Paolo P e gli anni zero. Per un augurio sincero di Felice Anno Nuovo

Caro Paolo,
pochi giorni fa hai compiuto dieci anni. Sei nato, infatti, pochi giorni prima della fine del secolo (e millennio) scorso. Sei cresciuto dunque per intero nei cosiddetti “anni zero” che i più diversi commentatori, all’estero ed in Italia, hanno descritto in termini negativi. “Un decennio orribile” titolava oggi il più diffuso quotidiano nazionale. Qualunque sia l’orizzonte che abbracciamo con lo sguardo – il mondo intero, l’Europa, l’Italia – il saldo rimane negativo.

Dicembre 2004, proprio a metà degli "anni zero"

Guerre, processi inarrestabili che minacciano l’ambiente, fanatismo religioso usato da chi persegue obiettivi politici, la più acuta crisi economica dal 1929 ed altro ancora. Non voglio dipingere tutto di nero il decennio che oggi si chiude. Ma in questi anni lo spazio del bianco si è ristretto ed il tono del grigio è divenuto più cupo. E’ vero che questo decennio tribolato finisce oggi, ma è difficile essere ottimisti per il prossimo futuro. Nel “nuovo disordine mondiale”, inoltre, il nostro paese ci sta con le sue fragilità e contraddizioni: una società invecchiata e assai poco meritocratica (non è paese per giovani!), dosi troppo alte e prolungate di precarietà, mancanza di investimento per il futuro (R&S, ambiente), un tessuto produttivo che fatica a crescere, un divario Nord Sud che non diminuisce ed anzi si accentua, una democrazia infragilita da un sistema dei mass media concentrato in pochissime mani, uno scarso civismo in troppi cittadini, élites politiche che troppo spesso perseguono in modo miope interessi ristretti ed a breve termine sacrificando quelli di lunga prospettiva. Certo, ci sono anche segnali positivi. Meno di quello che vorremmo, però. Hanno dunque bisogno di crescere. Hanno bisogno di energie e di dedizione. Hanno bisogno di essere costantemente richiamati ed evidenziati, nella speranza che si diffondano per imitazione. Ne cito tre guardando alla piccola realtà di Vignola, dove viviamo. E li scelgo tutti e tre con riferimento ai giovani, a ragazzi di pochi anni più grandi di te. Altri esempi potrebbero essere fatti – io ho sottomano questi. In agosto 40 ragazzi dai 17 ai 21 anni (tra cui tua sorella Anna) sono andati per tre settimane “in missione” a Riacho Grande, nella periferia della periferia di San Paolo in Brasile (vedi). Hanno vissuto e mangiato con le famiglie, povere, presso cui erano impegnati con lavori di cantiere, a fare pavimenti, tirar su muri, rinnovare impianti e servizi igienici. Hanno aiutato a migliorare la “casa” (termine enfatico) di dieci famiglie (vedi). Anche questa esperienza va rubricata con il termine “globalizzazione”. Globalizzazione della solidarietà – un bel segnale. Un altro gruppo di ragazzi sta da tempo lavorando su un fronte analogo, ma localmente. Sono i volontari della Bottega del commercio equo e solidale di Vignola, articolazione della Coop Oltremare realizzata con il sostegno determinante della Libera Associazione Genitori (LAG) di Vignola. Senza il “lavoro” volontario di questi ragazzi quest’attività non starebbe in piedi. Anche qui sono in gioco le relazioni internazionali, relazioni di commercio a lunga distanza e dunque “astratte”. Un’azione qui (l’acquisto di caffè del Nicaragua, di riso della Thailandia o di cous cous della Palestina) produce effetti benefici ai “lavoratori” che stanno là. Noi non ce ne accorgiamo, ma funziona davvero così (vedi). L’occultamento agli occhi dell’acquirente dei benefici al “produttore” è il vero ostacolo del commercio equo e solidale. Per questo occorre continuamente richiamare l’attenzione su questo meccanismo della globalizzazione solidale. Ma non c’è solo il volontariato, sia esso nelle forme classiche oppure no. Alle elezioni amministrative di quest’anno molti giovani si sono presentati da protagonisti accettando di entrare in lista per il consiglio comunale di Vignola o dando un concreto sostegno esterno. Molte voci nuove hanno partecipato ai dibattiti – spesso disordinati, ma intensi – che allora si sono accessi. Per molti di loro si è trattato della prima esperienza di impegno politico – una parola ancora oggi screditata. Non per tutti la passione politica è stato un fuoco di paglia. Di tanti di loro vedo che l’impegno sta assumendo continuità, certo non senza difficoltà per chi è in una fase della vita tutt’altro che stabile. Apprezzo, di loro, soprattutto l’atteggiamento “laico”: senza partigianerie esasperate, sempre con la voglia di comprendere e di misurarsi con le ragioni degli interlocutori e degli avversari, spesso con un pizzico di ironia ed auto-ironia che è decisamente salutare (Cerca sul web il post “Un bicchiere di scura ed un giro di valzer” di Antonio Tavoni). E’ così. Segnali positivi ci sono. La mia generazione ha il compito di protegge questi “segni” e farli crescere fino a quando – molto presto – diventeranno autonomi e potranno ulteriormente diffondersi. Auguro dunque a te ed a tutti i “ragazzi del ‘99” come te un decennio migliore rispetto agli “anni zero” appena trascorsi. Auguro alle generazioni adulte di sapersi assumere la responsabilità di azioni in grado di migliorare la realtà: a Vignola, in Italia, nel mondo intero. Un augurio sincero di Felice Anno Nuovo! Buon 2010!

PS Per un bilancio sugli “anni zero” vedi l’articolo di Simon Schama su Il Sole 24 Ore del 30 dicembre (vedi) e di Sergio Romano sul Corriere della Sera di oggi, 31 dicembre (vedi). Sulle difficili prospettive dei giovani in Italia ha di recente richiamato l’attenzione Pier Luigi Celli, manager e direttore della LUISS di Roma, con una “lettera al figlio” pubblicata su la Repubblica del 30 novembre (vedi) che ha suscitato un acceso dibattito a cui l’autore ha “replicato”, di nuovo su la Repubblica, il 4 dicembre (vedi).

One Response to Paolo P e gli anni zero. Per un augurio sincero di Felice Anno Nuovo

  1. Marco Bini ha detto:

    Se dovessi descrivere in un solo aggettivo questi anni zero, direi “schizofrenici”. Anni di paure indotte da una parte, e di allegro sperpero di risorse, economiche, sociali, ambientali, civili, umane, dall’altra. In particolare, l’Italia ha vissuto dieci anni di un vuoto raggelante, ispirati da una politica che le assomiglia (e non il contrario), dove una classe dirigente vecchia o invecchiata precocemente si bulla apertamente di essere previdente e di aver salda la barra del comando, quando non fa che perpetrare un sistema sociale di stampo feudale, quello che questo paese ha sempre avuto (leggetevi il romanzo “I Viceré” di Federico De Roberto, non credereste che è del 1894. Chissà perché a scuola non lo si fa leggere, mentre I Malavoglia e I promessi sposi sì…).
    E’ vero, come dice Andrea, che esistono isole di persone che nonostante tutto ci provano (a livello locale, nazionale e anche più su), ma sono appunto isole, con tutte le difficoltà di coordinamento e comunicazione con la terra ferma che la loro condizione comporta.
    Non tranquillizza il clima che c’è: un Paese che mostra sempre più apertamente la propria anima grettamente strapaesana, biecamente razzista, e con fenomeni sempre più estesi di rinascente classismo tra lavoratori – in fin dei conti una guerra fra poveri, che va in scena ogni giorno nei luoghi di lavoro, nei pubblici uffici, per le strade.

    Auguro al piccolo Paolo di arrivare alla maggiore età in un Paese che abbia avuto il coraggio di mutare qualcosa, con una diversa classe dirigente (nella mentalità, non solo nelle facce), con un senso di appartenenza delle persone basato su valori reali, concreti, non su immaginari patocchi elaborati da pessimi pubblicitari.
    Gli auguro di trovare il lavoro già almeno in parte fatto, perché iniziare da zero, in questa situazione, è una faticaccia tremenda.

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