Si era presentata con “il botto”. Candidata a sindaco del PDL aveva scomodato nientemento che Rudolph Giuliani ed un programma per Vignola di tipo law and order. Era il 2 aprile 2009 (vedi). Se n’è andata sbattendo la porta e lamentando la mancanza di “dialogo efficace” con chi amministra la città. Le dimissioni sono dei giorni scorsi ed hanno colto di sorpresa altri consiglieri del suo partito. In mezzo, tra 2009 e 2012, il vuoto – in termini di attività politica e come consigliere comunale di opposizione. Stiamo parlando di Maria Pia Bazzani, candidata a sindaco del PDL che sarà ricordata per … non essere andata al ballottaggio pur godendo di un bacino elettorale teoricamente più ampio di quello della Lega Nord. Questa sera in consiglio comunale il suo posto è stato preso dal primo dei non eletti nella lista del PDL, Stefano Nadalini. La vicenda si presta ad una riflessione sulla “classe politica” locale, con speciale riferimento alle forze politiche d’opposizione. Che in troppa parte evidenziano grande inconsistenza. Pur essendo saldamente schierato a sinistra non sono di quelli che auspicano opposizioni deboli, neppure del centrodestra. La mancanza di opposizioni forti, portatrici al tempo stesso di una visione alternativa dello sviluppo della città e di una solida capacità amministrativa, è indubbiamente un problema per il funzionamento complessivo del sistema politico locale. Vediamo dunque di ragionare a partire da questo avvicendamento e dagli “insegnamenti” della vicenda Bazzani.
[1] “Per Vignola è un momento triste. E non mi andava più di starci per come vanno le cose in comune. Mi sembrava solo di far presenza, quindi ho preferito lasciare spazio a chi avrà maggior tempo da dedicare” – queste le dichiarazioni rilasciate da Maria Pia Bazzani al giornalista di Modena Qui (l’articolo è uscito il 28 luglio scorso, p.15). Peccato che neppure il “far presenza” possa essere confermato. Almeno i dati dicono cose diverse. Sia nel 2010 che nel 2011 Maria Pia Bazzani è stata il consigliere comunale che meno di tutti ha partecipato alle sedute del consiglio. 12 su 18 nel 2010 (66,7%) (pdf). 8 su 17 nel 2011 (47,1%) (pdf). Peggio di lei non ha fatto nessuno. Quando vi ha partecipato raramente ha preso la parola – pur essendo capogruppo consiliare (in quanto candidato a sindaco). E neppure nelle altre funzioni di consigliere ha brillato: zero interrogazioni, zero interpellanze, zero mozioni, zero ordini del giorno, zero domande di attualità nel periodo compreso tra dicembre 2010 e luglio 2012 (periodo documentato pubblicamente, visto che, su richiesta delle minoranze, ora questi atti vengono pubblicati sul sito web del comune di Vignola: vedi). Insomma zero! Sono numeri che portano ad una valutazione molto severa del suo (non) operato. E’ mancato il risultato. E’ mancato però anche l’impegno. Molti altri consiglieri comunali hanno fatto molto di più e molto meglio. Dunque, voto zero.
[2] Nel commentare le dichiarazioni di Maria Pia Bazzani, allora candidato sindaco (era l’aprile 2009: vedi), avevo già espresso un giudizio molto severo, sia sulla diagnosi che dipingeva Vignola come un luogo invivibile (cosa che non era vera allora e non è vera oggi), sia sulle “proposte” (in realtà non “programmi”, ma solo “parole d’ordine”!). Una città, Vignola, che sarebbe impoverita “non solo economicamente, ma anche moralmente” dall’operato dell’amministrazione comunale; un paesaggio urbano contrassegnato solo dal degrado; una focalizzazione delle politiche tutta centrata sul controllo e la repressione (e con la tendenza a fare degli stranieri, indistintamente, il principale problema della città) (vedi). Che si condividano o meno queste valutazioni della realtà o l’enfasi su questi temi (a scapito di altri) è comunque vero che su di essi Maria Pia Bazzani non è stata capace di fare una sola proposta articolata e di fissarla in un documento, portandola all’attenzione del consiglio comunale o anche dell’intera cittadinanza. Sempre nel 2009, nel rispondere ad un commento, scrivevo dunque: “Vignola non ha bisogno di amministratori alla Maria Pia Bazzani, ovvero incapaci di esprimere un giudizio equilibrato sulla realtà (che non vuol dire non riconoscere i problemi che anche tu segnali), ma soprattutto di trovare modalità efficaci di intervento, modalità che producano risultati tangibili.” Mi sembra che i tre anni trascorsi da allora confermino pienamente questo severo giudizio.

I consiglieri comunali di opposizione (assente Maria Pia Bazzani) in occasione della seduta inaugurale della legislatura (foto dell’11 luglio 2009)
[3] Il problema sottostante a questa vicenda è quello della formazione e selezione del “gruppo dirigente” della politica locale. E’ un problema che, in verità, riguarda oggi tutte le forze politiche, nessuna esclusa (neppure il PD che pure vanta storicamente decenni di governo della città). Anche se il problema non è acuto in egual misura per tutte le forze politiche (e civiche) che oggi partecipano, con ruoli ovviamente diversi (chi da posizioni di governo, chi dall’opposizione), all’amministrazione della città. Non è improbabile che l’evanescente performance di Maria Pia Bazzani sia anche la conseguenza delle modalità “verticali” della candidatura (scelta da qualche organo politico in sede provinciale, piuttosto che espressione dei meccanismi di valutazione e selezione locale). E’ in realtà una impostazione che avevamo già visto nel 2004 con la candidatura di Francesco Munari, anch’egli catapultato a candidato a sindaco (allora di una coalizione Forza Italia-Alleanza Nazionale-Udc) in una realtà locale rispetto a cui, come politico ed amministratore, era sostanzialmente estraneo, non avendo partecipato in precedenza alla vita politica locale (ed anche in quel caso arrivarono le dimissioni prima della fine dellqa legislatura). Radicamento sul territorio significa, invece, anche l’evitare modalità verticistiche di investitura dei candidati. Sono le dinamiche locali, l’impegno quotiodiano nella politica (da consigliere comunale o, oggi assai più raro e difficile, da militante), la presenza costante nella ricerca dei problemi della città e delle corrispondenti soluzioni – sono questi i fattori che consentono di formare persone adatte, ovvero motivate e capaci, ai ruoli politico-amministrativi. E che dunque dovrebbero essere premiati nella selezione dei candidati (motivo per cui questa selezione va ricondotta a dispositivi locali, meglio se tramite procedimenti di tipo competitivo, come le “primarie”: vedi). Ma tutto questo oggi manca o è terribilmente fragile – tranne rare eccezioni. La vita dei partiti si riduce troppo spesso all’attività di chi ricopre cariche istituzionali (consiglieri comunali o assessori) o poco più, senza capacità di istituire relazioni stabili con pezzi importanti della società o di coinvolgere gruppi non ristrettissimi di persone interessate al futuro della città oltrepassando un interesse “particolaristico”. Purtroppo questo oggi è vero anche per il PD che pure ha organismi (segreteria e consiglio direttivo) che si riuniscono periodicamente, ma a ranghi assottigliati e con modalità operative assolutamente insoddisfacenti (e di cui, in questi anni, non trovate praticamente alcuna traccia pubblicamente accessibile, tant’è che da più di un anno manca un sito web del PD di Vignola e quello che c’era in precedenza era una vetrina piena di cose stantie). Insomma, questa vicenda, a leggerla bene, pone un interrogativo grande come una casa sulla capacità delle forze politiche locali, specie di opposizione (ma non solo), di formare un “gruppo dirigente” in grado di formulare una diagnosi sui problemi della città, di elaborare una visione politica all’altezza delle sfide del territorio e di predisporre programmi operativi realizzabili e “misurabili”. La prima parte della legislatura in corso evidenzia tentativi di “risposta” da parte di un numero ristretto di forze locali (politiche o civiche): PD, Lega Nord e Vignola Cambia. Questa è ovviamente la mia valutazione da osservatore (spero attento). Senza una vera e continuativa attività di analisi dei problemi e di ricerca delle soluzioni, delle “politiche” da tradurre in atti amministrativi, si finisce inevitabilmente in situazioni di questo tipo: personaggi-meteora che transitano nel cielo della politica vignolese con grande rapidità senza però lasciare traccia alcuna. E’ un elemento di grande fragilità. Di indubbio impoverimento. Se la politica si riduce a questo, a pagare è tutta la città – che invece ha solo da guadagnare da una robusta dialettica maggioranza/minoranza fatta di “concretezza” e non di proclami ideologici. Ma invertire il processo non è cosa che si può fare nel volgere di poche settimane. Certo non bastano i fuochi d’artificio della campagna elettorale. Chi vuol far sul serio deve attrezzarsi per tempo e farsi carico di un duro lavoro – che peraltro oggi non gode di grande stima da parte di molti, troppi cittadini. Ma che è assolutamente necessario se si vuole sottrarre la politica locale al regno dell’estemporaneità.
La militanza caro Andrea, nessuno la vuol fare più perchè è una vita piena di sofferenza. Nel senso che una volta i militanti del PCI per esempio adoperavano un soprannome e se erano d’estrazione borghese, s’imedesimavano nel personaggio creato, da viverne tutte le sofferenze per trovare soluzioni a proposito; rinunciando a fare una vita agiata. Anche nella tessera c’era il soprannome.
La Bazzani la vide l’anno scorso in settembre in un locale di Vignola (il bar corso Italia, insomma quello del gazebo…), e mi parve stranamente antipatica, sentimento che anche in campagna elettorale nel 2009, da candidato consigliere avversario non provai mai prima nei suoi confronti.
I problemi sono tanti ma vedo buona volontà da parte delle persone nel voler migliorare le cose.
Scusate se passo di paglio in frasca, ma credo che il dialogo anche se acceso sia importante.
Pur essendo residente ancora a Vignola, in questi mesi sono stato nella casa in campagna nel comune di Marano e lunedì sera ho avuto confronti dialettici molto duri in due bar del comune, cosa di cui me ne dispiccio. In un bar c’erano i rifondaroli della valle Panaro (la rifondazione a Marano è ancora fortissima ha 2 consiglieri ed un assessore), e c’era anche un avvocato amico dei signori di Vignolaperme, ed io mi permisi d’offrirgli da bere ed ha accettato, cosa per cui lo ringrazio…
Insomma ho parlato con linguaggio metaforico dialettale, da figlio di montanaro della valle Panaro.
Nell’altro bar gestito dai meridionali è solito vedersi ex assesssore di Vignola dell’Italia dei Valori… ed mi sono permesso di vantarmi in un certo qual modo della mia ormai lontana adolescenza da vignolese perfettamante integrato, cosa che non sono più ora, anche per aver perso contatti con le persone, per aver vissuto troppo all’estero.
Quello che voglio dire che le persone chiedono di essere integrate, e di sentirsi partecipi ad una comunità di riferimento, come la città di Vignola, ambita come luogo di frequentazione sociale, anche dalle persone che vivono nei comuni limitrofi, indipendentemente dalle loro origini.
Insomma succo del discorso mi veniva rimproverato di essere distante come sensibilità ai problemi del territorio.