Come fu che Vignola non ebbe la torre di 52 metri

Nel corso del 2008, per tre-quattro mesi, la città di Vignola ha corso il “rischio” di veder autorizzare la costruzione di una “torre” residenziale alta 52 metri nell’area ex-Enel (vedi su Google Maps). Se consideriamo che il campanile di Vignola è alto 54 metri risulta evidente l’importanza dell’opera ed il suo impatto (comunque lo si valuti). Questo episodio di trasformazione urbana, seppure non realizzato, è interessante per diversi motivi. E’ opportuno dunque ripercorrerne la storia e leggere questa vicenda a partire dagli interrogativi che pone agli amministratori impegnati nel processo di riqualificazione e trasformazione della città di Vignola.

Un'immagine del progetto (Arch. Calzolari) presentato al bando 2008 per la vendita dell'area ex-Enel

Un'immagine del progetto (Arch. Calzolari) presentato al bando 2008 per la vendita dell'area ex-Enel

L’inserimento di “torri” residenziali in contesti urbani – specie in prossimità dei centri urbani – è infatti oggetto di forti controversie. A Vignola esse si sono manifestate appena (volantinaggio, minaccia di raccolta firme) nell’estate del 2008, visto che infine il progetto non è stato ritenuto ammissibile al termine di un complesso iter di valutazione (settembre 2008). E’ tuttavia vero che, in merito, le valutazioni erano ampiamente differenziate anche all’interno della maggioranza ed in particolar modo del PD vignolese (con il sindaco impegnato ad enfatizzare gli aspetti positivi dell’intervento, molti a sottolinearne gli elementi di “perplessità”). Non si tratta, ovviamente, solo di un tema locale. Anche a Modena si è sviluppata un’accesa discussione sull’ipotesi di realizzazione di “torri” nel centro urbano (es le due torri di 70 metri tra di loro collegate a piazza Manzoni – davanti alla cosiddetta “stazione piccola”). A Bologna si prevede di realizzare la “Torre Unipol” di 125 metri di altezza – l’edificio più alto di tutta l’Emilia-Romagna – e plausibilmente la discussione si accenderà anche lì. Sempre nel 2008 un’intensa discussione, riportata dalla stampa, si è sviluppata a proposito delle “torri” dell’architetto Paolo Portoghesi a Bassano del Grappa. Un anno prima era stata la volta di Torino, con l’accesa discussione sul grattacielo progettato da Renzo Piano (180 metri di altezza, 14 in più della Mole Antonelliana). Il tema, giustamente, fa discutere. L’episodio vignolese merita dunque di essere riletto – in primo luogo per le implicazioni che contiene sul pensiero della città del futuro.

L'area ex-Enel: si vedono la cabina elettrica "storica" (a sinistra), la palazzina principale (a destra), l'edificio-autorimessa al centro sullo sfondo (foto del 23 luglio 2008)

L'area ex-Enel: si vedono la cabina elettrica "storica" (a sinistra), la palazzina principale (a destra), l'edificio-autorimessa al centro sullo sfondo (foto del 23 luglio 2008)

[1] La vicenda parte di fatto il 29 novembre 2007 quando il Consiglio Comunale approva (a maggioranza) una delibera che autorizza la deroga in altezza nell’area ex-Enel con riferimento ad un bando di gara pubblica per la cessione dell’area in cui si richiedeva, all’acquirente, anche la contestuale progettazione dell’edificio da realizzarvi. L’area ex-Enel era stata acquistata alcuni anni prima dal Comune di Vignola (al prezzo di 720 milioni di lire) con l’ipotesi di realizzarvi la sede della Protezione Civile ed era stata dopo qualche anno inserita nel piano delle alienazioni, visto che quella sede era stata fatta confluire nel “Polo per la sicurezza” (vedi). Essa consiste in una superficie asfaltata con sopra tre edifici: una palazzina, una cabina elettrica “storica” (vincolata e, per questo, non oggetto di alienazione) ed una autorimessa con annesso portico/tettoia (nel complesso si tratta di 2.340 mq di zona B2, equivalenti a 1.404 mq di SU realizzabile). Dalla sua vendita si prevedeva di acquisire risorse per finanziare il piano degli investimenti dell’amministrazione comunale. Perché la deroga in altezza? Nell’area il PRG prevedeva un’altezza massima per gli edifici pari a 13,50 metri. Visti una serie di vincoli esistenti sull’area – tra cui la presenza di una cabina elettrica “storica” vincolata e dunque non ammessa all’alienazione – tale altezza massima non avrebbe consentito di sfruttare per intero la superficie edificabile teoricamente possibile e dunque di valorizzare al massimo l’area dal punto di vista economico. Visto il bisogno di risorse per un ambizioso piano degli investimenti (in origine l’alienazione dell’area ex-Enel era collegata al finanziamento dell’intervento sulla piazza davanti a Villa Braglia – vedi – costato più di 1,3 milioni di euro) il sindaco Adani ritenne opportuno sottoporre al consiglio comunale la proposta di eliminare il vincolo di altezza, così da poter “incassare” il massimo possibile dalla vendita dell’area. Ovviamente l’eliminazione del vincolo d’altezza consentiva anche una maggiore libertà ai progettisti, così da poter meglio rispondere ai criteri di valutazione previsti dal bando in tema di efficienza energetica e di minimizzazione dell’impatto ambientale. Comunque, dopo una presentazione un po’ frettolosa in terza commissione consiliare come “fuori sacco” (il 21 novembre 2007), la delibera venne approvata in consiglio comunale otto giorni dopo (il 29 novembre 2007). In quell’occasione ci fu sì discussione sull’opportunità o meno di eliminare il vincolo d’altezza nell’area, ma essa non fu neanche troppo accesa visto che non si trattava di approvare un progetto specifico e visto che la discussione in commissione consiliare si era conclusa con il convincimento (errato!) dei consiglieri di maggioranza che anche eliminando il vincolo dell’area il progetto non avrebbe potuto svilupparsi troppo in altezza (in coda ho riportato – specie pensando ai neoconsiglieri – un resoconto puntuale dell’iter di approvazione della delibera). Occorre considerare che l’eliminazione del vincolo d’altezza non significava certo approvare il progetto relativo alla “torre” (che allora non esisteva!). Con la delibera del novembre 2007, infatti, si fissavano le linee guida per un bando di alienazione dell’area ed al tempo stesso di progettazione. Nel caso di più progetti (tra cui scegliere da parte di una commissione “tecnica”) o di progetti non fortemente sviluppati in altezza magari l’iter di alienazione-progettazione si sarebbe concluso senza clamore (ed oggi nell’area ex-Enel il cantiere sarebbe in corso). Tuttavia le cose andarono diversamente, visto che al bando partecipò un unico soggetto, la ditta Beni Immobiliari Modenesi Spa, presentando un progetto, a firma dell’Arch. Massimo Calzolari, che prevedeva appunto la realizzazione di una “torre” residenziale di altezza pari a 51,50 metri. Un unico progetto, dunque, che solo il 22 settembre 2008, al termine di un lungo iter di valutazione, venne ritenuto non ammissibile.

La cabina elettrica "storica" (e per questo vincolata e non inserita nel programma di alienazione del 2008) nell'area ex-Enel

La cabina elettrica "storica" (e per questo vincolata e non inserita nel programma di alienazione del 2008) nell'area ex-Enel

[2] Nella visione del sindaco Roberto Adani erano diversi gli elementi di pregio di quel progetto. Innanzitutto costituiva un progetto particolarmente innovativo per quanto riguarda il risparmio energetico e l’impatto ambientale. Impianti fotovoltaici, impianto centralizzato a pompa di calore, rinuncia all’utilizzo del gas metano da riscaldamento, recupero dell’acqua piovana per le utenze non potabili, impianto solare termico per la copertura del 50% del fabbisogno di acqua calda sanitaria – sono tutti ingredienti di qualità del progetto. Ugualmente importante, però, era la funzione che l’edificio-torre veniva a svolgere come “porta urbana” al centro commerciale naturale di Vignola (una delle aree oggetto di interventi di “valorizzazione” negli anni era infatti quella adiacente di via della Resistenza). Una torre, dunque. Una tipologia di landmark – di “marcatore” del territorio, di “identificatore” – tra i più “efficaci”. Ecco. Penso che qui sia opportuno aprire una riflessione ed una discussione che non sia legata solo al caso specifico ex-Enel, ma si proietti nel ragionamento sulla futura trasformazione urbana della città. Nel corso della discussione (accesa) che ho avuto con il sindaco Adani su questo progetto è emerso, ad esempio, che non era stata prevista alcuna valutazione dello skyline e del modo in cui esso sarebbe stato modificato da questa torre di 52 metri (solo di 2 metri più bassa del campanile di Vignola)! Possibile? Possibile che si intervenga sulla città senza considerare quello che è uno degli elementi di identità di questo “paesone” che è Vignola? Possibile che una siffatta decisione debba essere rimessa nientemeno che al caso (ovvero all’interesse e/o al gusto di un privato di sviluppare un progetto in altezza piuttosto che con altre caratteristiche)? Ovvero ad una commissione tecnica chiamata a valutare i progetti presentati? Non riguarda piuttosto la città intera e tutti i suoi abitanti? Personalmente ritengo che sia questo l’aspetto maggiormente critico del progetto. E’ vero che ci fu la decisione del Consiglio Comunale di eliminare il vincolo di altezza (anziché semplicemente spostarlo verso l’alto), ma ho già detto del perché si arrivò a quella decisione (vedi i dettagli nell’ultimo paragrafo). Ed è su questo aspetto che è stata più accesa la discussione con il sindaco Adani. Riprendo una parte dello scambio di argomentazioni avvenuto (tra me e lui) il 19 giugno 2008. Scrive Adani (rispondendo ad una mia e-mail): “Se non si vuole consumare altro territorio e riqualificare la città si deve andare in altezza. Altrimenti spazi per piazze, parchi e ciclabili non se ne recupererà e la sostenibilità di queste trasformazioni sarà impossibile e quindi non si faranno. Già la STU, te lo ricordo, aveva dovuto e voluto piazzare sul progetto van Berkel una torre piuttosto alta sulla stazione e mi sembrava avessimo sostanzialmente condiviso; Dal Co’ sul progetto ex-mercato dice che sarebbe corretto andare in altezza con torri per recuperare spazio per piazza e parco … ma sono solo alcuni esempi. A me il tabù sulle altezze mi sembra piuttosto provinciale e di chi vuole nascondere la testa sotto la sabbia. Gli edifici poi non mi sembrano belli o brutti a seconda dell’altezza, anzi le cose peggiori sono certe ville ad un piano in zona agricola.”

L'area ex-Enel vista da via per Sassuolo: si vedono la cabina elettrica "storica" (a sinistra) e la palazzina principale (in primo piano)

L'area ex-Enel vista da via per Sassuolo: si vedono la cabina elettrica "storica" (a sinistra) e la palazzina principale (in primo piano)

Nelle argomentazioni del sindaco Adani ci sono molte cose condivisibili, ma non tutte. Nel progetto della torre presso l’area ex-Enel io vedevo due questioni che non potevano essere trattate sbrigativamente: (1) una tale modifica dello skyline della città – di uno dei suoi elementi identitari – non poteva avvenire senza una discussione pubblica che coinvolgesse la città tutta – una discussione sulla Vignola del futuro. Discussione che per diverse ragioni (in primo luogo il fatto che il percorso della STU venne di fatto “bloccato” al suo inizio, dopo la presa d’atto del Consiglio Comunale dello studio di fattibilità economica, su “richiesta” dei DS) non si sviluppò. (2) La collocazione di una torre di 52 metri in un contesto già urbanizzato presenta indubbiamente elementi di problematicità (i residenti dell’area, infatti, si mobilitarono non appena vennero a conoscenza del progetto). Diverso sarebbe stato collocare lo stesso progetto in un contesto differente (pensiamo, ad esempio, ad una sua collocazione nell’area ad oggi non urbanizzata e periferica destinata ad accogliere il “Polo per la sicurezza”). Comunque sia, io condividevo la prospettiva di sviluppare maggiormente la città in altezza, ma il problema è del quanto. Per questo nella e-mail di risposta al sindaco Adani scrivevo: “Se vogliamo introdurre innovazioni significative nella città e nella forma della città io ritengo necessario che la città ed i suoi abitanti siano coinvolti nel disegnare gli scenari (non certo i progetti concreti). Volete una città fatta di torri? Con i pro ed i contro che ne consegue? Volete una città (solo) mediamente più alta? E’ questo che è mancato e che manca soprattutto oggi dove con questa scelta l’amministrazione compie una scelta di rottura ed irreversibile, ma una scelta che è maturata esclusivamente nell’ufficio del sindaco. Io ad oggi non ho argomenti contro le torri, ma argomento contro un modo di procedere che sottrae ai cittadini di questa città la possibilità di partecipare a disegnarne il futuro urbanistico ed architettonico. Sta qui il punto di più radicale disaccordo con la tua impostazione. Non me ne frega niente di Dal Co’ e van Berkel. Me ne frega tanto di un percorso che prova e si sforza di coinvolgere una città nel disegnare il suo futuro. E’ vero che ad oggi abbiamo avviato percorsi, più di discussione che di coinvolgimento, che poi si sono troncati. Penso soprattutto alla STU. Ricordo però che la discussione sulla STU non è mai stata impostata, né poteva esserlo trattandosi di uno studio di fattibilità essenzialmente economica, nei termini di torri si o torri no. E non è questo il punto oggi. Il punto è che, di nuovo, saremo chiamati a fare questa discussione A POSTERIORI, dovendo difenderci e dovendo rispondere a cittadini arrabbiati, piuttosto che discutere, anche animatamente, PRIMA di fare la scelta.”

Una grossolana ricostruzione dello skyline di Vignola con la torre ex-Enel (vista dalle colline di Savignano s.P.)

Una grossolana ricostruzione dello skyline di Vignola con la torre ex-Enel (vista dalle colline di Savignano s.P.)

[3] Torri sì o torri no. Sviluppo della città in altezza, ma fino a quale altezza? In fondo il nocciolo della vicenda – al di là della tortuosità del processo decisionale (altro aspetto singolare ed indicativo dello stato della politica locale) – sta in questi temi (sulla discussione accesa dal progetto delle torri di Portoghesi a Bassano del Grappa vedi la sintesi su la Repubblica del 27 gennaio 2009 – vedi – ed anche le considerazioni di Domenico Patassini, preside della Facoltà di Pianificazione del Territorio della IUAV – vedi). E sono temi che, plausibilmente, si riaffacceranno con il prosieguo del processo di riqualificazione e trasformazione della città di Vignola. Già si preannuncia un nuovo capitolo di questa discussione stop and go (molto stop e poco go) con il progetto di risistemazione dell’ex-mercato ortofrutticolo e dell’area della stazione ferroviaria (anche se l’intervento su quest’ultima sembra spostato più avanti nel tempo). Il workshop di progettazione dell’ottobre 2008 (vedi la slideshow)  avrebbe dovuto contribuire a questa discussione, ma le modalità scelte ne fecero un evento-spot con appendice di una semplice mostra dei progetti (e la discussione?). E’ una discussione a cui è bene non sottrarsi, anzi è bene prepararla per tempo, alimentarla, svilupparla – produrre in anticipo buoni argomenti da entrambe le parti – sapendo che poi i tempi della politica possono arrivare a cristallizzare la decisione in tempi ristretti rispetto ai tempi lunghi di accumulazione di buoni argomenti, rispetto ai tempi lunghi di un dibattito di buona qualità. Torri e grattacieli sono simboli della modernità. Ce lo ricorda l’antropologo “urbano” Marc Augé (vedi). Sono il simbolo della volontà dell’uomo di oltrepassare i propri limiti – una questione tutt’altro che banale, come sappiamo a partire dalla “vicenda” della Torre di Babele! Ma oggi, lo ricorda proprio Augé, tecnologie e modernità non sono solo un sogno, la promessa di qualcosa di (più) buono dal futuro. Sono anche un’esperienza – e non sempre rassicurante! Oggi, all’inizio del XXI secolo, guardiamo ai simboli della modernità con occhi diversi, più disincantati ed anche preoccupati, rispetto a quanto avveniva all’inizio del XX. Ma oltre a ciò una torre od un grattacielo sono elementi che rompono il paesaggio urbano delle storiche città italiane (non parliamo certo di New York!), sorte attorno a nuclei medioevali e, sino ad ora, non investite dall’ondata di modernizzazione dell’architettura (non conosco Bassano, ma certamente è così per Vignola).

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

La prima preoccupazione è per lo skyline: “la torre non deturperà lo skyline”! Afferma Renzo Piano (su la Repubblica dell’1 novembre 2007) nel tentativo di rassicurare il sindaco di Torino Sergio Chiamparino (vedi la rassegna stampa). La prima cosa da osservare è che per fare un’affermazione del genere bisogna aver prima studiato lo skyline della città ed aver provato a definire l’impatto del nuovo edificio. Considerazione banale, se non fosse che a Vignola la cosa non era neppure contemplata (guarda invece che cosa si sono inventati a Bassano! vedi)! Ma forse è anche necessario interrogarsi sul perché lo skyline dovrebbe essere ritenuto importante. Già, perché? Perché è associato, in un qualche modo, all’identità della città. Di una città cresciuta in modo intenso (nel secondo dopoguerra) e non troppo ordinato, che contiene certo anche tanti elementi di “bruttezza”, ma che è omogenea nella dimensione verticale (salvo due o tre edifici – che appunto si fanno notare agevolmente e non in senso positivo). Questo skyline trasmette un messaggio – un messaggio di modernità soft, di modernità “dolce”. E’ uno skyline da paese “tra città e campagna”. E’, insomma, uno skyline coerente con il tipo di “vocazione” che da tempo l’amministrazione comunale sta cercando di costruire per Vignola (con alterni successi, per la verità). Non è detto che questa strategia non sia modificabile, non possa essere mutata verso un maggior tasso di modernizzazione estetica – ma appunto è questo l’oggetto del contendere. Anzi, è certamente vero che il “complesso” dell’area ex-Sipe (area commerciale di 11mila mq e Parco Scientifico e Tecnologico) cambia qualcosa negli attuali equilibri. Ma il tema è: l’identità di questa città può prendere forma anche grazie ad una consapevole decisione assunta collettivamente in modo allargato? Con la partecipazione, ovvero, dei cittadini residenti (che dunque non si limitano ad essere gli spettatori, più o meno plaudenti, delle decisioni dell’amministrazione)? Osservo solo di sfuggita che di questa discussione non c’è proprio traccia nel programma elettorale del PD e nella campagna elettorale da poco conclusa (tranne per qualche spunto offerto da VignolaCambia) – e dire che il sindaco uscente (del PD!!) è Roberto Adani che, scherzosamente, può essere annoverato tra i “van Berkel boys”! Comunque sia, sul tema del rapporto tra architettura (solo moderna?) ed identità dei luoghi vorrei tanto che qualche architetto, che ne sa indubbiamente più di me, montasse su. Perché il tema non può essere liquidato con qualche battuta ad effetto. L’architettura come landmark, come “marcatore” dello spazio è un concetto assai interessante. Se penso a Vignola, però, mi viene in mente il castello, palazzo “Barozzi” (e siamo all’architettura tra il XII ed il XVI secolo), ma anche l’attuale sede della CRV, uno degli edifici più brutti della città (archituttura “moderna” degli anni ’70?). Questo a dire che non basta la modernità, non basta la firma di un’archistar, non basta “colpire” o “richiamare l’attenzione” sviluppando il progetto in altezza per ottenere un elemento architettonico che si inserisce nella città, contribuisce a darle identità (piuttosto che eroderla) e che – soprattutto – possa avere qualche chances di essere riconosciuto come esteticamente bello tra trent’anni! Insomma, da una legislatura (quella appena conclusa), che ha avuto al suo centro, seppure con percorsi sincopati, la STU ed il PSC c’era da aspettarsi qualcosa di più in termini di consapevolezza, di “cultura” di alto livello su come dovrebbe essere (su come vorremmo che fosse) questa città. C’è del “lavoro” da fare. Da recuperare.

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

Resoconto sul percorso
Nel corso della campagna elettorale il sindaco Roberto Adani è intervenuto sulla vicenda ex-Enel, rispondendo ad un articolo di Giovanni Ricci (sul blog di VignolaCambia) che, erroneamente, individuava l’origine della “torre” ex-Enel nello studio di fattibilità della Società di Trasformazione Urbana (STU), di cui costituiva l’area n.8 (su 15 aree contemplate). Ecco la replica di Adani (del 17 aprile): “La STU non prevedeva nessun grattacielo a ex enel è stato fatto un bando pubblico con sola deroga ad altezze al fine di ottenere un progetto molto avanzato dal punto di vista energetico che l’ufficio tecnico di vignola ha respinto infatti il combinato disposto di deroga altezza e visuale libera dava un altezza max di 15 metri cioè 4 piani e questo lo si sapeva dall’inizio!!!” (vedi). Come ho replicato a mia volta al commento del sindaco, le cose non andarono proprio così, nel senso che non è vero che “si sapeva sin dall’inizio” che nell’area ex-Enel non si poteva costruire una “torre” di 52 metri! Vediamo cosa successe. Nell’ottobre 2007 il Geom. Roberto Redorici consegnò all’amministrazione comunale la relazione tecnica di stima del complesso immobiliare ex-Enel: superficie di 2.340 mq come zona B2, pari ad una SU realizzabile di 1.404 mq (in base ad un indice di 0,6) che, considerando murature e pertinenze varie risulta tradursi in una superficie commerciale di 2.190,24 mq (1.533 per residenziale e 657 per funzioni complementari). Il valore del complesso è indicato in 1,2 milioni di euro. Il 29 novembre 2007 il Consiglio Comunale approvava la deliberazione n.81 di deroga all’altezza (vedi). E’ interessante “il come” si arrivò a tale decisione (preciso che io allora ero capogruppo DS). La proposta di delibera venne presentata dal sindaco in terza commissione consiliare il 21 novembre come “fuori sacco”, ovvero come tema non iscritto all’ordine del giorno, ma trattato tra le varie ed eventuali (ovviamente, in tal caso, la cosa avvenne in modo abbastanza frettoloso). La discussione fu abbastanza accesa, proprio sul tema della deroga ai limiti d’altezza. Personalmente ritenevo opportuno mantenere un limite, pur alzandolo (cosa su cui eravamo tutti d’accordo – opposizioni incluse – in considerazione del fatto che nell’area vi sono diversi edifici più alti dei 13,50 metri previsti dal PRG vigente). Al termine della discussione ci si convinse (dovrei dire: “ci si adattò”) a non porre alcun limite, come richiesto dal Sindaco, avendo inteso che, vista la limitata superficie edificabile, l’edificio realizzabile non sarebbe potuto essere “troppo alto”. Trattato il punto “a margine” di una commissione convocata su un altro o.d.g., senza alcun supporto tecnico (né il dirigente del settore, né una relazione scritta era disponibile), ci si convinse che “la cosa si poteva fare” (ed anzi rappresentava l’interesse della collettività) sulla base di una rappresentazione errata delle conseguenze! La delibera venne quindi approvata a maggioranza con 9 voti a favore (il sindaco, 8 consiglieri DS, un consigliere Margherita) su 15 presenti. Quindi l’amministrazione comunale, tramite atto del dirigente del settore, emanò il bando per la vendita dell’immobile, con scadenza 31 marzo 2008. Il bando fissava come prezzo a base d’asta 1,1 milioni di euro e determinava di assegnare un punteggio massimo di 100 punti, ripartito tra prezzo offerto (max 40 punti) e qualità dell’offerta tecnica (max 60 punti), visto che si voleva incentivare sia la qualità architettonica-estetica e funzionale, sia il risparmio energetico, sia il basso impatto ambientale (38 dei 60 punti sulla “qualità” erano attribuiti a questi due ultimi fattori). Il bando – è importante sottolinearlo – aveva la finalità di valorizzare l’area di intervento “con lo scopo di attribuirle il ruolo di «porta urbana» d’accesso al centro commerciale naturale” (asse di via della Pace) (p.3). Come già detto entro i termini fissati pervenne un’unica offerta, da parte della ditta Beni Immobiliari Modenese Spa – offerta che venne esaminata dalla commissione di gara in 3 sedute (rispettivamente 31 marzo, 9 aprile e 27 maggio), ciascuna dedicata ad uno dei diversi aspetti da considerare secondo il bando, a cui seguì una quarta seduta il 22 settembre 2008 dedicata alla verifica delle conformità alle Norme Tecniche Attuative del PRG. L’offerta economica risultava pari a 1.100.011,00 euro (11 euro in più rispetto alla base d’asta). Il progetto contemplava un edificio a torre, con una base più larga (due piani di funzioni commerciali ed uffici), quindi la vera e propria “torre” di 9 piani (un appartamento per piano). Nel complesso esso ottenne 91 dei 100 punti a disposizione della commissione.

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

La palazzina principale nell'area ex-Enel (foto del 23 luglio 2008)

A giugno, ad iter di valutazione non ancora concluso, iniziò a circolare la voce sul progetto, ovvero sulla “torre”. Due volantini anonimi vennero distribuiti ai residenti dell’area – entrambi firmati Il Tornasole. Le informazioni che riportavano non erano precisissime (si parla di un “enorme fungo alto almeno 40 metri”, in realtà la “torre” era ancora più alta in base al progetto: 51,50 metri), ma danno comunque l’idea di un edificio destinato ad avere un impatto significativo sull’area. Conseguentemente alcuni residenti progettarono una raccolta di firme contro il progetto. Il 18 giugno il sindaco rilasciò un comunicato stampa (n.54/2008) sulla vicenda, con l’intento di spiegare la ratio del progetto (ridurre il consumo di territorio e realizzare un edificio ad alta efficienza energetica) e di rassicurare (?) i cittadini (almeno circa il fatto che le procedure di gara non risultavano ancora concluse) (vedi). Comunicato che diventò notizia su Il Resto del Carlino del 19 giugno. L’estate 2008 fu dunque un periodo di fibrillazione e di accesa discussione anche all’interno del PD. Fortissime furono le perplessità rispetto all’opera. In ogni caso l’iter di valutazione si concluse il 22 settembre 2008, con la quarta seduta della commissione che rilevò la non conformità del progetto alle NTA del PRG, specificamente all’articolo 18 relativamente al rispetto della visuale libera ed all’articolo 62 relativamente alla quantità di SU residenziale e non residenziale (complementare) ammessa per la zona urbanistica in cui si inserisce. La commissione, dunque, non confermò la precedente aggiudicazione provvisoria. La “torre” di 52 metri rimase solo sulla carta. Dopo quella vicenda l’area ex-Enel è rientrata nel piano delle alienazioni 2009 per un valore di vendita di 900mila euro (200mila euro in meno rispetto alla base d’asta del 2008). La nuova asta pubblica è stata quindi fissata per il 18 maggio 2009. A tutt’oggi nel sito web del Comune di Vignola, nella sezione “aggiudicazioni”, non si dice nulla dell’area. Segno che l’asta è andata deserta?

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5 Responses to Come fu che Vignola non ebbe la torre di 52 metri

  1. […] Ma possiamo dire qualcosa in più sulla “qualità” di tale decisione (per un caso concreto: vedi)? Si accumulano forse conoscenze utili alla pianificazione? Questo sarebbe possibile se gli aspetti […]

  2. aldo ha detto:

    sono davvero perplesso
    ma Andrea Paltrinieri non era fra quelli che – a maggioranza – nel 2007 votarono a favore della delibera che autorizzava la deroga edilizia ora contestata?
    Probabilmentye bisognerebbe andare a controllare il verbale relativo, ma a me sa proprio che lo confermerebbe…..

    • Andrea Paltrinieri ha detto:

      Hai ragione, Aldo, io votai a favore della delibera, commettendo un errore. Nel testo, se lo leggi con attenzione, trovi le motivazioni che come maggioranza ci portarono – ribadisco: commettendo un errore – a votare a favore dell’eliminazione del vincolo in altezza. Trovi infatti scritto: “la discussione in commissione consiliare si era conclusa con il convincimento (errato!) dei consiglieri di maggioranza che anche eliminando il vincolo dell’area il progetto non avrebbe potuto svilupparsi troppo in altezza”. Sia io (allora capogruppo DS), sia Ceci Giancarlo (esponente di opposizione) fummo quelli che più spinsero per alzare il vincolo piuttosto che per eliminarlo. Ma poi, alla fine, io acconsentii alla richiesta del sindaco di eliminare il vincolo, nella supposizione (rivelatasi errata) che vista la superficie utile il progetto non avrebbe potuto svilupparsi troppo in altezza. Le cose, come racconto, andarono diversamente.

  3. Roberto Adani ha detto:

    Io però non so più in che lingua dirlo, la norma dice e diceva che bisognava rispettare la visuale libera rispetto al limite della strada il chè portava ad un altezza massima di 16 metri e questo è il motivo per cui è stato bocciato il progetto. Il bando infatti prevedeva tre fasi, una di valutazione delle soluzioni energetiche e di recupero e gestione acqua, la valutazione dell’aspetto architettonico, e in ultimo la valutazione di conformità urbanistica. La torre, 9 mini appartamenti uno sopra l’altro con le pareti esposte a sud tutte in pannelli solari oltre ai pannelli sui tetti, le serre biotermiche e le geotermia era un edificio classificato in classe A++ che infatti non si collegava nemmeno alla rete gas in quanto totalmente autosufficiente in termini energetici. Quindi per quanto riguarda gli aspetti energetici e per il completo recupero e riutilizzo delle acque fu approvato, d’altra parte da questo punto di vista era piuttosto avanzato. si è quindi confusa questa approvazione con l’approvazione definitiva, Da questo punto di vista la commissione, quasi totalmente esterna, ci ha messo un pò di tempo (qualche mese per ultimare i lavori). Anche la valutazione architettonica fu considerata in senso positivo per l’adozione di un architettura moderna di pregio. L’ultimo passaggio è stato quello della verifica normativa che è stata svolta dagli uffici comunali. Infatti il vincolo d’altezza era il solo eliminato, ma continuavano a rimanere gli altri. il vincolo eliminato prevedeva un altezza max di circa 12 metri. la visuale libera dagli edifici circostanti permetteva invece con un edificio molto sottile (9 metri di diametro) di arrivare a 48-49 metri. Ma la visuale libera rispetto alla strada invece consentiva un altezza massima attorno ai 16 metri. Attorno tra l’altro, il palazzo della stazione è circa 35 metri, altri palazzi in via caselline o vicino alla stazione sono circa 18 metri. Questa fu la ragione vera per cui il comune e non altri bocciarono il progetto. Questo dimostra anche che, quello che Paltrinieri aveva capito in commissione era la giusto. Si tenne per ultima, la fase di valutazione tecnica perchè il bando si doveva chiudere con un autorizzazione edilizia e quindi si prevedeva di far presentare un progetto esecutivo solo a chi avesse superato la prima fase.
    I tempi lunghi del processo hanno fatto sì che si sviluppasse la polemica ben prima della fine del procedimento. Vedo che anche a distanza di tempo vale più il sentito dire degli atti amministrativi quindi ben venga anche l’azione informatrice di questo blog. Ribadisco poi che il tutto fu il risultato di un bando a cui purtroppo si presentò solo una proposta. In seguito furono pubblicati altri due bandi con il limite di altezza e nessuna richiesta vincolante sulle prestazioni energetiche e non si presentò nessuno. la prima volta si ridusse il prezzo dal 1.200.000 euro del bando originario a 900,000 euro, la seconda si ridusse di un ulteriore 20%. Per dire che se ci fossero stati altri che avessero voluto fare una proposta ci sarebbero state almeno tre occasioni diverse per farlo. Tutte le stime dell’area sono state fatte da tecnici esterni. Dico questo per provare a sgombrare il campo dalle strumentalizzazioni. Siamo lontani dalle campagne elettorali, l’amministrazione è cambiata, il PSC riparte nel suo percorso, vogliamo ragionare di quale tipo di sviluppo vogliamo! La comunità europea dice che è sostenibile uno sviluppo che non consumi ulteriore territorio, ma che invece sfrutti fino alle massime potenzialità le aree da riqualificare. Dice cioè, esagero per provocare, che se di demolisce un magazzino in centro è più sostenibile farci un grattacielo che un parco e in questo modo salvare qualche ettaro di campagna, ovviamente partendo dal presupposto che di quelle case ci sia bisogno. A Tokio invece radono al suolo interi isolati per concentrare tutto in immense torri da cui la gente non si debba spostare normalmente nè per andare al lavoro o a scuola , nè per il divertimento o gli acquisti, limitando in questo modo l’inquinamento e ottimizzando al massimo sicurezza e prestazioni degli edifici. Capisco che sono estremi, ma per non consumare più territorio bisogna inventare soluzioni molto sofisticate. Pensate che i soli costi di costruzione se si realizza in classe energetica A raggiungono tranquillamente i 1600 euro al metro quadro, aggiungete a questo il costo dell’area, ammettiamo che sia occupata da un vecchio palazzo, il proprietario pretenderà almeno altri 1500 euro al metro quadro e siamo a 3100, se si costruisce lo stesso volume che si abbatte, figuriamoci se ne vogliamo costruire un pò meno perchè vogliamo diminuire le altezze, aumentare il verde, fare più piste ciclabili etc. Ammettiamo che l’imprenditore voglia guadagnarci anche solo il 5% siamo ad un prezzo di vendita di 3250 euro circa (e sono stato certamente basso con i prezzi). E chi lo compra a Vignola? Perchè in certe città dove i prezzi sono 20.000 euro al metro quadro non c’è problema, ma a Vignola questa è la ragione perchè nessun imprenditore si cimenta nella ristrutturazione del centro storico. Generalmente costa più di quanto il mercato sia disponibile a pagare.
    Allora forse, bisogna anche ragionare, in zone individuate, ad aumentare la possibilità di andare in altezza se si vuole rendere convenienti le trasformazioni e contemporaneamente liberare spazio al suolo. Forse se si costruisce in densità in qualche parte della città da riqualificare, con un mix di funzioni che limiti anche gli spostamenti si riescono a trovare anche le risorse per sovvenzionare il recupero del centro storico. Altrimenti si sviluppano dei sogni anche affascinanti e condivisibili, ma che non si sviluppano mai, e alla prima crisi o al primo condono si utilizza in modo indiscriminato il territorio, Un vecchio sindaco di Modena mi disse una volta in cui parlavo di sviluppo sostenibile, che era facile per me che avevo avuto sempre la pancia anche troppo piena, ma se a un certo punto fosse stata vuota la mia e quella dei miei figli avremmo fatto tornare anche le fonderie pur di avere un lavoro… e in questo momento di crisi bisogna tornare a pensarci.

  4. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Le riflessioni di Roberto sono importanti per impostare un dibattito serio sulla città del futuro, sulla Vignola del futuro. Al di là dello specifico episodio su cui io ho una valutazione diversa su un punto (meglio specificare subito la soglia massima d’altezza, piuttosto che scoprire mesi dopo che il progetto è stato presentato che non è fattibile), concordo con l’esigenza di un maggiore sviluppo in verticale della città. A patto che ciò serva per dare maggiore qualità all’abitare in città: dunque più verde, più piste ciclabili, più servizi. Come ci ricorda continuamente Pierluigi Cervellati le città contemporanee, i loro quartieri, sono sempre più delle “villettopoli”: una serie di abitazioni monofamiliari, al massimo su due piani, in cui eviti sì la “guerra del condominio”, ma consumi territorio in misura non più sostenibile. Il tema è dunque: è possibile sviluppare in altezza l’edilizia residenziale aumentando contemporaneamente la qualità, e dunque l’attrattività, di questa soluzione abitativa? Non ho una risposta. Posso dire di essere rimasto colpito, non molto lontano da noi, a Castel Maggiore, da edifici sviluppati in altezza, ma all’interno di grandi aree verdi:
    Castel Maggiore (BO), Il nuovo quartiere lungo via Neruda
    Si riesce, in questo modo, a dare più qualità, a farla percepire come significativa, così da rendere attraente questa soluzione? Mi piacerebbe capirlo. Torri anche a Vignola, dunque? Io dico che NON sono contrario (se consentono di conseguire l’obiettivo della qualità), a patto che si presti attenzione al contesto. Eventuali nuovi interventi di urbanizzazione lungo la circonvallazione, dunque alla periferia della città, potrebbero assumere questa configurazione. Mi sembra però che oggi, in modo assai più netto di qualche anno fa, il tema sia il recupero della città. In fondo è stato detto in modo assai chiaro: stop al consumo di territorio non compromesso. Aggiungo solo che, anche in questo caso, vorrei vedere una chiara analisi costi-benefici.

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