Nella seduta del 26 aprile il consiglio dell’Unione approverà il nuovo Regolamento di assegnazione e gestione degli orti comunali (qui la bozza in pdf). In tal modo viene anche sancito il passaggio di competenza in materia dai comuni all’Unione Terre di Castelli. Il nuovo regolamento rende così omogenea a livello di Unione una disciplina oggi diversa da comune a comune. E introduce alcuni elementi migliorativi (es. il divieto di utilizzo di antiparassitari e concimi “non biologici”, anche se solo dal 2014). Ma contiene un grave errore di impostazione, riservando, come oggi, l’assegnazione degli orti urbani solo alle persone anziane (per alcune realtà comunali, anzi, viene addirittura innalzata la soglia di età di accesso, portata a 62 anni). E’ un retaggio del passato risalente alla fine degli anni ‘70 quando in molti comuni dell’Emilia-Romagna gli “orti per gli anziani” sono stati realizzati come parte delle politiche di welfare e, specificamente, delle politiche a sostegno della qualità della vita della popolazione anziana. Questa impostazione era giustificata allora. Ma non lo è più oggi (vedi). Per questo motivo Chiara Smeraldi, del gruppo consiliare “Cittadini insieme nell’Unione”, ha presentato un emendamento per consentire l’accesso generalizzato ai cittadini, indipendentemente dall’età (anziani, persone senza lavoro e persone a basso reddito potranno comunque essere avvantaggiate in sede di definizione delle graduatorie). Ci sono buone ragioni per adottare questa impostazione (vedi il seguito). D’altro canto è una impostazione già adottata da diversi comuni, tra cui il Comune di Bologna ed il Comune di Padova. Una bella iniziativa dell’amministrazione di Padova (a maggioranza PD) potrebbe essere replicata qui da noi. Se solo ci fossero amministratori lungimiranti e con capacità di visione.
[1] Per prima cosa occorre però dire che, soprattutto a Vignola, vi è una forte carenza di offerta. Il numero di orti è particolarmente basso – se rapportato alla dimensione della città. A Vignola esiste un’unica area destinata ad orti per anziani, in via Agnini (alla confluenza con via Cavedoni). Lì sono ubicati 70 orti, in un’area ampliata nel 2003-2004 proprio per realizzare 20 orti nuovi (assessore alle politiche sociali era il sottoscritto: vedi – anche questo potrebbe non essere un caso). Da più di otto anni, dunque, l’offerta non cresce! A Spilamberto vi sono 40 orti. A Savignano 79 (più che a Vignola, con una popolazione pari a meno della metà di quella vignolese!). A Castelnuovo ne sono stati realizzati 16 recentemente e sono tuttora in attesa di assegnazione. Soprattutto a Vignola l’offerta di orti non consente di soddisfare per intero la domanda: 21 sono le persone in lista d’attesa. Va un po’ meglio a Spilamberto (10 persone in lista d’attesa) e, soprattutto, a Savignano (solo 5 persone in lista d’attesa). E’ evidente, dunque, che l’offerta è inadeguata. Questo è il primo dato di cui prendere atto. Lo si vede anche facendo un confronto con la dotazione rapportata alla popolazione residente. A Vignola ci sono 70 orti per 25.132 abitanti – un rapporto dunque di un orto ogni 359 abitanti. Va molto meglio in altre realtà. Il Comune di Modena, con una popolazione di 184.663 abitanti, ha 1.078 orti, ovvero un orto ogni 171 abitanti (vedi). Il Comune di Bologna, con una popolazione di 382.784, ha 2.690 orti, ovvero un orto ogni 142 abitanti (vedi). Meglio di tutti, però, fa il Comune di Savignano: 9.452 abitanti e 79 orti, ovvero un orto ogni 119 abitanti.
Occorre dunque un impegno delle amministrazioni comunali del territorio – in primis dell’amministrazione comunale di Vignola – per ampliare l’offerta, prevedendo la realizzazione di nuove aree da destinare ad orti nei comparti edilizi in via di edificazione, ma soprattutto trasformando aree di verde pubblico oggi non valorizzato in orti. Nei primi tre anni di legislatura non se n’è fatto nulla, nonostante diverse sollecitazioni (vedi). Nel Bilancio di previsione 2012, a pag. 12, è prospettata la realizzazione di una nuova area destinata ad orti (1.000 mq nella “zona verde” di via Cà dei Lazzarini a Brodano, dove potrebbero essere realizzati dunque 40 nuovi orti da 25 mq ciascuno), ma i tempi con cui questa giunta ha saputo sin qui muoversi non sono affatto rassicuranti. Sarebbe comunque un primo passo importante, anche se una dotazione di 110 orti per Vignola significa comunque un rapporto di un orto ogni 228 abitanti, ancora molto al di sopra del valore di Modena, Bologna e Savignano. Questo solo per dire che occorre sin d’ora ipotizzare la destinazione ad orti di ulteriori aree di verde urbano. Intanto non troppo lontano da noi, a San Giorgio di Piano (BO), la carenza di offerta di appezzamenti pubblici per orti ha dato il via ad un’offerta privata, con canone annuo dai 350 ai 500 euro (vedi).
[2] Una politica lungimirante, dunque, perseguirebbe “da ieri” l’ampliamento degli orti urbani a disposizione dei cittadini e contestualmente garantirebbe l’accesso “generalizzato” agli orti, seppur con meccanismi di priorità alle persone anziane o con basso reddito e/o senza lavoro (in cerca di occupazione, in cassa integrazione, ecc.). Le politiche di promozione degli orti urbani rispondono ad esigenze di socializzazione e di ausilio economico (sono le motivazioni tradizionali che hanno guidato le politiche, specie negli anni ’80, di realizzazione degli “orti per gli anziani”). A queste, sempre valide (ancor più in tempi di crisi economica), si aggiunge però una motivazione di ordine più generale del recupero di uno stile di vita improntato a “sobrietà” e ad un diverso rapporto con la terra ed i suoi prodotti. Tant’è che, lungimiranti, tanto associazioni di tutela del territorio come Italia Nostra (vedi), quanto associazioni di agricoltori come Coldiretti (vedi) hanno promosso progetti nazionali di “orti urbani”. Nel progetto di Italia Nostra, inoltre, le produzioni orticole dell’orto urbano sono pensate non solo per il consumo diretto del coltivatore, ma anche per la vendita a terzi, nell’ottica della “filiera corta”. Insomma il fare pratico dell’orto alimenta e promuove una nuova cultura alimentare, più attenta al ciclo delle stagioni, ed una nuova cultura dell’autoproduzione, che va dalla coltivazione in proprio dell’orto, alla produzione del pane a casa, alla costruzione di piccole reti di scambio dei saperi sull’alimentazione, la preparazione dei cibi, la coltivazione biologica. “L’orticultura offre un linguaggio e un contesto comune in un ambiente urbano che abitualmente promuove la proprietà privata e l’individualismo”, osserva Chris Carlson, Now Utopia, Shake Edizioni, Milano, 2009, p.14 (vedi). E ricorda che la diffusione degli orti urbani origina negli Stati Uniti all’epoca del New Deal ed al programma dei “victory garden” realizzato durante la seconda guerra mondiale (tra 18 e 20 milioni di famiglie possedevano “orti della vittoria” che fornivano il 40% del totale della verdura del paese).
[3] Occorre una diversa “visione”. Occorre sottrarre il tema degli orti urbani dall’angusta confezione delle politiche per la terza età. Lo ha fatto in questi anni il Comune di Bologna, dove il nuovo regolamento prevede che chiunque possa fare domanda di accesso agli orti comunali (di quartiere), basta che abbia 18 anni di età (vedi). Il Comune ha anche attivato un sistema di prenotazione online. Certo, gli anziani hanno la priorità (60 anni per gli uomini, 55 per le donne) nell’assegnazione, ma la minore età non costituisce un elemento che impedisce l’accesso. Riconosciuta la priorità agli anziani tutti ne possono fare richiesta e la graduatoria è stilata in base all’ordine di presentazione delle domande. Più interessante ancora è l’esperienza del Comune di Padova la cui amministrazione, anch’essa a guida PD, mostra una intelligenza sociale assai superiore a quella dei nostri amministratori locali (sarà che … “padovani gran dottori”?). Nel giugno 2011 l’amministrazione di Padova ha realizzato un bando per l’assegnazione di 365 appezzamenti di terreno di proprietà comunale (definiti “orti urbani pubblici”) che si aggiungono agli “orti urbani del Settore Servizi Sociali”. Al bando potevano partecipare tutti i cittadini e, cosa interessante, anche le associazioni di volontariato (vedi). Canone annuo forfetario, per la gestione dello spazio verde, è di 50 euro per orto urbano, a copertura delle spese sostenute dall’amministrazione. Ecco in queste esperienze – Bologna e, soprattutto, Padova – si percepisce una “visione” di un futuro diverso per la città, anche alla ricerca di un rinnovato rapporto tra città e campagna (tramite “infiltrazioni” di pezzi di campagna in città). Indubbiamente quella dell’orto urbano rimarrà un’esperienza di un gruppo minoritario di cittadini, ma è comunque un catalizzatore di nuovi stili di vita e nuove opportunità economiche, sociali e culturali. Di cui abbiamo un gran bisogno. Davvero non possiamo fare altrettanto a Vignola e dintorni?
Buongiorno
Abito a Castelvetro di MO, possiedo un orto molto piu’ grande delle mie necessita’ , e sono disponibile a metterne a disposizione una parte per soddisfare le richieste non soddisfatte dalla limitata offerta di orti urbani presente nell’ area di Vignola.
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