Un macigno lanciato nello stagno. E’ stato questo l’effetto dell’intervento di Umberto Costantini, giovane consigliere del PD di Spilamberto e dell’Unione Terre di Castelli, su Il Resto del Carlino di venerdì 14 gennaio, in cui ha lanciato l’idea della “fusione” tra comuni. Di fronte ad un futuro di tagli per gli enti locali (il debito pubblico dell’Italia è oramai al 120% del PIL ed anche un cambio di governo non cambierà la prospettiva di progressiva riduzione delle risorse disponibili: vedi) Umberto Costantini vuole esplorare la possibilità di recuperare risorse da un’opera di razionalizzazione degli assetti politico-amministrativi. Per continuare a garantire l’attuale livello di servizi (che in realtà, già nel 2010, ha visto i primi tagli, ad esempio ai servizi scolastici: vedi) l’idea è quello di un nuovo assetto amministrativo che potrebbe ridurre le spese per la gestione della macchina amministrativa. Un’idea che dovrebbe essere approfondita grazie ad uno studio di fattibilità. Questa la proposta che Costantini ha avanzato dalle pagine del Carlino e che aveva già illustrato, nei mesi passati, in diversi incontri di partito, sia comunali che dell’Unione. Il suo primo post sul tema, nel suo blog Spilumberto, è dell’11 giugno 2010, sette mesi fa. Ne è seguito un dibattito a mezzo stampa decisamente confuso e che testimonia, in primo luogo, la fragilità del PD del territorio. Proviamo a ripercorrerlo, cercando di evidenziare gli argomenti di rilievo (pro o contro che siano) e ad inquadrare, di nuovo, il tema.

Osvaldo Licini, Angelo ribelle su fondo giallo (1950-52), Museo del Novecento, Milano (foto del 27 dicembre 2010)
[1] Dopo l’uscita di Costantini su Il Resto del Carlino del 14 gennaio si sono registrate diverse “prese di posizione”: il sindaco di Castelvetro, Giorgio Montanari, e quello di Marano, Emilia Muratori, il giorno successivo (15 gennaio) sempre su Il Resto del Carlino; il 16 gennaio è intervenuta Daria Denti, sindaco di Vignola (Il Resto del Carlino); il 17 gennaio è la volta di Bruno Rinaldi del PDL (consigliere comunale a Castelvetro e consigliere provinciale), primo esponente delle opposizioni ad intervenire nel dibattito; il 18 gennaio interviene Luca Gozzoli, coordinatore del PD della zona dell’Unione Terre di Castelli ed anche Massimiliano Meschiari, vicesindaco di Castelnuovo Rangone, oltre ad altri esponenti delle minoranze: Chiara Smeraldi della lista civica Vignola Cambia e Andrea Bertelli consigliere comunale PDL di Spilamberto. Il 20 e 21 i quotidiani riportano quindi l’opinione di Maurizio Piccinini, consigliere comunale a Savignano e capogruppo del PD nel consiglio dell’Unione Terre di Castelli. Infine il 21 gennaio, su L’Informazione di Modena, Umberto Costantini commenta la prima fase del dibattito e rilancia la sua proposta. Intervenire in un dibattito significa innanzitutto prendere posizione rispetto alla proposta fatta (Facciamo uno studio di fattibilità sulla fusione dei comuni?), con un sì, un no o un sì condizionato, e quindi esporre gli argomenti su cui si basa la propria posizione. Il dibattito svolto può essere giudicato confuso in primo luogo perché, nelle prese di posizione, mancano spesso gli argomenti a supporto della posizione assunta. In alcuni casi, inoltre, il lettore non solo trova una mancanza di argomentazione. Non trova neppure una risposta chiara al quesito posto. Insomma, per alcuni interventi, anche letti e riletti, non si capisce quale posizione viene espressa: se a favore o contro l’ipotesi dello studio di fattibilità. Ricordo infatti che ciò di cui si discute oggi non è se procedere con la fusione dei comuni domani, ma semplicemente l’avvio di uno studio di fattibilità per analizzare pro e contro della fusione dei comuni. E’ chiaro, tuttavia, che avviare uno studio di fattibilità significa già non essere aprioristicamente contrari all’ipotesi della fusione (vedi). Significa, invece, ritenere la fusione dei comuni una cosa dell’ordine del possibile. Rispetto a cui, per prendere una posizione definitiva, si aspetta però il doveroso approfondimento “tecnico”.
[2] In questo “dibattito” Luca Gozzoli (consigliere provinciale PD) è intervenuto come coordinatore di zona del PD. In un qualche modo la sua voce rappresenta quella dei segretari del PD dei diversi comuni. In effetti nessun dirigente del partito locale ha finora preso posizione pubblicamente. Il dibattito, cioè, si è svolto quasi esclusivamente tra amministratori – ed anche questo è sintomatico degli “equilibri” interni al PD, tra chi ricopre una carica elettiva (sindaco o consigliere) o amministrativa (assessore) e chi, invece, ha solamente un ruolo nel partito (dirigente o militante). Da tempo, infatti, il partito non è più in grado di svolgere una funzione di elaborazione politica e di mediazione degli interessi, ma ha, per così dire, “appaltato” questa funzione ai propri amministratori. La mancanza della voce del partito (che pure potrebbe farsi sentire ad esempio tramite un documento approvato dai comitati direttivi del territorio) riflette la perdita di rilevanza e capacità. Forse anche questo spiega l’indeterminatezza della posizione espressa da Luca Gozzoli, assieme al tentativo implausibile di “rappresentare” tutte le (diversissime) opinioni espresse dagli amministratori del PD del territorio di fronte alla proposta di uno studio sulla fusione dei comuni. Che, come detto, non è stata presentata come un fulmine a ciel sereno, ma è stata avanzata più volte in questi mesi da Costantini negli incontri dei direttivi PD. Eppure Luca Gozzoli riesce, in un comunicato di più di 300 parole, a non prendere alcuna posizione rispetto alla proposta dello studio della fusione. Se ne esce, invece, con una proposta tanto “originale” quanto fuori tema: “Propongo che nel 2011, anno del 150° anniversario dell’unità della nazione, si promuovano studi e ricerche per offrire ai consiglieri comunali, ai cittadini e alle rappresentanze sociali ed economiche gli strumenti più adatti per poter valutare in merito alla scelta dell’Unione” (così su L’Informazione di Modena del 18 gennaio, il quotidiano che in modo più ampio ha riportato le posizioni di Gozzoli). A parte che questi “studi e ricerche” sono già disponibili, essendo stati effettuati e presentati pubblicamente nel corso della passata legislatura (ed oggi sono accessibili pubblicamente, anche se quasi nessuno degli amministratori attuali li ha letti, sul sito web dell’Unione: vedi). Il fatto è che la proposta riguarda la “fusione dei comuni” ed è rispetto a questa che occorre prendere posizioni, magari accompagnando il si o il no con buoni argomenti. Come dobbiamo intendere la proposta di Gozzoli? Il riferimento ai 150 anni dell’Unità d’Italia per fare “studi e ricerche” sull’Unione (che esiste dal 2002), significa forse che bisogna aspettare le celebrazioni dei 300 anni dell’unità d’Italia (il 2161) per fare lo studio di fattibilità sulla fusione dei comuni? Esoterico.

Pierluigi Bersani, E la pazienza è finita, Museo del Novecento?, stazione centrale di Bologna (foto del 15 settembre 2010)
[3] Le posizioni degli amministratori e, tra questi, soprattutto quelle dei sindaci, sono perlomeno più chiare. Facciamo la conta. Il sindaco di Castelvetro (Giorgio Montanari) e quello di Marano (Emilia Muratori) hanno espresso un secco no. Vediamo gli argomenti. Montanari lamenta la mancanza di “metodo” ed il fatto che la proposta di Costantini è stata avanzata sulla stampa. Ma è una critica che Montanari dovrebbe rivolgere ai dirigenti del PD locale che in 6 mesi di tempo non sono riusciti ad organizzare neppure un tavolo di confronto su una proposta avanzata negli organi di partito nell’estate 2010. Occorre poi osservare che la proposta della fusione non è peregrina, visto che in altre realtà della provincia di Modena è di nuovo il PD che la avanza (è in discussione, ad esempio, la possibilità di accorpare i comuni di Cavezzo, Medolla e San Possidonio – al di là della differenza dimensionale, che pure è importante, ciò che conta è che sulla prospettiva della fusione di comuni diversi territori stiano ragionando). La reazione di Montanari è, in sostanza, una replica seccata e poco meditata. Non ci sono argomenti veri contro la proposta dello studio di fattibilità. Semmai ci sono perplessità rispetto all’idea della fusione, ma, appunto, lo studio dovrebbe servire a chiarire punti di forza e punti di debolezza della fusione. Anche quando afferma che “il tema dell’identità locale non si può ridurre a puro campanilismo”, Montanari mette in luce uno dei nodi che lo studio, se fatto, dovrà affrontare. Ma non si tratta di un argomento decisivo contro lo studio di fattibilità. Ugualmente piccata è la reazione di Emilia Muratori, sindaco di Marano: “Mi dissocio dalle idee di Costantini, abbiamo altre priorità e non penso sia il momento di parlare di progetti simili”. Certo, il sindaco di Marano non dice quali sono i requisiti da soddisfare e che testimonierebbero che è giunto il giusto momento per parlarne. Per cui si potrebbe semplicemente rispondere: se non ora quando? Bisogna invece dare atto al sindaco di Vignola, Daria Denti, di aver espresso una posizione assolutamente ragionevole. Pur senza aderire all’idea della fusione di comuni, il sindaco di Vignola riconosce che lo studio di fattibilità sulla fusione è un’opportunità che va colta: lo studio di fattibilità “ci dirà se davvero conviene, in termini di riduzione degli sprechi e di miglioramento dei servizi ai cittadini, riunire più Comuni in un unico ente locale. Penso infatti che questa proposta di Costantini sia un’opportunità molto interessante per tutti, da non lasciarsi sfuggire. Non solo perché sarebbe comunque sbagliato giudicare un progetto prima di avere in mano tutti i dati necessari per poterlo valutare nella sua interezza”. Assieme al sindaco di Vignola, si esprimono a favore dello studio di fattibilità anche esponenti delle minoranze. Così Chiara Smeraldi, consigliere vignolese di Vignola Cambia, ed Andrea Bertelli, del PDL di Spilamberto. Tra i no (sindaci di Castelvetro e Marano) ed i sì (sindaco di Vignola, esponenti delle minoranze) si ampliano anche le posizioni indefinite. Oltre a quella di Luca Gozzoli, anche Maurizio Piccinini, capogruppo PD nel consiglio dell’Unione Terre di Castelli, parla senza prendere posizione. Leggendo e rileggendo il suo intervento (riportato sia da L’Informazione di Modena del 20 gennaio che da Il Resto del Carlino del 20 gennaio) non si riesce a capire se Piccinini è favorevole o contrario allo studio di fattibilità! L’unica cosa chiara è la difesa, un po’ tirata in verità, del (confuso) dibattito nel PD e soprattutto della divergenza delle posizioni emerse: “E’ normale che una questione così impegnativa veda opinioni e posizioni diverse. Perciò fanno sorridere quelli che parlano di spaccature nel PD su questo argomento.” Anche Piccinini fa un po’ sorridere. Non tanto per il tentativo di togliere enfasi alle posizioni divergenti presenti all’interno del PD. Ma perché la sua suona come una difesa d’ufficio di un partito che ha perso la capacità, mai troppo forte in verità, di organizzare seriamente il dibattito interno sulle grandi linee strategiche del territorio: si tratti del progetto ex-SIPE, del PSC o, ora, della fusione di comuni. Su nessuno di questi “grandi temi” il PD ha dato dimostrazione di saper organizzare il proprio dibattito interno in modo efficace e trasparente. Su nessuno di questi ha dato dimostrazione di sapere acquisire una posizione che, frutto dell’intelligenza collettiva, fosse anche una posizione collettiva, ovvero in grado di durare oltre il mandato degli amministratori che l’avevano promossa. In realtà su questo non ci sarebbe da sorridere.
[4] Debbo dire che le considerazioni più intelligenti sul tema della “fusione dei comuni” io le ho trovate nell’intervento di Roberto Adani su questo blog (vedi). Originate dapprima come un commento all’intervento di Umberto Costantini sul Carlino di venerdì 14 gennaio, meritano di essere considerate come un invito autonomo a prendere con forza in considerazione il tema del “governo del territorio” e della sfida della competizione tra territori, particolarmente accesa negli ultimi 10-15 anni ed ancora di più oggi in una fase di risorse calanti. Come dice Roberto Adani, “il tema principale infatti non è fondere i comuni per spendere meno. Ma al limite fondere i comuni perchè siano realmente capaci di governare il territorio e promuovere sviluppo sia economico che sociale” (vedi). Questa è la vera sfida che questo territorio ha davanti. Purtroppo sembra che la maggior parte dei sindaci del territorio dell’Unione non ne abbia consapevolezza. Così come sembrano non averne consapevolezza le diverse articolazioni comunali del PD. Tutte cose che si pagano. O meglio: a pagare sarà questo territorio ed i suoi abitanti. Per questo nel dibattito sulla “fusione dei comuni” un po’ di capacità di visione e di coraggio non guasterebbe.
Mentre si discute e configura una discutibile “svolta federalista” dello stato italiano, non ci si accorge che in realtà l’elemento di continuità dei 150 anni d’Italia è il localismo. E’ questa la tesi di un bel libriccino del sociologo Marcello Fedele:
http://www.donzelli.it/libro/2191/ne-uniti-ne-divisi
Ecco un passaggio interessante ai fini della nostra (mancata) discussione sulla fusione dei comuni: “I comuni si interpretano come istituzioni autonome, perché svolgono compiti fondamentali nei confronti dei cittadini. Se questa funzione viene meno, cade anche il fondamento dell’autonomia comunale e questa prospettiva nessuna forza politica è stata sinora in grado di imporla, né i comuni hanno mai pensato di accettarla.” (p.41) Il fatto è, osserva Fedele, che sempre meno oggi i comuni svolgono tali “compiti fondamentali”. Perché dunque mantenerli (come sono oggi) come entità amministrative? Raccolta dei rifiuti, depurazione delle acque, distribuzione idrica, trasporto pubblico, trasporto scolastico, refezione scolastica, gestione case popolari, gestione di servizi sociali e altro ancora. Sono tutte cose che NON fa il comune di Vignola, ma che ha affidato a terzi. In genere enti di maggiori dimensioni, spesso di bacino distrettuale o provinciale. D’altro canto il 50% del bilancio del comune di Vignola è semplicemente trasferito all’Unione Terre di Castelli che lo impiega per produrre od acquistare servizi. Non bastano questi dati per mettere in luce il fatto che la scala comunale è troppo piccola? Che dal punto di vista amministrativo – e della capacità di governo e di acquisto/produzione di servizi – anche il comune di Vignola (con i suoi 24.802 residenti) è troppo piccolo? Sono considerazioni che, certo, NON sono sufficienti per dire che la fusione dei comuni è la soluzione. Ma di certo questo tema non può essere eluso come invece ha provato a fare qualche sindaco del territorio. Per questo, lo ribadisco di nuovo, l’opportunità dello studio di fattibilità NON va lasciata cadere.
Nuova sollecitazione a prendere sul serio il tema della fusione dei comuni, sul territorio dell’Unione Terre di Castelli. Proviene da Angelo Benedetti, presidente della Confesercenti di Vignola, che all’incontro “Quale futuro per l’economia del territorio?” (organizzato il 26 gennaio 2012 a Palazzo Barozzi da Lapam, Cna, Confesercenti e Confcommercio) ha detto, rivolto agli amministratori presenti (Francesco Lamandini, sindaco di Spilamberto; Daria Denti, sindaco di Vignola; Emilia Muratori, sindaco di Marano): “Inoltre invitiamo a una riflessione sulle forme associate tra comuni: ci aspettiamo che vengano utilizzati gli appositi fondi regionali per studiare la fattibilità della fusione tra i comuni” (Gazzetta di Modena, 28 gennaio 2012, p.30). Nulla di rivoluzionario, dunque! “Solo” uno studio di fattibilità (come peraltro chiesto da Umberto Costantini, giovane consigliere PD di Spilamberto). Ma per gli amministratori di questo territorio anche lo “studio” sembra essere un obiettivo proibitivo!