Una modesta proposta/3. Un rito per la consegna della cittadinanza agli stranieri

Qualche giorno fa, mentre ero al supermercato a fare la spesa, ho incontrato Fatima. Sposata con figli, marocchina, da diversi anni risiede a Vignola. Io l’ho conosciuta quando ero assessore alle politiche sociali. Era felice perché, dopo “solo” tre anni dalla presentazione della domanda, le è stata concessa la cittadinanza italiana. E rideva perché è riuscita ad ottenerla prima di suo marito che ne ha fatto richiesta quattro anni fa. Mi ha anche raccontato del momento in cui ha ritirato l’attestato presso l’ufficio anagrafe del Comune di Vignola. Un passaggio assai sbrigativo ed un po’ burocratico. Senza alcun significativo momento cerimoniale, senza nessun rito o atto che, sollecitando le emozioni, fosse in grado di dare il senso della rilevanza, non solo per l’interessata, ma per tutta la comunità vignolese, di quel momento. Si può fare meglio. Si deve fare meglio.
[1] Questi episodi della quotidianità si stagliano sullo sfondo di un dibattito prolungato nel tempo, ma assolutamente inconcludente, sulla modifica delle norme di legge per l’ottenimento della cittadinanza italiana. Anche negli ultimi giorni il tema è tornato ad emergere nella sfera dei mass media, per effetto di alcuni interventi del Presidente della Camera dei deputati Gianfranco Fini – interventi che accompagnano oggi una proposta di legge bipartisan volta a facilitare l’ottenimento della cittadinanza italiana ai nati in Italia da genitori stranieri (introducendo il principio dello ius soli in sostituzione dello ius sanguinis)  e ad abbassare da 10 a 5 anni il periodo di residenza ininterrotta in Italia al fine dell’ottenimento, da parte di stranieri adulti, della cittadinanza italiana.

I genitori dei bambini frequentanti il corso di lingua araba nella giornata conclusiva (foto dell'8 giugno 2003)

I genitori dei bambini frequentanti il corso di lingua araba nella giornata conclusiva (foto dell'8 giugno 2003)

Plausibile che per diversi anni ancora le norme rimangano quelle odierne, stante l’indisponibilità della Lega Nord ad apportare cambiamenti che rendano più facile l’ottenimento della cittadinanza italiana agli stranieri alle vigenti leggi (vedi). Il fronte delle politiche per l’immigrazione è un fronte caldo e ciò significa, innanzitutto, che il governo vi interviene più con l’occhio puntato agli effetti sull’opinione pubblica (ed in particolar modo sul proprio elettorato), che agli effetti sulla società italiana, tanto a breve quanto a medio termine. In effetti le norme in vigore stanno producendo in modo sempre più accentuato uno “scollamento tra appartenenza alla società e appartenenza allo Stato” (Zincone G. (a cura di), Familismo legale. Come (non) diventare italiani, Laterza, Bari, 2006, p.22: vedi). Non la voglio tenere troppo lunga. A me sembra ragionevole rivedere le norme della legge n.91 del 5 febbraio 1992 che ha innalzato il periodo di residenza legale sul territorio italiano portandolo a 10 anni (in precedenza, a seguito della legge n.555 del 1912, erano sufficienti 5 anni!) (per la presentazione della normativa vigente: vedi). Mi sembra anche ragionevole andare ad introdurre un test di conoscenza della lingua italiana ed un test di conoscenza (ed accettazione) della nostra carta costituzionale. Il messaggio agli stranieri che intendono diventare cittadini italiani deve essere chiaro: per essere a pieno titolo cittadini italiani è indispensabile conoscere e parlare la lingua italiana, così come occorre avere consapevolezza sia dei diritti che dei doveri associati all’essere cittadini. Anche alcuni settori del centrodestra riconoscono la giustezza di questa posizione. Oltre a Fini, si è espresso in tal senso anche Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 29 settembre 2009 (vedi). Politiche di integrazione degli stranieri passano necessariamente dal riconoscere loro, senza inutili complicazioni (che oggi invece ci sono!), lo status di cittadini con tutto quello che ciò comporta.

Consegna dei diplomi ai partecipanti al corso di lingua araba (foto dell'8 giugno 2003)

Consegna dei diplomi ai partecipanti al corso di lingua araba (foto dell'8 giugno 2003)

[2] Per fare ciò, oltre a modificare la legge, occorre un deciso intervento degli enti locali, ovvero delle istituzioni pubbliche che sono più vicine, territorialmente e fisicamente, agli stranieri stessi. A Vignola gli stranieri che hanno ottenuto la cittadinanza italiana sono ancora in numero esiguo (204 dal 1994 al 2008). Ma stanno crescendo in fretta. Nel 2008 sono stati 38. Nel 2009 saranno molti di più (ad oggi ne possiamo stimare circa un centinaio). Per queste persone il “contatto” con le istituzioni è ancora un’occasione importante ed in quanto tale va “sfruttata” per rinforzare un messaggio “comunitario”: lo status di cittadino italiano vi consegna nuovi diritti e nuovi doveri; la comunità vignolese vuole essere accogliente nei vostri confronti, ma anche voi dovete fare la vostra parte; vogliamo affermare con forza l’impegno di tutti al rispetto delle norme della civile convivenza, del rispetto, della solidarietà. L’introduzione di nuovi test sulla lingua e sulla “consapevolezza civica” richiede ovviamente l’impegno ad offrire anche le occasioni ed i contesti per un’adeguata formazione. E’ su questo fronte che l’impegno degli enti locali va potenziato – cosa che può essere fatta anche in assenza di norme di legge. Sul versante della formazione linguistica Vignola ed il territorio circostante beneficiano dal 2002 della presenza del Centro Territoriale Permanente di educazione degli adulti (a Vignola tiene i corsi nei locali delle ex-Barozzi in Piazzetta Ivo Soli). Ogni anno diverse centinaia di stranieri residenti nel distretto frequentano i suoi corsi di italiano (oltre che di informatica ecc.). Qui, probabilmente, occorre potenziare l’offerta di formazione per le donne straniere (che significa offrire anche servizi ad hoc per tenere i figli, per organizzare il trasporto, ecc.). Deve passare il messaggio che è di capitale importanza l’apprendimento della lingua italiana – ad esempio perché altrimenti non si riesce ad avere il necessario rapporto con le istituzioni. Non deve succedere, ad esempio, che siano i figli a fare da “mediatori linguistici” verso i genitori nei rapporti tra la famiglia e la scuola! Ugualmente importante è l’investimento in momenti di formazione sulle norme del vivere civile e dunque, in ultima istanza, sulla carta costituzionale. Dopo il progetto “L’esperienza dell’altro” (negli anni 2003-2004) si è fatto troppo poco su questo fronte nel territorio del distretto. Poche sono state le eccezioni – per lo più dovute ad iniziative del Forum dei cittadini stranieri.
Infine, l’altra cosa che va messa in campo è un’adeguata “ritualità” associata alla consegna della cittadinanza ed al relativo giuramento. Al termine dell’iter per l’ottenimento della cittadinanza italiana “per naturalizzazione per residenza” sta infatti il Comune di residenza. Il Ministero dell’Interno, infatti, invia il decreto di concessione della cittadinanza alla Prefettura, la quale provvede a consegnarlo all’interessato, per il tramite dell’anagrafe comunale. “Il cittadino straniero, al quale è stata concessa la cittadinanza italiana, ha 6 mesi di tempo dalla notifica del decreto per prestare giuramento presso il comune di residenza”. Non sarebbe il caso di caricare di un po’ di enfasi questo momento? Non sarebbe opportuno, tanto per i cittadini stranieri, quanto per quelli italiani (tutti “diretti interessati”), organizzare una cerimonia di consegna del decreto, in cui abbinare il giuramento ad una vera “celebrazione” dell’ingresso nel nuovo status? Non varrebbe la pena di usare questo momento per stabilire dei “legami” tra i nuovi cittadini, le istituzioni e la comunità “accogliente”? Le politiche di integrazione vivono anche di momenti rituali, di riti civili. Questo è già possibile farlo oggi. Sarebbe una buona cosa se l’assessore alle politiche sociali del Comune di Vignola si impegnasse su questo fronte. Trasformare l’attuale “passaggio burocratico” in un vero “rito civile” non comporterà una gran spesa, ma i suoi effetti potrebbero essere assai benefici per la comunità. Dunque, perché non farlo?

Vesak, festa del risveglio, principale ricorrenza buddista (Spilamberto, maggio 2007)

Vesak, festa del risveglio, principale ricorrenza buddista (Spilamberto, maggio 2007)

PS Era già evidente dal programma elettorale del PD (e poi da quello di tutta la coalizione) la debolezza del pensiero in tema di cittadini stranieri, che pure sono oggi circa il 15% dei residenti. In tutto il programma del PD (e della coalizione) non c’è un solo paragrafo dedicato al tema dell’integrazione dei cittadini stranieri. Presenza non citata, neppure evocata. Tutto quello che dice il programma al proposito non occupa neppure una riga! Si parla solo di “intercultura” nella scuola (p.2) e di “educazione alla legalità” per i cittadini stranieri (p.4). Decisamente poco! Per un’analisi vedi il punto [7] del post apposito (vedi).

PPS E’ questo il terzo post della serie “una modesta proposta ….”. Interventi di miglioramento della qualità della città e della comunità a basso costo. In precedenza mi sono occupato di fontanelle “a misura di bambino” in ogni parco di Vignola (vedi) e della proposta di diffondere gli orti urbani nei quartieri (vedi).

2 Responses to Una modesta proposta/3. Un rito per la consegna della cittadinanza agli stranieri

  1. bruno ciancio ha detto:

    Hai ragione e sono d’accordo. Un’atto simbolico e importante pieno di significato. Nel comune di Castelvetro abbiamo già passato in comune e poi all’unione l’odg inerente la cittadinanza con anni ridotti e il voto amministrativo. Per la cerimonia vedo che posso fare.
    Cong. delegato per l’integrazione Castelvetro
    Bruno Ciancio

  2. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Immigrati, Ferrara inventa la cerimonia di cittadinanza
    Il comune di Ferrara introduce la cerimonia di cittadinanza per gli immigrati. D’ora in poi il benvenuto agli stranieri che acquisiscono il nuovo status non sarà una semplice firma negli uffici comunali, come avvenuto finora, ma sarà formalizzato con una breve cerimonia individuale di giuramento per ciascun neo-italiano.
    I primi a entrare in municipio per ricevere la cittadinanza col nuovo “rito” saranno, mercoledì 10 febbraio alle 9.30, I.D., nata in Ucraina nel 1971 ma a Ferrara dal ’96; M.A. marocchino di Rabat, arrivato nel 1992 e padre di due figli nati nella città emiliana, e L.L., 53enne albanese con un figlio 16enne, giunto a Ferrara nel 2001.
    Per ciascuno dei tre nuovi cittadini, giunti al termine dell’iter dopo aver vissuto legalmente in Italia per almeno dieci anni, è prevista una cerimonia di circa mezz’ora. Nella sala degli Arazzi riceveranno una copia della Costituzione italiana e una lettera di benvenuto del sindaco Tiziano Tagliani, rivolta anche ai loro figli minori, ai quali si estende il nuovo status del genitore.
    Il tutto avverrà alla presenza di un ufficiale di stato civile, di un rappresentante della Prefettura e dell’assessore al decentramento Luciano Masieri, che commenta: “Conferire la cittadinanza è un atto estremamente importante, che ricade nelle competenze del sindaco. Per questo, con l’introduzione della cerimonia, vogliamo dare la giusta importanza ad un momento rilevante per i nuovi cittadini e per l’intera comunità. Contiamo di ripetere questo formale benvenuto più volte l’anno per piccoli gruppi di neo-ferraresi”. L’anno scorso a Ferrara hanno acquisito la cittadinanza per matrimonio o residenza 55 immigrati, mentre nel 2008 erano stati 80.

    E’ una notizia del 9 febbraio 2010, pubblicata su Affaritaliani.it. E’ uno dei tanti esempi di cerimonia pubblica per il conferimento della cittadinanza italiana. A Vignola è stata la lista di cittadini Vignola Cambia a presentare una mozione nella seduta consiliare del 21 dicembre 2010. Approvata con modifiche. E’ probabile che l’amministrazione comunale riesca a pasticciare anche su un evento come questo. Che ha tre ingredienti: (1) pubblicizzazione di un evento che non deve essere considerato solo privato; (2) valorizzazione della partecipazione dei cittadini stranieri (es. perché non chiedere a loro di preparare, per l’occasione, un piatto tipico del loro paese da condividere, alla fine della cerimonia, con i presenti?) anche per creare legami; (3) coinvolgimento attivo del più ampio spettro possibile di forze consiliari e politiche all’evento (oltre, ovviamente, ai cittadini). Si può fare?

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