Una modesta proposta/2. Orti pubblici in ogni quartiere

Ci voleva Michelle Obama, impegnata a trasformare parte del giardino della Casa Bianca in orto per pomodori, zucchine e carote, a ricordarci che in Emilia gli orti “per gli anziani” sono da tempo un fattore di socialità e di economia (autoproduzione). Sappiamo che per fronteggiare la crisi in corso, almeno per la parte che riguarda la contrazione della ricchezza familiare, possiamo imboccare due percorsi diversi. Il primo, volto a comprimere i consumi oggi per risospingerli domani, se e quando il reddito oggi ridotto tornerà a salire. Il secondo, volto a promuovere anche qualche cambiamento negli stili di vita verso una maggiore “sobrietà” e “sostenibilità” (vedi). Perché non agevolare questa seconda prospettiva? Perché non andare incontro alle esigenze di contenimento della spesa anche con percorsi di incentivazione dell’autoproduzione di beni alimentari? Dunque moltiplichiamo gli orti urbani! Orti pubblici in ogni quartiere!
Diverse sono le cose che si muovono sul fronte dell’autoproduzione, recupero dello spreco, contenimento dei costi di distribuzione che gravano sul prezzo finale del prodotto.

Orti per anziani di via Agnini, Vignola

Orti per anziani di via Agnini, Vignola

Innanzitutto il recupero e la messa in circolo di beni alimentari altrimenti destinati al deperimento ed alla discarica. E’ il caso del Last Minute Market ideato da Andrea Segré, preside della facoltà di agraria di Bologna (vedi). Lo spreco viene in tal modo recuperato e valorizzato, destinandolo a fasce sociali economicamente deboli. La stessa logica sta dietro all’accordo, stipulato di recente, tra Regione Emilia-Romagna, Comune di Bologna e CAAB per la creazione di una piattaforma per la raccolta e la distribuzione di prodotti ortofrutticoli in eccedenza all’interno del Centro agroalimentare di Bologna (vedi). Una seconda esperienza è quella dei “mercati contadini”, ovvero punti di commercio diretto tra produttore e consumatore. Evitando la filiera della distribuzione si cerca in tal modo di mantenere i prezzi più bassi e di agevolare gli acquisti, anche di prodotti di più alta qualità, anche a famiglie con redditi decurtati dalla crisi. Una terza esperienza è data dai Gruppi d’Acquisto Solidale (GAS), ovvero gruppi di famiglie che si organizzano per fare acquisti in comune di specifici prodotti, spesso direttamente dal produttore, incaricando a turno qualcuno per il ritiro e la distribuzione della merce (vedi). Quarta esperienza è quella della generalizzazione dell’opportunità di accesso ad un orto in città, appunto come da tempo fatto dagli enti locali di questa regione a favore degli anziani. Lo ha fatto di recente il Comune di Bologna (vedi il Corriere di Bologna del 20 marzo 2009), modificando il regolamento per l’assegnazione degli orti, consentendo anche a non-pensionati e non-anziani di ottenerne l’assegnazione. Le motivazioni addotte sono proprio di ordine sociale: favorire l’autoproduzione come mezzo per contrastare la perdita di potere d’acquisto conseguente alla crisi economica. Ma anche recuperare luoghi e pratiche di socialità.

Orti per anziani di via Agnini, Vignola

Orti per anziani di via Agnini, Vignola

A Bologna le aree ortive sono oltre venti ed il numero complessivo degli orti è di circa 3.000 (con un rapporto di circa 8 orti ogni 1.000 residenti). A Vignola c’è un’unica area ortiva, con 70 orti (un rapporto di circa 3 orti ogni 1.000 abitanti). Tutti gli orti vignolesi sono assegnati. 18 persone anziane sono in lista d’attesa. Perché non diffondere questa opportunità? Ecco dunque un bello slogan per la campagna elettorale in corso: “Orti pubblici in ogni quartiere!” Perché non prendere l’impegno a realizzare, accanto al verde pubblico di quartiere (assolutamente da riqualificare, però! vedi), anche gli orti pubblici di quartiere? Perché non prendersi l’impegno a triplicare o quadruplicare il numero degli orti nel corso della prossima legislatura? Ed al contempo a generalizzare l’accesso, la possibilità di diventare assegnatari? Si tratta di azioni positive sia dal punto di vista economico (autoproduzione di ortaggi), sia dal punto di vista sociale (produzione di relazioni sociali), sia dal punto di vista ambientale (qualche pezzo di terra in più coltivato e curato). Certo, mettere qualche “paletto” dal punto di vista estetico non dovrebbe essere troppo difficile. Ci sono in circolazione anche proposte più radicali. Il prof. Richard Ingersoll, urbanista docente a Firenze, ha inventato un termine, “agricivismo”, che significa coltivare gli spazi di verde urbano con la partecipazione dei cittadini. Sostiene, tra l’altro, che le città per diventare sostenibili debbano trasformarsi in “campagna” per il 30% della superficie ospitando ovunque sia possibile orti e giardini. Perché non provare ad invertire la direzione del flusso e anziché lo sprawl urbano (vedi) promuovere lo sprawl agricolo, ovvero la penetrazione degli orti e dei giardini coltivati in città?

Orti per anziani in via Agnini, Vignola

Orti per anziani in via Agnini, Vignola

Afferma Ingersoll: “l’«agricivismo» potrebbe prevedere per legge che almeno il 30 per cento di ogni sito urbano resti coltivabile. La coltivazione, che è cura, fonda un nuovo senso di appartenenza e quindi di responsabilità verso lo spazio urbano e il verde che ne fa parte. Si possono coltivare i tetti, i parcheggi, i terreni liberi… L’«agricivismo» richiede la partecipazione attiva dei cittadini, e questa partecipazione rende più «urbano» ogni spazio perché crea legami sociali, può rispondere a un fabbisogno locale, può coinvolgere le parti più deboli delle società. E può insegnare ai bambini, che hanno un’idea industriale del cibo, da dove vengono le cose che si mangiano.” (vedi) Sui temi “forti” che dovrebbero contrassegnare la campagna elettorale – quanta espansione edilizia (vedi), governo delle differenti dotazioni dei quartieri (vedi), governance (vedi), modello di sviluppo economico (vedi) – mi sembra di vedere una debole capacità di visione proprio del partito che dovrebbe essere meglio attrezzato, il PD (con un programma frantumato in mille rivoli da cui non si coglie una visione degli assi strategici di sviluppo e “crescita” della città – e delle modalità per finanziarli). Può essere allora il caso, dopo “una fontanella a misura di bambino” in ogni parco (vedi), di suggerire “orti pubblici in ogni quartiere”?

8 Responses to Una modesta proposta/2. Orti pubblici in ogni quartiere

  1. gbeb ha detto:

    L’idea è interessante, ma da campagnolo che vive in città mi sento di sollevare come prima reazione alcune perplessità:
    – vista la scarsità di aree libere che potrebbero venire sfruttate, è questa la migliore destinazione che si può offrire? Oppure si creerebbe una maggiore utilità collettiva destinando queste aree a verde pubblico, parco giochi attrezzati, aree sportive, costruzione di edifici pubblici (scuole, asili, musei, centri ricreativi)
    – avendo una discreta conoscenza pratica di “coltivatori di orti”, devo dire che non preferisco la verdura di casa a quella del supermercato (magari da agricoltura biologica), questo per rischio oggettivo di ignoranza sull’uso dei concimi, pesticidi e altre sostanze chimiche. Inoltre può la qualità dell’aria cittadina contaminare le piante (non sono un agronomo, la risposta potrebbe anche essere negativa)

    In compenso si leggono in continuazione proposte dal monto dell’architettura per implementare questi orti negli stessi edifici, offrendo nuova vita a tetti, terrazze e addirittura ambienti chiusi.

    Questi orti potrebbero funzionare meglio in provincia, dove c’è maggiore disponibilità di aree libere a poca distanza dalle abitazioni, diventa di più difficile attuazione nelle grandi città (personalmente penso alla realtà di Milano) dove l’unica opzione è quella dell’integrazione architettonica o della localizzazione fuori dalla città, annullando però il beneficio alle persone con problemi di spostamenti e in generale diminuendo l’utilità generabile.

  2. eleonora mariotti ha detto:

    Sicuramente Michelle Obama ha “sdoganato” definitivamente questa meravigliosa iniziativa, ma è almeno da una decina d’anni che ciò avveniva anche se in modo più “anarchico”. Accade che, nelle città di milioni di abitanti … dove cioè troppo spesso le Amministrazioni sono lontane (per forza di cose) dai cittadini, siano proprio i cittadini stessi, arrivati alla disperazione, a prendere in mano le redini e cominciare a coltivare o semplicemente prendersi cura degli spazi verdi che spesso sono abbandonati all’incuria http://www.guerrillagardening.it/ e http://www.guerrillagardening.org/ . Una piccola città come Vignola non dovrebbe avere problemi ad istituzionalizzare questa pratica che oltre ad essere ecosostenibile potrebbe contribuire a formare una coscienza sociale ormai agonizzante. Ma… a proposito… qual è l’area futura scelta per gli orti degli anziani visto che l’area di via Agnini verrà occupata dal Polo della Sicurezza?
    Per rispondere ai dubbi di gbeb, si potrebbe fare un breve corso propedeutico ai futuri assegnatari su quali sostanze usare e quali invece proibire; inoltre l’inquinamento atmosferico è l’ultimo dei problemi per le colture in ambiente cittadino, in quanto le rilevazioni (anche recenti) di ARPA – Agenzia Regionale per la Protezione Ambiente, mostrano che sia in zona urbana che periurbana i livelli di polveri sottili (PM 10 e PM 2,5) sono pressoché identici, quindi per es. qualcosa che si coltiva a Via Caselline avrà le stesse caratteristiche di ciò che si coltiva a via Ca’ de Barozzi… non mi sembra così grave visto che molto spesso non sappiamo affatto dov’è stato coltivato ciò che tutti i giorni mangiamo.

  3. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Ciao Eleonora, conoscevo il libro sul “guerrilla gardening”, ma non il sito web. La pratica è un po’ estrema e, per questo, non mi aspetto grandi numeri di partecipanti. Tuttavia l’idea che sta alla base – depurata degli aspetti “dimostrativi” (utili però in alcune occasioni!) – è assolutamente da diffondere. Ed è un suggerimento, quello del coinvolgimento dei residenti nella cura del verde di quartiere, dato da tempo all’assessore Carla Franchini. Che un po’ ci ha lavorato con qualche limitato risultato. Il progetto sarebbe da riprendere, estendere, articolare. A fronte però di un impegno reciproco tra le parti, dunque una sorta di “contratto”. Possiamo chiamarlo “contratto di quartiere” senza temere che venga confuso con altri strumenti di riqualificazione urbana? Io lo farei, per l’efficacia della formula. Un contratto in cui l’amministrazione si impegna a realizzare investimenti, dotazioni di servizi, infrastrutture nell’arco di una legislatura. Ed i cittadini-residenti a mobilitare se stessi per attività di animazione, manutenzione, sorveglianza, self help. Vedi:
    https://amarevignola.wordpress.com/2009/05/17/verde-pubblico-e-servizi-di-quartiere-occorre-un-patto-tra-residenti-e-amministrazione-comunale/
    Per quanto riguarda la diffusione degli orti a Vignola io sono convinto che sia una cosa da fare. Ribadisco: orti pubblici in ogni quartiere. Poi si potranno cercare le aree più adatte per questo. Ma il principio – la diffusione degli orti come fattore economico ed insieme sociale – mi sembra assolutamente condivisibile. Si potrebbe ragionare proprio come fa Ingersoll: una dotazione minima di orti per quartiere, all’interno di una dotazione minima di verde pubblico. Grazie infine, Eleonora, per averci ricordato la situazione di inquinamento dell’aria a Vignola e nel territorio circostante. E’ un problema con cui l’amministrazione comunale si è confrontata nel momento della decisione sulla localizzazione del nuovo polo scolastico. Non esistono zone a Vignola immuni dal problema delle polveri sottili.

  4. […] zucchini, insalate) | BarBologna: il p.. Menù crudista del 30 maggio | MissVanilla Una modesta proposta/2. Orti pubblici in ogni quartiere « AmareVigno.. Orto sul terrazzo: prezzemolo ed origano – Prezzemolo, Origano, E’, Neces.. Il […]

  5. eleonora mariotti ha detto:

    Sarà opportuno scegliere un altro termine, in quanto i Contratti di Quartiere identificano già uno strumento ben preciso (che promuove la riqualificazione di aree cittadine con elementi di criticità, tramite interventi rivolti in gran parte ad aumentare la dotazione di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata, i cui progetti sono finanziati, dopo esser stati selezionati da una commissione ministeriale, sulla base di un bando regionale; ciò che la nostra Regione aveva già promosso negli anni passati con la L.R. 19/98 attraverso i PRU, Piani di riqualificazione urbana).
    Quindi … qualora occorresse (e io lo spero vivamente) si troverà un termine più consono.
    Riguardo alla situazione dell’inquinamento atmosferico a Vignola, ci ha pensato il comunicato stampa n.35/2009 del 21.05.2009
    a ricordare a tutti i cittadini che si è registrato il superamento della “soglia d’informazione” della concentrazione dell’ozono nell’aria (183 mg) e chi fa sport all’aria aperta, come me, se n’era accorto, anche senza leggere il comunicato.
    http://www.comune.vignola.mo.it/servizi_comunali/comunicati_stampa/index.htm?ID=4634
    Ricordo solo alcuni dei benefici apportati dall’alberatura in ambiente urbano:
    -ombreggiamento che riduce la quantità di energia radiante assorbita ed immagazzinata dalle superfici artificiali e migliora il microclima
    -riduzione dei livelli di ozono grazie all’effetto sul microclima; sono infatti le alte temperature estive nei centri abitati che favoriscono la formazione di ozono
    -evapo-traspirazione che sottrae calore e rinfresca l’aria; una riprova ne è la differenza di temperatura percepita d’estate in un viale alberato
    -capacità di assorbire sostanze inquinanti e intercettare polveri
    Gli alberi urbani non vanno rimossi ma puntualmente controllati ed eventualmente curati, tramite un Piano di Gestione del Verde, non per velleità romantiche/bucoliche ma perché a livello locale la vegetazione urbana contribuisce al mantenimento della qualità dell’aria che noi tutti respiriamo!

  6. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Nuove generazioni alla “conquista” degli orti urbani a Bologna, non più solo per “pensionati” od “anziani”:
    http://bologna.repubblica.it/cronaca/2011/05/27/news/tutti_pazzi_per_l_orto_2_0_ecco_le_contadine_metropolitane-16851291/

  7. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Orti urbani anche a Roma. Si piantano zucchine, si raccolgono relazioni sociali. Ed una cultura che riconosce l’importanza di una relazione più stretta con la terra:
    http://comune-info.net/2012/06/seminiamo-zucchine-raccogliamo-nuove-relazioni-sociali/

  8. Andrea Paltrinieri ha detto:

    Ulteriori evoluzioni. A Bologna si è formata una cooperativa di produzione & consumo dei prodotti della terra. Si chiama Arvaia. Qui una breve presentazione:
    “da qualche mese è nata Arvaia, un’esperienza tutta nuova: quella della cooperativa di cittadini-coltivatori-consumatori biologici. «Nuova perché sono diffuse in Italia le cooperative agricole di produttori, ma non di consumatori, e anche perché la coltivazione avviene su terreni di proprietà comunale», spiega Alberto Veronesi, agronomo, una vita passata nel “biologico”, che ha lasciato il suo impiego per andare alle origini del settore e diventare contadino. Lui, insieme ad altre due persone, è un socio lavoratore: ciò significa che lavora a tempo pieno nei 3 ettari di terreno che si trovano appena alle porte della città, nel quartiere Borgo Panigale.
    Gli altri soci consumatori ovviamente possono partecipare al lavoro della terra come e quando vogliono: il minimo stabilito è di quattro mezze giornate all’anno, ma sono in tanti quelli che dedicano ad Arvaia molto più tempo. «Perché è innanzi tutto un piacere – osserva Veronesi -; non esiste filiera più corta di questa: se la filiera corta prevede un accordo con i produttori affinché garantiscano ad associazioni o gruppi di acquisto solidali una serie di cose, l’estremo è la nsotra cooperativa».
    Ad Arvaia, infatti, i soci decidono cosa vorrebbero fosse prodotto, con tutti i rischi del caso e poi si occupano della distribuzione. «Ad oggi siamo 120 soci, alcuni solo sovventori, ma questo appezzamento potrebbe garantire da mangiare compiutamente a 500 famiglie, dal latte, alla verdure e la carne». Perché, tra gli obiettivi di Arvaia, c’è quello di costituire anche un allevamento e di dare lavoro a tempo pieno ad una decina di persone. «Noi facciamo anche formazione a chi, magari rimasto senza lavoro, vuole avvicinarsi all’agricoltura e non è detto che debba poi rimanere a lavorare con noi», spiega Veronesi.”
    Qui l’articolo completo, da l’Unità del 25 luglio 2013:
    http://www.unita.it/economia/nasce-arvaia-cooperativa-br-di-coltivatori-e-consumatori-1.512800

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: