Diritto ad Internet e partecipazione dei cittadini al governo della città.

Nel dicembre 1994 nasce Iperbole la rete civica bolognese, allora la più importante in Italia. Dietro ad essa c’erano le visioni di Stefano Bonaga, ricercatore di filosofia all’Università di Bologna e, dal 1993, assessore ai rapporti con i cittadini e innovazione nella prima giunta Vitali (vedi). A fine 2010 il Comune di Venezia, con atto di giunta, ha riconosciuto Internet un diritto di cittadinanza (vedi). Ogni cittadino, cioè, deve essere messo nelle condizioni di accedere ad Internet – un mezzo ritenuto indispensabile per la vita sociale oggi. Un principio che verrà fissato nello Statuto Comunale della città che oggi sta realizzando le esperienze più interessanti, in Italia, in merito all’uso di Internet per la vita pubblica. Giovedì 7 aprile questo nuovo diritto, riflesso del vivere nella “società dell’informazione”, verrà ribadito da una conferenza di Stefano Rodotà (vedi). Dietro a questo programma di lavoro, perseguito oramai da qualche anno, ci sono le visioni di Gianfranco Bettin, assessore alla cittadinanza digitale del Comune di Venezia (vedi). Anche il comune di Vignola ha annunciato di voler mettere in campo una “amministrazione 2.0” (vedi). Solo che da noi, dietro a questo programma, al momento fatto essenzialmente di dichiarazioni d’intenti, stanno le “visioni” dell’assessore Maria Francesca Basile, assessore alla “Trasparenza della Pubblica Amministrazione” (una denominazione che sembrerebbe enfatica già per un ministro, figuriamoci per un assessore vignolese), magari coadiuvata nello sforzo immaginativo dall’assessore e vicesindaco Mauro Montanari, assessore alla “Innovazione della Pubblica Amministrazione” (idem come sopra). Detto questo potrei chiudere questo post, dicendo semplicemente che non c’è storia. Né ci sarà. Almeno a Vignola. Almeno nell’Unione Terre di Castelli. Ma il tema è un po’ troppo importante e conviene provare a dire qualcosa. Certo, non confido che gli amministratori di oggi sappiano raccogliere la parte di buono eventualmente presente in queste considerazioni. Diciamo allora che si tratta di un esercizio per il futuro. Speriamo prossimo.

Street art, Bologna (foto del 6 luglio 2010)

[1] Diritto ad Internet: per farci cosa? Partiamo da Venezia e da questa importante iniziativa dell’assessore Bettin. E’ prevista l’inserimento, nello Statuto Comunale, del seguente principio: “Il Comune di Venezia considera la rete internet un’infrastruttura essenziale per l’esercizio dei diritti di cittadinanza; concorre a garantire ai cittadini e a chi visita la città l’accesso alla rete internet in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale; adotta procedure atte a favorire la partecipazione dei cittadini all’azione politica e amministrativa tramite la rete internet, tenendo conto della varietà delle caratteristiche personali, sociali e culturali e si adopera per favorire la crescita della cultura digitale con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione.” Venezia sarà la prima città in Italia a riconoscere il “diritto ad Internet”. Parallelamente Stefano Rodotà, famoso giurista, propone, in collaborazione con la rivista Wired, di inserire il “diritto ad Internet” nella Costituzione, con un articolo 21-bis. Internet, dunque, viene ad essere considerato come un bene di primaria importanza, indispensabile (o di grande importanza) per accedere a servizi ed informazioni erogate online (da remoto, dunque senza richiedere la compresenza fisica e temporale tra chi eroga e chi fruisce), ovvero indispensabile oggi per una vita sociale “piena”.

Street art, Bologna (foto del 6 luglio 2010)

E’ solo un sottoinsieme di queste attività, tuttavia, che riguarda i rapporti tra cittadino e sistema politico-amministrativo. Rapporti che avvengono quando il cittadino assume uno dei due seguenti ruoli: quello di “utente” della pubblica amministrazione e quello di cittadino “partecipante” (alla scelta dei propri “rappresentanti” o alla formazione della “volontà” politica). Nel ruolo di “utente” Internet è importante per il cittadino in quanto consente un accesso più facile ed efficiente a prestazioni o servizi (es. la prenotazione di prestazioni mediche via cupweb o il pagamento online delle rette per i servizi scolastici). Nel ruolo di “partecipante” Internet può essere importante per facilitare la partecipazione alla formazione dell’opinione dei cittadini e delle decisioni dell’amministrazione (come quando viene utilizzato per dibattere di un documento di pianificazione come il PSC: vedi). Vorrei richiamare l’attenzione su queste distinzioni che normalmente non vengono adeguatamente considerate. Dunque, da un lato sta il “diritto ad Internet” che, oggi, può essere inteso come una condizione indispensabile per poter partecipare alla vita sociale (che si manifesta in una o più di queste attività: accesso a servizi online della pubblica amministrazione, accesso ad una informazione pluralista, e-commerce, fino all’uso ai fini della partecipazione politica). Ma, appunto, di semplice pre-condizione si tratta, per quanto oggi importantissima. Tramite Internet è quindi possibile accedere, rispettivamente nel ruolo di “utente” o di “partecipante”, a servizi erogati online o a circuiti di formazione delle decisioni. E’ però evidente che esiste una chiara asimmetria nelle realizzazioni relative a questi due ambiti. La maggior parte dei progetti e delle realizzazioni promosse dalle istituzioni pubbliche sono rivolte al cittadino-utente, non al cittadino-partecipante. Sono cioè realizzazioni in cui la pubblica amministrazione eroga servizi tramite Internet, non invece realizzazioni tramite cui i cittadini partecipano a determinare l’orientamento delle istituzioni (spingendole a decidere in un senso, piuttosto che in un altro). Detto in modo diverso: è più facile trovare applicazioni per fruire di prestazioni online (es. di prenotazione, di accesso ad informazioni “strutturate”, di pagamento, ecc.) che applicazioni per partecipare alla formazione di decisioni collettive: formazione del bilancio ed allocazione delle risorse, formazione di atti di pianificazione, decisioni in merito a temi controversi: pedonalizzare o meno il centro storico (vedi)? Costruire o meno una centrale di cogenerazione con rete di teleriscaldamento (vedi)? E così via.

Street art, Bologna (foto del 6 luglio 2010)

[2] Perché questa situazione asimmetrica? Perché l’uso di Internet per ampliare le opportunità di partecipazione dei cittadini al governo della città sono così rare e così poco incisive? Diverse sono le cause. Tra queste, però, occorre annoverare il fatto che, a dispetto di ogni affermazione pubblica, tanto la “trasparenza”, quanto la “partecipazione” sono viste come un impiccio dalle istituzioni pubbliche. Dunque le amministrazioni pubbliche – la cosa vale anche per il comune di Vignola – non hanno alcun interesse ad una maggiore trasparenza o ad una maggiore partecipazione dei cittadini. Certo, oggi nessuno può dire di essere contro. Ma allo stesso tempo sono davvero rare le amministrazioni che operano con convinzione per garantire più trasparenza e più partecipazione. Quando ciò avviene è perché qualche assessore incarna una visione che assegna più potere ai cittadini – è il caso di Bonaga (Bologna 1994) e di Bettin (Venezia 2011). Per il resto si tratta di adempimenti più o meno formali. E’ così anche a Vignola. Purtroppo. Basta guardare il sito web dell’amministrazione comunale, appena rinnovato. Vi trovate forse qualche significativa innovazione in termini di “trasparenza” e di “partecipazione”? Vi trovate forse la tensione a raccontare dove l’amministrazione intende condurre questa città? A raccontare il programma delle opere pubbliche di questo e dei prossimi anni? A coinvolgere i cittadini nelle scelte più importanti del governo locale? Assolutamente no. Non solo il nuovo sito web è congegnato in modo tale da rendere complicata la navigazione (di fatto vi si accede dalla “mappa del sito” che, di norma, costituisce la porta di accesso secondaria, quando quella principale non è efficace!), ma nessun nuovo contenuto, nessuna nuova sezione punta a rendere più intellegibili ai cittadini i processi decisionali dell’amministrazione. Nessun nuovo contenuto, nessuna nuova sezione punta a raccogliere le opinioni, le osservazioni, gli argomenti dei cittadini in merito a qualche decisione importante che l’amministrazione comunale sta per prendere. Che so? Il polo scolastico? La collocazione della nuova sede AVIS (vedi)? Le politiche culturali (vedi)? La proposta della fusione dei comuni (vedi)? E così via.

Street art, Bologna (foto del 31 luglio 2009)

Non è un caso, ribadisco. A dispetto delle dichiarazioni di facciata, la maggior parte delle amministrazioni (non importa se di centrodestra o di centrosinistra) temono tanto la trasparenza (vedi), quanto la partecipazione (quando questa significa rischio di critica e rischio di subire la pressione verso decisioni difformi da quelle già “maturate” dall’amministrazione). Trasparenza significa mettere a nudo e rendere di pubblico dominio modalità decisionali a volte contorte (vogliamo parlare dell’imminente realizzazione della centrale di cogenerazione? vedi), a volte gestite maldestramente (vedi la vicenda dell’asilo nido “Barbapapà”: vedi), a volte carenti di adeguata istruttoria e valutazione (è il caso della soppressione del trasporto scolastico per la scuola dell’infanzia: vedi), e così via. Rendere trasparenti questi processi decisionali significa esporsi alla critica – ed è quanto è effettivamente avvenuto nei casi citati (ma non perché l’amministrazione ha promosso più trasparenza, semplicemente perché qualcuno ha avuto la possibilità di “guardarci dentro”). Partecipazione significa, specie se “vera” (non manipolata), il rischio di dover rivedere orientamenti già maturati (è il caso dell’intervento di riqualificazione su via Libertà, dopo l’esperienza di “via della Partecipazione”: vedi). Significa correre il rischio di spostare il “centro decisionale” più sulla parte dei cittadini e meno su quella degli amministratori – per questo al comune di Vignola risulta comodo interpretare la “partecipazione” nel senso di semplice raccolta di opinioni tramite questionario, visto che in tal caso il “come” usare i risultati rimane prerogativa dell’amministrazione (vedi)! Insomma, trasparenza e partecipazione sono attività “rischiose”, specie per un’amministrazione di basso profilo come quella vignolese!

Street art, Bologna (foto del 6 luglio 2010)

[3] Non è un caso, dunque, la crescita asimmetrica delle applicazioni Internet nel campo degli enti locali – qualcosa in più per i cittadini-“utenti”, ma praticamente nulla per i cittadini-“partecipanti” (che non debbono, appunto, partecipare per non rischiare di “disturbare il manovratore”!). Eppure non mancano esperienze davvero innovative di uso di Internet a supporto di decisioni pubbliche più “argomentate” e più “condivise”. In ogni caso, la direzione verso cui muoversi è richiamata da Gerry Stoker, politologo inglese e autore di uno stimolante libro su “come far funzionare la democrazia” (Stoker G., Perché la politica è importante, Vita e Pensiero, Milano, 2008, pp.327, 20 euro, vedi): Internet può essere utilizzata per consentire alla cittadinanza di “avere il tempo e la possibilità di riflettere su un problema attraverso la raccolta di opinioni e informazioni, e di arrivare a formulare un giudizio.” (p.294) Perché tale giudizio sia sufficientemente solido è importante che i cittadini possano mettere a confronto punti di vista diversi e diversi argomenti. Ovvero possano partecipare (o assistere) a un dibattito, ad un confronto argomentativo. Non è questa la prassi attuale e oggi Internet non viene utilizzato a tal fine – non certo dal comune di Vignola. Né dall’Unione Terre di Castelli. Eppure la democrazia (locale) dovrebbe dare ai cittadini voce in capitolo nelle questioni che riguardano la loro vita. Ma perché ciò sia possibile occorre che le istituzioni si attrezzino per supportare la partecipazione e per incrementare la trasparenza. Qualcuno mi sa dire un’azione significativa su questo fronte compiuta dall’amministrazione comunale di Vignola in questi primi 20 mesi di legislatura?

Street art, Bologna (foto del 6 luglio 2010)

Stoker sviluppa considerazioni interessanti sul “rinnovamento” delle istituzioni democratiche, proprio perché assume una posizione realista che non ipotizza che la gente non aspetti altro che “partecipare”. Anzi, non è plausibile un sistema democratico che richieda “la partecipazione a tutti i cittadini in ogni momento” (p.241). Mentre invece è importante che, quando un tema conquista la ribalta, tutti coloro che sono interessati ad offrire un contributo al processo deliberativo siano messi nella condizione di farlo. Ciò significa, di nuovo, trovare modi innovativi per mettere a disposizione sia le informazioni essenziali (in un formato accessibile al “cittadino comune”: non basta mettere a disposizione il pdf con le mille pagine del PSC!), sia una pluralità di punti di vista, così che i cittadini interessati possano confrontarsi con essi e quindi far proprio quello più convincente. Non sembra proprio che dietro al progetto del nuovo sito web del Comune di Vignola ci sia questa visione e questa tensione. Anzi, nulla di significativo emerge rispetto ad un comunissimo e banalissimo sito di informazione degli “utenti”; mentre il ruolo dei “partecipanti” sembra decisamente trascurato. Stoker è assolutamente convincente quando ricorda che anche l’appropriatezza delle nuove tecnologie comunicative sarà infine valutata con riferimento (1) al dare effettivamente potere (empowerment) ai cittadini e (2) al consentire un rapido padroneggiamento degli aspetti essenziali del tema in questione: “Il giudizio dei cittadini sulla varietà e portata di queste tecniche verrà in ultima analisi formulato in base a due criteri fondamentali: hanno consentito di condizionare le decisioni politiche di loro interesse? L’hanno fatto senza chieder loro di diventare ciò che nella maggior parte dei casi non voglio diventare, ossia iperattivisti?” (p.307). Se si hanno chiare queste questioni non diventa difficile sviluppare metodologie, tecnologie, applicazioni conseguenti. E non c’è neppure bisogno di affidarsi per intero alle nuove tecnologie. Forse ancora oggi le migliori soluzioni sono quelle che si affidano ad un mix di entrambe: nuove tecnologie e “vecchie prassi”. Un evento tipo “la parola ai cittadini”, condotta anche a Vignola da Paolo Michelotto e promossa dalle liste civiche Vignola Cambia e Città di Vignola (vedi), potrebbe essere preceduto da una fase di “istruttoria” condotta via Internet. L’istruttoria pubblica (vedi) potrebbe di nuovo essere organizzata in tal modo, con un dibattito online che precede e prepara una o più sedute consiliari a tema. Allo stesso modo potrebbe essere organizzata la partecipazione dei cittadini e delle realtà associative alla definizione del PSC (vedi). Insomma e-services amministrativi e nuove modalità di fruizione di Internet (Wi-Fi) sono aspetti importanti, ma è bene non ridurre ad essi le potenzialità di Internet nella vita civica. Internet, infatti, potrebbe contribuire significativamente ad innovare le modalità della democrazia rappresentativa locale. Solo che ci fosse qualcuno in grado di raccogliere per davvero questa sfida. A Bologna questo è avvenuto quindici anni fa. A Venezia si registrano oggi iniziative interessanti (vedi). A Vignola (e nell’Unione Terre di Castelli), invece, tutto sembra tacere. Mancanza di idee, prima che mancanza di risorse?

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One Response to Diritto ad Internet e partecipazione dei cittadini al governo della città.

  1. zapata ha detto:

    Le idee nascono se c’è conoscenza, cultura, curiosità. Senza questo c’è improvvisazione.
    Un festival della poesia nasce dall’idea di un poeta, il parco John Lennon, la strada Jack Kerouak, il parco Sandro Pertini, i corsi organizzati da una biblioteca comunale, una festa per Emergency nel parco della biblioteca, non nascono dall’improvissazione, ma da quello che viene definito “background culturale”, nascono da interessi e da pratiche politiche e culturali. Non si improvvisano.
    Internet è la stessa cosa. Se chi siede al posto del manovratore “non sa una mazza di niente”
    non gli resta altro che improvvisare e fare fumo, molto fumo.
    Si, il Wi-Fi in centro, figo, perchè tutti ne parlano. Poi vai a vedere il nuovo sito del comune e ti ritrovi un sito che è tutt’altro che amichevole.
    Viviamo in un paese dove si dice che i giovani non sanno parlare e scrivere, i concorsi per laureati vengono annullati, perchè i dottori non sanno scrivere. Ma sfoggiano tutti dei bei voti!
    Chiedere a degli assessori con “denominazioni ministeriali” che sono sempre gli stessi che girano nell’Unione, di dedicarsi un pò a Internet, mi pare eccessivo. Troppo.
    Lasciamoli in pace! Chi aveva aperto un blog (elettorale) l’ha chiuso. E non solo chi governa!
    Forse è vero che “lavorare stanca”.
    ciao, zap

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