aprile 2012, l’invito a “discuterne” arriva anche da Daria Denti, sindaco di Vignola e presidente dell’Unione: “E’ un tema di cui bisogna cominciare a parlare” (Prima Pagina, 29 aprile 2012, p.19). In realtà se ne parla da due anni un po’ dappertutto, anche se, inevitabilmente, in modo disordinato, vista l’assenza di qualsiasi “centro ordinatore”. In effetti solo nelle sedi istituzionali, quelle che per legge dovrebbero esercitare una funzione di “indirizzo e controllo”, ovvero i consigli comunali ed il consiglio dell’Unione, non se ne è parlato (in modo adeguato). E pure il PD a livello locale ha sino a qui evitato di organizzare seriamente un dibattito, un confronto, una discussione pubblica, un seminario, coinvolgendo iscritti, cittadini, forze sociali, esperti, ecc.

Il municipio di Castelvetro e, in primo piano, l’allestimento della Sagra dell’uva (foto del 18 settembre 2010)
[4] Ma l’episodio più gustoso di questa sconclusionata “discussione” (e che allo stesso tempo illustra il perché il PD è in difficoltà a trattare seriamente il tema) è offerto da Luca Gozzoli, consigliere provinciale e coordinatore PD per l’Unione Terre di Castelli. “Le Unioni e la loro armonizzazione delle gestioni non è più sufficiente. Occorre puntare a una fusione dei comuni. (…) Un progetto di fusione dei Comuni significa candidarsi ad essere protagonisti nel dialogo e nel confronto con altri livelli istituzionali (Regione, Stato e Unione Europea). La scelta è coraggiosa e non priva di rischi. L’alternativa, però, è l’immobilismo e la probabile resa alla sfiducia” – così afferma Gozzoli secondo quanto riportato dalla Gazzetta di Modena del 13 aprile 2012 (p.30). Gozzoli, però, giunge tardivamente nel “club dei coraggiosi”. Solo pochi mesi prima, quando si trattava di rispondere al giovane consigliere PD Umberto Costantini, anziché alle elettoralmente più rilevanti associazioni di categoria, Gozzoli aveva “coraggiosamente” invitato a tenere uno studio. Ma non sulla “fusione”, bensì sulle “unioni”! In un comunicato di più di 300 parole, infatti, era riuscito a non prendere alcuna posizione rispetto alla proposta circa lo studio sulla fusione avanzata da Costantini. Se ne uscì, invece, con una proposta tanto “originale” quanto fuori tema: “Propongo che nel 2011, anno del 150° anniversario dell’unità della nazione, si promuovano studi e ricerche per offrire ai consiglieri comunali, ai cittadini e alle rappresentanze sociali ed economiche gli strumenti più adatti per poter valutare in merito alla scelta dell’Unione” (così su L’Informazione di Modena del 18 gennaio 2011). Ovviamente neppure questo venne realizzato – dunque parole al vento. Comunque, nel commentare questa “proposta” (sic) scrivevo: “A parte che questi “studi e ricerche” sono già disponibili, essendo stati effettuati e presentati pubblicamente nel corso della passata legislatura (ed oggi sono accessibili pubblicamente, anche se quasi nessuno degli amministratori attuali li ha letti, sul sito web dell’Unione: vedi). Il fatto è che la proposta [in discussione] riguarda la “fusione dei comuni” ed è rispetto a questa che occorre prendere posizioni, magari accompagnando il si o il no con buoni argomenti. Come dobbiamo intendere la proposta di Gozzoli? Il riferimento ai 150 anni dell’Unità d’Italia per fare “studi e ricerche” sull’Unione (che esiste dal 2002), significa forse che bisogna aspettare le celebrazioni dei 300 anni dell’unità d’Italia (il 2161) per fare lo studio di fattibilità sulla fusione dei comuni? Esoterico” (vedi). Insomma, viene davvero da chiedersi: qualche amministratore pubblico o dirigente politico ha delle convinzioni (o anche solo: se le vuol formare) in merito a come migliorare l’assetto istituzionale di questo territorio o questo “balletto” di dichiarazioni è il gioco degli specchi di un “gruppo dirigente” (sic) privo di coraggio e di senso della prospettiva? Occorre davvero tanto per fare una seria discussione nel PD (certo, meglio se aperta …) e quindi sottoporre agli elettori, ai cittadini di questo territorio un documento in cui si argomenta cosa si vuole fare e perché? Un partito incapace di prendere decisioni e di motivare adeguatamente le proprie decisioni (fosse anche il non-decidere) – questo è il vero “partito liquido”! Forse allora non rimane che la prospettiva della “mobilitazione dal basso”, di un “comitato” o di una rete di realtà associative e di cittadini che si mobilita per chiedere alle amministrazioni comunali ed all’Unione Terre di Castelli di prendere sul serio il compito di uno “studio di fattibilità” sull’accorpamento di comuni. E’, di nuovo, una proposta di Umberto Costantini, giovane consigliere del PD di Spilamberto, uno dei pochi in grado di esibire “serietà” della sua posizione – ovvero argomenti e assenza di tatticismi (qui l’articolo su Prima Pagina del 13 settembre: pdf). Un gran figurone rispetto a sindaci afasici e inconcludenti.