Politica Pop (anche a sinistra)

Preciso subito che il “Pop” del titolo non sta per popular, come in Popular Music (ovvero Pop Music). Sta invece per populist. Dunque “Politica Pop” come “Politica Populista”. Non dunque la politica che, grazie ai media e soprattutto alla televisione, si racconta come se fosse un genere di spettacolo, di intrattenimento (vedi). Ma piuttosto una politica che rinuncia alla responsabilità di rappresentare la complessità del governo e dell’amministrazione ed invece sceglie forma e contenuto del proprio messaggio con l’intento di entrare in sintonia diretta con il “sentimento” popolare, rinunciando alla funzione di guida propria delle élites. E che giunge addirittura ad usare la retorica dell’antipolitica, cercando di conquistare il consenso degli strati popolari (dopo che le antiche appartenenze di classe sono svaporate). La politica rinuncia alla trasparenza (al chiamare i problemi per nome) e si presenta essenzialmente come propaganda. Rinuncia al coraggio, evitando la sfida di convincere i propri cittadini per portarli su idee più “avanzate”. Invece si adatta semplicemente alle loro posizioni ed in tal modo rinuncia ad assumersi le proprie responsabilità. Realizza così un vero e proprio “cortocircuito”: ti dico ciò che vuoi sentirti dire. Anche se la realtà è diversa. Utilizzo delle risorse istituzionali ed accesso privilegiato ai mass media fanno il resto.
[1] Dico queste cose perché sono rimasto colpito da un’immagine dell’ormai ex-sindaco di Bologna, Flavio Delbono. Un’immagine che mi era sfuggita quando venne prodotta e diffusa, ma che è riemersa di recente in seguito all’indagine che poi ha portato alle sue dimissioni (ma non c’entra con ciò). E’ l’immagine “confezionata” per il lancio della campagna di cancellazione dei graffiti dai muri di Bologna. Vi si vede il sindaco Delbono in tuta da imbianchino, con un pennello in mano, nell’atto (fittizio!) di cancellare una scritta da un muro. Mi ha colpito. Mi ha colpito e mi sono chiesto perché Delbono, una laurea in economia, un dottorato in economia prima a Siena poi a Oxford, dopo aver collaborato con un economista del calibro di Amartya Sen, abbia sentito la necessità di proporsi in questa foto dall’evidente taglio propagandistico. Perché? Per dare l’idea al “cittadino comune” di essere come lui? Per annullare le distanze che lo separano, in quanto esponente di un’élites politica ed accademica, dai normali cittadini? Per testimoniare di “darsi da fare” al servizio della città? C’è davvero bisogno che un sindaco o un politico di professione (allora di questo si trattava) si disponga ad uso dei mass media per veicolare il messaggio della nuova campagna “muri puliti” per Bologna? E poi, proprio in questo modo? Guardate con attenzione quest’immagine.

12 ottobre 2009: il sindaco di Bologna, Flavio Delbono, lancia la campagna per ripulire i muri della città dalle scritte (foto la Repubblica - Bologna)

E’ un’immagine kitsch. La tuta indossata è perfettamente pulita. Il pennello impugnato pure. Non c’è una goccia di vernice. Il pennello, anzi, è pure “appoggiato” su un muro di pietra (in cui la scritta non andrebbe cancellata riverniciandovi sopra, ma semmai con una lieve abrasione; dunque non con il pennello)! Insomma, ce ne sarebbe abbastanza da stroncare il responsabile della comunicazione dell’ex-sindaco di Bologna. Ma la questione è più sottile. Non è in gioco solo l’abilità (od il modo maldestro) di confezionare un’immagine. E’ il senso di quell’immagine che dovrebbe preoccupare. Perché, dunque, un politico-intellettuale di sinistra si adatta a questa maldestra forma di propaganda? A questa politica pop? E’ il segno che il virus della politica pop contagia in misura crescente anche la “classe politica” di sinistra. Si deve a tutti i costi dare l’idea del sindaco che sta in mezzo alla gente e che, con grande senso pratico e magari con le maniche della camicia arrotolate, affronta e risolve i problemi (anche quelli più comuni) che affliggono i propri concittadini. Solo che in questo modo, per dare un messaggio conforme alle aspettative del proprio pubblico, si procede anche ad alimentare una cultura che nega la specificità del politico e lo riduce a qualcosa di indifferenziato dall’insieme delle professioni: appunto imbianchino, ferroviere, operaio, e così via. Nel momento in cui cerca di sfruttare la consonanza con l’aspettativa del “sono uno di voi”, nega anche la specificità e la rilevanza dell’amministratore e del politico. Produce e diffonde la cultura della politica pop. Ipersemplifica. Davvero non c’è un modo più intelligente per interpretare la politica? Non c’è un modo più serio per incarnare la figura del sindaco “popolare”? Se Delbono voleva a tutti i costi dare un segno di vicinanza ai cittadini di Bologna non sarebbe stato più intelligente (e meno demagogico), ad esempio, prendersi l’impegno (annunciandolo pubblicamente) di dedicare un’ora alla settimana a cancellare le scritte sui muri di Bologna? Un modo intelligente di interpretare la politica pop (qui sì: popular!).  L’immagine di un sindaco di una città che, settimana dopo settimana, “fa la sua parte” (anche solo per un’ora), stando davvero a fianco dei cittadini, nella ripulitura dei muri della città. Senza comunque dimenticare che un sindaco è chiamato a far altro, per quanto meno facilmente comunicabile.
[2] Questo del Delbono-imbianchino è un caso eclatante. Ma il fatto è che queste manifestazioni di politica pop si diffondono progressivamente. E’ un fenomeno in crescita anche a sinistra, anche nel PD. Sarebbe interessante farne un repertorio. Un esempio. Luciano Vecchi che per la sua campagna per essere rieletto come parlamentare europeo fa un video (io l’ho visto su Facebook) in cui si rivolge agli elettori in … dialetto modenese! Qual è il senso? Ma anche l’enfasi sui “costi della politica” (intesi come indennità di carica) – un tema risibile al livello di amministrazioni comunali, in cui è invece assai più pertinente il tema dei “costi” della politica nel senso di incapacità della politica o di performance di basso livello. Così, di nuovo, il sindaco di Vignola, Daria Denti, in sede di bilancio di previsione 2010 ha enfatizzato una riduzione del 28% dei “costi della giunta”. Ma a fronte di quale performance? Quale messaggio stiamo dando? Quale cultura si contribuisce a produrre?

Politica Pop anche a Vignola: manifesti elettorali (foto del 24 aprile 2009)

[3] La politica pop si diffonde (aiutata dal marketing: vedi). E’ possibile contrastarla? Se, come pare, il suo virus si diffonde sempre più ed anche un partito tradizionalmente immune come il PD ne risulta affetto, che fare? Occorre potenziare la capacità di attenzione e di giudizio dei cittadini – un giudizio in genere poco informato ed applicato in modo intermittente. Per questo occorre rafforzare gli istituti della rendicontazione (vedi) e sviluppare il dibattito pubblico, magari anche utilizzando le opportunità dischiuse dalle nuove tecnologie. Non basta però semplicemente moltiplicare le informazioni a disposizione. Per comprenderlo è sufficiente richiamare la massima di Herbert A.Simon: “la ricchezza d’informazione produce scarsità di attenzione”. L’informazione non ha rilevanza in sé, ma in relazione ai compiti che si è chiamati a svolgere. E’ perché si è impegnati in un dibattito che l’informazione diviene rilevante e, per questo, viene ricercata. Non il contrario. In un bellissimo libro di Christopher Lasch, del 1995, La ribellione delle élite (titolo che ribalta quello di un famoso libro di Ortega y Gasset, La ribellione delle masse) lo si dice in modo elegante (p.135): “la gente acquisisce conoscenze tanto più prontamente quanto più ne può fare buon uso. Visto che il pubblico non partecipa più a dibattiti sui problemi nazionali, non ha alcuna ragione d’informarsi sugli aspetti della cultura civica. E’ la decadenza del dibattito pubblico, non il sistema scolastico (per quanto male esso funzioni) che fa sì che la gente sia male informata, nonostante le meraviglie dell’era dell’informazione. (…) La democrazia ha bisogno di un vigoroso dibattito pubblico, non di informazione. Naturalmente anche l’informazione serve, ma soltanto quel tipo d’informazione che si origina dal dibattito. Noi non sappiamo cosa dobbiamo sapere finché non facciamo le domande giuste, e possiamo individuare le domande giuste soltanto sottoponendo le nostre idee sul mondo all’esame del dibattito pubblico. L’informazione, che di solito si considera la precondizione del dibattito, in realtà è un suo prodotto.” Se si vuole contrastare la diffusione del virus della politica pop, che oggi rischia di crescere anche nel PD, occorre promuovere il dibattito pubblico quale mezzo per formare il giudizio (informato) dei cittadini. Ci sono forse altre strade?

2 Responses to Politica Pop (anche a sinistra)

  1. Maria Luisa ha detto:

    Demagogia… bellissima parola italiana… usiamola.
    Anche io mi sono interrogata sui manifesti elettorali e, en passant, ho notato una preoccupante – almeno per me – somiglianza tra quelli del candidato sindaco di Vignola e quell del candidato PD alle regionali: postura di tre quarti, sorriso che scopre leggermente i denti smaglianti, e, soprattutto, sguardo perso in lontananza, sognante… A guardare chi o che cosa?Avrei voglia di qualcuno capace di guardarmi in faccia e di parlarmi in italiano, appunto chiamando le cose con il loro nome…

    • Andrea Paltrinieri ha detto:

      Sono convinto che, soprattutto a livello locale, per contrastare i piccoli “populismi” nostrani, la demagogia, l’incompetenza … occorre istituire un serio sistema di rendicontazione. Chi si candida a governare, vuoi un paese, vuoi una città, deve presentarsi agli elettori con obiettivi chiari e soprattutto misurabili. Solo questo può spingere i partiti a selezionare davvero i migliori. Solo questo spinge i sindaci, una volta eletti, a mettere in giunta gli uomini migliori. Oggi non è così e la cosa risulta particolarmente evidente (purtroppo anche a Vignola). Sui giornali di oggi c’é la notizia che nessuno dei 17 obiettivi “misurabili” che l’Unione Europea si era data con la strategia di Lisbona è stato raggiunto (ne parla Tito Boeri su la Repubblica). A testimonianza che anche gli obiettivi per la politica possono essere misurati. Peccato che, nonostante i proclami, anche a livello locale non si faccia un solo passo in avanti sul fronte di una vera e seria rendicontazione.

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