Nel tratto del Percorso Natura che costeggia la riva vignolese del Panaro sono cresciute negli ultimi anni numerose baracche. A volte collegate ad appezzamenti coltivati ad orto, a volte semplice luogo di insediamento nell’ambiente fluviale, sono divenute sempre più un fattore di degrado di un’area che invece dovrebbe essere di qualità, come auspicato, ad esempio, dal recente “contratto di fiume” (vedi).
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Almeno una quarantina possono essere facilmente localizzate in due tratti del lungofiume: immediatamente a valle del parcheggio di via Zenzano, il primo, e all’altezza di via Casella Gatta, a valle del ponte della ferrovia Vignola-Bologna, il secondo. Non si tratta certo di un problema emerso di recente. Piuttosto è l’esempio di un’emergenza rispetto a cui l’amministrazione comunale si è manifestata incapace di intervenire (o forse semplicemente non intenzionata ad intervenire). Fatto sta che chi oggi percorre quel tratto del Percorso Natura che dal borgo antico di Vignola prosegue, costeggiando il fiume Panaro, verso Brodano, si trova spesso ad attraversare zone segnate da degrado e che si configurano come vere e proprie “discariche” ai margini della zona fluviale.

Accumulo di rifiuti e rottami lungo il Percorso Sole a Vignola, all'altezza di via Zenzano (foto del 12 agosto 2010)
[1] Singolarmente, i documenti di analisi dell’area fluviale predisposti nell’ambito del Contratto di Fiume evitano di riferire in modo dettagliato di questi assai poco qualificante insediamenti, limitandosi a rilevare la presenza di “zone interessate da orti non autorizzati” (p.177 della Relazione Finale.Parte I: fase conoscitiva, febbraio 2008; vedi). In realtà non di “orti” si tratta (anche se ci sono anche quelli), ma di recinzioni, di baracche, di arredi e supellettili varie, di rottami, di vere e proprie mini-discariche a cielo aperto. La credibilità del percorso prospettato con il Contratto di fiume – atto di mero indirizzo – viene messa alla prova dalla capacità di affrontare e risolvere questo evidente “segno” di forte degrado dell’area golenale del Panaro vignolese.
[2] Partiamo dal Contratto di fiume che è stato di recente oggetto di una delibera di approvazione da parte del consiglio comunale di Vignola nella seduta del 28 settembre scorso. Diversamente da ciò che lascia intendere la terminologia – “contratto” – il Contratto di fiume non è un atto operativo che fissa gli impegni dei contraenti. Si tratta invece di un documento di indirizzi – un po’ come il Piano delle strategie del 2006 (vedi) o come il Masterplan del verde pubblico a Vignola (vedi) e che, in quanto tale, rimanda ad atti e progetti successivi la sua operatività. Insomma, come non raramente succede, potremmo avere anche un bellissimo documento di indirizzo che però non trova alcuna applicazione concreta. Ne riparleremo. Per quanto riguarda il problema qui sollevato – le due consistenti aree di degrado, ovvero di “baraccopoli” – la documentazione allegata al Contratto di fiume dice assai poco. La Relazione finale relativa alla fase conoscitiva si limita a poche righe (p.177): “Le zone interessate da orti non autorizzati sono ubicate in vari punti del tratto analizzato. In particolare si ritrovano in aree golenali vicine ai centri urbani e residenziali. La loro ricollocazione pertanto può avvenire solo se studiata congiuntamente ai reali bisogni di chi ne è fruitore (vicinanza al luogo di residenza, facilità di accesso, approvvigionamento idrico regolare, ecc.). Sono necessari una volta individuate le aree, che potrebbero coincidere con quelle attuali, dei regolamenti appropriati per l’indirizzo e la gestione. Potrebbero essere eseguiti anche schemi tipologici di riferimento per tutti gli interventi.” Il tema ritorna nella parte di documento relativa alle proposte (Relazione finale. Parte II: fase propositiva, febbraio 2008, pp. 316-318). In questo caso, dopo aver ribadito che “lungo il tratto di studio sono diffusi orti urbani in area golenale che in alcuni casi limitano la fruizione del fiume e l’uso dei percorsi di accesso alle sponde”, si afferma che non è compito dello studio definire la “giusta localizzazione” e che, invece, potrebbe essere opportuno “approntare un regolamento generale del Parco Fluviale del Panaro che indirizzi le scelte di localizzazione e di gestione degli orti”. Ci si preoccupa, infine, del corretto approvvigionamento idrico per l’irrigazione di tali orti, pensando a tal fine a “bacini irrigui di accumulo” (come se il problema fosse la sottrazione di acqua dal fiume per l’irrigazione di una quarantina di orti, in genere di dimensioni contenute). Indubbiamente l’organizzazione di orti lungo l’area fluviale, con relativi percorsi di accesso e servizi, è una prospettiva assai interessante. Tutto ciò che va nella direzione dell’autioproduzione e del recupero di una “relazione” con l’ambiente naturale e le attività agricole (od orticole) va salutato con grande favore – orti urbani inclusi (vedi). Ma oggi il tema non è questo. Il tema non è quello di orti “non autorizzati”, bensì di vere e proprie discariche ed accumuli di rifiuti, di “baraccopoli”, visto che molte di queste aree recintate sono state nel tempo abbandonate, mentre altre vedono una tale accumulo di materiale di diverso genere da configurarsi comunque come insediamenti potenzialmente pericolosi ed antigienici (come risulta evidente dalla slideshow realizzata con foto scattate in agosto ed in ottobre 2010).

Una baracca e numerosi rifiuti lungo il Percorso Natura a Vignola, all'altezza di via Casella Gatta (foto del 4 ottobre 2010)
[3] E’ tollerabile la presenza di una tale area di degrado lungo il Percorso Natura? La risposta è facile: no. Più difficile, tuttavia, è mettere in campo un intervento risolutivo del problema. Le baracche sono lì da diversi anni, forse da decenni. Nuovi insediamenti si sono aggiunti nel tempo, mentre altri, più vecchi, sono stati abbandonati e risultano oggi dei semplici accumuli di rottami e di rifiuti. Sarà interessante “misurare” la capacità di intervento della Polizia Municipale e dell’amministrazione comunale, da un lato, delle “guardie ecologiche” provinciali dall’altro, e delle autorità (sindaco ed Azienda Sanitaria Locale) deputate a garantire le necessarie condizioni di igiene di questi luoghi, dall’altro ancora. Plausibilmente le aree interessate sono di proprietà demaniale, probabilmente occupate ed utilizzate senza le necessarie concessioni. La persistenza del fenomeno mette in luce l’assenza di un adeguato sistema di monitoraggio, da un lato, e l’incapacità di predisporre un intervento efficace, dall’altro. In assenza di informazioni più precise, la documentazione fotografica ci consentirà almeno di effettuare un confronto con la realtà che si andrà a rilevare tra qualche anno, al termine della presente legislatura. Sul tema i documenti preparatori del Contratto di fiume sono assai poco loquaci ed utili. In attesa della (nuova) regolamentazione degli “orti in area golenale” (non sappiamo se avverrà e, nel caso avvenga, non avverrà a breve!) si tratta di affrontare una diversa emergenza ambientale: quella di baracche ed altri rifiuti che “degradano” questo tratto del margine fluviale.
Visti sotto un’altra ottica potrebbero essere opere d’ARTE POVERA (una delle poche correnti artistiche italiane apprezzate nel mondo dopo il futurismo, con testimonianze significative presso il museo Castello di Rivoli dopo Torino…). Insomma sono dei veri propri capolavori accumuli di materia alla ARMAN (nouveau realisme); lui veniva pagato anche dalla Renault… Faceva accumuli di macchine vecchie incastrati nel cemento… Insomma gli accumuli di materia che abbiamo visto nelle foto, esprimono una critica alla società post-industriale…
Scherzi a parte è una situazione da sanare ma bisogna vedere effettivamente di chi è la competenza di tale compito, amministrazioni comunali, o altri organi territoriali.