Questo quarto contributo di Berbera va de Vate, cittadina olandese residente in Italia, sui temi ambientali ed energetici approfondisce le “buone norme” da seguire per il verde urbano ed in particolar modo per l’impiego e la manutenzione degli alberi lungo le strade. Pur ritenendo questi ragionamenti in larga parte condivisibili ho qualche perplessità sul fatto che tale impostazione possa essere utilizzata per uscire dalla fase caratterizzata da una scarsissima cultura del verde esibita da molte amministrazioni comunali (e che a Vignola è testimoniata da errate piantumazioni lungo tante strade cittadine e da scarsa e cattiva manutenzione). Forse questa fase di transizione richiede soluzioni meno radicali. E’ comunque un contributo di grande interesse sia per animare il dibattito in corso, sia per promuovere una maggiore cultura, tra amministratori e tra cittadini, sul verde urbano.
“Una pianta potata bene non deve mostrare l’intervento all’occhio non esperto.” Inizio con questa frase tradotta da un testo olandese che forse fa comprendere il modo di vedere le piante e la conoscenza e professionalità necessaria per gli operatori del verde che intervengono sulle alberature in Europa centrale. Semplicemente fa capire come ogni albero ha acquisito una sua armonia in milioni di anni di sviluppo e l’uomo deve rispettarla. Parlare della gestione del verde urbano in città è sempre difficile e complesso. Il verde è infatti qualcosa che sentimentalmente vogliamo, ma spesso non siamo disposti a concedergli lo spazio e le condizioni necessarie.
Come già detto in interventi precedenti (vedi) credo sia indispensabile dividere il verde urbano dei parchi e delle grandi ville (per le quali l’Italia ha avuto una sua linea progettuale e gestionale ben distinta e importante nel passato) ed il verde stradale, non dei grandi viali stradali del XIX secolo e della prima metà del XX, ma le alberature stradali dei decenni scorsi. Quando l’uomo utilizza gli alberi in un ambiente atrofizzato e non naturale come quello urbano dovrebbe scegliere le specie più idonee e lasciare gli spazi vitali per lo sviluppo necessari a quella tipologia di pianta. Come sempre siamo molto sensibili a valutare quello che vediamo e con cui siamo a contatto, cioè la parte aerea della pianta e non diamo importanza a una parte vitale e di estrema importanza come l’apparato radicale. Questo lo maltrattiamo, lo surriscaldiamo e purtroppo non solo determiniamo la sofferenza della pianta ma anche la sua instabilità e quindi pericolosità in ambito urbano. Credo che su questa linea siamo d’accordo.
Proviamo allora ad approfondire anche in questo caso tecnicamente e spero di non cadere nel tecnicismo incomprensibile alla maggior parte delle persone. Penso che tutti siamo d’accordo sul fatto che gli alberi non sono tutti uguali. Basta prendere un testo assai noto, anche se non recente, come Giordano G., Tecnologia del legno, Hoepli, Milano, 1951 (vedi) per vedere come un metro cubo di legno anidro (vuol dire con umidità W 11-13) di pioppo bianco pesa mediamente kg. 480 e se prendiamo della quercia-cerro pesa kg. 900. Questo per far comprendere come le piante sono molto diverse tra loro e come tali dobbiamo valutarle e trattarle. Molti studi sulle piante sono stati fatti nel secolo scorso soprattutto per carpirne i segreti e produrre brevetti industriali, ma ciò ha permesso anche di conoscere meglio questi esseri viventi che ci vivono spesso a fianco e che possono causarci danni ingenti solo perché non li rispettiamo. Consiglio a tutti di ricercare su internet materiale sul lavoro di due studiosi non italiani ma dei quali molte pubblicazioni sono state tradotte anche in italiano i lavori per la forte importanza scientifica: Dott. Shigo e Dott. Mattheck. Per il modo semplice di trattare il tema vi consiglio di procurarvi un piccolo libro: Karlheinz Weber e Claus Mattheck, I funghi, gli alberi e la decomposizione del legno, Il Verde Editoriale, Milano, 2002 (vedi). Un albero è costituito principalmente da cellulosa e lignina, due elementi che possono essere aggrediti da vari funghi patogeni che ne possono vanificare le caratteristiche meccaniche del legno e causare schianti della pianta o di parte di essa.
Ma vi è un aspetto che in Italia non valutate sufficientemente ed è l’apparato radicale anche come fattore di ancoraggio e di stabilità della pianta, elemento che spesso viene danneggiato da scavi ed indebolito; per incuria e inesperienza non si interviene mai a rifilare la parte danneggiata e a distribuire un anticrittogamico. Purtroppo è stato dimostrato che quasi sempre con i danni causati con gli scavi spesso si trasmettono e diffondono i patogeni o se ne causa l’insorgenza e si compromette la stabilità delle piante.
Ora dopo aver dato elementi per un approfondimento tecnico per chi lo vuole fare mi limito a dire per quali motivi in base alla nostra cultura dell’Europa centrale facciamo alcune scelte gestionali e per quali motivi ritengo errati alcuni modi di intervento locale. Alcune piante sono in grado di creare la “barriera di compartimentazione” che è un elemento di contenimento allo sviluppo dei funghi (carie che causa il crollo delle piante), altre piante non sono in grado di creare tale barriera o tale barriera non ha un efficacia elevata (quindi in poco tempo possono diventare pericolose). Per questo motivo si consiglia di non utilizzare più alcune specie come pioppi, salici, ippocastani, come verde stradale e se si usano si fa un rinnovamento ciclico. Per esempio ogni 40-45 anni si rinnovano i pioppi in Europa centrale e in Francia. Altro punto essenziale è che se oggi disponiamo di strumenti che ci permettono di verificare la flessibilità di un campione di legno prelevato dalla parte aerea o di verificare la resistenza alla perforazione e permette di stabilire con parametri sicuramente ancora molto imprecisi un eventuale pericolo di schianto dovuto ad anomalie nella parte aerea della pianta, non siamo però in grado di verificare in modo serio le condizioni dell’apparato radicale delle piante. Non abbiamo oggi conoscenze scientifiche, strumenti per valutare i danni all’apparato radicale, ma spesso dopo i grandissimi temporali si notano piante sradicate anche ai bordi delle strade. Per le norme Europee e Italiane è fatto obbligo alle amministrazioni di prendere tutti i provvedimenti necessari perchè queste non siano un pericolo per le persone.
Ora mi permetto di elencare una serie di operazioni che io per le mie conoscenze e cultura non eseguirei come fate voi ma mi comporterei diversamente e se approfondite quanto sopra forse ne comprendete il motivo.
[1] Le piante emettono ossigeno se vi è un incremento del legno in cui catturano il carbonio, ma se parte del legno viene periodicamente eliminata e portata come succede da voi alla decomposizione si rilasciano nuovamente gas serra che vanificano l’effetto della fotosintesi. Le operazioni di potatura oltre a costare tante risorse economiche emettono tanti gas serra e quindi incidono ad aumentare il bilancio della CO2. Valutiamo inoltre che quelle potature drastiche, quelle capitozzature aprono ferite inutili sulla pianta e sempre favoriscano l’insorgenza dei patogeni; non si rispetta minimamente l’armonia naturale delle piante. Personalmente credo che in questo caso sia molto più ambientale e rispettoso della natura rinnovare quelle piante e riqualificare quelle alberature con specie e varietà più idonee. Ritengo utile questo sia per un aspetto ambientale, ma anche per una buona gestione delle finanze pubbliche.
[2] Nel caso di piante con funghi patogeni, errate manutenzioni come nelle piante di Viale Vittorio Veneto, mi chiedo tecnicamente e praticamente quale è la opportuna manutenzione da eseguire su quelle “candele“ (scusatemi la traduzione letteraria, ma non so come chiamate in Italia quei rami esili e lunghi che le piante sottoposte a capitozzature pesanti emettono in completo squilibrio perdendo quella che era l’armonia della specie). Mi sono permessa di fotografare alcune di quelle piante che evidenziano meglio i problemi alla base, ai vecchi capitozzi e le candele. Ho sottoposto il materiale a tecnici che gestiscono il verde urbano estero; il consiglio unanime è riqualificare. Anche tecnici italiani interpellati non mi hanno saputo dare una soluzione e comunque messi a conoscenza della indicazione estera la ritengono la migliore soluzione tecnica. Qualcuno ha osservato “ma siamo in Italia”, uno ha precisato ” siamo in Italia e sulla gestione delle piante ha preso il sopravvento l’improvvisazione e il sentimentalismo ambientalista, si sta facendo una gestione estremamente costosa ed errata che sta distruggendo e rendendo pericoloso il nostro patrimonio arboreo stradale”.
[3] Personalmente in quei casi come in Via Libertà mi chiedo come si pensa di intervenire ad ampliare le aiuole senza danneggiare l’apparato radicale. Su piante secolari e di valenza botanica si interviene con sistemi manuali quasi archeologici che richiedono oneri pesanti sotto vari aspetti. Onestamente se il tipo di intervento è quello che anni fa vidi fare in Via Trento Trieste dove operavano normali macchine operatrici, dove le radici erano lesionate ovunque, nessuna rifilatura e riduzione delle ferite, nessun uso di anticrittogamici, lo ritengo semplicemente assurdo. Io credo che se gli amministratori oggi, si muovessero in base alle indicazioni europee e valutassero la sicurezza di quelle piante dovrebbero prendere decisioni drastiche, ma come spesso si fa in Italia per motivi populistici si evita di vedere o sapere e poi quando succede le disgrazie non è colpa di nessuno. Vorrei che il Comune o anche il comitato dei cittadini chiedesse una perizia di stabilità o sicurezza sulle piante di Via Trento Trieste e sono sicura che nessun tecnico con gli strumenti, conoscenze e norme vigenti possa garantire che con gli interventi subiti all’apparato radicale, la maggioranza di quelle piante non sono a pericolo di schianto. Sia chiaro che non voglio assolutamente che abbattiate le piante in Via Trento Trieste, ma personalmente riterrei molto valido che gli amministratori approfondissero cosa comporta quel tipo di intervento assurdo, approfondendo confrontandosi con i cittadini ed evitereste di sprecare soldi in interventi similari in via Vittorio Veneto, via Libertà e – perché no – in via Barella. Potreste quindi optare in modo più consono e ambientale per sistemi di riqualificazione senza passare per interventi che per le mie conoscenze peggiorano solo la situazione.
[4] Oggi togliere le piante in via Vittorio Veneto, togliere le ceppe e ripiantare nuove piante sarebbe tecnicamente difficile, danni alla pavimentazione sarebbero inevitabili, parti di radici con dei patogeni fungini rimarrebbero e rischierebbero di infettare le radichette tagliate nella zolla della nuova pianta. La buca per le messa a dimora non potrà mai essere ben predisposta per permettere uno sviluppo consono alla nuova pianta. Si ritiene quindi che è più opportuno economicamente, tecnicamente e per l’ambiente (sia per il benessere delle piante che per il bilancio delle emissioni) riqualificare le alberature sostituendole quando si rifà la pavimentazione o le aiuole.
[5] Negli ultimi decenni purtroppo si è investito troppo poco in ricerca sulle piante arboree. Non le conosciamo sufficientemente e a livello di legislazione in ambito urbano si considerano alla stregua delle altre infrastrutture e arredi. Devono essere valutate per la sicurezza come lo si fa per un normale palo o altro arredo e purtroppo oggi il metodo VTA è l’unico sistema condiviso che abbiamo, anche se incompleto e con forti lacune; è l’unico che ha un riconoscimento legale in quasi tutti i tribunali europei, Italia compresa, e ciò fa si che di fronte a danni evidenti, ma non analizzabili nel particolare, i tecnici siano obbligati a decisioni drastiche. Proprio per questa situazione si preferisce non sprecare inutilmente risorse nelle analisi di stabilità e procedere con rinnovamenti periodici del verde urbano. Ritengo assurdo che in Italia per piante come pioppi già attaccati da patogeni si possa procedere all’abbattimento dopo una perizia strumentale; è solo uno spreco di risorse.
[6] Sulla concertazione che io ritengo indispensabile e essenziale nei paesi come sistema di confronto tra amministrazione e cittadini, ma anche tra gli stessi cittadini, ritengo essenziale che comunque parta sempre da analisi scientifiche chiare e ampie sia sui risultati che sull’esecuzione del lavoro. Le analisi dovrebbero essere serie e non guidate a poter raggiungere un obiettivo diverso che mi permetto di sospettare leggendo le varie notizie sul blog potesse essere posare l’assurdo teleriscaldamento in via Libertà. Se siete arrivati alla conclusione che attorno ai tigli di Via della Libertà (il tiglio non crea una buona barriera di compartimentazione ai patogeni) si eliminano con i mezzi meccanici odierni i manufatti e si creano nuove aiuole, non potete essere partiti su una analisi tecnica seria sulla situazione delle piante e dei danni che subirebbero. Se inoltre penso che in quella strada vi sarà il cantiere e si faranno gli scavi per un teleriscaldamento con le tubazioni centrali, le derivazioni, eliminazione dei marciapiedi ecc. mi chiedo se è stata fatta una analisi seria della sostenibilità delle piante a tale intervento. Mi chiedo se è stata fatta l’analisi dei danni radicali che tali interventi causano alle piante. Tantomeno credo sia stata fatta la valutazione se è più opportuno, sostenibile, o ambientale riqualificare quel verde o mantenerlo con i danni dell’intervento. Disturbo qualcuno e infastidisco se mi permetto di chiedere se sono state realizzate tali analisi e valutazioni prima della concertazione e se sono rese pubbliche? Se esistono si possono leggere?
[7] Passando per Vignola continuo a vedere anche nelle nuove lottizzazioni e nelle strade appena aperte le piante in aiuole piccolissime addirittura a volte allo stesso livello del piano stradale e intramezzate con parcheggi che ne facilitano gli urti al tronco e addirittura con la zolla ricoperta da ghiaia o sassi che aiutano ulteriormente la trasmissione termica estiva all’apparato radicale. Credo che una concertazione sull’uso degli alberi nel vostro paese e della modalità di messa a dimora sarebbe utile, forse vi aiuterebbe a comprendere la situazione di stress che il cambiamento climatico sta creando alle nostre alberature in genere e soprattutto al verde urbano. Mi permetto di segnalarvi alcuni aspetti operativi che sono modalità normale nella gestione del verde in Europa centrale come spunto per una discussione e approfondimento che penso dovrete portare avanti.
[8] Occorre conoscere bene le varie specie delle alberature in modo da saper scegliere la pianta opportuna (per dimensione quando sarà sviluppata) in base a dove viene collocata. Occorre in base alla tipologia di pianta scelta definire la distanza tra le piante. Servirebbe una buona conoscenza anche delle varietà selezionate appositamente per il verde urbano. Per esempio il tiglio è sempre stato molto usato nel verde urbano, trova un favore significativo delle persone ma è normalmente una pianta che da matura raggiunge minimo i mt .25 in altezza con una chioma orizzontale di mt. 15. Sono state poi selezionate piante come il Tilia Greenspire che raggiungono un’altezza massima di mt 15 e mantenendo una forma piramidale con una larghezza di chioma di mt 6-7. Resta chiaro che qualora si scelga di usare il tiglio che non crea una efficace barriera di frammentazione si deve essere anche disposti a un rimpianto e sostituzione delle piante in caso di situazioni sottoposte a forti urti o di interventi consistenti a danno dell’apparato radicale ecc..
[9] Occorre che le aiuole di messa a dimora siano larghe almeno 3 metri, più lunghe possibili e non intramezzate da parcheggi. Occorre inoltre che nella situazione climatica che stiamo affrontando il terreno sia isolato termicamente dai manufatti stradali e che se condotte o altro attraversano le aiuole sia effettuato l’interruzione del ponte termico. In centro urbano se non vi sono falde acquifere abbastanza alte da essere raggiunte dalle radici con le estati siccitose che si hanno in Italia è indispensabile prevedere un impianto di irrigazione per gli anni di attecchimento che può funzionare anche per situazioni di emergenza essendo molto del terreno urbano impermeabile all’assorbimento dell’acqua.
[10] Qualora sia indispensabile creare aiuole con parcheggi serve che l’aiuola delle piante sia almeno mt. 2,5 x 3, che sia più rialzata del parcheggio in modo da evitare urti. A protezione della pianta spesso si mettono U di tubo metallico che escono dal terreno cm 50. Resta indispensabile che i parcheggi non siano asfaltati, ma realizzati con manufatti alveolari riempiti di ghiaino che permettono l’assorbimento dell’acqua.
[11] Qualora si utilizzino piante ad accrescimento veloce come il pioppo vicino a piante ad accrescimento lento come la quercia è indispensabile che quando le chiome delle piante si toccano il piano di manutenzione preveda l’eliminazione delle piante ad accrescimento veloce.

Alberi lungo le vie cittadine: estate in via Gandhi (strada che fiancheggia il centro Marco Polo) (foto del 24 giugno 2010)
[12] Occorre che siano utilizzate piante idonee a ogni spazio, che gli interventi di manutenzione come le potature siano da eseguirsi solo per eventi straordinari e danni e non come intervento di manutenzione ordinaria. Dove le piante vengono messe a dimora con sesti di impianto più ristretti alle distanze di un corretto sviluppo delle chiome è indispensabile effettuare interventi di diradamento durante lo sviluppo delle piante. Le piante quando sono troppo vicine, per un fenomeno naturale di autopotatura, seccano i rami bassi che non sono raggiunti dalla luce. Questo fenomeno naturale in ambito urbano crea delle situazioni di pericolo e comporta un intervento di eliminazione del secco, cosa evitabile se le piante sono messe a una giusta distanza o sono diradate, inoltre in tal modo non si hanno fenomeni di filatura e la pianta da maggiori garanzie di sicurezza anche con fenomeni di vento.
[13] Come già detto le piante non devono essere troppo grandi per garantire un buon attecchimento, i pali non devono toccare il tronco della pianta, il terreno attorno alle radici dovrebbe essere di coltivo e non di scavi profondi, sufficientemente ammendato con sostanza organica, di ottima qualità senza lesioni o malformazioni come spesso si nota nelle piante messe a dimora per gli enti pubblici in Italia, deve avere la chioma con la sua forma naturale e con il leader.
[14] Provate a concertare uno sviluppo urbano che richieda anche uno spreco più contenuto del territorio (densità abitativa maggiore vuole dire anche minor consumi energetici, minor costi di gestione, maggior sostenibilità, minor infrastrutture). Provate a prevedere aiuole di dimensioni idonee per le alberature stradali, poi aree verdi di uso urbano per cani, per bimbi, per persone anziane che realmente servono e sono utilizzate. Tutto il restante verde inutilizzato potreste renderlo edificabile e con il ricavato creare un grosso polmone verde (bosco naturale) a ridosso del paese dove sia possibile passeggiare, ma che resta comunque un bosco urbano a forte sostenibilità, a basso indice di manutenzione e a recupero energetico del materiale di risulta e con forti benefit ambientali in base alle ultime conoscenze.
[15] Anche sulla gestione dei prati credo che come si è fatto all’estero potreste diminuire la densità dei tagli, evitare di raccogliere il residuo ma con le opportune attrezzature mulching che oggi vi sono anche a lame verticali in grado di intervenire su erba più alta si può evitare i costi e le emissioni dovute allo smaltimento, lasciando il feltro sul prato a creare sostanza organica in modo che una parte del carbonio è riassorbita dal terreno.
Distinti Saluti
Berbera van de Vate