Abbasso l’iperbole. Una nota di Giuseppe Sciortino sulle politiche culturali bolognesi

In questo articolo Giuseppe Sciortino, docente di sociologia del mutamento all’Università di Trento, ma residente a Bologna, svolge alcune considerazioni sulla “politica per la cultura” a Bologna. Fatte le dovute proporzioni, le sue considerazioni sono pertinenti anche per la realtà vignolese. Una riflessione sulla “politica dei grandi eventi” che ci ricorda come sia importante il radicamento delle iniziative culturali nel tessuto locale, valorizzando in primo luogo le “energie” delle numerosissime e qualificate associazioni culturali del territorio. Un tema che, a livello vignolese, è stato sviluppato soprattutto da Valter Cavedoni, presidente dell’Università della libera età. Ma che è anche un elemento di riflessione, non da ora, del Partito Democratico (vedi).

La politica culturale è un tema cruciale per Bologna. La produzione culturale è un potente fattore di sviluppo economico e un elemento di civiltà. L’alto livello dei consumi culturali è un tradizionale punto di forza dell’intera città. Lo sforzo di generare un ambiente fecondo per l’innovazione simbolica e la produzione culturale rappresenta una delle sfide principali per l’amministrazione locale. La decisione di Delbono di includere tra le prime azioni della propria campagna elettorale momenti di ascolto delle istituzioni culturali va quindi salutata con apprezzamento e rispetto. E con l’augurio che anche gli altri candidati colgano pienamente la sfida lanciata dimostrando un’analoga attenzione e formulando proposte alternative ma egualmente ambiziose. Sarebbe bello che per una volta il dibattito non si concentrasse sull’identikit dei potenziali assessori ma sulle cose che questi dovrebbero fare (e su come dovrebbero farlo). Un problema è che, già in queste battute iniziali, ha ricominciato ad aggirarsi lo spettro dei grandi eventi, ai quali viene attribuita la funzione salvifica di trasformare la vita culturale di Bologna in riferimento a modelli, peraltro largamente mitici, di altri luoghi ed altre epoche. Questo solleva due timori che è bene esorcizzare.

Terracotta raku di Marco Fornaciari, artista vignolese

Terracotta raku di Marco Fornaciari, artista vignolese

Il primo è che dietro il fascino dei grandi eventi emerga il solito cosmopolitismo provinciale dei salotti bolognesi. Ci troviamo dopotutto in una città in cui la pubblicità della mostra di Morandi non rivendica la bellezza della mostra stessa, ma solo il fatto che essa è stata molto apprezzata a New York. E la stessa Mantovani non sembra aver resistito ad un ardito paragone con la movida, incurante del fatto che Madrid ha circa dieci volte la popolazione di Bologna e che la movida vera celebrava l’uscita da una dittatura durata mezzo secolo (cosa che speriamo non possa mai valere nel caso di Bologna). Un po’ più di attenzione alle specificità locali e un po’ meno gusto dell’iperbole sono sempre utili per elaborare politiche culturali coerenti. Il secondo è che la politica dei grandi eventi non deve fare dimenticare che la cultura di una città è un fenomeno diffuso e quotidiano, fatto di molte piccole e preziose cose. E’ fatto di un diffuso e molecolare attivismo, di associazioni e imprenditori culturali, di centri internet e piccole librerie. La ricchezza delle istituzioni culturali è data più dalle collezioni permanenti che non dalle mostre temporanee. Se questo è vero dappertutto, è ancora più vero a Bologna, dove la bellezza è piuttosto ben distribuita. Sarebbe bene che la progettazione della politica culturale partisse da lì. Dopotutto, i bambini che affollano entusiasti tutte le settimane le recite non sono affatto interessati a sapere se esse abbiano avuto successo anche a Broadway.

Giuseppe Sciortino, Corriere di Bologna, 1 marzo 2009

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