Bologna è il più grande nodo ferroviario italiano. Facile che prima o poi si passi di lì. Il 2 agosto 1980, alle 10.25, erano in effetti in tanti ad essere alla stazione ferroviaria – i più in partenza per le vacanze o a Bologna quale tappa di un viaggio in Italia. Ciascuno di noi, di coloro che allora erano nati, poteva essere lì in quel momento. Fu solo un caso, un accidente del destino che evitò che altri fossero lì. E fece invece che ci fossero coloro che furono investiti dallo scoppio della bomba. E non erano solo italiani. Tra le vittime troviamo Iwao Sekiguchi, studente giapponese di 20 anni. E troviamo tre dei cinque componenti della famiglia Mader, tedesca: Kai di 8 anni, Eckhardt di 14 e la loro madre Margret di 39. Era la prima vacanza che Horst Mader si concedeva, con la famiglia, dal giorno del suo matrimonio, avvenuto diciassette anni prima. Angela Fresu fu la vittima più piccola, 3 anni, residente in provincia di Firenze. Tantissimi altri, più fortunati, furono lì pochi minuti prima o pochi minuti dopo. In tanti erano a Bologna, poco distanti dalla stazione. Poche ore prima transitarono per la stazione di Bologna anche gli scout del Vignola 1. Un amico ha avuto il cognato partito con il treno da Bologna pochi minuti prima dell’esplosione. Un’amica era a Bologna poco lontana dalla stazione: “ero a Bologna, ho sentito un botto, come un tuono lontano… poi in via Indipendenza ancora ignara, un via vai di taxi e autobus e una paura che piano piano aumentava”. Direttamente o indirettamente abbiamo tutti fatto l’esperienza di “essere scampati”. Chi si ferma a leggere l’elenco delle vittime (vedi) difficilmente non giunge a sentirsi “superstite”, “sopravvissuto”. Ciascuno di noi poteva davvero essere lì. E’ importante pensarlo. Così come è importante non dimenticare che la storia di questo paese è intrecciata con la violenza – è un aspetto che troppo spesso rimuoviamo. C’è un lato oscuro nella nostra convivenza “civile”. E’ bene provare a guardarlo “diritto negli occhi”. Per questo è importante non dimenticare e trovare sempre nuovi modi per alimentare la memoria (vedi). Tra questi trovo bellissimo il video “10.25” realizzato da Filippo Porcelli e da studenti di Scienze della formazione e Scienze della comunicazione dell’Università di Bologna – film realizzato con materiale di repertorio e spezzoni audio-video di altre pellicole. Con una domanda che lo accompagna: chi ricorda cosa?
Il sito web di Repubblica Bologna presenta un foto memoriale di ricordo delle vittime: vedi.
Mi permetto una proposta di lettura direttamente qui, sul blog. Un caro amico poeta, si chiama Matteo Fantuzzi, sta da tempo lavorando ad un libro di poesie proprio sul tema della strage di Bologna. Incollo qui due testi già editi provenienti da quell’officina, per un piccolo contributo di memoria.
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A volte certi sguardi sono enormi,
Pertini aveva fatto le due guerre.
Sandro – il presidente che giocava a carte
sull’aereo dopo la vittoria dei mondiali
in Spagna – è stato partigiano, antifascista
ha visto il carcere, ha liberato Roma,
poi Firenze e infine fu a Milano.
ha visto tante cose, di quelle immagini
che restano per sempre nella mente,
ma certe sono troppe per chiunque
come quella sera che arrivò al Maggiore
e disse poco o niente.
«Lo stato d’animo mio voi
lo immaginate:
ho visto adesso dei bambini
laggiù nella sala di rianimazione
ma due stanno morendo ormai.
Una bambina e un bambino,
una cosa straziante».
I bambini non dovrebbero sapere
che cos’è il male o cosa sia il dolore
dovrebbero poter giocare ore sotto al sole
al fresco delle tende, o sulla spiaggia
e invece accade che qualcuno giaccia
sotto un peso grave, come quando
un vecchio corpo ti sovrasta
e strappa via l’infanzia in un sol colpo
e non è il male che ti fa soffrire
ma la paura per qualcosa che è impossibile
capire, e resti sotto un blocco
di cemento, solo, senza nulla,
e il puzzo ti entra dentro e non ti lascia:
sta nel sangue, ti si impregna nei vestiti
nel profondo, ti accompagna notte e giorno
pure nel procedere degli anni quando
d’improvviso
piangi nel silenzio perché tra gli altri
riconosci un suono, nella pelle.
***
Aspetto davanti alla stazione di Bologna
un mio amico residente nel bresciano
e che non vedo ormai da tempo.
Non tutti i viaggiatori sanno che lì
c’è un orologio rotto: alcuni modificano
il proprio, mentre altri si rivolgono
agli addetti chiedendo spiegazioni,
lamentando il disservizio.
E per certuni quella lapide è patetica,
porta tristezza alla mattina presto a questi
che si recano al lavoro. Gradirebbero piuttosto
un cartellone che la sostituisca,
qualcosa d’esplosivo, una pubblicità di sconti
eccezionali, di prezzi bomba, qualcosa
d’inimmaginabile, che colpisca le coscienze,
che sui passanti abbia un effetto devastante.
Grazie Marco della segnalazione. La seconda poesia di Matteo che hai riportato non mi era sfuggita nell’antologia Pro/Testo. Mi avevano colpito soprattutto le ultime righe, quando il linguaggio dei pubblicitari viene usato per alludere al reale evento dell’esplosione. A me è piaciuta anche la poesia di Natàlia Castaldi, ERO UNA DONNA – 2 AGOSTO 1980, proprio perchè manifesta la casualità del trovarsi lì di una persona (e come lei di tante altre, vittime o testimoni di quell’orrore). Quando lo scorrere della vita quotidiana ti porta a “prendere parte”, tuo malgrado, all’evento:
Ero una donna,
camminavo per strada:
pesanti i sacchi della spesa,
scendevo le scale della stazione.
Tornavo all’odore dei miei panni,
ero una donna
con la spesa per la cena.
Sono brandelli di carne
nello scoppio di un odio senza nome:
– lo chiamano ideale …
ma io non ho più avuto amore –