Una “cittadella del cibo” nell’area Sipe? Prima cosa fare chiarezza

“All’intersezione dei due sistemi infrastrutturali e insediativi dell’asse Spilamberto Vignola e della pedemontana e dunque nelle condizioni di più elevata centralità ed accessibilità l’area SIPE Nobel si propone come il più emblematico tra i progetti territoriali di rilievo sovracomunale; un progetto che deve interpretare i destini dell’area, dopo gli insuccessi registrati dalle previsioni sin qui elaborate, troppo ancorate ad una dimensione squisitamente immobiliare”. Con questo incipit degno di miglior opera e che pure scomoda il “destino” del territorio prende avvio il capitoletto (due pagine) che l’attuale bozza del Documento preliminare del PSC, in corso di lenta elaborazione (vedi), dedica all’area Sipe-Nobel ed in cui viene abbozzata l’idea di farne una “cittadella del cibo” (pp.13-14). Ed è a questa idea che si sono riferiti nelle loro recenti esternazioni alla stampa locale tanto Francesco Lamandini, sindaco di Spilamberto, quanto Daria Denti, sindaco di Vignola. Doveva essere la sede di una parte del tecnopolo modenese, dedicata alla meccanica avanzata, la cosiddetta Hi-Mec (da tempo erano avviati i contatti con alcune importanti aziende del settore ubicate tra Modena e Bologna). Oggi il progetto si sviluppa in una diversa direzione. Difficile dire se con maggiori chances di successo. Tuttavia un dato che accomuna i progetti del passato con quelli odierni c’é. Si tratta dell’opacità. Origine e caratteristiche della vecchia progettualità, frutto della negoziazione tra pubblico e privato, sono tuttora poco note alla quasi totalità dei cittadini che risiedono su questo territorio. Sarebbe il caso di evitare che questo modo di fare si ripeta oggi. Tra l’altro in larga parte con gli stessi attori (Lamandini era già sindaco ed anzi è stato il principale “manovratore” per la parte pubblica; Daria Denti ha preso parte a tutta la discussione interna al PD, senza mai contrastare le scelte più importanti fatte allora). Ed è singolare allora che nella bozza del Documento preliminare si legga una frase del tipo: “dopo gli insuccessi registrati dalle previsioni sin qui elaborate, troppo ancorate ad una dimensione squisitamente immobiliare”. Non è dunque opportuno, per i cittadini, cercare di capire che cosa hanno in mente per l’area Sipe i fautori degli “insuccessi” del recente passato, coloro che si sono mostrati troppo accondiscendenti verso una “dimensione squisitamente immobiliare”? La risposta è scontata. Vediamo dunque.

Edifici in malora nell'area Sipe basse (foto del 16 giugno 2011)

[1] Non è che sia proprio chiaro che cosa si intende con l’espressione “cittadella del cibo”. Comunque, facciamo parlare l’unico documento che oggi dice qualcosa in proposito, la bozza del Documento preliminare del PSC, appunto: “L’evoluzione dei mercati alimentari verso una “terza generazione” nella quale i mercati si trasformano da luoghi con una mera connotazione funzionale e logistica, sostanzialmente estranei o marginali alla vita urbana, in luoghi ad elevato valore di immagine e con una animazione significativa, che “includono i clienti” e “aggiungono servizi” può allora rappresentare il riferimento vincente per il riposizionamento dell’area SIPE Nobel che la qualifichi come una vera e propria “cittadella del cibo”, sull’onda del successo che operazioni come quelle di Eataly stanno determinando nel paese (e fuori).” (bozza del Documento preliminare, versione del 28 marzo 2011, p.13: vedi). Non è che ora ne sappiamo molto di più. Tra l’altro le formulazioni finite sui giornali sono anche parzialmente diverse. Daria Denti ha raccontato il suo “sogno” (sic) al Resto del Carlino (14 giugno 2011, p.19): “il sogno è farne un grande polo ortofrutticolo, la ‘porta’ dell’Unione”. Ovviamente la formula è alquanto nebulosa. Ricerca e sviluppo in ambito agronomico, magari assieme all’Università di Bologna? Commercio all’ingrosso e/o al dettaglio? Nuovo mercato ortofrutticolo del territorio, spostando lì il “nuovo” mercato vignolese, quello che con il meccanismo dell’asta doveva cambiare le sorti dell’agricoltura vignolese ed invece è stato un flop? Oppure, come sembra dal paragone con Eataly (esempio è il ristorante “slow food” più libreria e punto vendita dei prodotti tipici nell’ex-cinema Ambasciatori in via Orefici, in centro a Bologna: vedi), si tratterà di un outlet dei prodotti tipici, seppure di qualità? La formula usata non dice nulla di preciso. Comunica solo che ci si è spostati dall’hi-tech all’identità (sic) del territorio, alle sue radici, ovvero all’agricoltura (che oggi garantisce una reddito – e neppure principale! – a neanche il 5% della popolazione).

Un edificio a cui è crollato il tetto nell'area delle Sipe basse (foto del 16 giugno 2011)

Qualche mese prima sempre Daria Denti aveva ipotizzato la “cittadella del cibo” da realizzarsi nell’area delle Sipe alte (già bonificate) ed invece il trasferimento dell’Istituto di Agraria L.Spallanzani (di Castelfranco Emilia, ma con succursale vignolese) nelle Sipe basse (quelle ancora da bonificare!). E per descrivere questa famigerata “cittadella del cibo” (a cui aggiunge: “e dei prodotti locali”) parla di “uffici preposti a fornire un supporto concreto agli imprenditori agricoli del territorio” (Gazzetta di Modena, 21 dicembre 2010, p.24). Che sarebbe anche una prospettiva interessante, solo che si fosse in grado di affrontare l’handicap della nostra agricoltura: la mancanza di ricambio generazionale. Gli imprenditori agricoli sono oggi una specie in via di estinzione avendo un’età media superiore a 60 anni ed una visione, dunque, molto poco orientata al futuro (ed all’innovazione) (vedi). A sua volta il sindaco Lamandini parla di una “destinazione enogastronomica”, senza chiarire cosa intenda con ciò (Gazzetta di Modena del 30 giugno 2011, p.35). A cui aggiunge pure lui la nuova sede dell’Istituto d’Agraria L.Spallanzani che verrebbe ad essere trasferita nell’area Sipe dall’attuale localizzazione a Vignola (zona Pratomavore), senza che se ne capisca il reale beneficio. Aggiungendo anche un cinema multisala e, nell’area demaniale, un mega-centro sportivo. Della serie: non sappiamo bene cosa farcene, mettiamoci un po’ di tutto (la cosa importante è non parlare dei mq di edilizia commerciale e residenziale che andranno previsti per finanziare l’intervento – in fondo già sono stati inseriti nel PRG). Insomma, al momento uno slogan e tanto fumo. Il che può voler dire due cose: che sono ancora aperte tutte le opzioni (quelle “comunicate” ed anche le altre, non ancora esplorate). Oppure che c’è già un accordo (magari solo di massima) con un soggetto privato (es. Coop Estense o altri) per realizzarvi un progetto ben preciso, ma che va legittimato enfatizzando gli aspetti socialmente accettabili (la “cittadella del cibo” o “del gusto”) e nascondendo quelli più disdicevoli (quanti mq di superficie commerciale o di edilizia residenziale realizzare nell’area).

Edifici in malora nell'area delle Sipe basse (foto del 16 giugno 2011)

[2] Ragioniamo un attimo di quello che sappiamo (poco, per la verità). Una “cittadella del cibo” nell’area Sipe. Ovvero “funzioni” di qualità legate al commercio di prodotti tipici (aceto balsamico, lambrusco grasparossa, ciliegia, prosciutto di modena; aggiungiamoci pure tigelle e borlenghi …), alla “cultura enogastronomica” (eventi, corsi, musei, mostre, ecc.), all’accoglienza di flussi turistici legati appunto alle “esperienze” enogastronomiche. Non sono tutte funzioni rispetto a cui, da vent’anni, stiamo dicendo che dobbiamo radicarle e svilupparle nei nostri centri storici? Nei centri storici di Vignola, Spilamberto, Castelvetro, Savignano e Castelnuovo? Perché se è così, è evidente che la “cittadella del cibo” nell’area ex-Sipe risulta concorrente alla valorizzazione commerciale e culturale dei centri storici fatta in questi anni. Risulta contrapposta al lavoro di “marketing territoriale” fatto sino a qui (che ha dato questo messaggio: venite nei nostri centri storici di qualità, non nei centri commerciali, non negli outlet … siano questi di beni comuni o di “prodotti tipici”). Ecco questo è il primo interrogativo, il primo dubbio da sciogliere. E rispetto a questo né il Documento preliminare del PSC, né le dichiarazioni “estemporanee” dei nostri due sindaci chiariscono alcunché. Perché è chiaro che se si realizza una nuova “polarità” con capacità di attrazione, allora i flussi di visitatori e di clienti anziché indirizzarsi nei centri storici (sino a qui visti come “centri commerciali naturali”) si fermeranno nella nuova “cittadella del cibo” presso l’area Sipe. Ecco, dico subito che non trovo convincente questa idea. E che la strada da perseguire deve essere invece quella di rafforzare la dimensione “culturale” (ed anche commerciale) dei centri storici locali, qualificandoli ulteriormente in termini di vivibilità (riducendo la presenza delle auto: vedi), di nuovi sistemi di mobilità (minibus elettrici), di buone pratiche di sostenibilità (ed in questo modo farne un veicolo per la loro diffusione). Tra l’altro gli spazi per allocare nuove funzioni o potenziare quelle già esistenti nei centri storici del territorio non mancano: a Vignola l’ex-mercato ortofrutticolo sembra fatto apposta per questo (a proposito, che ne facciamo? nel Documento preliminare del PSC non si dice nulla in proposito).

Edifici in malora nell'area delle Sipe basse (foto del 16 giugno 2011)

[3] La “cittadella del cibo” nell’area Sipe è dunque ideologia? Temo di sì. La pluralità di funzioni che si pensa di affastellare nell’area coprono un vuoto di idee. Come abbiamo visto non è affatto chiaro il Documento preliminare del PSC. E non aggiungono chiarezza (anzi!) gli interventi sulla stampa locale dei nostri due sindaci (si vedano le “idee” di Daria Denti su il Resto del Carlino del 14 giugno 2011). Anche se è lo stesso Lamandini che, sulla Gazzetta di Modena del 5 gennaio 2011, p.28, affermava a proposito della “cittadella del gusto”: “Questa è un’idea di cui si parla già da un po’ di tempo [ndr: si parla? … esattamente, chi è che ne parla? E con chi?], almeno dall’ottobre scorso, e contiamo di presentarla in grande stile a marzo, quando sarà inaugurato il nuovo quartiere della rocca di Spilamberto”. Ovviamente a marzo non è successo nulla. Ma questo è il modo usuale di trattare i “grandi progetti” da parte della politica locale. Abbiamo visto com’è andata in passato, tra l’altro proprio grazie alla regia di Lamandini! Occorre invece dire in modo chiaro e con forza che un dibattito di questa importanza (e visti i “disastri” degli ultimi anni, di cui, tra l’altro, i nostri due portano indubbiamente responsabilità) non può essere fatto in questo modo assai poco trasparente, con i documenti sul PSC non ancora resi pubblici (vedi) ed un po’ di dichiarazioni estemporanee, altrettanto fumose, affidate alla stampa locale. E qui occorre osservare che la mancanza di trasparenza sui contenuti del progetto si associa all’opacità del “percorso” per la sua formulazione. Davvero non si può fare meglio? Davvero non si può dare più trasparenza al processo di progettazione della nuova area Sipe? Tutto questo è singolare. Si fa un concorso di idee per una statua in una rotatoria (per spendere 36.000 euro) … non si possono usare analoghe procedure trasparenti, ad “evidenza pubblica”, anche per mettere a punto il progetto per la nuova Sipe? Non si può fare un concorso di idee su quali funzioni localizzare nell’area? E su come finanziare questa nuova realizzazione (che avrà comunque un costo di diversi milioni di euro)? Singolare modo di procedere delle amministrazioni locali. Oggi la vicenda Sipe è indubbiamente aggrovigliata, dopo il mancato rispetto degli impegni fissati nell’Accordo di programma da parte di Green Village Srl, dopo la risoluzione dell’accordo deliberato dalle amministrazioni comunali interessate (Spilamberto, Vignola, Savignano e la Provincia di Modena), dopo il ricorso promosso dalla stessa Green Village Srl e la richiesta di “risarcimento danni”. Il Comune di Spilamberto, secondo quanto dichiarato dal suo primo cittadino, sta a sua volta predisponendo l’elenco dei danni ricevuti dalle inadempienze del partner privato (“una cifra compresa tra i 4 e i 9 milioni” – Gazzetta di Modena, 30 giugno 2011, p.35). Ma questo contenzioso rischia di trascinarsi per diversi anni. Intanto gli edifici della Sipe stanno cadendo a pezzi, con la superficie di tetti sfondati che cresce inverno dopo inverno. E con la bonifica dell’area Sipe basse ancora in larga parte da attuare. Per tornare alla trasparenza, i cittadini di questo territorio meriterebbero informazioni più puntuali

  • sulle spese sin qui sostenute dalle amministrazioni comunali (soldi buttati?),
  • sui fondi ottenuti dalla Regione Emilia-Romagna e poi restituiti (sembra che ciò sia avvenuto per 2 dei 3 “contributi” ottenuti dalla Regione per il tecnopolo locale e la ristrutturazione degli edifici che lo dovevano ospitare),
  • sui costi da sostenere in futuro per la bonifica dell’area,
  • sui possibili scenari del contenzioso in atto (da molto bene a molto male per le amministrazioni locali),
  • sul piano degli investimenti per il recupero dell’area.

D’altro canto se qualche amministratore locale – irresponsabilmente, dico io – propone il trasferimento della sede vignolese dell’Istituto di Agraria nella zona delle Sipe basse bisognerà che metta per iscritto la ratio dell’intervento (non basta certo che da anni questo sia un ritornello dell’ex-sindaco Gino Quartieri), attesti che il progetto è condiviso dalla Provincia di Modena che è titolare dell’edilizia scolastica per le medie superiori (ed a cui compete il finanziamento dei nuovi edifici), prospetti le modalità di finanziamento della bonifica dell’area (finanziamento pubblico? a carico di privati in cambio di che cosa? ecc.), definisca anche a quale sistema di mobilità pensa di affidarsi per portarvi gli studenti. Ecco, perlomeno queste sono le cose che vanno messe in fila (e per iscritto). Come si vede sino ad ora c’è solo un gran fumo, oltre che il desiderio di un paio di amministratori di dare l’idea di avere idee. Un po’ poco. Ad essere benevoli tutto ciò fa dire: vogliamo approfondire? Vogliamo parlarne? C’è qualche documento che dice qualcosa di più preciso? Altrimenti è ideologia.

Edifici in malora nell'area delle Sipe basse (foto del 16 giugno 2011)

[4] Un ultimo aspetto merita di essere richiamato. E’ un merito delle realtà associative locali lavorare per mantenere la memoria di ciò che è stato per questo territorio la presenza della Sipe. Di recente il Circolo Gramsci di Spilamberto ha promosso uno spettacolo teatrale, “Maneggiare con cura. Le donne della SIPE tra ragioni e sentimenti”, andato in scena il 18 e 19 giugno presso il Circolo Rinascita di San Vito. E’ un’opera meritoria che ci dovrebbe aiutare anche a non perdere l’attenzione sul progetto di “recupero” degli edifici (sempre ammesso che sia ancora possibile) o di riqualificazione dell’area. Anche perché, trattandosi di un progetto tutt’altro che semplice, occorrerà davvero che la “società civile” eserciti il massimo di attenzione e di controllo per evitare il ripetersi degli “insuccessi” del passato (certificati ora anche dal Documento preliminare del PSC). Insomma, un progetto per davvero da “maneggiare con cura”. Oggi quegli edifici stanno cadendo a pezzi. Un fenomeno su cui hanno richiamato l’attenzione tanto i gruppi consiliari di opposizione di Spilamberto in questi anni (da ultimo su Il Resto del Carlino del 6 maggio scorso, p.25), quanto l’agguerrita sezione locale di Italia Nostra (sulla Gazzetta di Modena del 29 ottobre 2010, dove ha richiamato il Comune di Spilamberto, attuale proprietario dell’area, all’obbligo di tutelare quegli edifici storici). E su cui un po’ di documentazione fotografica consente di aprire gli occhi e constatare l’attuale “disastro” Sipe (vedi).

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4 Responses to Una “cittadella del cibo” nell’area Sipe? Prima cosa fare chiarezza

  1. zapata ha detto:

    La Sipe dev’essere davvero stimolante. Stimola appettiti immobiliari e fantasie di ogni genere in amministratori pubblici, cittadini e associazioni.
    Questa vicenda della Sipe potrebbe diventare un soggetto per un buon serial televisivo.
    Anche se nel panorama italiano rientra nella norma.
    Seriamente! Si potrebbe passare dal Parco Scientifico Tecnologico a un Parco Cinematografico Televisivo. Un bravo sceneggiatore potrebbe partire dal 1510 quando nasce il Polverificio voluto dal duca Alfonso d’Este per arrivare a oggi al Cinema multisala voluto dal sindaco di Spilamberto, magari dentro a una “géode” come alla città della scienza di Parigi.
    Strano che il monumento al balsamico non l’abbiano pensato nelle basse, gigantesco, oppure, un grande parco divertimenti, da far invidia a Gardaland e Mirabilandia,a Spilamberto ci sono dei maestri.
    Dopo il flop del PST, che aveva coinvolto e impegnato molte realtà, bisogna dire che la parte migliore ha continuato la sua attività senza aspettare la burocrazia .
    Ma perchè il PST ha fatto flop? Uno studio molto serio sulla storia ci dice che ” Un dato risalta, comunque, come certo e oggettivo: il tempo trascorso. Dai primi studi di fattibilità (A. Quaranta, 1998; G. Pellacani, 1997) ad oggi, sono passati
    undici anni(2009) – senza contare che di Parco Scientifico e Tecnologico si era parlato anche prima di allora.
    Da ciò può conseguire una riflessione, tenendo conto di quanti mutamenti sono avvenuti in undici anni, sia a livello economico, che, soprattutto, a livello di innovazione.
    Un Parco Scientifico e Tecnologico dovrebbe essere uno strumento che aiuti il territorio ad essere più innovativo: è perciò già una prima contraddizione il fatto che siano stati necessari tanti anni per (forse) arrivare ad un accordo.”
    E aggiunge :
    “Inoltre, non si può fare a meno di prendere atto che nel progetto sono stati trascurati due elementi fondamentali: la proprietà ed i finanziamenti. Se è vero che sviluppare programmi e studi di fattibilità è utile per avere una prospettiva chiara, è altrettanto importante non dimenticare mai la necessità di concretezza che deve accompagnare progetti così importanti per un territorio. Ad esempio, riguardo i finanziamenti
    richiesti per la costruzione del PST, il progetto aveva vinto il bando del PRRIITT; tuttavia, questa somma da sola non sarebbe bastata alla costruzione del Parco, e nemmeno sarebbero stati sufficienti i finanziamenti promessi dalle imprese
    per insediarsi nelle officine e nei laboratori (il costo attualmente previsto per la creazione dell’intera struttura del PST è di circa 30 milioni di euro).”

    Fai clic per accedere a 0614.pdf

    Mi pare che questi nostri amministratori non abbiano imparato niente dal fallimento del PST e adesso provano a sbizzarirsi in fantasie neanche troppo creative.
    Del tipo “se credi a questa te ne racconto un’altra”.

    Una grande città del cibo si potrebbe chiamare gnam-gnam valley, uhmm.
    Un grande centro agroalimentare, bellissimo! Visto che siamo stati così bravi col Nuovo Mercato di Vignola facciamone uno più grande alla Sipe. Altre idee? Certo.
    Avanti signori, c’è posto per tutti.

    Non ho fatto cenno alla battaglia in atto a Spilamberto, condotta da Italia Nostra, dal Comitato Sipe Basse, dai cittadini che vogliono valorizzare quel territorio per la sua storia e il suo valore naturale, perchè troppo lungo e tortuoso. Ma una discussione anche in rete non guasterebbe, anzi farebbe solo bene anche per ricordare a “lorsignori” che la Sipe non è “cosa loro”, è di tutti. E allora prendiamocela!

    Vorrei chiudere con un intervento letto sul blog del Circolo Gramsci di Spilamberto
    20 luglio 2010 AREA EX SIPE
    Forse è giunto il tempo di osare con coraggio : fra pochi anni saremo 9 miliardi ed avremo bisogno di produrre cibo per tutti e allora perchè un’area che era di “sicurezza” e “tutela” a causa dell’opificio non dovrebbe tornare ciò che è sempre stata : AGRICOLA?
    In africa, dove ho vissuto diversi anni, i bordi delle strade sono coltivati a patate e fagioli poichè la terra è fonte di vita per tanta povera gente, chissà che non arriveremo a veder coltivare fagioli sulle tante rotonde che ormai fioriscono sulle nostre strade.
    Nell’area SIPE, recuperiamo quindi i fabbricati esistenti e le aree adiacenti, lasciando libera la terra di produrre cibo : abbiamo già perso tutta l’area delle ALTE dove è stata realizzata un’area artigianale che lascia il visitatore sconsolato…..
    Carissimi, vorrei poter vedere un giorno un’ex area artigianale o industriale tornare ad essere area agricola : dite chè è un sogno ? ma per fare le solite cose non occorre sognare, basta smettere di pensare!
    Grazie, perchè ci aiutate a continuare a pensare.fausto prandini

    Chiedo scusa ad Andrea Paltrinieri per l’occupazione di spazio, ma la Sipe è troppo,troppo, importante e ringrazio Fausto Prandini e Stefania Sardo per aver usato le loro parole senza averlo chiesto.
    Ciao, zap

  2. Roberto Adani ha detto:

    Nel 1975 muoiono due operai alla Sipe, è il loro sacrificio a determinare l’unanime richiesta di interruzione delle produzioni esplosive.
    Nel 1982 la BPD-SNIA proprietaria dell’area è in stato prefallimentare ed ha 231 dipendenti.
    L’Unità titola : “Finalmente via da Spilamberto le produzioni esplosive” La Sipe Nobel S.P.A. a quel punto propone per le alte l’inoffensiva ( così viene chiamata) produzione di nitrocellulosa e per le basse la conversione di 310.000 mq. a residenziale, commerciale e produttivo. In una prima ipotesi si ipotizza lo spostamento del mercato ortofrutticolo dal centro di Vignola. I sindacati e il consiglio comunale con delibera esprimono parere favorevole a tale ipotesi e demandano alla provincia i relativi atti.
    Sull’area ci sono allora oltre 100 fabbricati per un totale di 127.260 mc.
    Nei documenti di BPD-SNIA si legge a proposito di Sipe basse:
    ” Le principali funzioni potrebbero svilupparsi secondo il modello dei parchi scientifici americani, nella ricerca di un nuovo rapporto con il mondo della produzione con un ruolo dell’ente pubblico di promozione “. Ed ecco chi ha avuto per primo l’idea del parco scientifico, se fossimo stati capaci fin da allora di grande coraggio avremmo il primo parco scientifico d’Europa.
    Nel 1991 Sipe Nobel propone la costruzione di 300 abitazioni in cambio della cessione degli edifici storici e la realizzazione in essi di un parco scientifico e della bonifica dell’area. Non ci crederete ma la proposta contiene la costruzione di uno stadio con tanto di pista d’atletica e tribune (tutte le proposte di oggi c’erano già 20 anni fà)
    Nel 1993 il piano territoriale regionale e il Prg di Spilamberto individuano per l’area la vocazione per funzioni di pregio nella ricerca. In particolare residenza – direzionalità/commercio, attività ricreative, culturali, istruzione e della ricerca scientifica, attrezzature distributive – artigianato di servizio.
    Ed ecco nel 1995 la conseguente proposta FIAT (che nel frattempo è diventata proprietaria dell’area):
    Attività artigianali nelle alte 28.800 mq.
    Residenza 50.900 da realizzarsi nelle basse con uni-bifamiliari Commerciale 5300 mq
    Impianti ricreativi sportivi 3000 mq
    Attrezzature didattiche culturali scientifiche 10300 mq.
    Aree verdi 43.107 mq. parcheggi 30.000 mq.
    Nel 1998 si arriva alla prima ipotesi di accordo:
    Attività artigianali, direzionali, commerciali, ricettive : 46900 mq.
    Attrezzature private di interesse generale 5400 mq. di SU
    Residenza 36.662 mq.
    Centro di ricerca 9600 mq.
    Aree verdi parco 31283 mq
    Area demaniale destinata parco 100.000 mq
    Nel 2004 si arriva con Fiat all’accordo di programma:
    Attività artigianali = 9960 di SU
    Direzionale e commercio di vicinato: 39700 mq.
    Ricettivo = 6200 mq
    Residenza = 30.000 mq. + 3000 di convenzionata
    Centro di ricerca 9600 mq.
    Aree verdi parco 50000 mq
    Cessione aree pedemontana e realizzazione collegamenti
    Area demaniale destinata parco 100.000 mq.
    Successivamente la proprietà diventa Green Village senza più la partecipazione di Fiat (che in grande crisi ha ceduto le proprietà immobiliari). La nuova proprietà chiede di includere all’interno del commerciale le medie e le grandi strutture di vendita. Inizia un lungo confronto che sfocia in un compromesso e in una revisione dell’accordo che inserisce al posto del vicinato 20.000 mq. di grandi strutture commerciali nell’area. lo scorso anno i comuni dichiarano decaduto l’accordo di pianificazione. A mio parere, tecnicamente devono decadere tutte le previsioni, comprese quelle commerciali, la zona è bianca, e deve essere completamente ripianificata. Siamo tornati a prima del 1975. I morti oggi sono ancora due, per la parte pubblica il parco scientifico e poi tutti i privati, sui cui interessi tanto si è parlato e disquisito, come si è visto nella storia sono stati tanti e molto diversi tra loro, ma Napoleone, la BPD, la Sipe Nobel, la Fiat-CEI, la Green village hanno un solo tratto comune, sono tutti praticamente falliti. Segno che la Sipe ha portato una certa “sfiga”, prima di tutto a quei poveretti che ci sono morti. L’area come si vede dalle foto di Andrea sta crollando e si sta rinaturalizzando, qualcuno lo auspicava, ma la bonifica non è certo terminata, le case non le vuole più nessuno e nessuno le rimpiange, del commerciale si potrebbe farne a meno e realizzarlo nei centri storici, rimpiango invece il parco scientifico, certo siamo in grande ritardo, ma oltre al balsamico, alle ciliegie, al lambrusco e alle carni siamo ancora riconosciuti nel mondo come la motor valley, questo dal dopoguerra in poi sappiamo fare, ed anche bene, prima di abbandonare questa realtà produttiva, ci penserei un milione di volte. I nostri giovani a disossare prosciutti sloveni non ce li vedo tanto. Certo che fare progetti ambiziosi è complicato, bisogna crederci in molti, non bastano tre comunelli, ci vogliono tutte le istituzioni, ma con il coraggio di fare scelte strategiche chiare e di sostenerle. A stare sulla sponda ad aspettare, e questo vale anche per gli imprenditori, prima o poi passano tutti i cadaveri, compreso il proprio.

  3. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Uno sta via una settimana da Vignola ed al ritorno scopre che è stato avviato un nuovo business proprio all’ex-Sipe. Consiglio gli amministratori di tenere in considerazione questa nuova attività, magari inserendo un nuovo paragrafo nel redigendo PSC. Ne ha dato notizia la Gazzetta di Modena di domenica 10 luglio (pag.11) con questo titolo “Sexi tamarra all’ex Sipe”. In pratica sembra che Marika Baldini (di cui personalmente ignoravo l’esistenza fino al momento di leggere la notizia), 22 anni, romana, “prosperosa protagonista della docu-soap ‘Tamarreide’” (rileggersi gli Scritti corsari di Pasolini, per comprendere il significato di questi esempi di TV all’italiana) abbia scelto “lo spettrale stabilimento dell’ex Sipe di Spilamberto (…) per i suoi scatti osé”. L’articolo precisa che, accompagnata da fotografi locali, Marika Baldini si sia recata “per una incursione all’ex fabbrica di bombe, dove [al]l’esplosiva e sexy starlette (…) sono caduti tutti i veli.” Ecco, mi sembra che l’evento possa prefigurare uno dei possibili futuri per l’ex-Sipe. Forse il più promettente. Come location di set fotografici o, perché no, cinematografici per futuri (?) divi del mondo dello spettacolo. Prego il sindaco Lamandini di prenderne nota e di aggiornare i documenti del PSC.

  4. Roberto Adani ha detto:

    C’è poco da ironizzare, qualche anno fa venne un imprenditore statunitense , assieme ad un regista a proporre di realizzare alla Sipe una Hollywood emiliana visto che i costi di produzione in Italia sono un centesimo di quelli della famosa località statunitense e molti produttori americani da qualche anno hanno scelto proprio l’Italia per girare i propri film. Con tanto di multisala e di museo del cinema. Oppure qualche anno dopo i testimoni di Geova la proposero per la sede del campus-tipografia europea della loro congregazione. Oppure la Acimac (associazione dei costruttori di macchine per ceramica) la propose come luogo per la loro sede. Una famosa clinica si voleva collocare alla Sipe e per un pò sia la facoltà di agraria di Bologna che l’Enea pensarono anche alla Sipe come sede. Ancora in seguito arrivò la proposta per una scuola internazionale di alta formazione sulle energie rinnovabili e per un parco a tema sull’energia. Tutte tranne l’ultima si autofinanziavano e in alcuni casi lasciavano anche un qualche utile ai comuni. Le più interessanti come l’ultima invece, non si autofinanziavano, come spesso succede, le idee migliori sul piano dell’interesse pubblico hanno bisogno di trovare le risorse. Ma il problema non è quello di inventare la più originale delle destinazioni, ma di individuare ciò di cui questo territorio ha più necessità per poi inventarsi come finanziare il progetto e stabilire il compromesso accettabile.

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