Via della partecipazione. Facciamo il punto

E’ trascorso un mese dall’avvio del progetto “Via della partecipazione” – il progetto che l’amministrazione comunale ha voluto per dirimere le controversie sorte attorno all’intervento di risistemazione di via Libertà (vedi). Il progetto, inoltre, riguarda anche via Barella dove il tasso di “conflitto” sembra minore (in questo caso l’abbattimento degli alberi che costeggiano la via su di un lato, non previsto in origine nel progetto, è stato richiesto dai residenti in occasione di una riunione ad inizio 2009!). La scelta di sospendere i lavori (così su via Barella) e di avviare un percorso partecipato, di coinvolgimento (un po’ più sistematico) dei cittadini, è da valutare positivamente. Di questo va dato atto all’amministrazione comunale ed al sindaco Daria Denti. Ma, come in tutte le cose importanti, è bene “guardarci dentro”. Come si suol dire in questi casi: la partecipazione è una cosa troppo importante per lasciarla ai soli consulenti (siano questi di Genius Loci o di altre società). Sul progetto sono già intervenuto sviluppando alcune osservazioni preliminari (vedi). L’esperienza di questo primo mese ha offerto qualche elemento in più. Mi ha innanzitutto confermato l’impressione iniziale che l’amministrazione non abbia un’idea chiara sul come realizzare la partecipazione dei cittadini in interventi come questi. L’incarico a Genius Loci – un società qualificata di consulenza, ma che “vende” un pacchetto (una metodologia ed un kit di strumenti partecipativi) tra i molti possibili – sembra pertanto configurarsi come l’acquisto di un servizio “chiavi in mano”. Queste considerazioni (che ovviamente proverò ad argomentare nel prosieguo del post) sono importanti anche perché l’amministrazione comunale, giustamente, ha l’intento di mettere a punto, anche grazie all’esperienza del progetto “Via della partecipazione” ed alla consulenza di Genius Loci, un modello generale di “progettazione partecipata” da applicare anche in altri contesti (ancora più impegnativi: es. il vecchio mercato ortofrutticolo). Vediamo dunque cosa sta succedendo e quali sono le caratteristiche della proposta di “partecipazione” confezionata da Genius Loci. Lascerò da parte le questioni teoriche – per me, in verità, assai intriganti, ed in particolar modo la (falsa) contrapposizione tra l’approccio “argomentativo” e l’approccio del “confronto creativo” (o “costruzione del consenso”) – di cui mi occuperò in un post successivo. Qui stiamo “sul pratico”.

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Via Liberta vista dal tratto antistante la sede del Distretto sanitario (foto dell'1 novembre 2009)

[1] Una trentina di interviste a residenti o cittadini interessati (in due giornate ad inizio ottobre); un corso di formazione per tecnici comunali, ma aperto a qualche cittadino (articolato in quattro incontri, i primi due già tenutisi giovedì 22 e mercoledì 28 ottobre); una “camminata di quartiere” effettuata venerdì 30 ottobre dalle 14 alle 18 circa (non proprio un giorno ed un’orario partecipativo!). Questo è quello che è avvenuto nel primo mese di operatività del progetto. Per l’11 novembre il corso sarà terminato; lo stesso giorno verranno presentati, alla sera, i due “progetti bloccati” (questo passaggio è stato inserito in corso d’opera, ma è decisamente importante, visto che quasi nessuno conosce con precisione i progetti! Ciò che è noto a tutti, invece, è l’elemento “caratterizzante”: il taglio degli alberi); sabato 14 e domenica 15, infine, “Planning for real” – una sorta di “Monopoli” (il gioco a cui tutti abbiamo giocato da ragazzi) finalizzato però non alla “speculazione”, ma alla progettazione! La parte “pubblica” del percorso di partecipazione (non il corso, dunque, che ha soprattutto la finalità di formare competenze interne all’amministrazione) ha sin qui mirato ad una ricognizione delle posizioni in campo (nel modo più esaustivo possibile). Questo lavoro ha consentito ai consulenti di “costruire una mappa del conflitto” evidenziando le richieste (a volte, appunto, confliggenti) avanzate da residenti (nella via) e semplici cittadini. Ci si appresta ora, da qui in avanti, ad elaborare le linee guida per i due interventi di risistemazione, anche rimettendo in discussione (fino a dove?) le scelte progettuali già fatte dall’amministrazione. E’ la fase della “creatività” e della “costruzione del consenso”. Ed è la fase più impegnativa, visto che dalla “qualità” del lavoro di questa fase deriva direttamente la “qualità” delle indicazioni progettuali. Il progetto “Via della partecipazione” si conclude, infatti, “con la sottoscrizione di un documento comune che detta le linee guida per la riqualificazione e messa in sicurezza di ciascuna delle due strade” (pag. 4 del progetto predisposto da Genius Loci). In conclusione di questo punto mi limito ad osservare che la “mappa del conflitto” andrebbe resa pubblica, essendo uno strumento di lavoro per tutti i partecipanti.

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L'immissione di via Libertà su via Circonvallazione (foto dell'1 novembre 2009)

[2] Il primo atto della “fase creativa” avrà luogo il 14 e 15 novembre, due giornate di applicazione della tecnica “Planning for real”. Di cosa si tratta? Sostanzialmente di un “gioco” di progettazione a cui partecipano più persone. “Planning for real nasce come tecnica alternativa alla discussione pubblica e ad altri metodi che tendono a favorire la partecipazione delle persone più abituate o più preparate a sostenerli, consentendo invece a ogni partecipante di esprimere le proprie idee e le proprie opinioni liberamente e in modo anonimo.” (Sclavi M. et al., Avventure urbane, Eléuthera, 2002, p.229) Osserviamo che nessuna tecnica è “neutrale”, ma anzi le sue caratteristiche prefigurano gli esiti potenziali. Planning for real si caratterizza, tra le altre cose, per due aspetti:  “abbassa” le soglie di partecipazione (prescinde dai requisiti di istruzione e cultura) ed invita i partecipanti a svolgere un’attività di progettazione sulla base di desideri/interessi/volontà assunte come preformate, senza richiedere una giustificazione pubblica delle scelte effettuate. E’ una tecnica, in altri termini, che presuppone che il progetto che risponde ai bisogni della “collettività” possa nascere per semplice “aggregazione” degli interessi e delle scelte individuali. Dunque più per negoziazione, per “compromesso” che per convincimento (che presuppone, invece, una trasformazione delle preferenze, non solo un loro reciproco aggiustamento). Le assunzioni implicite al Planning for real non sono banali. Un metodo diverso produrrebbe plausibilmente risultati diversi. Sappiamo, ad esempio, che il confronto pubblico basato su argomenti svolge una funzione di “lavaggio” delle preferenze (R.E.Goodin): prendendovi parte i partecipanti sono spinti ad evitare ragioni smaccatamente strumentali o basate in modo egoistico sui propri interessi. Gli interessi individuali vengono, per così dire, “filtrati”. Se spingiamo ogni partecipante ad esprimere punti di vista ristretti e centrati sui propri interessi, come facciamo, in seguito, a fare il salto verso un progetto che soddisfa il più possibile un interesse collettivo? Comunque sia, il Planning for real ha il compito di produrre input per due “tavoli di confronto creativo” (uno per ciascuna via). Ciascun “tavolo” si riunisce un massimo di 2 volte per ogni strada e ciascun incontro ha la durata massima di 4 ore. Al termine del lavoro dei “tavoli” si hanno le linee guida per il nuovo progetto. Ad oggi, ad esempio, non è nota la composizione dei tavoli: chi vi partecipa (come vengono “selezionati” i partecipanti?), quanti vi partecipano, in rappresentanza di chi o che cosa, con quali regole di “funzionamento”, con quali margini di manovra (es. di espressione del “dissenso” – parola non eliminabile anche all’interno di percorsi partecipati!) per i partecipanti. Al “tavolo”, ad esempio, oltre ai partecipanti attivi è ammesso anche il “pubblico”? Non sono aspetti secondari. Il programma si limita a precisare che “si perviene, attraverso il metodo del Consensus Building, alla predisposizione delle linee guida per la messa in sicurezza e la riqualificazione delle due vie che vengono firmate da tutti i partecipanti al tavolo.

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Le radici di superficie hanno rovinato fortemente il marciapiede, oltre ai muretti che delimitano le proprietà private (foto dell'1 novembre 2009)

[3] Se prestiamo attenzione alla qualità del gioco delle argomentazioni diviene evidente che un requisito fondamentale è la completezza delle informazioni. Che oggi non c’é. C’è un passaggio, formulato da Sara Seravalle (consulente di Genius Loci) all’incontro conclusivo (in biblioteca) della camminata di quartiere del 30 ottobre, che introduce questo tema: “Evidentemente ci sono persone che hanno più elementi per valutare la situazione, il valore degli alberi … Prima cosa, dunque, è dare a tutti le giuste informazioni”. Già, è decisamente così. Ad oggi manca, nel progetto, un elemento importante. Un elemento che tutti debbono prendere in considerazione nei loro ragionamenti (indipendentemente dalla posizione che hanno assunto in merito al progetto di riqualificazione di via Libertà). Ed è un elemento su cui la stessa amministrazione comunale ha “sorvolato” – come testimonia la facilità con cui ha accolto la richiesta di abbattimento di tutti gli alberi su via Barella! Bisogna riconoscere che è stata proprio l’iniziativa di diversi cittadini a richiamare l’attenzione (anche dell’amministrazione) su questo fatto. L’azione simbolica “Non il mio nome” (vedi) aveva anche questo obiettivo: richiamare l’attenzione sul valore degli alberi. Già, questo è il punto. Se non proviamo a rendere esplicito, persino a “misurare”, qual è il valore di un albero per la città (vedi) l’intero progetto di partecipazione perde un pezzo importante, perde di qualità. Dunque, che cosa possiamo fare per rappresentare il valore – ecologico, funzionale, estetico – dei tigli di via Libertà, affinché quel valore collettivo possa essere adeguatamente considerato, adeguatamente “riconosciuto” da tutti i partecipanti? Altrimenti il rischio è che vengano percepiti solo i (dis-)valori “privati”, ovvero il costo sopportato da ogni privato dalla presenza degli alberi (le foglie che cadono nel giardino, le grondaie otturate, i marciapiedi scalzati, i muretti di recinzione danneggiati). E’ chiaro che questo è un punto decisivo – su cui, però, sino ad oggi il progetto di Genius Loci ha fatto poco. Vogliamo allora provare a rappresentare – che so, con un cartellone? una simulazione a computer? ecc. – che cosa significa, per il benessere della via, la presenza di quegli alberi? Occorre riconoscere, in altri termini, che questo “conflitto” su via Libertà e su via Barella non è affrontabile “razionalmente” se non viene rappresentato, nel modo più chiaro possibile, qual è il valore di un albero (vedi) – che è, ad oggi, l’unico elemento certo del contendere.

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In attesa delle spazzatrici di Hera due signori anziani provvedono anche alla pulizia del marciapiede dalle foglie (foto dell'1 novembre 2009)

[4] Sempre sul tema informazione (una “proprietà” diffusa socialmente in modo eterogeneo) occorre osservare che, per usare una figura della sanità, il consenso è solido se è un consenso informato. Tema impegnativo – non c’è dubbio. Ma difficilmente eludibile. Comunque qui vediamo un primo gap tra impegni assunti e realtà del progetto partecipativo. E’ significativo il fatto che il programma dei lavori presentato da Genius Loci (ma non reso pubblico nel sito web del Comune!) prevedesse anche un minimo di investimento in termini di informazione. A pagina due sta scritto: “si prepara un dossier che ricostruisce come la stampa ha trattato gli argomenti fino a questo punto. Il dossier viene reso pubblico e distribuito ai cittadini. La stessa costruzione del dossier è aperta a contributi dei diversi attori in gioco.” Non mi risulta che ciò sia stato fatto! Eppure l’informazione è importante, anzi decisiva, ai fini della ricerca di una soluzione la più possibile condivisa. Senza un’adeguata informazione ogni decisione corre il rischio di un di più di “irrazionalità”. Solo un’adeguata informazione rende sufficientemente stabili, solide le opinioni dei partecipanti. E’ significativo – come ha riconosciuto Sara Seravalle (di Genius Loci) dopo la fase dei colloqui – che diverse persone, in origine favorevoli al taglio degli alberi, abbiano poi rivisto la proporia posizione una volta che il “conflitto” ha richiamato l’attenzione sui controargomenti messi in campo dai cittadini.

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Via Libertà visto dalla periferia verso il centro (foto dell'1 novembre 2009)

[5] Il primo mese di operatività del progetto ha messo in luce un’altra caratteristica. La partecipazione dei cittadini è attuata all’interno di una “cornice”, un frame, che è disegnata da altri. Ovvero: non sono i cittadini che governano (o co-governano) il processo partecipativo. Ovviamente altre scelte sono possibili. Ad esempio nulla vieta, all’inizio di un processo partecipativo, di andare a costituire una “cabina di regia”, dove rappresentanti dell’amministrazione, dei consulenti e dei cittadini (delle diverse “posizioni” in campo) prendono le decisioni sulla conduzione del processo. Questa soluzione consentirebbe di avere non solo un processo partecipato (chiamiamola partecipazione1), ma anche una conduzione partecipata del processo partecipativo (partecipazione2). E’ questa una soluzione che aiuta a creare fiducia tra tutti gli attori coinvolti ed in particolar modo tra i cittadini. Essa consentirebbe, tra l’altro, di rendere trasparenti le decisioni che “governano” il progetto. I cittadini che sin qui hanno preso parte alle iniziative realizzate nell’ambito del progetto “Via della partecipazione” nulla sanno, ad esempio, sulle modalità adottate per fare informazione: è stata mandata una lettera a casa con le date degli eventi almeno a tutti i residenti? Se no, perché? Perché tante persone interessate hanno saputo in ritardo o addirittura a posteriori dei diversi appuntamenti e delle opportunità di partecipazione? Perché la “camminata di quartiere” è stata fatta il venerdì in orario lavorativo e non, ad esempio, il sabato o la domenica mattina? Come sarà composto il “tavolo di confronto creativo”? Ecc.

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La chioma autunnale di uno dei tigli di via Libertà. Possiamo considerare anche il valore estetico? (foto dell'1 novembre 2009)

[6] Informazione e “partecipazione al governo del processo” richiamano assieme un’ulteriore questione. Questo processo partecipativo ha vincoli che sono fissati a monte, ma non è detto che sia razionale non metterli in discussione. Una delle opzioni che si dovrebbe poter contemplare per la definizione del progetto su via Libertà è la possibilità di mettere a senso unico la circolazione stradale. Fare ciò, tuttavia, comporta l’adozione di una scelta analoga anche per Viale Vittorio Veneto. E’ possibile questa opzione? Ugualmente rilevante è la questione del budget assegnato: 500mila euro per la “sistemazione” di via Libertà (200mila per via Barella). Pensiamo però che solo per la realizzazione della rotatoria con fontana tra viale Vittorio Veneto, via Libertà e via Corso Italia sono stati spesi più di 450mila euro. C’è proporzione con la somma destinata a risistemare l’intera via Libertà?

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Via Libertà vista dal tratto alla confluenza con via C.Plessi (foto dell'1 novembre 2009)

I punti “critici” evidenziati mettono a rischio la “qualità” del risultato. La mancanza di un’adeguata opera di informazioni sui motivi dell’intervento e sugli interessi ed argomenti in conflitto; la mancata rappresentazione del “valore degli alberi”; la sottovalutazione del potere trasformativo delle argomentazioni; la mancanza di una “cabina di regia” che consenta ai cittadini di co-governare il processo partecipativo e non solo di “esserne inseriti dentro”; un chiarimento sui vincoli fissati a monte e sulla loro razionalità. Questi aspetti sono importanti e vanno adeguatamente “recuperati”. A dimostrazione che anche dal processo di partecipazione tutti gli attori possono apprendere. Marianella Sclavi, che abbiamo conosciuto come docente al corso (nella giornata del 22 ottobre), scrive in Avventure Urbane (cit., pp.43-44): “la progettazione partecipata è come il rafting, l’andare lungo le rapide su una canoa. Non puoi mai prevedere in anticipo quando incontrerai una roccia che affiora, o dove porta la corrente o il risucchio, o quando capiti in mezzo a una pozza stagnante per uscire dalla quale devi remare con particolare lena; invece che spaventarsi di fronte a questi ostacoli, devono essere visti come una sfida e una occasione per inventare di volta in volta i percorsi tenendo tutti sulla canoa; questo è il più difficile.” Immagine affascinante. Anche perché, se è vero – come sempre la Sclavi ricordava “a lezione” – che una volta avviato un processo di partecipazione questo non è più dell’amministrazione, ma è di tutti coloro che vogliono prendervi parte, allora è bene che tutti costoro partecipino alla “conduzione” della canoa. Solo mettendoci anche l’intelligenza locale (vedi) sarà davvero possibile fare in modo che questo non sia un episodio “di facciata”, ma contribuisca a produrre public learning ed a “fare breccia nel modo di operare delle istituzioni” (p.28).

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