Da tempo Vignola ha allentato il proprio rapporto con l’acqua del fiume e dei canali che segnano il suo territorio (vedi). Questo è indubbiamente anche la conseguenza del progresso. La costruzione del primo ponte sul fiume Panaro tra Vignola e Savignano, inaugurato nel 1876, ha consentito l’attraversamento del fiume senza dover ricorrere a passerelle traballanti od a barche di traghettatori, senza dover prestare attenzione ai capricci del tempo ed al livello dell’acqua (il servizio di traghetto, nei pressi del “sasso del Tufo” tra la riva di Zenzano e della Posterla, è stato per lungo tempo prerogativa della famiglia Ballestri). In questo modo, però, ha preso il via un progressivo distacco dal fiume della comunità vignolese che sempre meno è ricorsa ad esso per le attività della vita quotidiana e lavorativa.
La lavatrice, diffusa nelle famiglie anche a Vignola negli anni ’60, ha reso non più necessario ricorrere al fiume per fare il bucato. L’automobile ha offerto la possibilità di mete più esotiche per il fine settimana, rispetto al greto del Panaro (in ciò assecondata dal deterioramento delle sue acque). Lo stesso è avvenuto per le attività produttive del territorio che in passato utilizzavano l’acqua del fiume o dei canali (es. la cartiera di via Sega, i mulini di Bagnara, Tavernelle, ecc.). Da tempo dismesse non necessitano più di un siffatto approvvigionamento idrico. L’allentarsi, prima, e lo svanire, poi, del rapporto quotidiano con il fiume ha portato ad una perdita di consapevolezza del ruolo giocato da questo “fattore” ambientale nel territorio. Che il territorio sia segnato da una rete di canali, molti dei quali risalenti al medioevo, è un patrimonio di conoscenze di un numero sempre più ristretto di persone. Che il fiume giochi comunque ancora oggi – pur malandato com’è – un’importante funzione climatica, anche questo non è noto. E della sua presenza non basta certo a richiamarcene la consapevolezza un qualche momento di “crisi”, peraltro sempre più raro (e per fortuna!): il crollo del ponte determinato dalla piena nel 1966; la caduta della traversa in alveo a valle del ponte della ferrovia travolta da una piena nel 1998 (oggi, 12 anni dopo (sic!), è in fase di completamento la nuova traversa con centrale idroelettrica: vedi); qualche piena che tiene in ansia per le possibili esondazioni soprattutto gli amministratori (e soprattutto dei comuni della “bassa”). Come spesso succede, in questo tribolato rapporto con l’ambiente c’è qualcosa di paradossale. Della sua importanza si diviene consapevoli quando esso “viene meno”, quando non garantisce più quelle funzioni che per lungo tempo ha garantito (tanto da poter essere date per scontate). E’ il “venir meno” che dà consapevolezza dell’importanza – un movimento messo in luce in modo esemplare in filosofia da Hegel fino a Husserl. Oggi il fatto che Vignola sia una “città” sul fiume è qualcosa di cui i suoi abitanti hanno perso la percezione – ce lo ricorda semplicemente la carta geografica. Probabilmente anche per questo il tema del rapporto della città con il fiume emerge oggi di rado nelle “visioni” degli amministratori – inoltre, almeno sino ad oggi, senza che a tali “discorsi” (peraltro assolutamente frammentari) corrisponda alcun fatto significativo. Anche dell’efficacia del “contratto di fiume” a cui lavorano le amministrazioni del territorio c’è da dubitarne – troppo spesso la pianificazione è servita per “colpire” piuttosto che per cambiare le modalità operative di un territorio. E’ bene dunque mostrare un po’ di sano scetticismo, senza con ciò rinunciare al tema del rapporto di Vignola con le sue acque: quelle del fiume e dei canali (e delle fontane).
[1] In realtà a cavallo tra gli anni ’70 ed ’80 qualcosa di significativo si mosse sul territorio. Mi riferisco alla realizzazione del “Percorso Sole”, ovvero di quel sentiero attrezzato realizzato nell’area golenale a monte del centro nuoto, sulla riva sinistra del fiume tra Vignola e Marano. A complemento del “Centro Nuoto Intercomunale” (inaugurato nel 1975) e del “Centro Sportivo Intercomunale” lì vicino, nella seconda metà degli anni ’70 nasce il progetto di sviluppare un’area di fruizione ambientale e per attività sportive in quel tratto del fiume. Il primo tratto del “Percorso Sole” è realizzato nel 1979, nella parte corrispondente agli impianti sportivi realizzati dalla Cooperativa Polivalente (costituitasi il 14 gennaio 1978 – emanazione del Circolo Polivalente Olimpia – proprio per realizzare e poi gestire gli impianti sportivi a monte del “centro nuoto”). Nei cinque anni tra il 1979 ed il 1984 il percorso viene progressivamente esteso, consentendo di collegare Vignola e Marano (circa 4,5 km) ed anticipando un più ambizioso progetto, quello del “Percorso Natura”, ovvero il sentiero fluviale da Modena a Marano (realizzato dagli enti locali, tra cui la Provincia di Modena, a partire da quegli anni). Il “Percorso Sole” viene realizzato con circa 10.000 ore di lavoro volontario (così dicono i documenti dell’epoca), promosso dalla Coop Polivalente (e dalla locale sezione di Lega Ambiente) e sostenuto, tramite un’apposita convenzione, dall’amministrazione comunale di allora. E’ significativo che tra gli obiettivi della Coop Polivalente vi fosse anche quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’importanza del fiume per la salute dei cittadini e per la vita animale e vegetale. Sul binomio ambiente (fiume) e sport (benessere e salute) si costruì allora un progetto significativo per Vignola. Su di esso si innestarono diverse altre iniziative: la costituzione del Centro Intercomunale per la Ricerca e la Didattica Ambientale (CIRDA), costituito alla fine degli anni ’80 dai comuni di Vignola, Savignano e Marano, e sciolto qualche anno fa; la prospettiva (non realizzata) di configurare i tre comuni (ed in special modo Vignola e Savignano) come “città sul fiume” grazie alla pianificazione urbanistica associata (vedi). Prospettiva tramontata quando ad una fase di studio comune le tre amministrazioni fecero seguire la decisione di approvazioni separate dei rispettivi PRG (quello vignolese fu adottato nel 1998 – sindaco era Gino Quartieri) – gestendo in modo autonomo la fase delle osservazioni e dell’approvazione (che in effetti avvenne con scarti anche di qualche anno tra le tre amministrazioni). Da allora tanto il “Percorso Sole” (e “Percorso Natura”), quanto la prospettiva della “città sul fiume” sono entrate in una fase di progressivo declino, se non di degrado. Il tratto iniziale del “Percorso Sole” è stato oggetto di riqualificazione pochi mesi fa, ma si tratta di un intervento parziale e selettivo. Il Tratto del “Percorso Natura” che dal ponte della ferrovia giunge fino al ponte Muratori è da anni invaso da baracche e mini-discariche che non contribuiscono certo a dargli valore ambientale e paesaggistico!

Cartello di sensibilizzazione ambientale lungo il rio Scaleres a Varna (BZ) (foto del 9 agosto 2010)
La prospettiva di allargare questa zona di valore ambientale all’altra sponda, quella di Savignano, è stata delineata oramai 15 anni fa, ma è rimasta sino ad ora senza realizzazioni significative (anche se solo ora è in corso di trasferimento il frantoio – prerequisito per poter effettuare realizzazioni significative). Oltre al dato fisico, l’aspetto che più colpisce chi confronta le iniziative di trent’anni fa con quelle di oggi è la mancanza, attuale, di un “dispositivo sociale” equivalente alle realtà associative di allora: Circolo Polivalente Olimpia, Cooperativa Polivalente, Lega Ambiente. Certo allora almeno le prime due erano espressione di “collateralismo” rispetto all’amministrazione comunale. Cosa che in un qualche modo garantiva, seppur non senza tensioni, visioni ampiamente sovrapposte e fiducia reciproca quale elemento fluidificante per realizzare imprese collettive ed inter-istituzionali – qual’è appunto la realizzazione di quell’area di valore ambientale e sportivo lungo il fiume. Comunque sia, appare chiaro che mentre allora, grazie a tali realizzazioni, Vignola si configurava come una realtà di avanguardia oggi non lo è più. Quelle competenze civiche allora sviluppate non sono state liberate dalla “gabbia” di rapporti politici troppo angusti e disseminate in esperienze civiche ed associative sul territorio e nei quartieri. Sono invece state semplicemente dissipate. In ogni caso quella esperienza ha smesso da tempo di fungere da volano per una consapevolezza ambientale – sia questa centrata o meno sul rapporto che Vignola ha intrattenuto storicamente con il “suo” fiume.

Fontane a raso nella piazza davanti a Villa Braglia, luogo di gioco per i bambini (foto del 20 giugno 2009)
[2] Mentre la città si è allontanata dal fiume (simbolicamente, non certo fisicamente), l’acqua è arrivata (per la prima volta?) negli spazi pubblici della città. Negli ultimi anni dell’amministrazione Adani due fontane hanno trovato posto in città: le fontane a raso nella piazza antistante Villa Braglia (vedi) e la fontana nella rotatoria (ispirata al Barozzi) antistante Piazzetta Ivo Soli. Erano state precedute – ad onor del vero – dallo zampillo d’acqua al centro della rotatorio all’incrocio tra via Circonvallazione e via per Sassuolo. Nei progetti di Adani l’acqua avrebbe dovuto avere una presenza ancora più importante in città. Uno dei progetti di riqualificazione di Corso Italia prevedeva la realizzazione di un micro-canaletto a cielo aperto – elemento poi abbandonato nella realizzazione definitiva. Ma era soprattutto nel “Parco Città dei bambini e delle bambine” che l’acqua – anche grazie al “recupero” ed alla valorizzazione del Canale di San Pietro – avrebbe avuto un ruolo di primo piano. Ad oggi la nuova amministrazione ha spostato nel tempo il progetto – in attesa di chiarirsi le idee sul “che fare?”: un parcheggio? (vedi) un’eco-museo del ciliegio (vedi)? La sede del “mercato contadino”? tutto questo ed altro ancora? Comunque sia è interessante interrogarsi circa il contributo di consapevolezza e cultura ambientale che può essere dato dall’acqua in città – in queste od altre realizzazioni. Le frasi ad effetto – Vignola città dell’acqua? Vignola città delle fontane? – sono indubbiamente fuori luogo. Fanno un po’ sorridere. Ma io trovo interessante l’intuizione di usare l’acqua per agevolare un’esperienza e per veicolare un messaggio di cultura ambientale – ed anche in tal modo richiamare il tema del rapporto della città con le sue acque (il fiume, i canali). La sfida è la seguente: possiamo chiedere alle fontane ed ai “giochi d’acqua” un ruolo nella diffusione di una più elevata consapevolezza ambientale?

Impianto "Kneipp" (dall'ideatore di questa forma di idroterapia, Sebastian Kneipp) a Varna (BZ) (foto del 9 agosto 2010)
Questo è il tema. Che attende di essere svolto (non è questo post lo svolgimento; questa è solo la domanda). Il tema dell’acqua può diventare oggetto di “politiche generali” a livello comunale? E così facendo è possibile fare “politiche ambientali” in modo nuovo? Può giustificarsi un “assessore alle acque”? Intendendo con ciò una visuale particolare per fare politiche ambientali, politiche territoriali, politiche di “radicamento” storico e territoriale di una comunità di cittadini in misura significativa (almeno il 25-30%) nata fuori regione? Lo so che la tentazione fortissima è quella di liquidare il tema. Prima di farlo, però, pensiamo all’esperienza “culturale” fatta da Castelnuovo Rangone nei 15 anni di guida di Roberto Alperoli (prima come assessore, poi come sindaco). E’ evidente a tutti l’identità di quell’amministrazione (la cultura, appunto). Può farsi qualcosa di altrettanto significativo in campo ambientale a Vignola? Includendo anche gli aspetti di un nuovo “nesso” culturale con il territorio? Di certo oggi l’ambiente ed il territorio non sono idee-guida della nuova amministrazione. Il sindaco Daria Denti ha un approccio sostanzialmente reattivo all’amministrazione. Reagisce. Ma non promuove. Non emerge una visione forte. Una priorità sopra ogni altra. In questo primo anno di mandato chi si aspettava una “visione” è rimasto deluso. Tante cose fatte, ma nessuna di qualità. Nessuna “per convinzione” – si potrebbe anche dire. Nessuna rispetto a cui ci si gioca, rischiando, il rapporto con i cittadini. Non l’ambiente (i tigli di via Barella saranno tagliati – e si poteva fare altrimenti) (vedi). Non la partecipazione e la democrazia locale – con “via della Partecipazione” ci si è mossi maldestramente (vedi). Non la qualità della città o delle opere pubbliche: si è fatta “brutta figura” con un asilo nido nuovo, a causa dell’area verde (vedi) e non si è stati capaci di dare qualità all’intervento di FER Srl sulla stazione ferroviaria (vedi).
Il fatto è che prospettive ambiziose richiedono oggi capacità forti. Che però non ci sono. Un progetto “trasformativo” per la città, anche sul versante ambientale, richiede un lavoro di medio-lungo periodo svolto con continuità. Richiede una “visione” ed una definizione di priorità. Richiede un’idea degli stili di vita che si vuole promuovere (la crisi in atto non suggerisce davvero nulla? vedi). Richiede un’idea (e relative capacità) su come coinvolgere i cittadini in questa visione: le cose calate dall’alto non funzionano! il vecchio “collateralismo” non c’è più o è fortemente indebolito! Oggi quello che serve si chiama “partecipazione” e “democrazia deliberativa” – significa prendere “sul serio” i propri cittadini ed i loro “diritti di cittadinanza” (non più solo come utenti, clienti, consumatori) (vedi). Richiede un’idea di governance (vedi) che faccia da complemento ad una “visione forte” (o si vuole forse “appaltare” la promozione della cultura ambientale ad HERA Spa?). Richiede infine una nuova modalità di rapporto con le altre amministrazioni comunali (le forze politiche, i gruppi sociali, i cittadini dei diversi territori), oggi che l’Unione Terre di Castelli è un’Unione di 8 comuni (geometrie variabili?) (vedi). Decisivo a tal fine sarà anche il lavoro sul PSC che però continua a slittare in avanti nel tempo (e dire che il lavoro sul PSC è iniziato nel 2007!). Fare oggi politiche che “impattino” davvero significa “organizzare” tutti questi elementi. Significa far vedere che dietro ogni singola realizzazione c’è un disegno più generale. Anche i giochi per i bambini negli asili nido potrebbero dunque trasmettere un messaggio sull’acqua e sull’ambiente. Così come le fontane. I canali. Le fontanelle dei parchi. Le tariffe dell’acqua. Il regolamento edilizio. Importante sarebbe però che ogni nodo rinviasse all’intero tessuto. Che ogni “frase” rimandi ad un discorso più ampio e contribuisca ad articolarlo.
Belle cose a Vignola, l’acqua è vita, le fontane, i giochi d’acqua occupano un ruolo importante nell’ambiente.
Marialuisa della redazione di http://www.ourplanet.it sito ecologico
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