L’Unione Terre di Castelli, per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia, ha proposto un ricco programma di iniziative, dipanatosi dal 17 marzo sino a metà novembre (vedi). Questa manifestazione ha avuto successo oppure no? Ha “funzionato” oppure no? Non sarebbe male porsi questa domanda. Voglio farlo qui seguendo le tracce di un ragionamento fatto da Roberto Balzani, sindaco di Forlì, ma anche professore straordinario di storia contemporanea dell’Università di Bologna, sulla rivista Il Mulino (n.5/2011), dove si interroga sull’efficacia del “programma” nazionale per il centocinquantesimo. Rispetto a quali parametri possiamo valutare se le manifestazioni locali per i 150 anni dell’Unità d’Italia sono state un successo oppure no? Partiamo da qui.

Francesco Selmi, patriota vignolese, con la famiglia. Il Risorgimento, a Vignola e dintorni, fu solo un movimento di élites? (foto dell'1 ottobre 2011)
“Va innanzitutto chiarito se fosse stato individuato, da parte delle istituzioni statal-nazionali, un obiettivo esplicito in vista dell’anniversario e, in seconda battuta, quale sia stato il rapporto tra centro e periferia nel dar vita alla mobilitazione collettiva. In terzo luogo, meritano di essere analizzati il significato che, in periferia, è stato attribuito al centocinquantesimo e la caducità/permanenza degli effetti di questo sullo «spirito pubblico»” (p.796). Questa l’impostazione, convincente, assunta Balzani nel tentativo di valutare il successo delle manifestazioni “patriottiche” del 2011. Due dei tre criteri sono rilevanti anche per valutare l’efficacia delle manifestazioni locali, promosse prevalentemente (ma non esclusivamente) dall’Unione Terre di Castelli e dai comuni che la compongono. Vediamo, dunque.

Per i 150 anni dell'Unità d'Italia neppure l'amministrazione comunale si è sentita in dovere di dare una spolveratina al busto di Garibaldi (a memoria di un passaggio a Vignola, il 6 novembre 1859), in via G.Garibaldi (foto del 29 ottobre 2011)
[1] “Il primo punto è cruciale. Il successo di un’operazione dipende dal progetto che ne sta alla base. In questo caso tale progetto esisteva?” (p.796). Balzani osserva che per le manifestazioni nazionali un tale progetto è mancato: “nessun autentico disegno culturale”. Che invece c’era stato in occasione del centenario del 1961, soprattutto per il fortissimo investimento sul mondo della scuola (vi furono pubblicazioni destinate ad ogni singolo allievo). Ed a livello locale? C’era un progetto dietro al programma dell’Unione Terre di Castelli? C’era un progetto con un obiettivo? No, non c’era. Il fatto era già evidente nel momento in cui il programma è stato reso pubblico, pochi giorni prima il 17 marzo 2011 (vedi). Quella che allora poteva essere poco più di un’impressione è risultata confermata dallo svolgimento degli eventi: un affastellamento di iniziative senza un coordinamento forte, senza una vera regia! Non è chiaro se l’assessore alla cultura dell’Unione, il sindaco di Castelvetro Giorgio Montanari, non abbia sentito l’esigenza di un progetto vero o se non sia riuscito a far condividere l’idea ai suoi colleghi di giunta. Sta di fatto che nessun progetto è stato presentato pubblicamente. Sta di fatto che il progetto non c’è stato. Così abbiamo assistito ad aperitivi patriottici (Italian spritz?); a mostre d’arte con l’Italia come tema, ma prive di pubblico (meno di 500 visitatori alla mostra “Italia, Italie. L’Italia interpretata dai maggiori artisti contemporanei” a Castelvetro: vedi; pure finanziata dalla Fondazione di Vignola!); a cerimonie pubbliche, cittadine o scolastiche, di alzabandiera; al passaggio della gara ciclistica Coppi e Bartali con conseguente assegnazione Trofeo Unità Nazionale (sic); ad una mostra sulla biodiversità ai tempi del Risorgimento in occasione della Sagra dell’Uva e del Lambrusco Grasparossa di Castelvetro; al “tricolore in bicicletta” degli alunni delle scuole di Marano; e così via sino agli spari (a salve) delle “comparse” garibaldine in piazza dei Contrari a Vignola! Una cacofonia, non certo una sinfonia. Ma un tale esito era inevitabile visto che la progettazione è partita con grave ritardo e, soprattutto, visto che è mancato un vero progetto. Per questo mi sembra che le celebrazioni del 2011 siano un’occasione mancata.

Una delle opere esposte alla mostra "Italia, Italie" a Castelvetro. Non vi sembra un Garibaldi perplesso? (foto dell'1 maggio 2011)
[2] Ecco dunque. Essendo mancato un reale “investimento simbolico” è impossibile porsi il problema del successo od insuccesso del programma delle manifestazioni. E’ possibile solo parlare di un’occasione mancata. Chi ha partecipato ai vari “Italian spritz” & C. promossi dall’Unione è ora più “patriottico”? Più consapevole della storia di questo paese, delle sue luci e delle sue ombre? Della sua mancanza di stato (vedi) e delle diffuse anomalie della società? La risposta non può che essere negativa. “C’è una quota enorme di italiani (…) che in mancanza di adeguate forme di contatto, ha metabolizzato al massimo il logo, qualche marcetta ottocentesca, il tricolore, stampine colorate con volti «romantici». Un’efficace opera di pedagogia pubblica avrebbe dovuto aggredire questo monumentale aggregato di «consumatori occasionali di valori», ponendosi – al di là dei contenuti da trasmettere (punto non irrilevante) – pure la domanda del «come», cioè degli strumenti attraverso i quali riuscire a catalizzare l’attenzione e a istillare il tarlo del ragionamento. Ebbene, tutto ciò è mancato” (p.799) Così Balzani in merito alle celebrazioni nazionali. Certo, un’eccezione positiva c’è stata: il Comune di Torino, unico caso di una realtà “locale” che ha saputo sfruttare l’anniversario per una grande mostra ed un programma significativo di eventi, per costruire “una relazione di massa fra il locale e il nazionale, attraverso un’accorta programmazione degli eventi ed un calendario pensato per gran parte della comunità”. Torino appunto. E pochi altri comuni (in Emilia-Romagna: Forlì, Modena e poco altro). A dire il vero anche nel programma dell’Unione Terre di Castelli erano presenti alcuni eventi interessanti, potenzialmente in grado di lasciare tracce più durature nella costruzione della consapevolezza storica delle comunità locali. Ma sono finiti sommersi dal caos complessivo, perdendo in rilevanza e visibilità. E, soprattutto, è mancata l’Unione, ovvero quell’ente che dovrebbe avere la capacità (politica innanzitutto) di selezionare e quindi di investire sui progetti di rilievo, per dare loro una dignità e capacità di attrazione territoriale.
Così Castelnuovo ha realizzato la mostra “Castelnuovo e l’Unità d’Italia. Vicende e protagonisti” (mostra di documenti tratti dall’archivio comunale relativi al periodo 1860-1900 e di fotografie dei luoghi risorgimentali di Castelnuovo e Modena). E qualcosa di simile ha fatto pure Spilamberto, con la mostra di testimonianze storiche (a cura del Comune di Spilamberto e dell’Istituto Enciclopedico Settecani) “Spilamberto risorgimentale: cimeli, documenti e storie di carbonari”. Due tentativi assolutamente insufficienti, ma che andavano nella giusta direzione. Recuperare momenti di storia locale, del Risorgimento, e cercare di istituire un collegamento con le comunità di oggi. Ho provato a sviluppare il tema nel post “Vignolesi comuni del Risorgimento”, anche come lettura critica della mostra vignolese dedicata alle raffigurazioni del risorgimento nei dipinti dei Macchiaioli (vedi). E dire che, come ho affermato nel post, il Gruppo di documentazione “Mezaluna” ha tutte le competenze storiografiche e pure i materiali documentali per provare a darci una rappresentazione “sanguigna” e non superficiale degli anni del Risorgimento, come vissuti dalle comunità locali (élites borghesi, ceti urbani, popolazioni contadine), con le loro diversità (di consapevolezza, di coinvolgimento, di attese), con i conflitti che segnarono quel momento storico (tra lealisti, borghesia patriottica, procacciatori d’affari, masse inconsapevoli). Un progetto dell’Unione Terre di Castelli poteva dunque puntare a realizzare una grande mostra sul Risorgimento vissuto dalle popolazioni di allora, in cui innestare le micro-storie locali: dal generale Cialdini di Castelvetro al patriota Alessandro Plessi di Vignola, ai tanti volontari garibaldini sorti tra gli strati colti e tra i ceti urbani. Questa operazione di scavo storiografico e di costruzione della memoria avrebbe certamente avuto chances maggiori di lasciare un segno duraturo sulla cultura locale. Peccato. Si è persa un’occasione.
PS Ritenendo di grande rilevanza il tema della consapevolezza storica di una “comunità” ero partito per tempo per ragionare sul centocinquantesimo, andando a verificare come il comune di Vignola aveva celebrato il cinquantesimo dell’Unità, nel 1911. Qui alcune cose apprese dalla lettura di documenti dell’archivio comunale: vedi.